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LINEE GUIDA PER UN PIANO REGIONALE DI COORDINAMENTO DELLE ATTIVITÀ PER COINVOLGERE LE PMI SUI PROBLEMI DELLA SICUREZZA

5. IL MARKETING MIX NEL MODELLO

Il marketing mix è costituito da 4 variabili che sono: prodotto-servizio, prezzo, comunica-zione e distribucomunica-zione; in seguito cerchiamo di osservare queste 4 componenti che lo costi-tuiscono.

Il prodotto inteso come “sicurezza dei lavoratori nelle PMI” è l’obbiettivo che ci si prefig-ge, qui bisogna concretizzarlo nelle componenti che lo costituiscono nel caso che ci

riguar-A

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da. La sicurezza nelle aziende può essere guardata dalla parte di chi la propone e dalla pro-spettiva dell’azienda. E’ possibile che le aziende percepiscono la sicurezza come un costo;

inoltre, per qualcuno è ipotizzabile che la sicurezza genera una differenza competitiva sul mercato (della serie: chi spende in sicurezza è più caro, di contro, chi rischia costa meno, quindi vince sul concorrente). Da questo può discende la propensione a fare meno sicu-rezza possibile.

Dalla prospettiva di chi propone sicurezza alle aziende i suoi costi sono percepibili a livello glo-bale nazionale nei conti INAIL e di altre PA. La domanda che ci si pone è: “La sanzione centra qualcosa con il prodotto-servizio che si intende proporre?”. Agli autori sembra che la sanzione non possa essere esclusa dalle componenti che caratterizzeranno l’intervento nel settore e debba tenersene conto nella pianificazione.

Gli autori propongono una schematizzazione di prodotto, dal lato del proponente, che si carat-terizza delle seguenti componenti (coordinate e calibrate tra loro nel settore): prodotti infor-mativi e forinfor-mativi ad uso e consumo delle persone dell’azienda (lavoratori, addetti, rappre-sentanti dei lavoratori,…) proposte su cartaceo (1), su portale (2) o con convegni (3); con-trollo/sanzione (4) (in modo spot) per verificare l’applicazione della legge e sanzionare chi la elude; sostegno (5) alle imprese sulla base di progetti di miglioramento (incentivi econo-mici); consulenza tecnica (6): cerca di dare soluzioni tecniche e indicazioni per individuare rischi e strategie di difesa con il miglior rapporto costo/benefici e rispettando la legge… . La figura sotto mostra anche un mix minimo necessario (entro la zona colorata la proposta non funziona); i lati della stella possono essere gestiti da diverti organismi, ma coordinati dal piano.

La propensione al rischio è un problema rilevante e sembra crescere in modo inversamente pro-porzionale alla dimensione dell’azienda (le aziende piccole pare che rischiano di più oppure sono peggio informate).

Quale prezzo dare ai servizi offerti? Potrebbero essere gratuiti, ma forse per motivare di più chi li acquisisce bisognerebbe dargli un prezzo di uso, anche se inferiore al reale costo di produzione.

La distribuzione riguarda l’individuazione dei canali che possono meglio proporre alle aziende i servizi che vengono forniti. Le strategie di distribuzione potrebbero essere 2: quella di pro-porsi direttamente e quella di delegare ad altri operatori o intermediari (altre PA,

associazio-IL SOSTEGNO DELL’INAassociazio-IL ALLE AZIENDE: DALL’ASSICURAZIONE ALLA PREVENZIONE. associazio-IL RUOLO DELLA CONTARP

ni, sindacati, privati fornitori di servizi alle imprese,…); questa valutazione deve essere fatta per ogni lato della stella che rappresenta il prodotto-servizio anche per tener conto della limi-tatezza delle risorse a disposizione nell’INAIL e in generale nella PA (soprattutto al nord dove il numero delle aziende per ogni funzionari della PA è maggiore).

La strategia di organizzare, le attività previste nel piano, un settore produttivo alla volta sembra l’unica percorribile se si vogliono anche coinvolgere in modo costruttivo gli organi-smi esterni alla Regione (le parti INAIL centrali e/o le altre PA come VVFF, ISPESL,… per esempio nella produzione dei supporti informativi e formativi da proporre alle aziende nel settore).

La comunicazione riguarda tutta quelle fasi e quelle azioni che sono necessarie e utili per pub-blicizzare quanto si è deciso. Questa è una parte estremamente delicata infatti se si ha succes-so in questa azione probabilmente si raggiunge il successucces-so su tutto il progetto. La PA probabil-mente non viene percepita come capace di pianificare, portare avanti e concludere un procedi-mento di questa portata, inoltre, spesso viene considerata poco adeguata alle aspettative del cliente, le aziende in questo caso. E’ sempre importante che la comunicazione chiarisca con pre-cisione quello che riesce a dare e quello che non riesce a fare il progetto, a maggior ragione per la scarsa “affidabilità” che la PA comunica ai suoi clienti. La cattiva informazione potrebbe crea-re delle aspettative, nel caso non fossero mantenute si perdecrea-rebbe rovinosamente la fiducia.

Si sottolinea la necessità di un piano puntiglioso nelle varie fasi per verificarne e valutarne gli impatti che l’organizzazione dell’Ente subirebbe, è utile ricercare le strategie che possano ridi-mensionare e ridurre il più possibile gli impatti sull’organizzazione dell’Ente a livelli sostenibili.

Si potrebbe ipotizzare che la comunicazione possa passare attraverso i consulenti fiscali delle aziende (vedi quanto l’INAIL ha fatto con il portale orizzontale e verticale verso le aziende).

L’importanza di considerare il controllo (anche sanzionatorio) nel piano è stato già chiarito precedentemente, comunque è importante sottolineare che l’azione di controllo non deve esse-re comunicata come sanzionatoria e punitiva, ma come necessaria ai fini di stabiliesse-re equità e giustizia tra le aziende. Questo atteggiamento è molto importante per quanto dice Levine (nel suo libro “il consulente”), che sottolinea l’importanza di lavorare sulla parte positiva (motiva-zione) quando si influenzano le organizzazioni sociali e non agire negativamente (puni(motiva-zione);

il cambiamento sociale centrato sulla strategia punitiva riesce a dare dei risultati subito, ma poi si ritorna nella situazione iniziale (un esempio di ragionevolezza delle idee di Levine si è avuto nell’applicazione della patente a punti: ha dato risultati iniziali positivi e poi c’è stata una regressione progressiva). La punizione non funziona!

6. LA PROGRAMMAZIONE

Vuole determinare COSA fare, QUANDO e con quali RISORSE. Problema della PA può essere coin-volgere le risorse scarse su nuove attività, ma anche controllare i risultati delle stesse (sull’in-put visto che non si può controllare l’out(sull’in-put).

Le fasi principali del piano si possono vedere nello schema GATT allegato sotto. La FASE (0) non è indicata ed è quella della pianificazione generale ove si determina la priorità con cui trattare i vari gruppi di aziende; in questo articolo non viene qui conclusa, di seguito, sono dati i criteri guida per svolgerla.

Le FASI da (1) a (6) applicano il modello descritto sopra, nell’articolo, su un insieme dato di aziende; l’insieme può qualificarsi con i gruppi o i sottogruppi di tariffa). La FASE (1) è quel-la di pianificazione sull’intervento noto il gruppo (si dovrebbe concludere in 5 mesi). La FASE (2) genera le varie componenti del prodotto-servizio da offrire (durerebbe circa 8 mesi). La FASE (3) promuove l’intervento in maniera opportuna alle imprese. Nella FASE (4) si

l’approc-A

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ciano le aziende del settore (durata circa 4-6 mesi). Durante il periodo di FASE (5) si lascia che le aziende compiano le loro azioni per poi partire con la FASE (6) di controllo anche sanzio-natorio sulle aziende del comparto. Non basta 1 anno al progetto e tutto dipende dalle risor-se asrisor-segnate ovviamente.

Di seguito si elencano le attività rilevanti di ogni fase:

1) FASE ESPLORATIVA: si raccolgono i nominativi delle aziende coinvolte; si possono fare acces-si sulle aziende con campione acces-significativo (random o con altro criterio) per meglio clasacces-si- classi-ficare i rischi del comparto e, quindi, costruire gli strumenti (prodotto-servizio di cui al punto successivo); si raccolgono dati sulle caratteristiche distintive degli imprenditori del comparto (età, scolarità, …), per il marketing.

2) GENERAZIONE SUPPORTI FORMATIVI/INFORMATIVI: definizione del contenuto tecnico; grafi-ca, impaginazione e stampa supporti su carta; definizione altri strumenti (portale, conve-gni,…);… .

3) PUBBLICITA’ SULL’INIZIATIVA: definizione del targhet degli imprenditori; scelta dei canali di comunicazione e del messaggio comunicativo; pianificazione e definizione della campagna pubblicitaria.

4) PROPOSTA ALLE AZIENDE: comunicazione scritta alle aziende; organizzazione di convegni;

mantenimento di un eventuale portale e/o forum; distribuzione dei supporti informativi e formativi; consulenza aziendale; eventuale attività di coaching telefonica alle aziende;…

5) STOP: è una fase in cui si potrebbe solo rispondere alle richieste via internet delle aziende.

6) CONTROLLO: è una fase che potrebbe solo essere random. La % dei controlli deve essere perce-pibile dalle aziende e si potrebbe fare in collaborazione con altre PA (ASL, Ispettorato del Lavoro,…). Per quanto detto sopra è una fase necessaria, ma nel contempo non deve essere per-cepita dalle aziende come punitiva, ma come necessaria per ristabilire equità tra le aziende.

Dopo la fase 6) si potrebbe pensare di fare un altro ciclo delle fasi da (4) in poi per dare un’al-tra spinta.

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