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Il Massacro di Wounded Knee

Volendo seguire il percorso storico compiuto da Stannard42, si giunse, dopo questo periodo di tumulto religioso e all’uccisione del grande Capo Toro Seduto, a quella che fu ed è ancora oggi da alcuni storici, erroneamente definita l’“ultima carneficina”, ovvero il massacro degli indiani sioux a Wounded Knee in South Dakota.

40 Hamilton C., Sul sentiero di guerra. Scritti e testimonianze degli Indiani D’America, Feltrinelli, Milano,

1977, Pag. 255-256

41 Monti M., Passarono di qui. Da Custer a Wounded Knee. La storia di Cavallo pazzo e Toro Seduto.

Bompiani, Milano 1994

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L’olocausto del 29 dicembre 1890 è sicuramente ricordato tra gli avvenimenti più crudeli ai danni degli indiani, ma di certo non fu l’ultimo.

A dicembre, dopo la morte del grande Capo indiano, centinaia di Hunkpapa fuggirono da Standing Rock rifugiandosi presso gli accampamenti dove si praticava la Danza degli Spettri o presso Nuvola Rossa, l’ultimo dei grandi capi che si trova a Pine Ridge.

Gli uomini Sioux del capo Grande Piede, in fuga per salvarsi la vita, minacciati dalla fame, dal freddo e dalla miseria, mentre si stavano dirigendo verso un rifugio, furono raggiunti dai soldati del governo, e la giustificazione fu “impedire loro di eseguire la Danza degli Spettri”, ma questo era chiaramente un fantasioso pretesto per attaccare.

La vera ragione era infatti un’altra: volevano far correre le loro ferrovie delle Black Hills fino a Chicago e all’Est, proprio attraverso le loro terre, che erano state loro concesse nel 1868.

Sotto la minaccia di 4 cannoni Hotchkiss, gli indiani dell’accampamento consegnarono le armi, ma i soldati, non soddisfatti, perquisirono le tende e fecero spogliare, sotto la neve, i guerrieri. Trovarono solo due fucili, uno dei quali era un Winchester appartenente ad un giovane indiano, che venne subito circondato e ucciso. Dopo quel primo colpo seguì uno scoppio di follia generale e dopo le prime scariche di fucileria, furono messi in azione gli Hotchkiss.

Dei 350 indiani che si trovavano con Piede Grosso, i morti furono 299, compreso il capo miniconjou, mentre fra i soldati ci furono 25 morti e 39 feriti, la maggior parte, come nel caso del Sand Creek, vittime delle loro stesse pallottole.43

I “macellai del Settimo Cavalleggeri”, come li definisce Leonard Peltier, ricevettero 26 medaglie al valore per le loro “gesta eroiche” (così fu definito lo sterminio di 300 indiani).

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Il comandante ricevette la medaglia del Congresso degli Stati Uniti, la più alta ricompensa militare prevista per atti di eroismo.

Nello stesso periodo, l’opinione pubblica si sensibilizzò sulla questione indiana: molti “eccessi” commessi durante le imprese militari furono denunciati da giornalisti e scrittori, ma anche dagli stessi ufficiali che segnalarono le ingiustizie e i soprusi subiti dalle tribù.

Alcuni autori ritennero che Wounded Knee fosse da considerare l’ultimo massacro ufficiale compiuto dagli Stati Uniti, non solo impunito, ma addirittura elogiato, proprio perché, per calmare le voci di dissenso riguardanti i massacri e lo sterminio fisico, che era divenuto ormai dannoso per l’immagine del Governo, fu definitivamente prediletta, da questo momento in poi, la più silenziosa distruzione culturale.

Possiamo dunque considerare i nativi come un popolo massacrato e violentato non solo materialmente ma anche culturalmente, genocidio da un lato, etnocidio dall’altro.

2.6.1. L’Appropriation Act

Ad aggravare la situazione contribuirono le modifiche apportate alla legge negli anni successivi: nel 1901 fu approvato l’“Appropriation Act”, un decreto che prevedeva servitù di passaggio per linee telefoniche e telegrafiche e deroghe al divieto di insediamento nel territorio indiano per gli uffici incaricati di gestirne l’installazione e la manutenzione. Agli occhi dei più ottimisti questo avrebbe portato benefici agli indiani attraverso l’elettrificazione delle riserve; con un’analisi più attenta, appare invece chiaro che lo scopo della legge era invece consentire un maggiore accesso verso le terre ambite dai nuovi coloni euroamericani.

Nel 1906 con la legge Burke veniva poi attribuito al segretario degli Interni, maggior potere decisionale nell’attribuire o negare i titoli di proprietà ai nativi, dopo i venticinque anni trascorsi dalla ripartizione, e dunque soprusi e ingiustizie furono numerosissime.

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Le tribù vennero allora, nuovamente, letteralmente invase dai bianchi che comprarono o affittarono i terreni migliori, ovviamente a danno dei suoi abitanti, e le condizioni nelle riserve diventarono precarie: fame estrema, povertà, miseria e malattie.

Nuove epidemie di vaiolo mieterono vittime a ritmi impressionanti, e se si aggiunge il fatto che molti indiani non si integrarono, e presi dall’inerzia e dalla disperazione, caddero nell’alcolismo. Un piccola parentesi va aperta a tal riguardo: da anni infatti l’alcolismo era divenuto il nuovo flagello che, accompagnato alle malattie infettive, creò veri e propri rischi di estinzione. Il racconto del francese De Volney, autore dell’opera “Rovine”, ci dà un quadro molto preciso:

“Fin dal mattino uomini e donne vagavano nelle strade al solo scopo di

cercare acquavite […] non cessando di bere fino alla perdita di ogni facoltà mentale. Essi crollavano a terra ubriachi fradici e stavano per giorni interi nella polvere e nel fango e nel letame dei maiali. Così la civiltà sta riducendo gente fino a poco fa riservata e fiera...”43

La diffusione del whiskey ebbe un’impennata tale da renderne la produzione uno dei più vantaggiosi investimenti nel territorio del Nordovest, anche perché la maggior parte delle bevande ad essi destinate veniva confezionate con “due galloni di alcol, non importa se di buona qualità, ogni cinque galloni di acqua, pepe rosso in quantità, tabacco per dare alla testa e qualche chiodo arrugginito per dare colore.”44

Un capo indiano, Piccola Tartaruga, implorò anche le autorità territoriali di vietare il traffico di alcolici, ma questi erano consapevoli di come l’alcol fosse un alleato vincente per far firmare a qualche capo indiano fradicio di whiskey nuovi trattati per la cessione di terre, cosa che accadde spesso.

43 Buffarini D., Il sentiero delle lacrime. Gli indiani vol.III°, Edizione biblioteca dell’immagine, Pordenone,

2008, Pag. 79

44 Buffarini D., Il sentiero delle lacrime. Gli indiani vol.III°, Edizione biblioteca dell’immagine, Pordenone,

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Nuova sventura per le tribù, giunse anche la sifilide ad aggravare questa situazione già al limite dell’insopportabile: assunse carattere epidemico a causa della prostituzione organizzata da capi-clan, che offrivano ai bianchi le concubine e, a volte, mogli o figlie. Inoltre con l’aumento delle malattie veneree fu seriamente compromessa la capacità riproduttiva delle donne.45