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La società d’oggi

5.5. Lance Henson: poeta e guerriero della parola

5.5.5. La società d’oggi

Lance Henson considera le persone d’oggi smarrite, utilizzando il termine “lost”, dal valore ancora maggiore.

“[…]un ritmo tribale ancestrale

corre come un lupo liberato dal paradiso

a ricordarti che il mondo che si perde

non è il loro”44

In questo frammento egli ricorda dunque che a perdersi non è il mondo degli antenati, ma il nostro, quello attuale.

Sembra che chi debba essere dimenticato in realtà conservi bene se stesso, e chi vuole dimenticare stia in realtà perdendo sé.

Si chiede e viene da chiedersi dove siano finiti le credenze, i valori, la cultura, le tradizioni.

L’attualità del razzismo è come una ghigliottina poggiata sopra la testa dell’umanità, poiché, come ci ricorda Lance Henson:

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“Il genocidio è un fantasma vivente che vola sopra molti nativi, inclusa la popolazione americana”45

Uno degli effetti del colonialismo, ricorda Lance Henson, è la perdita di autostima e la sensazione di non servire a nulla, e questa è stata identificata, da alcuni professionisti della psicologia indigena negli ultimi 15 anni, come una vera propria malattia.

Questa teoria, che si può trovare ampiamente espressa e dimostrata in un’opera del 1995 dal titolo “Native American Postcolonial Pshycology”, a cura di Eduardo e Bonnie Duran, è stata ovviamente respinta dagli psicologi e dagli psichiatri americani, proprio per i suoi contenuti.

I due autori infatti affermano che la causa di questo malessere sempre maggiore tra i nativi, di questo senso di inferiorità, che crea soprattutto un senso di vuoto ed inutilità, è da ricercare nell’emigrazione forzata, ovvero nello sradicamento forzato da una terra di appartenenza, a dimostrazione del fatto che secoli di colonialismo hanno causato l’insorgere di questo malessere, che si protrae tra i nativi ancora oggi.

Questo libro dimostra che, al fine di comprendere i nativi americani oggi, come un popolo colonizzato, è necessario comprendere il trauma intergenerazionale e l'oppressione interiorizzata di cui sono stati vittime. Oggi, questo disagio tra i popoli nativi, si manifesta attraverso un tasso di suicidio giovanile tra i più alti, attraverso fenomeni come l’alcolismo, la depressione, la schizofrenia e lo stress post-traumatico, così come già visto anche nel capitolo precedente.

“Metà pomeriggio attraversando globe

mia sorella ubriaca sul sedile posteriore elencando

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tutti i bar dove bazzicano i pellerossa

[…] siamo solo indiani persi nella foschia dell’america

e di nuovo

siamo venuti a seppellire i nostri morti”46

La mancanza di una identità data proprio dalla mancanza di una appartenenza territoriale, dalla sottrazione della propria terra di origine, è però più attuale e vicina a noi di quanto si possa pensare.

Subito dopo mezzogiorno reparto di recupero alcolisti del v.a. Oklahoma city

“oggi hanno portato altri due indiani dal carcere della contea

magri e spenti

camminano incerti per la sala ho in mente una fotografia del 1869

tre cheyenne prigionieri avvolti nelle coperte dell’esercito in piedi vicino ai cavalli a camp supply in oklahoma

senza parole e perduto in questa america che ne ha sterminati tanti

penso a ortiz e a gogisgi

e chiedo una benedizione per la loro vita noi siamo i veri veterani di questa terra”47

Questa sensazione di malessere provata dai nativi in questi secoli, è qualcosa di ben conosciuto da molti immigrati che si trovano anche oggi, in Italia.

46 Henson L., I testi del Lupo, Nottetempo, Roma, 2009, Pag.8

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Certo, le cause di questo sradicamento, sia fisico che culturale, possono essere diverse, e in qualche modo possiamo definirle “volontarie”, come la ricerca di un lavoro, di una sicurezza, di una maggiore libertà, ma quel che è certo è che sempre o spesso, conduce ad un malessere dell’anima.

Le migrazioni hanno sempre comportato problemi di identità culturale per i migranti adulti, ma soprattutto per i loro figli, la cosiddetta seconda generazione. Nel caso dei nativi assistiamo però ad una ereditaria trasmissione di questo disagio, da padre a figlio, e possiamo parlare dunque di terza, quarta, quinta generazione.

Il tutto è aggravato dal fatto che per i nativi americani la migrazione è avvenuta in maniera forzata.

L'ipotesi di molti studiosi è che i bambini stranieri siano sottoposti ad un processo che determina una lacerazione dell’Io, diviso tra istanze culturali e affettive in conflitto: quella dei genitori e quella del Paese d'arrivo.48

Oggi, sono i minori stranieri che si trovano ad affrontare una sfida particolarmente faticosa: essere divisi tra due mondi, il Paese d’origine e la società ospitante.

Ed è la stessa sfida che si trovano ad affrontare i nativi americani all’interno di un paese che riconoscono come il loro, ma della quale disconoscono la cultura.

La ricerca di una propria identità diventa dunque un percorso non solo difficoltoso, ma per alcuni talvolta impossibile.

L’acquisizione ed il mantenimento della lingua materna è uno degli strumenti che alcuni professionisti riconoscono come valido aiuto per riconoscere, riscoprire o semplicemente conservare la propria identità.

Alcuni autori hanno dimostrato che il mantenimento della lingua d’origine aiuta lo sviluppo cognitivo del bambino immigrato e facilita il successo scolastico.

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Non a caso, i popoli nativi, da sempre lottano per mantenere l’uso della lingua tribale e il governo americano invece, ben cosciente di quanto questa potesse essere d’aiuto in percorsi di questo genere, ha fatto di tutto affinché le lingue tribali venissero eliminate.

In sintesi si può affermare che il disorientamento percepito dai nativi o dagli immigrati è riconducibile a tre aree di cambiamento: linguistico, dello spazio geografico e del corpo.

“L'immigrato è doppiamente colpevole d'appartenenza e di tradimento: appartiene al suo gruppo d'origine senza appartenervi e reciprocamente appartiene alla società d'accoglienza senza neanche farne parte.

Introduce la diversità sia all'interno della società nazionale che all'interno della comunità etnica.”49

Analoga è anche in questo caso la condizione dei nativi.

Lance Henson ricorda inoltre che questo fenomeno assumerà presto i caratteri di un’endemia, poiché questi tipi di trauma sono sempre più in aumento nella società odierna.

i testi del lupo

“per chi ha un nome il mondo

è nominato da coloro che non conoscono il mondo

i nomi esistono affinché gli uomini non si sentano perduti

in un mondo per loro già perduto

in una radura assaporo il suo dolce passaggio ci sono cose che volano oltre i fuochi degli uomini tengono le braccia come ali

questi uomini non sono che ossa che cantano al proprio dolore...”50

49 Semprebon M. e Tornieri G, Materiali didattici sull’immigrazione, CESTIM, Verona, 2005 50 Henson L., I testi del Lupo, Nottetempo, Roma, 2009

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