cannula tracheostomica
3. Materiali e metod
Abbiamo valutato 129 pazienti affetti da GCA ricoverati dal set- tembre 2012 al dicembre 2014 in riabilitazione ad elevata intensità trasferiti da unità terapia inten- siva dove erano stati sottoposti a tracheotomia. In figura 1 sono ri- portate le diagnosi di accesso in riabilitazione. I pazienti era stabi- li dal punto di vista clinico, emo- dinamico e metabolico, non erano sottoposti a sedazione e in respi- ro spontaneo mantenevano buoni scambi gassosi in aria ambiente o con bassi flussi di ossigenoterapia.
Ogni paziente è stato sottopo- sto ad un trattamento riabilitativo multidisciplinare di tipo neuromo- torio, logopedico e respiratorio. Lo svezzamento dalla cannula trache- ostomica è stato eseguito secondo il protocollo condiviso dalla SIM- FER23-24 (Fig. 2).
Quando le capacità di collabo- razione e coordinazione lo per- mettevano veniva inoltre eseguita una valutazione del picco di flusso durante tosse (PCF) misurato alla bocca con cannula tracheostomica scuffiata con tappo25.
Tutti i pazienti eseguivano almeno una valutazione FBS: sempre al primo cambio cannu- la in riabilitazione (necessario al massimo ogni 40 giorni) e sempre
Figura 1 – Negli istogrammi sono mostrate le diagnosi di am- missione in riabilitazione nell’intero gruppo di studio. In rosso è rappresentata la percentuale di pazienti nei quali non è stato possibile giungere alla decannulazione, in blu è mostrata la per- centuale dei pazienti decannulati. Altro: tutte le diagnosi non comprese negli altri gruppi (coma da intossicazione da monos- sido di carbonio, coma conseguenti a gravi stati settici o grave insufficienza respiratoria complicante legionellosi).
Figura 2 – Valutazioni cliniche per la rimozione della cannula tracheostomica6,23-24.
durante la rimozione della cannula tracheostomica (Fig. 2). La FBS veniva inoltre ese- guita ogni qualvolta il protocollo di svezzamento dalla cannula non poteva procedere al fine di identificare il motivo del mancato svezzamento e risolverlo mediante terapia medica nel caso di edema sopra o sottoglottico o mediante scelta di una cannula di diverso calibro o tipo nel caso di rilievo di granulazioni non stenosanti. Nel caso di granulazioni di grandi dimensioni occupanti più del 50% del lume tracheale veniva invece posta indicazione alla rimozione mediante laser in broncoscopia rigida.
Lo svezzamento iniziava con il test di scuffiatura della cannula tracheostomica, pro- seguiva con la valutazione della gestione delle secrezioni mediante marcatura delle se- crezioni con blu di metilene e terminava col test di chiusura con tappo (Fig. 2). Dopo scuffiatura veniva valutata l’insorgenza di tosse, desaturazione o distress respiratorio (dispnea, incremento della frequenza respiratoria, uso dei muscoli accessori). Se nessuno dei suddetti sintomi era presente venivano colorate le secrezioni orali con blu di metile- ne6 e, dopo deglutizione volontaria o spontanea, veniva eseguita aspirazione tracheale con sondino attraverso la cannula nell’immediato, dopo 30 minuti e a distanza di 4 ore. Se il test risultava negativo per aspirazione di blu dalla cannula, il paziente veniva lascia- to scuffiato per tempi progressivamente crescenti durante il giorno ed il test veniva ripe- tuto per tre giorni consecutivi. Non appena il paziente era in grado di tollerare la cannula scuffiata per 24 ore al giorno per almeno 48 ore, si procedeva al test di chiusura con tap- po. La cannula tracheostomica scuffiata veniva chiusa con tappo e in caso di assenza di desaturazione o segni di distress respiratorio la cannula veniva mantenuta chiusa con tappo per tempi progressivamente crescenti. Quando il paziente aveva tollerato la chiu- sura con tappo della cannula per 24 ore al giorno per almeno 48 ore consecutive, veniva proposta la decannulazione sotto controllo fibrobroncoscopico23-24.
4. Risultati
Dopo valutazione dell’efficacia della tosse, della deglutizione, della capacità di tolle- rare la cannula chiusa con tappo (criteri clinici: Fig. 3), sotto guida fibrobroncoscopica, è stata rimossa la cannula in 91 pazienti (70%). Nel 30% dei pazienti non è stato possibile rimuovere la cannula. Le cause della mancata decannulazione sono riportati in figura 4. In nessun paziente la mancata rimozione della cannula tracheostomica è stata causata da complicanze tracheali. Nessun paziente ha richiesto riapertura della tracheostomia nel periodo di studio analizzato.
È stato possibile eseguire una valutazione del PCF soltanto in 29 pazienti su 129 (22%). Nei restanti pazienti la manovra non era eseguibile per la mancanza di coordinazione, per incapacità a tenere in bocca il boccaglio o per incapacità all’esecuzione volontaria della manovra. Nei pazienti valutati il picco flusso è risultato in media di 237 L/min (DS 115 L/ min); in particolare soltanto 6 pazienti hanno mostrato un picco di flusso < 160 L/min e soltanto in un soggetto con PCF 55 L/min la misura del PCF è stata utile per decidere di non procedere alla decannulazione.
In 51 pazienti (39%) sono stati osservati granulomi tracheali pericannula che in 7 casi (stenosi > 50%) hanno richiesto trattamento laser, mentre i restanti 53 (stenosi < 50%) sono regrediti dopo riduzione del calibro o rimozione della cannula (Fig. 3).
La figura 5 mostra le condizioni dei pazienti al momento della prima valutazione fibrobroncoscopica eseguita in riabilitazione. La maggior parte dei pazienti valutati (C 37%), all’inizio del trattamento riabilitativo ha fallito sia la valutazione clinica che endoscopica e pertanto la decannulazione è stata posticipata ed è stato costruito per
ciascun paziente un percorso ria- bilitativo personalizzato. Di que- sti soltanto 4 con stenosi tracheale > 50% sono stati trattati col laser. Tutti gli altri sono stati sottopo- sti a sostituzione della cannula tracheostomica con una di cali- bro più piccolo non fenestrata e a terapia medica. Circa la metà (21) sono stati successivamente decannulati. Una analoga percen- tuale di pazienti (B 33%) ha supe- rato al momento della prima FBS tutti i criteri clinici ed ha presen- tato un quadro endoscopico nel- la norma. Per questo sono stati immediatamente decannulati. In questo gruppo la decannulazio- ne è avvenuta in media 24 giorni dopo il ricovero in riabilitazione. Il 28% dei pazienti valutati (A) nonostante il fallimento dei cri- teri clinici ha presentato un qua- dro endoscopico nella norma. In questo gruppo, grazie al tratta- mento riabilitativo, 22 pazienti (61%) sono stati successivamente decannulati. Di estrema rilevanza clinica è invece il gruppo D do- ve 3 pazienti, che alla valutazio- ne clinica avevano superato tutti i criteri necessari alla decannula- zione, hanno richiesto trattamento laser per la presenza di stenosi tracheali > del 50%. In questi pazienti la decannulazione senza controllo fibrobroncoscopico avrebbe vero- similmente portato a complicanze successive.
I pazienti del gruppo B che sono stati decannulati semplicemente al termine delle va- lutazioni senza necessità di alcun trattamento specifico sono stati confrontati con tutti gli altri (A + C + D): nessuna differenza è stata osservata in termini di età (p = 0,71) o con- frontando i giorni trascorsi dalla tracheotomia (p = 0,31). In questo gruppo inoltre erano presenti il 70% dei pazienti affetti da una patologia di base non neurologica e solo l’11% dei pazienti affetti da coma post anossico. Quindi mentre i pazienti affetti da coma post anossico per arresto cardiorespiratorio sono risultati i pazienti più difficilmente decan- nulabili, i pazienti in coma per motivi non primitivamente neurologici sono risultati i più facilmente decannulabili.
Confrontando i pazienti che sono stati decannulati con quelli nei quali non è stato possibile rimuovere la cannula tracheostomica, nessuna differenza è stata osservata in termini di età (p = ns: Fig. 6). I pazienti decannulati erano portatori della cannula tracheo- stomica da un numero di giorni statisticamente inferiore rispetto agli altri (Fig. 6). Figura 3 – Protocollo di svezzamento. Nei cerchi procedure ope-
rative; nei rombi decisioni cliniche.
Figura 4 – Cause di mancata decannulazione nei 38 pazienti che hanno fallito lo svezzamento.
Figura 5 – Risultati della prima valutazione fibrobroncoscopica eseguita in riabilitazione. A: Pazienti nei quali i criteri clinici erano falliti (test di scuffiatura, test con blu di metilene, tosse efficace, test di tappatura) e nei quali la FBS ha escluso alterazioni degne di nota. Questi pazienti sono stati sottoposti a trattamento riabilitati- vo e a successiva rivalutazione. B: Pazienti senza alterazioni significative alla FBS che avevano anche superato tutti i criteri clinici e sono pertanto stati subito decannulati. C: Pazienti che avevano fallito i criteri clinici e nei quali la FBS aveva evidenziato alterazioni che controindicavano la rimozione della cannula tracheostomica. Questi soggetti sono stati sottoposti a riduzione del calibro della cannula tracheostomica e a terapia medica entiedemigena o laser terapia in caso di stenosi tracheali > del 50%. Dopo trattamento riabilitativo e la terapia del caso sono stati sottoposti a rivalutazione clinica e FBS. D: Pazienti nei quali i criteri clinici erano stati superati ma che alla valutazione FBS per la rimozione hanno mostrato alterazioni che hanno controindicato la rimozione della cannula trachestomica. Anche questi pazienti sono stati sottoposti a riduzione del calibro della cannula e a terapia medica o laserterapia.
Figura 6 – Confronto tra pazienti decannulati (colonne blu) e non decannulati (colonne rosse) in termini di giorni trascorsi dal confezionamento della tracheotomia (p = 0,04) e in termini di età (p = ns).
5. Discussione
Dalla presente casistica emerge che il 39% dei pazienti affetti da GCA durante il pro- cesso di svezzamento dalla cannula tracheostomica necessita di valutazione fibrobron- coscopica per arrivare alla decannulazione. Inoltre nel 2% dei casi la FBS è stata in grado di evidenziare alterazioni tracheali non rilevabili con la semplice valutazione clinica che hanno richiesto la correzione laser e che avrebbero verosimilmente comportato gravi complicanze post decannulazione.
In questa particolare casistica quindi la valutazione fibrobroncoscopica sembra rive- stire un ruolo cardine nello svezzamento di una elevata percentuale di pazienti che al- trimenti non sarebbero stati decannulati. Tali risultati appaiono in contrasto con quanto decritto nella metanalisi di Santus2 dove gli autori inseriscono la valutazione fibroscopica come criterio minore all’interno dello score clinico per aiutare il clinico nella decisione del- la decannulazione. Verosimilmente tale differenza è imputabile alla particolare casistica del presente studio. La necessità della FBS nella nostra casistica è correlata alla complessi- tà e cronicità dei pazienti che comporta una più lunga permanenza in sede della cannula tracheostomica. Si conferma pertanto la necessità della validazione clinica del suddetto score in diversi setting operativi considerando la FBS come criterio maggiore per pazienti selezionati.
La valutazione strumentale della efficacia della tosse attraverso misurazione del PCF ha rivestito, in questa particolare casistica di pazienti, un ruolo marginale nel processo decisionale della decannulazione. Soltanto il 21,9% dei pazienti è stato in grado di esegui- re correttamente la manovra. Il PCF risulta pertanto nella nostra casistica uno strumento applicabile soltanto in una minoranza dei pazienti e, quando applicabile, è generalmen- te al di sopra della soglia indicata in letteratura per valutare l’efficacia della tosse. Nella maggioranza dei pazienti è stato pertanto necessario un attento monitoraggio clinico della capacità di rimuovere spontaneamente le secrezioni dalla cannula tracheostomica o dalla bocca e del numero di aspirazioni necessarie al giorno. Tale esperienza conferma i dati re- centemente pubblicati da Bach.26 Il ruolo del PCF di pazienti affetti da malattie neuromu- scolari riveste infatti, secondo gli autori, un ruolo secondario nel predire il successo dello svezzamento27 in quanto quasi sempre i pazienti affetti da debolezza dei muscoli respira- tori posso essere decannulati con successo anche quando PCF o la capacità vitale non sono misurabili. Secondo gli autori tali risultati sarebbero estensibili anche ad altre casistiche di pazienti ed i nostri risultati supporterebbero tale teoria.
6. Conclusioni
In pazienti affetti da GCA non decannulabili in terapia intensiva, la FBS gioca un ruolo fondamentale nello svezzamento dalla cannula tracheostomica. La FBS risulta essenziale per:
• la scelta del calibro e del modello di cannula tracheostomica da utilizzare in corso di svezzamento;
• l’identificazione precoce delle complicanze tracheali che impediscono lo svezzamento dalla cannula (edema sopra o sotto glottico, granulomi tracheali o cordali, rottura degli anelli cartilaginei, fistole tracheo-esofagee, ecc.);
• la scelta del trattamento delle complicanze tracheali; • l’esecuzione in sicurezza della decannulazione;
In pazienti affetti da GCA il successo della decannulazione appare correlato col nume- ro di giorni di permanenza in sede della tracheostomia e non all’età.
Il presente studio, esclusivamente osservazionale, pone le basi per futuri confronti con casistiche analoghe per patologia che siano state gestite senza l’utilizzo sistematico della FBS.
In pazienti affetti da grave cerebrolesione acquisita la valutazione fibrobronscopica sembra comunque rivestire un ruolo cardine nel processo decisionale che porta alla ri- mozione della cannula tracheostomica. La valutazione strumentale dell’efficacia della tos- se, criterio prioritario in altre casistiche, risulta, invece, non applicabile in questi pazienti dove la capacità di espettorare può essere monitorata soltanto clinicamente valutando la necessità di broncoaspirazione.
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