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CAPITOLO II: REPERTORIO DI OPERE DI RIFERIMENTO (1976-2011)

2. Sei aspetti da mettere in luce

2.6 Un medium che ibrida arte e architettura

Transsolar & Tetsuo Kondo Architects Cloudscapes (Biennale Architettura 2010, Dodicesima Mostra

Internazionale di Architettura, “People meet in Architecture”, a cura di Kazuyo Sejima)

Nonostante questi problemi di definizione, nella maggior parte dei casi possiamo affermare con certezza che l'installazione ambientale ibrida arte e architettura, con “strutture” che ribaltano e mischiano il punto di vista della ricerca artistica e architettonica. A conferma di ciò diversi artisti presenti nel repertorio, come Olafur Eliasson, sono stati invitati alla Biennale “Architettura”, ma anche diversi architetti sono stati ospitati nella Biennale “Arti visive”3.

Le Biennali del 1976 e del 1978 avevano affiancato al settore Arti visive quello relativo all'Architettura, ma con la prima Biennale di architettura del 1980 la disciplina assume una sua autonomia, pur realizzando quello che a posteriori potremmo definire un enorme intervento installativo artistico-architettonico: la Strada Novissima. L'idea di costruire strutture effimere dal forte impatto scenografico può essere messa in parallelo con due realizzazioni “urbane” dell'anno precedente: il già citato Teatro del Mondo di Aldo Rossi, sempre a Venezia, ma anche il progetto di recupero urbano “Parco Centrale”, caratterizzato da quattro interventi di architettura effimera, realizzati da Franco Purini e Laura Thermes, atti a ospitare le manifestazioni artistiche dell'“Estate Romana” del 1979: il Teatro Scientifico di Via Sabotino, il “ponte” di Villa Torlonia, la “pista da ballo” al Parco della Caffarella e il “palco per i concerti” all'ex Mattatoio4.

Eppure questa sperimentazione iniziale non troverà riscontro nelle edizioni successive della Biennale “architettura” e il punto di svolta per l'incremento del numero delle installazioni ambientali sarà solo con l'edizione del 2000 “Less Aesthetics, More Ethics”, curata da Massimiliano Fuksas. A partire da quell'anno ogni edizione della Biennale Architettura ha visto un crescendo

3 Fra gli interventi “architettonici” alla Biennale d'arte uno dei più interessanti è quello del collettivo A12 che, nel

2003, ha realizzato il padiglione temporaneo per la sezione “La Zona” dell'Esposizione Internazionale.

4 Per un approfondimento specifico rimando a: G. BARTOLUCCI (a cura di), L'Effimero Teatrale. Parco centrale.

continuo di progetti per installazioni ambientali realizzate da architetti-artisti. Fino al 2010, in cinque edizioni, il numero approssimativo di installazioni alla Biennale “Architettura” supera già il centinaio di esempi.

Al contrario delle installazioni presentate nelle edizioni della Biennale “Arti visive”, per quelle presenti nelle edizioni dedicate all'architettura è sempre molto difficile capire se lo scopo per cui sono state realizzate è puramente artistico-estetico. Molto spesso queste installazioni fungono, infatti, da contenitore di altri materiali informativi relativi all'architetto che le ha realizzate o sono modelli di possibili architetture ancora da realizzare. In altre parole, le installazioni degli architetti- artisti mostrano spesso di avere, fin dalla fase della loro progettazione, un preciso scopo funzionale all'interno della disciplina architettonica che le porta a trascendere il nostro discorso sull'installation art.

Fra gli esempi più interessanti per comprendere la presenza dell'installazione ambientale alla Biennale “Architettura” ricordiamo la sezione “Episodi” nella Biennale 2004 (“Metamorph” a cura di Kurt W. Forster), in cui, secondo le parole dello stesso curatore nell'Introduzione al Catalogo generale, gli architetti «hanno inventato modi per dare vita alle loro idee piuttosto che limitarsi a rappresentare. Questi “Episodi” propongono un'immersione più che un'ispezione. I visitatori potranno essere tentati di soffermarsi e magari vagare attraverso questi spazi creati appositamente per la Biennale»5.

Anche la Biennale del 2008, “Out there. Architecture beyond building” a cura di Aaron Betsky, è un'edizione particolarmente importante per il nostro studio sulle installazioni ambientali perché a tutti gli architetti invitati (fra cui Coop Himmelb(l)au, Diller Scofidio + Renfro, Massimiliano & Doriana Fuksas, Zaha Hadid Architects e UNStudio) viene richiesto di creare una sorta di prototipi architettonici non troppo dissimili a delle installazioni (così vengono chiamati anche nel Catalogo generale). Già dalle prime parole del testo che fa da introduzione al catalogo il curatore ci tiene a sottolineare che: «Questo testo riguarda l'architettura che non è sinonimo di “edificare”, che non ha funzione, che non dura e che, nel momento in cui si leggono queste parole, potrebbe essere soltanto in esse. È anche un testo su qualcosa di assolutamente silenzioso, qualcosa di cui facciamo esperienza come parte integrante delle strutture che ci circondano ogni giorno, che stanno dinanzi a noi come fatti, che vivono più a lungo di noi – ma che è difficile definire o anche esperire. Il testo è un tentativo di portare alla luce e svelare tale fenomeno: esso cerca di narrare una storia su un certo tipo di architettura che non si limita semplicemente a starsene piazzata lì, che non è un monumento, un puro fatto o una struttura che giustifica la propria esistenza soltanto in virtù del rendimento o

5 K. W. FORSTER, Introduzione: Tra labirinto e pista, in Metamorph. 9. Mostra Internazionale di Architettura

dell'attuazione di un determinato compito, per esempio quello di fornire riparo. Il testo chiama in causa esempi di un'architettura che cerca di rivelare, di aprirsi, di coinvolgere. Un'architettura che non parla e che non è un brano di scrittura. Non è neppure edificio. È qualcos'altro. Queste sono problematiche riguardanti l'architettura»6.

Anche nell'ambito dell'altra grande rassegna di architettura in Italia, la Triennale di Milano, l'installazione ambientale è stata più volte protagonista. Il già citato progetto “Arch and Art” del 2016 non è certo il primo in cui arte e architettura collaborano attivamente nell'ambito della rassegna milanese. Basterà qui ricordare il caso della XIX Triennale del 1996, dal titolo “Identità e differenze. Integrazione e pluralità nelle forme del nostro tempo. Le culture tra effimero e duraturo”. Questa edizione proponeva una mostra introduttiva, intitolata “Gli immaginari della differenza”, dove venivano presentate quattro installazioni ambientali create appositamente da quattro architetti (coadiuvati da altrettanti scrittori) per gli spazi del primo piano del Palazzo dell'Arte. Le quattro installazioni erano Arazzo, aria, rete di Juan Navarro Baldeweg, Delirium di Peter Eisenman, La finestra sul mondo di Jean Nouvel e The Pulp City di Craig Hodgetts e Hsin Ming Fung. Questi “scenari plastico-letterali”, tutti diversi ma attraversabili e fruibili direttamente dagli spettatori, costituivano quattro spazi indipendenti ma non chiusi in sé stessi. Per le quattro installazioni furono realizzati, su progetto degli autori, elementi di mediazione che suggerivano la delimitazione dello spazio senza diventare barriere7.

Non ci occuperemo in questa sede degli architetti-artisti, ma è giusto indicare alcuni dei più interessanti esempi di installazioni ambientali permanenti realizzate in Italia negli ultimi decenni, in particolar modo una serie di opere realizzate nel paesaggio. Un esempio è il “Vigne Museum” sulle colline di Rosazzo (Brazzano, Gorizia) concepito da Yona Friedman e Jean-Baptiste Decavèle nel 2011 e realizzato nel 2014 grazie alla partnership con l’azienda Livio Felluga e all’intermediazione di RAM Radioartemobile all’interno del suo progetto “D/A/C Denominazione Artistica Condivisa”. Sempre Friedman e Decavèle firmano anche il progetto ambientale “No Man's Land” a Loreto Aprutino (Pescara) nel 2016. Altri esempi sono la Casa della Pace, un progetto speciale che Massimiliano Fuksas aveva realizzato per la sua Biennale del 2000, ora ricostruito al Rossini Art Site di Briosco (Monza-Brianza) o Architecture forgiven by nature, installazione permanente che

6 A. BETSKY, Interrogativi sull'architettura: meditazioni sullo spettacolo lì fuori, in Out there. Architecture beyond

building. 11. Mostra Internazionale di Architettura [catalogo della mostra], Marsilio, Venezia, 2008 (5 voll.), vol. 1, pp. 14-21, p. 14.

7 Cfr. P. DEROSSI (a cura di), Identità e differenze: integrazione e pluralità nelle forme del nostro tempo; le culture

tra effimero e duraturo. Triennale di Milano, XIX Esposizione Internazionale [catalogo della mostra], Electa, Milano, 1996 (2 voll.). Questa idea di mischiare installazione ambientale e allestimento è riscontrabile in diverse mostre collettive per cui sono stati realizzati allestimenti particolari, al limite fra architettura e installazione artistica, come nel caso della mostra “Arte/Moda”, curata da Germano Celant, Ingrid Sischy e Pandora Tabatabai Asbaghi, ospitata in sette padiglioni realizzati appositamente da Arata Isozaki sulla spianata di Forte Belvedere, nell'ambito di “Il Tempo e la Moda”, prima edizione della Biennale di Firenze, sempre del 1996.

Gianni Pettena ha realizzato nel 2017 per la manifestazione “Scultori a Brufa” a Torgiano (Perugia). Ma l'esperimento collettivo forse più interessante è il “Parco della scultura in architettura” a San Donà di Piave (Venezia) che ha visto negli anni diverse installazioni ambientali realizzate da architetti, come La casa abbandonata di Aldo Rossi (1996-2001).

L'elenco potrebbe certamente continuare ma quello che conta sottolineare in questa sede è che, come scrive la Zevi, «scevra da obblighi funzionali, l'arte può svolgere un insostituibile ruolo creativo nei confronti dell'architettura solo se quest'ultima sa tradurne gli stimoli in chiave spaziale e scala congrua»8. E lo vedremo bene più avanti.

TERZA PARTE: LE PREMESSE STORICHE DELL'INSTALLAZIONE AMBIENTALE IN ITALIA DAL FUTURISMO AGLI ANNI SETTANTA

L. Fontana Fonti di energia (1961) ricostruito per la mostra “Lucio Fontana: Ambienti/Environments”

(Hangar Bicocca, Milano, 2017)

M. Ceroli Sala Ipostila (1967), collezione MART, Rovereto

UFO Urboeffimero 6 (1968), esposto nel cortile di Palazzo Strozzi a Firenze per la mostra

CAPITOLO I: LE RICERCHE ARTISTICO-ARCHITETTONICHE IN ITALIA NELLA PRIMA METÀ DEL NOVECENTO

Nonostante nella bibliografia internazionale non risulti in maniera chiara, l'Italia ha avuto un ruolo centrale per lo sviluppo dell'installazione ambientale in tutto il Novecento a partire dalle prime sperimentazioni dei futuristi che, incrinando le strutture tradizionali dell'opera d'arte, si aprirono al contesto spaziale e si contaminarono con l'architettura ricercando un'unità sintetica tra arte e ambiente.