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2. IL VENETO E LA SUBCULTURA BIANCA

2.2 Il Veneto bianco

La subcultura rappresenta il modo di rispondere delle società locali di fronte a processi potenzialmente destabilizzanti di cui sono promotori Stato e Mercato. Le differenze presenti in Italia tra le varie subculture sono collegate alle prassi consolidate, agli stili amministrativi e i valori cardine. Esse trovano forza nelle “linee di frattura” formate nel processo di creazione dello Stato e della Nazione, perché è lungo queste linee che si sono organizzate le società locali.

Tali linee di frattura (cleavages) vennero teorizzate dal politologo Rokkan (Rokkan S. in Almagisti M. 2016) come fondamenti della nascita dei partiti attuali, queste fratture avrebbero messo in contrasto gruppi sociali, e continuerebbero a farlo. Si identificano nelle contrapposizioni Centro-Periferia, Città-Campagna, Stato-Chiesa, Capitale- Lavoro52.

Analizzandole brevemente, si può tradurre il conflitto Centro-Periferia come lo scontro a livello territoriale tra alcune zone periferiche che rivendicano le proprie peculiarità, e il governo centrale che spinge per l’omogeneizzazione di tutto il territorio dal punto di vista culturale (questa linea di frattura dà vita ai partiti etno-regionalisti). Per la contrapposizione Città-Campagna ci si riferisce ad un contrasto emerso dopo la

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rivoluzione industriale, che ha favorito una forte urbanizzazione a discapito delle realtà rurali (partiti agrari). Il contrasto Stato-Chiesa rappresenta un conflitto a livello ideologico, e viene rappresentato da partiti confessionali che difendono la Chiesa, in contrasto con partiti liberali che valorizzano lo Stato e la sua indipendenza. Infine, quella relativa al Capitale-Lavoro che è presente in molte nazioni dal periodo post- industriale, e nasce con i grandi movimenti di massa operai, e dà vita ai loro partiti.53 La subcultura “bianca” è legata principalmente alle cleavages Stato-Chiesa e Centro- Periferia. I territori interessati, infatti, vivono nottetempo una forte presenza della Chiesa nella società e un chiaro localismo antistatalista, con venature di contrasto nei confronti delle istituzioni centrali54.

Dai tempi della Serenissima fino ad oggi, il capitale sociale presente nelle zone di campagna in veneto ha dei tratti caratteristici, ovvero: l’importanza centrale della famiglia, una forte devozione e rispetto per le autorità clericali, accentuato rispetto verso l’assetto costituito, ma con l’obbligo ai custodi di questo, di rispettare i primi due elementi cardine. I sorveglianti del potere devono essere anche garanti dei vincoli sociali che ne derivano.

La linea di frattura Centro-Periferia trova origine fin dai tempi dell’espansione di Venezia nella terra ferma. Infatti, dopo un’iniziale capillare presenza nel territorio delle autorità veneziane senza grosse resistenze su aree in prevalenza contadine, emerge, una forte contrasto tra comunità rurali e potere centrale.

Comincia, quindi, ad affiorare una forte propensione al localismo e al policentrismo già a questi tempi, caratteri, che come vedremo, rimangono trasversali nel tempo (Almagisti M. 2016).

La linea di frattura Stato-Chiesa viene “risolta” nel Settecento, con il tramonto della Serenissima e l’affermarsi della Chiesa come realtà sempre presente, volta a prendersi cura della società in contrasto ad istituzioni politiche rispetto alle quali si diviene quasi estranei (ibidem). Non c’è da chiedersi, quindi, perché diviene elemento strutturale nella società locale e nello sviluppo dell’identità comune.

Il quadro storico ci dice che il periodo della dominazione napoleonica prima, e asburgica poi, riaprì nuovamente la frattura Centro-Periferia, il rapporto tra Stato e

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https://relazioninternazionali.wordpress.com/2009/11/16/teorie-sulla-nascita-dei-partiti/ 54

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Chiesa, invece, venne messo in discussione da Napoleone ma risanato successivamente dall’Impero Asburgico. Roccaforte istituzionale anche nei periodi di diversa dominazione, la Chiesa nel Nord-Est rimane cruciale fino all’Unificazione del Regno d’Italia e nei periodi successivi.

L’Italia vede compiersi un percorso di unificazione in tempi brevissimi, tuttavia vi sono delle difficoltà concrete principalmente legate alle condizioni economiche a termine delle guerre per raggiungerla. “Si può capire, quindi, che il regime liberale scelga di comprare la lealtà delle èlites locali disponibili all’accordo utilizzando soprattutto risorse locali, che abbandoni il costoso progetto di integrazione delle classi subalterne e che, al contempo, metta le proprie istituzioni al riparo da gruppi sleali” (Zincone G. 1992, 146). Elemento che ha assecondato e da nuova linfa ad un localismo già preesistente.

Quindi la frattura Stato-Chiesa e Centro-Periferia ritorna fortemente in auge, anche perché lo Stato Italiano non ha la forza di far fronte a tali questioni, considerando i problemi di carattere economico dovuti al finanziamento delle guerre per raggiungere l’Unità, e gli sconvolgimenti sociali a cui far fronte nei primi decenni a seguito dell’unificazione.

Successivamente, l’avvento del fascismo non fa che accrescere questa situazione sia antecedente che successiva al suo affermarsi, e quindi la Chiesa è risultato, ancora una volta, l’unico punto di riferimento in situazioni storiche burrascose.

Tuttavia, si commetterebbe un errore pensando che il Veneto sia sempre stato di una “cromatura bianca immacolata”. A seguito della prima guerra mondiale infatti si diffonde anche l’associazionismo di stampo socialista, principalmente presente in area urbana, rispetto alle campagne caratterizzate dall’elettorato cattolico. Ma sopravvivrà al fascismo le realtà organizzativa maggiormente diffusa nel territorio, quindi la subcultura bianca.

Infatti, se fino agli inizi del Novecento l’influenza della Chiesa era maggiore nei contesti rurali, principalmente nelle province di Verona, Vicenza, Padova e Treviso, nel periodo fascista, grazie al compromesso con il regime, essa riesce ad aumentare il suo seguito anche nell’ambiente urbano. Infatti, durante il fascismo vennero cancellate, o molto ridimensionate, le élite laiche e il ceto medio urbano, mentre la Chiesa era riuscita a rivolgersi ai ceti medi impiegatizi soprattutto grazie ad associazioni come l’Azione

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Cattolica, una delle poche non sciolte durante il ventennio fascista. (Almagisti M. 2016).

Questo pone le basi per il vasto consenso che avrà la Democrazia Cristiana (DC), partito cattolico fondato da Alcide De Gasperi nel secondo dopo guerra.

La Chiesa attraverso la DC si presenta quindi come la forza contraria al comunismo. In Veneto il grande seguito ottenuto dalla DC, segna un predominio elettorale sul PCI, e favorisce lo sviluppo industriale di piccola impresa nelle zone rurali.

Il riconoscersi da un punto di vista di identità politica, nella DC, trova fondamento nel far parte della comunità cattolica, che si esprime nel contesto locale e familiare controllato dalla Chiesa. La DC diventa, quindi, “garante e interprete della società locale e il voto è la prova e la misura dell’appartenenza e della condivisione del sistema di significati e delle prassi prevalenti nella società locale stessa” (Almagisti M. 2016, p.137).

Fino agli anni Sessanta, predomina una linea politica su basi identitarie, l’importanza della Chiesa nell’ambito sociale e di orientamento culturale viene rappresentato dal voto alla DC.

Dagli anni Settanta agli anni Novanta si assiste ad un processo di secolarizzazione e ad un moltiplicarsi degli attori nella scena politica, e la DC comincia ad avere una certa autonomia dalla Chiesa. Questo periodo storico viene segnato da una crisi del mondo cattolico, dallo sviluppo economico e l’indebolirsi della famiglia tradizionale. L’azione politica non è più guidata dal voler rappresentare l’identità cattolica ma predilige la mediazione di interessi territoriali e di gruppo, formato da “amministratori e di manager dell’impresa-Veneto” (ivi, p.139). Inoltre, il processo di laicizzazione apre le strade alla possibilità di poter rappresentare questa regione anche per partiti politici altri, che nulla hanno a che fare con il grande partito concorrente, il PCI. Già nel 1983 la Liga Veneta risulta aver maggiori consensi proprio in quei comuni dove la comunità cattolica locale è in crisi. Dove, infatti, stava venendo meno la comunità religiosa, sono riemersi altri principi tipici di questi luoghi, come l’importanza del locale, una certa sfiducia verso lo Stato, principi quali la Liga si faceva promotrice.

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