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2. IL VENETO E LA SUBCULTURA BIANCA

3.2 Dimensione verticale: i livelli di governo e il sistema di accoglienza

3.2.1 SPRAR

Il progetto SPRAR nel comune di Treviso è cominciato a luglio 2016, dopo un lungo periodo di valutazione da parte dell’ente iniziato a novembre 2015.

L’idea di strutturare questo tipo di accoglienza nasce con la scorsa amministrazione del Partito Democratico, guidata dal sindaco Giovanni Manildo.

La scelta di avviare un progetto SPRAR è stata voluta:

“perché l’alternativa era comunque subire una situazione che veniva dall’alto. Nel senso che in quel periodo c’erano tutti quei famosi sbarchi, arrivi, quant’altro, e la Prefettura ci comunicava uno giorno si, l’altro anche, che arrivava sempre qualcuno da inserire. L’unico sistema che ancora oggi è valido per avere la regia della situazione è effettivamente lo SPRAR. Perché è il comune che effettivamente accoglie, senza doverselo subire dall’alto, come succede magari in altri casi. Quindi la scelta era quella di cercare

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di avere la regia e cercare di attivare una sorta di integrazione, cosa non facile, ma insomma..”(intervista 1)

Al momento sono 49 posti (38 uomini e 11 donne), tuttavia, non lo sono stati dall’inizio “siamo partiti con pochi e siamo arrivati solo a fine del 2016 a raggiungere questa quota, non è stato facilissimo. Siamo partiti con Treviso e poi ci siamo allargati con gli altri comuni.” (intervista 1) Infatti, la progettualità era volta a sviluppare la collaborazione di più comuni.

“A Treviso è nata una rete che ha visto la partecipazione di dieci comuni del territorio. Poi, in realtà, la rete è stata abbastanza fittizia. Cioè la rete vera è tra i comuni che accolgono, gli altri comuni hanno cercato all’inizio ma alla fine non sono riusciti a fare nulla. Però la rete era formata da dieci comuni limitrofi e si voleva un po’ che tutti mettessero la loro parte, solo che alla fine si è riuscito a farlo solo con alcuni di questi comuni.” (intervista 1)

Ad oggi 28 posti sono destinati a Treviso (5 dei quali a donne) gli altri sono suddivisi tra i comuni di Mogliano Veneto, Ponzano Veneto e Monastier.

L’apertura dello SPRAR a Treviso è stata contesa a livello politico solo inizialmente: “qui la maggioranza era compatta. È cominciata con la Giunta Manildo, l’allora Assessore Cabino ha portato avanti questa iniziativa. Contestazioni, all’inizio ci sono state, chiaramente l’opposizione un po’ si è mossa, c’è stata qualche manifestazione effettivamente anche contraria. Però poi quando tutta la cosa è partita si è disinnescato un po’ tutto.” (intervista 1)

Ad un certo punto si pensava di aumentare anche i numeri, l’ex sindaco il 5 aprile 2017 dichiarava:

“da parte della Prefettura vi sarà pieno sostegno al percorso amministrativo già intrapreso con la comunicazione di giunta della scorsa settimana [...] che a breve si tradurrà in una delibera con la quale l’amministrazione intende richiedere al Ministero la conversione degli attuali centri CAS in SPRAR. Di qui la possibilità per Treviso di far scattare la clausola di salvaguardia con la conseguente riduzione a 235 delle persone accolte e il progressivo svuotamento della caserma Serena.74” Tuttavia, “[…] non è

stato possibile. Abbiamo fatto questo tentativo quando è entrata in vigore quella specie di normativa o interpretazione che consentiva la trasformazione di CAS in SPRAR. Però non è mai stata così semplice da attuare perché comunque non era un passaggio automatico, bisognava fare le gare, occorreva chiede al Ministero autorizzazioni e

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quant’altro. Alla fine, non si è fatto nulla. È intervenuta, poi, anche la circostanza che sono diminuiti comunque gli arrivi. Questa cosa ci ha un po’ agevolato, però stavamo pensando anche noi di aumentare, senza dubbio.” (intervista 1)

Interrogati il comune e il coordinatore dell’ente attuatore del progetto, è emerso che le difficoltà pratiche nell’avviamento dello SPRAR. sono state per il Comune il riuscire a produrre tutta la documentazione necessaria, mentre per gli enti attuatori ha richiesto diverso tempo il reperimento di appartamenti idonei.

“Il problema di individuare gli alloggi, è, secondo me, connesso a quanta volontà o resistenze ci possono essere da parte di una comunità, un quartiere, nel saper che effettivamente domani, viene aperto un progetto SPRAR, quindi difficilissimo trovare gli alloggi, non perché non ci sia mercato immobiliare ma perché, vuoi che il proprietario dell’alloggio non è disposto a mettersi contro i vicini, vuoi perché le agenzie hanno delle indicazioni da parte dei proprietari di non affittare ad un tipo di persone piuttosto che ad un altro. Scremato già un po’, rimane una fetta di mercato immobiliare disponibile che affitterebbe volentieri, anche perché ha tutta una serie di garanzie che lo SPRAR dà, quindi non si dovrebbe trovare a gestire situazioni di morosità piuttosto che di mancati pagamenti, però, hai quelle resistenze, quelle paure, e quella rabbia da parte dei vicini, dei cittadini, che porta sì ad un avvio molto lento. Quindi la difficoltà più grossa è stata, secondo me, connessa per quello che riguarda l’ente attuatore, al reperimento degli alloggi, non ad altre dimensioni. Reperimento degli alloggi che sarebbe stato molto più semplice se non avessimo parlato di un progetto SPRAR quindi di un certo mondo e di un certo tipo di utenza.” (intervista 3)

Le rimostranze della cittadinanza, dunque, hanno avuto un ruolo sulla scelta di dove aprire gli appartamenti, in quanto alcuni quartieri della città hanno fatto talmente tanta resistenza da dissuadere gli enti attuatori ad avviare il progetto in quei luoghi:

“La cooperativa ha avuto un momento di difficoltà per la paura dei vicini, tant’è che poi abbiamo deciso di non aprire un appartamento […] stavamo aprendo gli alloggi qui a Treviso, avevamo organizzato un incontro qui con i vicini e in realtà ci siamo trovati con uno striscione, non mi ricordo bene, con “via i profughi” “no ai profughi”, […] una cosa di questo genere appeso sui balconi. […] Inserire in quel contesto, in quel momento, delle persone secondo me sarebbe stato estremamente difficoltoso.” (intervista 3)

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Indagando sulla stampa locale rispetto a quell’avvenimento si può precisare che il lenzuolo utilizzato recitava “case alle famiglie non ai profughi vergogna75” e risale a

luglio 2016 proprio il periodo di avviamento del progetto. In quel episodio, si era fatto portavoce politico delle resistenze di questo quartiere trevigiano, l’allora capogruppo della Lega in consiglio comunale a Treviso, oggi sindaco, Mario Conte e l’ex assessore Mauro Michielon. In un comunicato congiunto si erano lamentati dell’avvio lento del progetto utilizzando toni meno democratici di quelli usati agli enti attuatori per descriverli oggi:

“Il progetto SPRAR declamato da Manildo e dalla sinistra trevigiana come “il” modello per l’accoglienza degli stranieri extracomunitari, è un fallimento su tutta la linea. […] Dei 50 posti vagheggiati dalla sinistra ad oggi ce ne sono di disponibili solo 10 e soltanto due Cooperative hanno richiesto di far parte del programma di lavoro. […] è la dimostrazione della risposta assolutamente negativa che viene dall’opinione pubblica del nostro territorio, che di fronte al dramma dell’invasione di stranieri solo in minima parte veri rifugiati meritevoli di tutela e sostegno, volta le spalle a queste politiche folli di finta accoglienza che in realtà è soltanto una mostruosa sanatoria degli ingressi illegali […] Ricordiamo le parole del sindaco di Treviso, secondo cui il modello da seguire non è quello che prevede più controlli a tutela della sicurezza dei cittadini ma invece l’accoglienza diffusa di tutti indistintamente, sparpagliando in giro persone di identità e provenienza quantomeno incerta. Bene: quel modello, alla prova dei fatti, è un fallimento. Le esigenze di chi accoglie e dei pochi che hanno il diritto di essere accolti non si contemperano, come pensava Manildo, infilando stranieri in giro, ma con severe verifiche sulle identità e una giusta, doverosa e necessaria suddivisione tra chi ha in effetti la possibilità di richiedere lo status di rifugiato e chi invece si confonde nei flussi di coloro che scappano dalla guerra e dalle persecuzioni per entrare illegalmente in Italia. […] l’ennesima dimostrazione del fatto che “i compagni” vivono sulla luna, completamente disarticolati dal sentire comune della gente. I cittadini hanno bisogno di sentirsi sicuri e tutelati, non di trovarsi i quartieri invasi di sconosciuti76”.

Parole piuttosto dure e in linea con quelle del segretario della Lega Matteo Salvini. Tuttavia, ente attuatore e comune sono concordi nel rimarcare il fatto che le problematiche sono legate alla fase di avvio del progetto e con il suo consolidamento sono venute meno.

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https://www.trevisotoday.it/cronaca/treviso-via-umbria-profughi-27-luglio-2016.html 76

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Gli enti attuatori del progetto sono due, che lavorano in concerto: la Cooperativa sociale “LaEsse” e “Una Casa per L’uomo”. Entrambe sono realtà, presenti da anni nel territorio trevigiano, gestiscono anche CAS ma non si occupano unicamente di richiedenti asilo e rifugiati. Infatti hanno entrambe progetti di housing sociale e di altro tipo, non inerenti unicamente all’area immigrazione. Il bando, nonostante veda coinvolti più comuni, è unico e ha come ente capofila il Comune di Treviso. Iniziato, come precedentemente detto nel 2016, ha visto la proroga del progetto fino a giungo 2018, il progetto è stato poi riconfermato fino al 2020, dall’ex giunta uscente. Nello stesso periodo Treviso è stato protagonista delle elezioni amministrative che hanno visto la vittoria di Mario Conte, sindaco della Lega. Interrogati gli enti attuatori sulla percezione avuta da questo cambiamento è emerso

“[…] la nuova amministrazione se lo è ritrovato. Ma una volta che se lo è ritrovato non ha ostacolato, non significa che lo stia promuovendo, ma non lo sta ostacolando. Quindi a noi come ente attuatore non è stato detto, “okay da domani non fate più quello che avete fatto fino ad adesso”. Anzi devo dire che, so che sembra un pochino un essere molto in “sintonia con”, ma preferisco essere sincero, proprio dall’amministrazione attuale è stato sottolineato il tipo di lavoro fatto, che fosse positivo. Quindi in questo senso non lo trovo ostacolante. […] Il sindaco che dice “vi ringrazio per il lavoro fatto fin ora, continuiamo questo lavoro qua” nonostante sia di un’amministrazione che non è quella che ha voluto inizialmente lo SPRAR e nonostante, non so, immagino, la campagna della Lega sicuramente non sia vicina all’immigrazione, io non ho questo ritorno. Io parlo con un sindaco che fa parte di una certa corrente politica ma non ho parlato con una persona che mi ha detto “chiudi lo SPRAR immediatamente o tanto lo andremo a chiudere” poi magari verrà chiuso per altre motivazioni ma non ho sentito nessuna azione ostacolante. Questo non significa che sia promuovere un progetto, non ostacolarlo. E questa è una cosa che ha stupito anche me, perché lo stereotipo forse ce lo avevo bene in testa anch’io rispetto ad una Lega che blocca in automatico un progetto SPRAR. Non è quello che è accaduto qui a Treviso, il ché ovviamente, non significa promuoverlo, sponsorizzarlo, spingerlo a cento” (intervista 3)

Da punto di vista di dichiarazioni pubbliche il sindaco non si espone sullo SPRAR ma come si vedrà ha una posizione piuttosto netta rispetto all’appoggio al “Decreto Sicurezza”.

L’accoglienza all’interno dello SPRAR dura sei mesi prorogabile per altri sei, previa relazione al Servizio Centrale che ne spieghi i motivi e la progettualità che richiede

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l’allungarsi dei tempi. Vi lavora un’equipe mista di operatori provenienti da Una Casa Per l’Uomo e di LaEsse con funzioni e ruoli diversi, definiti dal manuale SPRAR. Sono impiegati 10 operatori più un coordinatore, suddivisi in un’equipe operativa che si occupa della quotidianità dei beneficiari, un’altra dedicata alla loro integrazione (lavoro, inserimento, ricerca dell’abitazione), e quella relativa alla “tutela” quindi alle questioni socio-sanitarie (vulnerabilità psichiatriche, sanitarie, fenomeno di tratta e sfruttamento lavorativo). A questi si aggiungono 3 insegnanti di italiano, oltre ai corsi seguiti dai beneficiari al CPIA (Centro Per l’Istruzione Adulti).

Il comune di Treviso è responsabile dal punto di vista amministrativo della gestione dello SPRAR mentre ciascun comune segue, in modo autonomo, il monitoraggio dei beneficiari con l’ausilio delle assistenti sociali presenti nell’ente locale.

Lo SPRAR collabora con associazioni, enti e aziende nel territorio al fine di garantire a tutti gli ospiti tirocini lavorativi e formazione.

Il progetto è in minima parte legato alla Prefettura, che l’ha vista interessata solo per alcuni tavoli tecnici inerenti a segnalazione di ingressi a favore di persone presenti nel territorio. Questi tavoli venivano fatti in concerto con gli enti attuatori, i servizi sociali dell’ente locale e i quelli sanitari, si esplicavano nella riflessione inerente agli inserimenti quanto più efficaci possibili. Infatti, il tempo di permanenza all’interno del progetto SPRAR dura sei mesi, quindi per riuscire a fare un buon lavoro, diceva il coordinatore del progetto, è necessario che vi siano delle minime competenze in entrata, altrimenti il tempo del progetto risulta insufficiente per sviluppare un buon percorso individuale. Gli ulteriori rapporti con la Prefettura riguardano lo scambio di informazioni rispetto alle presenze dei beneficiari, l’andamento del progetto e l’eventuale apertura di altri appartamenti.

Prefettura e SPRAR, infine, si interfacciano relativamente ai richiedenti asilo presenti all’interno del progetto (ancora cinque), tuttavia, questa parte della relazione è evidentemente destinata a scemare. I richiedenti asilo, infatti, non potranno più accedere allo SPRAR.

La Questura che dimostra, a parere del coordinatore del progetto, massima disponibilità è chiamata in causa per questioni di carattere burocratico, in cui tutto sommato hanno sempre avuto modo di confrontarsi, considerando che è stato dato dall’ispettore capo dell’area immigrazione un numero sempre reperibile per eventuali problematiche. Da un

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punto di vista di tempistiche e operatività probabilmente qualche scontro c’è stato ma niente che sia realmente rilevante.

I referenti del progetto, sia del comune che degli enti attuatori, sono entrambi preoccupati rispetto ai cambiamenti a cui sarà sottoposto, il pericolo, secondo il coordinatore è che si andrà probabilmente incontro ad una moltitudine di posti vuoti, a fronte di liste interminabili per farne richiesta risalenti a prima delle ultime modifiche normative in materia. In altri SPRAR della regione, con cui Treviso collabora, già è presente questo elemento. Il sistema era considerato efficiente sia per quanto riguarda la soddisfazione del comune che dell’ente attuatore, le difficoltà non era nemmeno più legate all’opinione pubblica ma più che altro ai tempi relativamente brevi per riuscire a fare un buon progetto con la persona accolta. Ora tutto sarà rimesso in discussione, tuttavia, il fatto che la convenzione terminerà nel 2020 lascia il tempo alla riflessione e all’effettivo monitoraggio da parte dei soggetti coinvolti.