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OSSERVAZIONI PRELIMINAR

4. Modo e modalità

La definizione più comune della modalità ne distingue due tipi: modalità epistemica e modalità deontica. In linguistica, la modalità epistemica segnala il grado di validità attribuito dal parlante alla verità proposizionale dell’enunciato; in tal modo si crea una scala continua che include la cer- tezza, la probabilità e la possibilità. La modalità deontica segnala il condi- zionamento sull’agente dell’azione espressa nell’enunciato, e ne fanno parte le modalità di comando, preghiera, divieto, ecc. (Bybee 1985). Squartini (2006) e Ridruejo Alonso (1999, p. 3214) mantengono rispetti- vamente per l’italiano e per lo spagnolo questa divisione binaria. Cresti (2002, pp. 133-145) raccoglie invece la suddivisione in tre tipi: aletica, epistemica e deontica, e López García (1994, p. 64) in quattro: aletica, di- namica, epistemica e deontica.

Parallelamente, i modi più diffusi nelle lingue naturali si possono raggrup- pare in due categorie: i modi che esprimono una forza illocutiva (impera- tivo, ottativo, ammonitivo, proibitivo, interrogativo) e i modi che segna- lano la posizione del parlante nei confronti del contenuto di verità dell’enunciato (congiuntivo, dubitativo, probabile, potenziale, condizio- nale) (Bybee 1985).

D’altra parte, è bene ricordare che l’accezione più nota e diffusa di moda- lità risale alla formulazione di Bally (1932), in cui il modus richiama l’attitudine del parlante, cioè è il modo con cui il parlante considera il contenuto della sua enunciazione, contenuto referenziale o cognitivo, che è il dictum (Cresti 2002, pp. 133-145). Modus/dictum è la distinzione della tradizione grammaticale spagnola, che si mantiene anche nell’attualità, in parallelo ai contributi sulla modalità di semantisti e tipologi (Halliday 1970; Bybee 1985, 1990,1994,1995; Palmer 1986; ecc.).

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La maggior parte delle teorie che utilizzano la nozione della modalità nell’analisi linguistica si fondano sulle premesse delle analisi ereditate dalla logica, secondo la quale una proposizione è modalizzata – cioè modificata – da determinate forme linguistiche presenti nella frase. La modalità è an- che una categoria prototipica di pensiero, secondo la quale il soggetto valuta il contenuto proposizionale o l’informazione che trasmette. In base alla valutazione, si configura nella frase una determinata operazione di modalizzazione, individuata in alcune marche linguistiche, mediante le quali il parlante esprime la sua “attitudine” riguardo a quanto dice. Una di quelle marche è il «modo verbale». Vieira (2003, p. 75) segnala che questa idea si trova già esplicitata nella Grammaire Raisonnée, dite de Port-Royal (1660);in essa, secondo questa studiosa, il congiuntivo è definito come il modo verbale che serve a marcare le affermazioni modificate; quindi mediante il congiuntivo si esprime un pensiero costruito, anzi un fatto su cui il soggetto effettua un’operazione logica che lo modifica.

All’interno di questa visione logica, la subordinazione si configura sia al livello del pensiero umano sia al livello della sua espressione linguistica. Questo sarebbe il punto di partenza della polisemia del termine “modo”. Da un lato, in grammatica e in linguistica, il modo è definito come una categoria grammaticale specifica del verbo, cioè il modo verbale vero e proprio, dato che formalmente sono individuabili le inflessioni del para- digma verbale che in qualche maniera configurano opposizioni mutua- mente escludenti. D’altro lato, in senso generico il “modo” corrisponde a un’attitudine del parlante che è definito con criteri mentalisti. È chiaro che il termine modo risulta, così, ambiguo, in quanto rimanda sia a una no- zione linguistica (categoria grammaticale del modo verbale) sia a una no- zione logica (atteggiamento del parlante su quanto afferma). Questi due versanti sono sempre da tenere presenti per il congiuntivo, in particolare per quei casi in cui è possibile la scelta da parte del parlante del modo in- dicativo o congiuntivo.

Parallelamente, la “modalità”, il cui concetto originario è inteso all’interno della proposizione logica come l’ attitudine del soggetto (anche in senso filosofico), riceve l’invasione dell’ambito linguistico dal momento che si parla di “marca” di tale attitudine nella frase; tale attitudine indica la di- stanza del parlante nei confronti del contenuto proposizionale. È quindi difficile separare la modalità della logica dalla modalità della linguistica. Se- condo Vieira (2003, p. 78), nell’uso del congiuntivo sono innegabili i van- taggi di tener conto dei sensi semantico-pragmatici associati alla costru- zione della modalità.

Ridruejo Alonso (1999, pp. 3211-3219), dopo una prima differenziazione tra modalità logica e linguistica, fa riferimento a una doppia distinzione in linea con la tradizione europea. Da un lato, seguendo Jakobson, individua i termini “modalità dell’enunciazione” e “modalità dell’enunciato”. Da un altro lato, segnala la modalità epistemica e la modalità deontica, che è una «distinción más útil para el análisis de una lengua como el español». L’autore applica i concetti attribuiti a queste denominazioni allo studio delle subordinate completive, tralasciando le relative e avverbiali. Per quanto riguarda i modi indicativo e congiuntivo, ammette che esiste una differenza di significato tra essi, ma ritiene che si dovrebbe determinare bene in cosa consiste tale significato modale, perché non esiste una corri- spondenza univoca tra i due modi (indicativo/congiuntivo) e i due conte- nuti delle modalità (epistemico e deontico), «sino que cada distinción for- mal asocia más de una diferencia de modalidad y a la inversa» (Ridruejo Alonso 1999, p. 3215). L’autore ritiene però valida la spiegazione più ge- neralizzata, secondo la quale la distinzione del modo si basa sull’opposizione asserzione/non asserzione.

Diversi studi recenti esaminano il fenomeno globalmente, considerando la modalità come grande categoria di contenuto modale, e solo tangenzial- mente come modalità sintattica. Da questo punto di vista, il modo vinco- lato al verbo perde la sua preponderanza, e diventa uno tra gli elementi che veicolano la modalità.

Gli studiosi spagnoli che hanno cercato di superare l’approccio solo ver- bale del modo si sono avvalsi di una soluzione dicotomica che confronta la modalità al modo; quest’ultimo è tributo espressivo della modalità. Se- condo López García (1990, p. 139) fu Lenz (1920) a inaugurare la visione della modalità come criterio nozionale, anche se non ha materialmente usato il termine modalità, perchè ha distinto tra “juicios asertorios, pro- blemáticos y apodícticos”. Hernández Alonso (1979) o Martinell (1985) sono gli studiosi spagnoli odierni che, insieme a Deguchi (1980) o Fuku- shima (1981), presentano il modo adattato all’ambito semantico come veicolo di espressione della modalità, intesa come “factótum modal com- pleto” (cfr. López Rivera 2002, p. 69).

Altri studiosi, partendo da premesse e lingue diverse, affrontano la moda- lità separandola dal modo verbale. López Rivera (2002, pp. 74-102) passa in rivista le diverse concezioni della modalità, sia dall’ottica della logica modale (Herslund 1989; Nolke 1989; Pedersen 1989), sia dal punto di vista funzionale e pragmatico (Halliday 1970; Hernández Sacristán 1988; Confais 1990; Mattews 1991; Maynard 1993), sia dalla prospettiva tipolo-

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gica (Bybee 1985; Bybee/Perkins/Pagliuca 1994; Bybee/Fleishmann 1995; Chung/Timberlake 1985; Palmer 1986).