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Un momento di forte commozione prima della strage: ricordi di caccia e morte del cane Argo nel canto XVII dell’Odissea

dei Cantic

TESTO 32. Un momento di forte commozione prima della strage: ricordi di caccia e morte del cane Argo nel canto XVII dell’Odissea

Per quanto riguarda la caccia, possa bastare la patetica rievocazione che il poeta omerico fa delle battute di caccia quando Odisseo vede il suo cane Argo fuori dalla porta della reggia occupata dai Proci:

E la passione per la caccia con i cani emerge anche dal successivo dialogo tra Odisseo ed Eumeo, nella contrapposizione tra cani da compagnia, solo belli da vedere, e cani da caccia, belli ma anche valenti in ciò che è proprio dell’essere cane, con una netta connotazione positiva data a questi ultimi.

Così essi tali parole fra loro dicevano:

e un cane, sdraiato là, rizzò muso ed orecchie, Argo, il cane del costante Odisseo, che un giorno

lo nutrì di sua mano (ma non doveva goderne), prima di partire alla volta della sacra Ilio; ed in passato lo conducevano i giovani a caccia di capre selvatiche, di cervi, di lepri;

ma ora giaceva là trascurato, partito il padrone,

sul molto letame di muli e di buoi, che davanti alle porte ammucchiavano, perché poi lo portassero

i servi a concimare il grande terreno d’Odisseo; là giaceva il cane Argo, pieno di zecche.

E allora, come sentì vicino Odisseo, mosse la coda, abbassò le due orecchie, ma non poté correre incontro al padrone. E il padrone, voltandosi, si terse una lacrima,

facilmente sfuggendo ad Eumeo174; e subito con parole chiedeva: “Eumeo, che meraviglia quel cane là sul letame!

È molto bello di corpo, ma non posso capire

se fu anche rapido a correre, oltre che un così bell’animale, oppure se fu soltanto come i cani da mensa dei principi, che i padroni allevano solo per la loro grande bellezza.” E tu rispondendogli, Eumeo custode di porci, dicevi: “Purtroppo è il cane di un uomo che è morto lontano. Se per bellezza e vigore fosse rimasto

come partendo per Troia Odisseo l’aveva lasciato, ti incanteresti a vederne la snellezza e la forza. Non gli sfuggiva, anche nel cupo di folta boscaglia, qualunque animale vedesse, tanto era bravo nell’usta. Ora è malconcio, sfinito: il suo padrone è morto lontano dalla patria e le ancelle, infingarde, non se ne curano. Perché i servi, quando i padroni non li governano, non hanno voglia di fare le cose a dovere;

metà del valore di un uomo distrugge il tonante Zeus, allorché schiavo giorno lo afferra.” Così detto, entrò nella comoda casa,

diritto andò per la sala fra i nobili pretendenti. E la Moira con la nera morte afferrò Argo, non appena ebbe rivisto Odisseo, dopo vent’anni.

(Odissea, canto XVII, vv. 290-327; in Omero, Odissea, prefazione di Fausto Codino e versione di Rosa Calzecchi Onesti con testo originale a fronte, Torino, Einaudi, 1981 (8), pp. 481-483)

COMMENTO

La rievocazione del passato ci mostra una civiltà agraria evoluta, nella quale la caccia è il passatempo dell’aristocratico, ma è anche una pratica motoria nella quale sia l’uomo sia l’animale possono mettere in mostra il loro valore, dando dispiegamento alle loro potenzialità.

Dal punto di vista narrativo, questo incontro con il cane Argo è struggente per il fatto che sia l’unico essere vivente che si rende conto di essere di fronte ad Odisseo senza bisogno di un riconoscimento dichiarato o di un segno particolare (come la nutrice Euriclea che riconoscerà Odisseo da una cicatrice): è una finissima nota di sensibilità nei confronti della psicologia animale.

2.2. L’età d’oro della cultura fisico-sportiva greca

Sui giochi greci, anche se spesso ci si è metonimicamente riferiti ai giochi Olimpici solamente, è per lungo tempo pesato, a livello di immaginario collettivo, il giudizio formulato, alla fine dell’Ottocento, dalla complessa ideologia che ha dato una ragione d’essere teorica allo sport moderno, della quale il noto motto “l’importante è partecipare, non vincere”, fatto proprio da barone Pierre De Coubertin, è solo la punta dell’iceberg. E come spesso succede, spesso l’alone ideologico ha

pesantemente influenzato anche la ricerca storiografica, producendo un immagine dell’attività motorio – sportiva dell’antica Grecia basata sul disinteresse, sull’amatorialità e sull’elitismo.

Non appena peraltro si va ad indagare approfonditamente nel mondo dei giochi greci, ci si accorge che il motto del barone De Coubertin, per quanto motivato da intenzioni nobili e da alta idealità, è quanto di più lontano si possa pensare da quel mondo, che era al contrario una realtà in cui l’attività sportiva era una cosa seria, in grado di muovere interessi materiali e ideali assai cospicui: non appena si consolidò la polis democratica, l’attività ginnico – sportiva divenne la base delle politiche educative nazionali. Diffusasi a livello popolare, e non più appannaggio della classe aristocratica, e sostenuta da una base di massa, l’attività ginnico – sportiva produsse atleti sostenuti dallo stato per riuscire nelle più prestigiose competizioni, in modo che tutta la polis ne ricavasse lustro e prestigio.

Nel contesto della cultura ellenica, l’agon, la gara, la competizione sportiva, era una componente essenziale, una dimensione costitutiva che, anche se in alcuni casi è stata eccessivamente enfatizzata, deve essere riconosciuta non tanto come dimensione tipica della sola cultura greca, visto che essa è diffusa anche presso altre culture, ma certamente come dimensione tipica della cultura greca nella forma e nei modi coi quali essa si realizzò.

È nella produzione mitologica e letteraria che troviamo le fonti di questo carattere agonistico della società greca, che contribuisce a spiegare il fatto che, nonostante appunto l’attività motoria organizzata fosse presente in molte civiltà orientali e del bacino mediterraneo, solo in Grecia nacquero manifestazioni di massa come i cosiddetti “giochi del periodo” (Olimpici, Nemei, Pitici, Istmici) che assegnavano come premio simboliche corone, oppure i giochi locali con premi materiali, tra i quali spiccarono, per grandiosità, le feste panatenaiche. I giochi più antichi, gli Olimpici, sulla cui scansione quadriennale veniva anche misurato il tempo, modernamente sono stati presi a modello per un rilancio della funzione ludico – sportiva dell’attività fisica.

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