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dei Cantic

TESTO 44. I significati dell’attività motoria e ludica nella cultura latina

Nonostante le opposizioni tradizionaliste alla cultura ginnico – sportiva di tipo greco, la romanità sviluppò non solo forme autoctone di gioco sportivo, prevalentemente finalizzate allo spettacolo, ma anche attività di tipo meramente ludico, quali appunto tutta una serie di giochi con la palla. Antonio Di Tanna ci introduce in questo mondo “lieve”, rispetto alla serietà di altre forme di competizione o alla drammaticità degli scontri tra gladiatori.

Le fonti letterarie romane, sempre attente alla cultura fisica nell’ottica della formazione del cittadino al servizio dello Stato ed alla figura dello sportivo nella funzione di spettatore, non hanno trascurato di annotare il fenomeno della pratica dello sport come divertimento, molto radicato nella vita quotidiana dei Romani. Del resto, verso questi diversi modi di vivere lo sport il potere esercitò, soprattutto in età imperiale, una costante e mirata opera di promozione, in quanto concorrevano a realizzare obiettivi primari della politica dello Stato: la formazione del cittadino – legionario ed il controllo dei disoccupati in città.

A Roma, in particolare, dove grandi masse di diseredati affluivano da ogni angolo dell’impero, l’impegno ebbe portata straordinaria. Lo sviluppo abnorme dei complessi termali (se ne contavano circa ottocento fra pubblici e provati in tarda età imperiale), la promozione continua di spettacoli al punto che i giorni festivi finirono per uguagliare quelli feriali, l’uso di vaste aree pubbliche per gli esercizi sportivi, danno bene la misura di questa politica e delle dimensioni che il fenomeno venne assumendo nel tempo. Il Campo Marzio e le terme furono i luoghi dove lo sport come divertimento trovò le sedi più attrezzate e per questo più frequentate. Statone, dopo una visita a Roma nel 7 a. C., annota stupito: “Superiore a tutto è il Campo Marzio, ornato sia dalla natura sia dall’opera degli uomini. La grandezza della pianura è meravigliosa, tutta aperta alla corsa dei carri e dei cavalli ed alla grande moltitudine di quelli che si esercitano nella palla, nel cerchio e nella ginnastica …”.

SENECA PROTESTA

Il luogo, come ricorda Cicerone, era poco adatto alle persone di carattere triste e solitario. E Seneca, che ebbe la sfortuna (a suo dire) di abitare proprio sopra un complesso termale, ci porta con la sua ironica e garbata protesta nel vivo dei giochi della palestra: “Sento il mugolio di coloro che si esercitano nei manubri, emettono sibili e respirano affannosamente … Quando poi viene uno di quelli che non può giocare a palla se non grida ed incomincia a gridare, è finita”213. Gli esercizi ed i giochi della palestra (ginnastica, palla, scherma, pugilato, lotta, manubri, cerchio …) vennero a costituire parte integrante della vita delle terme, quale momento pressoché irrinunciabile di preparazione al rito del bagno.

Fra i giochi praticati nelle terme e negli spazi aperti, quelli con la palla esercitarono sui Romani di tutti i ceti e per molti secoli una seduzione pari a quella dei nostri giorni. La passione contagiò la stessa classe dirigente. Orazio, nel descrivere le tappe di un viaggio che fece con Virgilio e Mecenate fino a Brindisi, ricorda divertito che nella sosta di Capua, mentre lui e Virgilio, l’uno sofferente di congiuntivite e l’altro di cattiva digestione, optarono saggiamente per il letto, Mecenate, da vero patito della palla, si recò, nonostante la fatica del viaggio e l’ora tarda, a giocare una partita nello sferisterio214.

In età imperiale la passione, soprattutto tra i giovani, assunse espressioni maniacali. Il filosofo Seneca biasimava i molti giovani sfaccendati che avevano fatto del gioco della palla l’unica ragione di vita. Ed ancora nel II secolo d. C. il medico Galeno elencava i vantaggi che i giochi con la palla potevano offrire alla salute fino all’età matura215.

I giochi praticati erano i più vari, come anche i tipi di palla utilizzata. Questa era costituita da spicchi di stoffa o di pelle, cuciti insieme e riempiti di piume, di crine, di aria o di sabbia. Esternamente le palle erano dipinte a colori vivi e spesso decorate con disegni geometrici. Marziale ne mette a fuoco le caratteristiche: “Quella palla piena di piume messe dentro a fatica è meno morbida della palla gonfia di aria, ma meno compatta della palla imbottita di duro crine”216.

SCONTRO FISICO

I giovani, che erano i più attivi praticanti, amavano i giochi che comportavano lotta, scontro fisico. Il più praticato di questi giochi era l’harpastum, lontano parete del nostro rugby, privo di particolari regole, giocato con una piccola palla riempita di sabbia (harpasta), facile da afferrare al volo, e consisteva

213 SENECA, Lettere a Lucilio, 56, 1-2; in LUCIO ANNEO SENECA, Lettere a Lucilio, traduzione italiana di G.

Monti, Rizzoli, Milano, 1999, pp. 339-341.

214 Era l’apposito ambiente coperto nel quale si praticavano i giochi con la palla.

215 Galeno di Pergamo (129 – 199 d. C.), medico greco contemporaneo dell’imperatore Marco Aurelio, mentre nel

Protrettico critica aspramente le forme di super – allenamento, richiamandosi al regime di vita moderato raccomandato da Ippocrate, nel Gioco con la piccola palla consiglia un’attività motoria varia e graduale.

216 MARZIALE, Epigrammi, XIV, 45; in MARCO VALERIO MARZIALE, Epigrammi, traduzione italiana a cura di

nell’intercettare la palla e cercare di conservarla, in mischie furibonde, il più a lungo possibile tra spinte ed assalti217.

Giochi meno pericolosi erano quelli del ludere datatim, simile alla nostra palla a mano, in cui il giocatore avversario, ricevuta la palla, la rilanciava a sua volta218; o del ludere expulsim, in cui la palla veniva colpita con il palmo della mano come nella nostra palla a volo219. Ma il più amato dei giochi con la palla fu certamente il trigon220, descritto vivacemente da Petronio: “Un vecchio calvo, vestito di una tunica vermiglia, giocava a palla con degli schiavetti dai lunghi capelli … Il padrone …, in pantofole, si divertiva con delle palle verdi. E non raccattava mai quella caduta per terra: c’era lì uno schiavo con un sacco pieno e riforniva di volta in volta i giocatori”.

Si utilizzava una piccola palla dura, imbottita di crine (pila trigonalis), che tre giocatori, disposti al vertice di un triangolo segnato per terra, si lanciavano senza preavviso con l’intento di sorprendersi a vicenda. La prontezza di riflessi era la qualità essenziale, perché ogni giocatore poteva ricevere contemporaneamente la palla da due lati e doveva essere capace di rilanciarla colpendola a sua volta con le mani221. Persone anziane e bambini non in età per contendere nelle mischie il possesso della palla si dedicavano, più piacevolmente, ai giochi riposanti con la palla gonfia d’aria. Dice Marziale: “Andate via, o giovani, a me si addice un’età poco robusta: questo gioco della palla (gonfia d’aria) è fatto per vecchi e fanciulli”222.

Per molti sarà una scoperta: la palla, e con essa un aspetto del costume e della vita quotidiana dei Romani, è davvero rimbalzata nei secoli fino ai nostri giorni, conservando intatta la passione degli sportivi e quel tanto di fanatismo di cui i giovani di tutte le epoche sembrano non sapere proprio fare a meno.

(Antonio Di Tanna, Lo sport nella vita quotidiana, in Anna Maria Liberati Silverio – Antonio Di Tanna – Clotilde D’Amato, Lo sport nel mondo romano, in “Archeo. Attualità del passato”, n. 65 (luglio 1990), pp. 95-97)

COMMENTO

Le fonti citate sono fonti tarde, dei primi anni dell’impero, quindi è segno che i giochi con la palla avevano una tradizione ormai consolidata, se si presentano già con questa varietà di forme e soprattutto con questa varietà di mezzi di gioco. È interessante anche questa distinzione di giochi rudi, adatti per i giovani scalmanati, e giochi più tranquilli, adatti invece ai bambini e agli anziani.

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