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TESTO 63. Lo spirito agonistico come ricordo di una vita imperfetta in Agostino di Ippona

Agostino rievoca un periodo, compreso tra il 373 e il 381 d. C., nel quale vive a Cartagine e a Tagaste una vita all’insegna delle passioni e delle seduzioni dell’ambiente. Giovane studioso di retorica, si cimenta anch’egli nel campo “agonistico”, come spettatore di giochi e come partecipante a gare di composizione letteraria.

Nella revisione di vita delle Confessioni, l’ideologia dell’agonismo professionistico, sia nella sua versione atletica sia nella sua versione letteraria, viene criticata ferocemente.

Durante questo periodo di nove anni – dai diciannove ai ventotto anni della mia vita – eravamo sedotti e seduttori, ingannati e ingannatori, in mezzo a svariate passioni: in pubblico, con l’insegnamento delle così dette arti liberali306, in privato con l’inganno di una falsa religione307. Orgogliosi nel primo caso, superstiziosi nel secondo, sempre e comunque vani. Da un lato, inseguivamo la vanità della gloria popolare, dagli applausi a teatro ai concorsi poetici, dalle gare per ottenere corone d’erba agli spettacoli futili e alle passioni disordinate; dall’altro lato, cercavamo di purificarci da queste impurità, portando cibi a coloro che erano chiamati eletti e santi, perché dall’officina del loro stomaco, essi avrebbero generato angeli e dei che sarebbero venuti a liberarci308. Io correvo dietro a queste cose, mettendole in pratica assieme ai miei amici, per me e con me vittime dell’inganno. […]

In quegli anni insegnavo arte retorica e, vinto anch’io dalla stessa smania, vendevo l’eloquenza che avrebbe portato al successo. Preferivo però, come tu sai, Signore, avere dei bravi allievi, bravi nel senso in cui comunemente si intende questa parola, e, senza astuzie, insegnavo loro le astuzie che avrebbero usato, non per condannare un innocente ma se capitava, per salvare la vita di qualcuno colpevole. E tu o Dio, mi vedevi da lontano scivolare su un terreno viscido, e vedevi scintillare nell’oscurità più fonda, i bagliori delle mie certezze, che esibivo nell’insegnamento a gente che amava la vanità e cercava la menzogna: e in questo ero loro complice.

In quegli anni vivevo con una donna309 non legata a me da quella che si suol definire un’unione legittima, ma retaggio delle mie sfrenate e insipienti passioni. Ne avevo però una sola e le ero

306 Agostino studiò retorica a Cartagine grazie ad un facoltoso amico di famiglia, Romaniano, tra il 370 e il 374:

l’insegnamento della retorica sarà la sua prima professione, a Cartagine, dal 376 al 384.

307 Agostino, in crisi religiosa, aderì al manicheismo per una decina d’anni, tra il 373 e il 383. Il manicheismo è una

religione originatasi dalla predicazione del principe persiano Mani (III secolo d. C.) e basata su una rigida distinzione tra i principi del Bene e del Male: diffusasi dalla Persia sia in occidente sia in oriente, si scontrò col cristianesimo a più riprese, e si estinse verso il X secolo.

308 Per il manicheismo è compito dell’uomo vincere la parte maligna e demoniaca che è in lui, mediante la pratica di

sacrifici ed astinenze, facendo prevalere la parte benigna e “paradisiaca”.

309 Negli anni degli studi cartaginesi, Agostino conobbe una donna, con la quale convisse per 14 anni, senza mai

contrarre matrimonio, e dalla quale nel 372 ebbe un figlio, Adeodato. Nelle Confessioni, il nome della donna non è mai rivelato: la relazione fu osteggiata dalla madre di Agostino, Monica, e si concluse quando Agostino, recatosi a Roma e a Milano, abbracciò la fede cristiana grazie alla predicazione del vescovo Ambrogio.

fedele. Con lei ho potuto direttamente sperimentare quanto grande sia la distanza che c’è tra il patto coniugale, stretto in vista della procreazione, e il patto dell’amore carnale, da cui possono nascere figli non voluti, anche se, una volta nati, si è impegnati ad amarli.

Ricordo anche che, avendo deciso di partecipare a un concorso di poesia drammatica, non so quale mago310 mi mandò a chiedere quanto sarei stato disposto a pagargli per ottenere la vittoria311. Gli risposi che detestavo e anzi aborrivo i suoi turpi riti misterici, perché se anche la corona fosse stata d’oro incorruttibile, per la mia vittoria non avrei lasciato uccidere neanche una mosca. Durante i suoi riti propiziatori quell’uomo avrebbe infatti ucciso degli animali, pare per attirare su di me, con quei sacrifici, i favori dei demoni. Rifiutai con sdegno questa proposta malvagia, ma non in ossequio a te, o Dio del mio cuore312. Perché non sapevo amarti, io che ero capace soltanto di concepire lo splendore dei corpi. Quando l’anima si perde dietro simili apparenze, non va forse lontano da te, non confida nelle falsità, non pasce i venti? […]

A quel tempo c’era un uomo sapiente, molto versato nell’arte medica e che godeva di grande reputazione. Nella sua veste di proconsole, aveva personalmente messo sul mio capo malato la corona vinta nelle gare: non l’aveva messa in qualità di medico313. Perché a guarire da quella malattia sei tu, che resisti ai superbi e concedi la grazia agli umili. Ma anche nella persona di quel vegliardo tu non mi hai abbandonato e non hai rinunciato alla mia anima. […]

(Agostino di Ippona, Confessioni, IV, 1.1, vv. 1-12; 2.2; 2.3, vv. 1-10; 3.5, vv. 1-6; in Sant’Agostino, Le Confessioni, a cura di Giuliano Vigini, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo – MI, 2001, pp. 69-71)

COMMENTO

La passione per l’agonistica letteraria è inserita da Agostino nel contesto complessivo della sua vita, dato che non può considerarla un elemento a se stante, ma un effetto della mancata conoscenza della fede retta. L’agonistica viene vista non solo nella sua vanità, come attività priva di valore esistenziale, ma anche nella sua luce più sinistra, con la proposta dell’offerta di sacrifici per la vittoria: in buona sostanza, vi è la descrizione di un ambiente diseducative e depravato.

3.2. La concezione del corpo nella cultura islamica

Nel VII secolo d. C., la penisola arabica era abitata da popolazioni nomadi, che praticavano religioni politeistiche, che praticavano l’allevamento del bestiame e la mercatura spostandosi nei principali centri abitati, tra i quali spiccavano La Mecca e Medina. La Mecca, in particolare, aveva visto l’ascesa di una potente borghesia, legata anche al controllo di alcuni centri religiosi, come il luogo in cui veniva venerata la Ka’ba, una pietra nera di provenienza divina.

Nell’ambiente meccano iniziò nel 612 la predicazione di Muhammad, conosciuto in Occidente come Maometto (570 ca - 632), una guida carovaniera che, dopo avere sposato la ricca vedova Khadigia, ebbe una serie di esperienze mistiche e divenne il profeta dell’Islam, la situazione di “abbandono totale ad Allah”, da cui l’omonima religione fondata appunto sulla credenza di quell’unico Dio. A Maometto, per intercessione dell’arcangelo Gabriele, Allah ha dettato Al-Qur’an

310 Il testo latino ha il termine haruspex, “aruspice”, che significa “indovino”, capace di predire il futuro. 311 Questo elemento è sintomatico del giro di interessi che ruotava attorno alle pratiche agonistiche.

312 Agostino rifiuta la proposta non perché animato da spirito cristiano, ma perché quella è contraria ad una qualunque

concezione della dignità umana.

313 Una prima ancora di salvezza per l’inquieto Agostino viene da un pagano, un medico con incarichi politici che lo

distoglie dalle pratiche divinatorie e dallo studio dell’astrologia, nel quale Agostino cercava i fondamenti della dottrina manichea.

(“lettura”, “recitazione”), il Corano, il testo sacro dell’Islam, composto tra il 609 e il 632 in arabo classico e prosa rimata, suddiviso in 114 capitoli chiamati sure: esso contiene non solo la Rivelazione, ma anche storie e leggende (in parte desunte dalla Bibbia), esortazioni ed ammonimenti, prescrizioni e norme ancora oggi alla base del diritto islamico.

Nel 622, i mercanti della Mecca, preoccupati dai loro interessi economici, si opposero alla predicazione di Maometto e lo cacciarono dalla città, costringendolo a rifugiarsi a Medina, dove egli ottenne però grande successo presso le classi sociali più povere. Dopo una serie di battaglie, Maometto riuscì a tornare alla Mecca, eliminando tutti i residui dei culti politeistici ed inserendo armonicamente nel culto islamico la Ka’ba. La nuova religione cominciò a diffondersi in tutti i territori circostanti, sia verso oriente sia verso occidente.

Fin dai primi tempi seguiti alla morte di Maometto (632), si ebbe all’interno del mondo islamico la divisione tra la corrente maggioritaria sunnita, fedele alla Sunna, una raccolta di detti e di azioni del profeta Maometto, e alla vedova di Maometto, e la corrente minoritaria sciita (shia: parte, partito), che considerò invece legittimo successore del profeta il suo cugino e genero Alì. A partire dal IX secolo si diffuse anche una corrente mistica, chiamata sufismo, che accentua gli elementi della visione escatologica, della continua preghiera e dell’abbandono totale alla volontà di Dio.

I cinque precetti fondamentali che il fedele (muslim, da cui “musulmano”) deve rispettare chi professa l’Islam sono: il credo nell’unico Dio e nella predicazione di Maometto, la preghiera rituale da farsi cinque volte al giorno rivolti verso la Mecca, l’elemosina, il rispetto del digiuno durante le ore diurne nel mese di Ramadan e il pellegrinaggio almeno una volta nella vita alla Mecca.

La religione islamica ha sviluppato, coerentemente con i suoi assunti teologici ed antropologici, una certa visione del corpo e dell’attività fisica, che i brani del Corano riportati successivamente possono illustrare.

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