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Notte come soggetto

Allora il primo punto che affiora dal nostro discorso è relativo al fatto che la notte vi emerge come autentico soggetto di ricerca artistica. Tale aspetto merita un commento rapido. Non si vuole sostenere, con Gilbert, che sia in gioco un’idea di arte “senza soggetto”599: tesi

interessante e, si crede, senza dubbio in parte vera, sebbene rischiosamente influenzata dal pensiero estetico contemporaneo, in età moderna non applicabile neppure accettando che la maniera fosse, seguendo Shearman, uno “stile dello stile”600. Piuttosto la notte si

configura come soggetto perché, mobilitando problematiche tecniche molto precise (lo spazio che non si vede, il colore che svampa, il lume che si ritira), si pone come un vero e proprio territorio di esplorazione formale, quasi calamitando l’interesse di una cultura cercatrice di artifici e di “meravigliosa novità”. A cogliere tra i primi tale cesura fu il critico letterario Roberto Battaglia in uno scritto del 1942 dedicato alla Canzone della notte di Bernardo Tasso, padre di Torquato Tasso601. Il Battaglia notava proprio come la stagione

del primo manierismo fosse caratterizzata, dal punto di vista lirico, dalla nuova e ricorrente attenzione per la notte e per le sua atmosfere oniriche e tenebrose. La scelta del soggetto aveva a suo avviso una giustificazione nel clima di ricerca di quei pretesti di bizzarria che nella notte potevano più facilmente essere alimentati. Per questo, secondo l’autore (e non c’è motivo di essere in disaccordo) “tra i segni più appariscenti che distinguono la lingua del maturo Rinascimento da quella dell’età umanistica vi è la frequenza dei motivi ispirati alla notte”602. La voluttuosa notte dell’Ariosto, il sonetto al sonno di Giovanni Della Casa603 (1558)

599 Gilbert C., On subject and not-subject in Italian Renaissance pictures, in “The art bulletin”, n.34, 1952,

pp.202-217.

600 Cfr. Shearman J., Mannerism, Penguin Books, Londra 1990

601 Rime di messer Bernardo Tasso diuise in cinque libri nuouamente stampate. Con la sua tauola per ordine di

alfabetto, In Vinegia : appresso Gabriel Giolito de' Ferrari, 1560, pp.125-129. Edizione moderna

consultata, Tasso B., Rime, RES, Torino 1995.

602 Battaglia R., La canzone alla notte di Bernardo Tasso, in Cultura neolatina : bollettino dell'Istituto di filologia

le appassionate invocazioni di Michelangelo604, i cupi “orridi” di Tansillo, tutte esperienze

narrative che non si sarebbero potute riscontrare in autori come Boiardo o Poliziano, né Pico né Ficino, attenti piuttosto a riflettere nel nitore della lingua e nella claritas del linguaggio l’aspirazione aulica ed apollinea della poesia. Vedremo come proprio questo punto, peraltro, sarà al centro della riscoperta tassiana dell’oscurità:

“è un fatto però che non occorre sopravalutare e da cui non si possono, se non con molta cautela, trarre conseguenze più vaste; in una lirica del Cinquecento, spesso indifferente alla materia che tratta, assai più attenta all’eco delle parole che al loro significato, l’accentuarsi di questo motivo può anche non corrispondere a un rinnovato sentimento della natura, può semplicemente indicare le predilezioni particolari d’un gusto e non ancora le intime scoperte della poesia”605.

Quanto ne emerge non può che mostrare importanti convergenze con il discorso intrapreso, perché riflette lo specifico estetico di un tempo, ravvisabile tra i diversi livelli della cultura poetica ed espresso ovunque con un senso di straniante novità606. I canti

dell’Arcadia di Jacopo Sannazaro (1504) non paiono affatto lontani, con la loro virgiliana notte pastorale intrisa di ombre soffuse, dagli echi naturali che i pittori di quegli anni sapevano mostrare a Venezia, a Parma, tra Giorgione, Tiziano, Correggio, Lotto. Ma questa notte limpida di stelle che parlano il linguaggio di una serenità imperscrutabile, è prima di tutto una notte della natura: una ciclicità in cui il ritmo dell’esistenza accoglie uomini e bestie, piante e rocce e campi e boschi. E la Canzone della notte di Bernardo Tasso, la Candida

notte e più del dì serena di Bernardino Rota, l’Horrida notte, che rinchiusa il negro di Luigi

Tansillo607, o il Sogno gentil che là verso l’aurora di Bernardo Cappello, il cielo di Domenico

Verniero (Fiammeggiavano in ciel chiare le stelle), O notte, a me piú chiara e piú beata di Gaspara Stampa, la notte di Panfilo Sasso (Dopo la notte oscura e tenebrosa), la notte di Giovanni della Casa (O sonno, o dela queta, umida, ombrosa), ma anche la Notte teatrale di Gerolamo Parabosco608: queste notti cantate di amanti e di dolori, scoperte sotto cieli di stelle e di

luna, notti di amore, notti petrarchesche609. Quasi si percepisce, nelle parole di questi poeti

603 Della Casa G., Rime e prose, Impresse in Vinegia : per Nicolo Beuilacqua, nel mese d'ottobre,

Impresse in Vinegia : ad instantia di m. Erasmo Gemini, 1558.

604 Delle Rime del S. Berardino Rota, Terza impressione, Napoli, 1572, p.57.

605 Battaglia R., La canzone alla notte di Bernardo Tasso, in Cultura neolatina : bollettino dell'Istituto di filologia

romanza dell'Università di Roma, n.1, 1942, pp.81-86.

606 “lo stesso fatto che poeti oscuri e dimenticati trovano di fronte a quest’argomento versi

insolitamente densi e vigorosi dimostra che il fenomeno ha origine assi vaste; poichè sono proprio i minori a denotare la diffusione dei motivi sia linguistici che poetici per la loro stessa facilità nell’accogliere i dati d’un clima comune, per la loro stessa funzione di tramite nella storia della letteratura. Si può affermare che in genere, lo sfondo tenebroso di molte liriche del Cinquecento non nasce da una personale sensibilità, ma è piuttosto l’effetto d’una comune ricerca linguistica intorno a quei “tenebrosi orrori”, a quei “taciti silenzi” a quelle ‘notti ombrose’ attraverso i quali si raggiunge con letteraria facilità un tono grave, adatto alle malinconie amorose”.

607 La lirica è presente anche in Dolce L., Rime dei più illustri scrittori napoletani, 1552, p.9 del volume

V.

608 Parabosco G., La Notte. Comedia nuoua, Motietta, Venezia 1546.

609 Molte liriche citate sono reperibili nell’ampia antologia curata da Ponchiroli D., Lirici del

l’urgenza si andare in profondità, fare della natura lo specchio del proprio cuore, riflettere nella notte le proprie lacrime. Lo spazio dice l’emozione. E si comprende meglio, forse, come anche la notte di Leonardo (“come figurare una notte”), immaginata in quegli stessi anni, ci chiedesse di avvertire in lei una vibrazione poetica sottile, chiamando una novità del pensiero artistico che si apriva anche ad una novità lirica: dire lo spazio della vacuità. Forse si coglie anche che quelle nocti cui aspirava Isabella d’Este, di Giorgione, fossero prima di tutto notti di laboratorio pittorico, indagini paesistiche prima ancora che soggetti iconici.

Nocti cercate perché in sé, in quanto notti, oggetto di interesse610. Appunto: notte come

soggetto611.