• Non ci sono risultati.

La ricezione dei lumi

2. Il modo di vedere

2.1. La ricezione dei lumi

L’Alberti muove quindi verso accorgimenti empirici invece che metafisici. Nella sua dottrina della pittura, che è scandita in circoscrizione, composizione e ricezione dei lumi, si coglie per la prima volta un’attenzione specifica demandata al problema luministico che mostra, pur sulla base medievale in cui si iscrive, un atteggiamento teorico particolarmente nuovo. Secondo Moshe Barasch, proprio la scelta di affidare alla luce un ruolo così intuitivamente cardinale nell’ideale artistico che Alberti propone segna una svolta radicale nella concezione della luminosità nell’arte157, se non altro perché essa viene indagata nel De Pictura in un modo

autonomo rispetto al colore, con cui pure mantiene un rapporto privilegiato158.

Tornando recentemente sul tema, inoltre, Pietro Roccasecca ha mostrato con molta chiarezza come la definizione che Alberti dà della pittura ricalchi precisamente la struttura

van Lorenzo Ghiberti ..., 1940; Parronchi A., Le misure dell’occhio secondo il Ghiberti, “Paragone”, 133,

1961 pp.18-48. Più recentemente si veda il più breve intervento di Dominique Raynaud, Le fonti

ottiche di Lorenzo Ghiberti, in Camerota M., Acidini Luchinat C., Nel segno di Masaccio, Galleria degli

Uffizi, Firenze, dal 16 ottobre 2001 al 20 gennaio 2002, catalogo dell’esposizione, Giunti, Firenze 2001, pp.79-81.

154 Pechkam J., Perspectiva communis.

155 Bacone R., Perspectiva, in Opus Maius, pars V. 156 Simon G., Archéologie de la vision, op. cit., p.176.

157 Barasch M., Luce e colore, op. cit., p.37 e ss. Qui sta anche la distanza della concezione di luce di

Alberti rispetto alla cultura coeva del giottesco Cennino e a quella, non pittorica, restituita dai

Commentari di Ghiberti.

158 Edgerton S. Y., Alberti’s colour theory : a medieval bottle without Renaissance wine, in “Journal of the

Warburg and Courtauld Institutes, 32.1969, pp.109-134; Edgerton ha sviluppato la tesi dottorale sul tema ottico inerente l’Alberti, Edgerton S. Y., Alberti’s optics, PhD Thesis, Philadelphia University, 1965.

delle teorie sulla visione diffuse in età medievale159. Si tratta di un aspetto significativo sotto

il profilo ontologico, dal momento che attribuisce al linguaggio figurativo tutto lo spessore gnoseologico dell’impulso percettivo: “l’atto del dipingere è preceduto da un processo di comprensione di ciò che si osserva: il pittore vede il luogo occupato dalla cosa visibile, poi conosce le superfici che la ricoprono e infine ne distingue la loro qualità e i loro colori”: “Principio, vedendo qual cosa, diciamo questo esser cosa quale occupa uno luogo. Qui il pittore, descrivendo questo spazio, dirà questo suo guidare uno orlo con linea essere circoscrizione. A presso, rimirando, conosciamo come più superficie del veduto corpo insieme convengano; e qui l’artefice, segnandone in suoi luoghi, dirà fare compositione. Ultimo, più distinto discernimento colori e qualità delle superficie, quali ripresentandoli, ché ogni differenza nasce da’ lumi, proprio possiamo chiamarlo recezione di lumi”160.

Dalla percezione e dalla conoscenza visiva deriva quindi, in un certo senso, la corrispondente “concretazione” pratica del sensibile nell’arte; “dalla visione del luogo - prosegue infatti Roccasecca segnando il rapporto speculare tra osservazione e prassi - scaturisce la ‘circoscrizione’, il disegno del contorno del corpo, di come esse si congiungano le une con le altre, la ‘compositione della superficie’. Dall’intelligenza della ‘recezione dei lumi’ origina la comprensione della forma e dei volumi delle singole superfici, dei loro colori e del lume che le investe e dunque la rappresentazione del tono cromatico e di massimi chiari e dei massimi scuri”161. Tale fenomeno di consapevole

osmosi tra teoria della visione e pratica imitativa-mimetica comporta per la pittura diverse acquisizioni tanto concettuali quanto linguistiche che accompagneranno la storia critica dell’arte da una parte innervandone l’autocoscienza poietica – la consapevolezza di realizzare il visivo –, e dall’altra esplicitando, e qui sta il punto nevralgico, l’inedito tentativo di affidare all’arte imitativa lo scopo di rispecchiare, all’interno della sua specifica vocazione mimetica, l’attuarsi rappresentativo della visione fisica studiata dagli antichi e dalla più recente scolastica.

Per questo Alberti scrive che “dove la pittura studia ripresentare cose vedute notiamo in che

modo le cose si veggano”162, sottolineando che punto cruciale del discorso fosse, di fatto, la

modalità con cui la percezione ottica si offrisse, tanto suo come almeno quanto il suo cosa. E poiché, come scrive Federici Vescovini, “vision requires three things: seer, seen, and light; the process of cognition is based on the rules of vision, or of the perspicere”163, la funzione

159 Roccasecca P., La definizione della pittura di Leon Battista Alberti nel De Pictura e la teoria delle

caratteristiche visibili del De Aspectibus di Alhacen, in Ebert-Schifferer S., Roccasecca P., Thielemann

A., a cura di., Lumen, Pictura, Imago, pp.9-37. La discussione completa del testo si trova in Roccasecca P., Filosofi, oratori e pittori. Una nuova lettura del De Pictura di Leon Battista Alberti, Roma 2017.

160 Alberti, 2011, Liber II, 6, 3-8.

161 Roccasecca P., La definizione ..., op. cit. p.12.

162Alberti L. B., De pictura (redazione volgare), a cura di Lucia Bertolini, Polistampa, Firenze 2011,

cap.30.

della luce diventa primaria tanto per la comprensione percettiva degli oggetti da imitare (il cosa: la plastica dei corpi, lo spazio, etc.) quanto per la proiezione del processo visivo nella costituzione dell’immagine; come vuole Simon “le rendu de la lumière elle-même, puisqu'elle est devenue ce qui spécifiquement stimule la vue” è primaria conseguenza fondamentale che deriva dalla scelta di sistematizzare in una visione coerentemente imitativa le idee dell’ottica tradizionale164.

La pratica artistica del lume e dell’ombra funziona anzi analogicamente rispetto allo sguardo e ne ripete la forza plastica:

“così farebbono: prima quasi come leggerissima rugiada per infino all'orlo coprirebbono la superficie di qual bisognasse bianco o nero; di poi sopra a questa un'altra, e poi un'altra; e così a poco a poco farebbono che dove fusse più lume, ivi più bianco da torno, mancando il lume, il bianco si perderebbe quasi in fummo”165.

Si tratta, infatti, di un graduale sovrapporre strato sopra strato, educando nei contorni fissi della circoscrizione disegnativa la gentilezza delle forme realizzate dall’impressione della superficie, come a voler suggerire che la costruzione chiaroscurale venisse a simulare il processo di inveramento che la luce garantisce nella nostra percezione quotidiana. È un “fuoriuscire”, un emergere graduale. La ricezione dei lumi in Alberti nell’economia del suo discorso porta a compimento un processo di riflessione sul valore ottico di lume e di ombra in nuce già nelle teoresi aristoteliche medievali. Si trattava, come abbiamo accennato, della necessaria sistematizzazione intervenuta a raccogliere ed ordinare quanto la teorica visiva e, di conseguenza, una certa retorica naturalista della pittura aveva già, in un certo senso, individuato a fondamento della propria prassi senza che ne derivasse una concezione abbastanza unitaria da poter strutturare formulazioni visive precise166.