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PARTE SECONDA

38.3. Nozione di configurazione semantica

Per questo studio intendiamo attenerci, nel pieno rispetto della semiosi iconica dei sintagmi di significazione, alla nozione di configurazione semantica. Con tale nozione intendiamo sottolineare il carattere "figurale" della significazione (si ricordino, in questa prospettiva, le rappresentazioni"figurali" del significato nella teoria di Weinreich, quali

agglomerazione, configurazione, concatenazione, non co ncatenazione!). Inoltre

riteniamo che tale carattere possa essere adeguatamente colto attraverso i parametri della

tecnica espressiva (le modalità grammaticali dell'icona sintagmatica) e del disegno semantico (le possibilità "iconiche" sono: significato nucleare semplice, significato nucleare con inclusioni, significato nucleare con espansioni, significato nucleare con inclusioni e con espansioni). In pratica l'identikit semantico del sintagma (sia lessicale sia

frastico) si consegue nel modo seguente: TECNICA ESPRESSIVA

I processi grammaticali di Sapir rappresentano una buona esemplificazione della tecnica espressiva. Si ricordino, in tal senso,

l'ordine delle parole

pover(o)uomo vs uomo povero galant(e)uomo vs uomo galante buon(o)uomo vs uomo buono

(è evidente che la diversa posizione del lessema N [nome] e del lessema A [aggettivo] "configura", dal punto di vista della tecnica espressiva, ben diverse "istituzioni" semantiche e che i sintagmi esprimono in modo diagrammatico la significazione secondo una normatività insita nella lingua in quanto contesto istituzionale);

o anche

la composizione nominale e verbale

composti coordinati copulativi: ventiquattro iterativi: fuggifuggi composti subordinati verbo-nome: tagliacarte nome-aggettivo: roccaforte aggettivo-nome: fortebraccio nome-nome: pescecane aggettivo-aggettivo: agrodolce

(è evidente che il composto copulativo ventiquattro "configura" un numerale in base alla successione dei lessemi mentre un ipotetico -e possibile- *Quattroventi potrebbe "configurare" un toponimo con riferimento ad un punto in cui spirano venti che provengono da tutti e quattro i punti cardinali; ed analoghi discorsi si possono fare per gli altri tipi di composti).

Altre forme di tecnica espressiva sono date dall'affissazione, dalla mutazione vocalica e

consonantica (compresi i fenomeni di flessione), dalla variazione di accento, del raddoppiamento, sulle quali ci siamo già soffermati parlando dell'istanza di

strutturazione dei sintagmi. Qui tuttavia è importante rendersi conto che t utte queste tecniche "configurano", secondo la loro specifica natura diagrammatica, specifiche "istituzioni" semantiche della lingua.

DISEGNO SEMANTICO

Qui penetriamo nell'essenza stessa della significazione, cioè nelle modalità della "configurazione semantica", per lo più frutto della tecnica espressiva dell'istanza sintagmatica. Ma in primo luogo dobbiamo parlare di

Tale "istituzione" semantica si manifesta in un numero ristretto di casi e corrisponde a quella dei sintagmi mono-morfematici invariabili (es. particelle asseverative o negative: sí, no; avverbi: ieri, oggi, domani; pronomi: io, tu, egli; numerali: uno, due, tre; etc.). In lingue diverse dall'italiano possiamo ritrovare significati nucleari semplici anche in altre parti del discorso (cfr. cin. ma, la cui configurazione semantica riguarda l'animale "cavallo" senza determinazione di genere e di numero). La rappresentazione diagrammatica dei significati nucleari semplici potrebbe essere concepita come puntiforme o anche mediante elementi geometrici semplici quali segmenti o superfici del tutto prive di inclusioni e di espansioni. In ogni caso è evidente che il significato nucleare astrattamente inteso corrisponde all'istanza di designazione propria e specifica di ciascu na unità linguistica.

Molto più frequente è il caso del

significato nucleare con inclusioni

Tale "istituzione" semantica si manifesta normalmente in sintagmi bi - o poli-morfematici, nei quali un significato nucleare risulta modificato da significati aggiun ti e, per così dire, "incorporati" (essi sono, da un punto di vista referenziale, "intrinseci" e soprattutto "permanenti"). E' il caso di it. gatt-in-o ross-o o ingl. little red cat, la cui significazione non è identica, in quanto il sintagma italiano regis tra quattro inclusioni ("piccolezza", "maschile", "singolare", "colore rosso") nel significato nucleare (GATT -) mentre quello inglese ne registra solo tre (con esclusione di "maschile", ma si noti nella sequenza inglese l'importanza dell'ordine sequenziale con little, condizione non definitiva, più lontano da cat, e red, condizione definitiva, più vicino). Il fenomeno semantico dell'inclusione coincide con la funzione attributiva dell'aggettivo (qui esaminata) e con quella determinativa del complemento di specificazione (ad es. cas-a di Mario implica tre inclusioni, cioè "femminile", "singolare", "di Mario" , nel significato nucleare (CAS-). Esaminiamo ora il

significato nucleare con espansioni

Tale "istituzione" semantica consiste di un significato nu cleare (ad es. oggi) la cui espansione consiste, in ultima analisi, in un atto di predicazione (ad es. oggi piove). E' evidente che la "piovosità" non è una qualità intrinseca all'"oggi" (come, ad es., la "piccolezza" e soprattutto il genere "maschile" nel caso di "gattino"), ma una sorta di circostanza accessoria, una predicazione o un'espansione, appunto, relativa all'istanza tematica dell'"attualità". Analogo ragionamento si può fare nel caso del significato nucleare io, che può essere espanso in vari modi (ad es. io parlo, io e tu, etc.): infatti l'attività del parlare o la condizione di associazione con l'interlocutore non sono qualità intrinseche dell'"io", ma circostanze accessorie, predicazioni o espansioni, appunto.

Ma il caso di gran lunga più frequente è quello costituito dal

significato nucleare con inclusioni e con espansioni

Tale "istituzione" semantica ha infatti il pregio di fondere in sé sia l'attribuzione sia la predicazione relative ad un significato nucleare attraverso le "configurazioni" delle opportune tecniche espressive. Posso dire, ad es., la casa di Mario ed accorgermi che mentre "femminile", "singolare", "di Mario" sono qualità intrinseche o attribuzioni del significato nucleare CAS- (sono cioè inclusioni), la "determinazione" espressa dal

morfema "la" è invece una circostanza accessoria o predicazione (è pertanto un'espansione). Analogamente posso dire il gattino rosso miagola e riconoscere immediatamente le inclusioni già constatate ("piccolezza", "maschile", "singolare", "colore rosso") ed insieme le espansioni evidenti ("determinazione", "atto del miagolare"). In ogni caso le tecniche espressive ed i disegni semantici caratterizzano la normatività delle icone sintagmatiche e costituiscono quella realtà "figurale" che qui chiamiamo

configurazione semantica.

Lez.39: Pragmatica

39.1. Definizione di pragmatica. 39.2. Orientamenti e problematiche della pragmatica attuale. 39.2.1. La deissi. 39.2.2. L'implicatura conversazionale. 39.2.3. La presupposizione. 39.2.4. Gli atti linguistici. 39.3. Nozione di vettore pragmatico.

39.1. Definizione di pragmatica

La pertinenza metalinguistica, che si collega al processo ed a tutte le istanze in essa contenute ed al contesto che lo presuppone (in sintesi: i testi di comunicazione e la loro valenza semiotico-indiziale e individuale in seno al contesto situazionale) è la

pragmatica, da non intendere nel senso tecnico e ristretto che si dà comunemente al

termine, bensì (secondo uno spunto terminologico che risale al filosofo Morris, ma che qui si propone con contenuti indipendenti) come scienza delle relazioni processuali tra segni e realtà (tali segni nella fattispecie sono testi capaci di comunicare in modo indiziale).

39.2. Orientamenti e problematiche della pragmatica attuale

La pragmatica oggi è una disciplina linguistica che non ha ancora definito pienamente la propria identità teorica ed il suo ambito di studi, anche se certe sue "collocazioni" sembrano ormai definitivamente assodate. Ad esempio, pur non potendo considerare soddisfacente, una definizione di pragmatica come "teoria dell'uso linguistico", è evidente che la pragmatica si occupa di tutta la fenomenologia linguistica processuale (in particolare la deissi, l'implicatura conversazionale, la presupposizione nel quadro di una teoria generale degli atti linguistici e della struttura della conversazione, secondo la nitida impostazione di Levinson) e che in tal senso il richiamo all'"uso linguistico" è senz'altro pertinente anche in quanto recupero della nozione di "rapporto tra segni e utenti" che è propria della pragmatica morrisiana. Un'altra "collocazione" ormai certa della pragmatica è data dalla sua distanza ravvicinata e - si potrebbe dire- dalla sua condizione di reciproca complementarietà rispetto alla semantica. In particolare la pragmatica appare come un'adeguata risposta teorica per il superamento dei limiti impliciti

nella semantica verofunzionale, tutta basata sull'alternativa "vero/falso" dell'enunciato. Si consideri in tale prospettiva la frase semplice la neve è bianca, le cui condizioni di verità sono soddisfatte se e solo se la neve è effettivamente bianca (semantica verofunzionale o dell'enunciato); si consideri, d'altra parte, la frase semplice vieni qui!, per la quale non sono in gioco questioni di verità, semmai di efficacia o adeguatezza dell'atto linguistico in tal modo realizzato (pragmatica o "teoria dell'appropriatezza").

39.2.1. La deissi

Proviamo ora a guardare più da vicino sia la fenomenologia processuale dell'atto linguistico sia, al suo interno, la dialettica "vero" e/o "appropriato". Esaminiamo in primo luogo la deissi, propriamente l'"atto di indicare" qualcosa attraverso un particolare aspetto dell'atto linguistico. L'uso dei pronomi dimostrativi ( questo, codesto, quello), dei pronomi personali (io, tu, egli), dei tempi verbali (venni, vengo, verrò), di avverbi locali e temporali (davanti, prima) funziona in effetti come "atto di indicazione" o, più esattamente, come "indice situazionale" del contesto di enunciazione ed è una vera e propria "marca" pragmatica di quell'evento comunicativo a cui diamo il nome di "testo". L'asse referenziale della deissi non è un rapporto sistematico tra unità di designazione o una condizione normativa dei sintagmi di significazione, ma l'istanza del discorso o, dal nostro punto di vista, la natura processuale dei testi di comunicazione. Più in generale sembra possibile ricondurre le modalità pragmatiche della deissi a tre categorie fondamentali: persona o deissi del contesto situazionale relativamente ai partecipanti all'evento comunicativo; luogo o deissi del contesto situazionale relativamente alla collocazione dei partecipanti all'evento comunicativo; tempo o deissi del contesto situazionale relativamente al momento o alla fase temporale rispetto alla quale agiscono i partecipanti all'evento comunicativo. Tre "testi" brevissimi possono illustrare queste tre modalità deittiche combinate: io parlo qui, tu parlasti là, egli parlerà altrove (io/tu/egli: deissi di persona; parlo/parlasti/parlerà: deissi di tempo; qui/là/altrove : deissi di luogo). Se ciascun elemento linguistico di questi tre testi funziona come indice pragmatico deittico (proprio in quanto marca pragmatica deittica di questi testi; irrilevante è, invece, in questo momento il loro assetto sintagmatico ed altretta nto irrilevante è ciascuna unità costitutiva di tale assetto) si potrà ben dire che ciascuno di questi tre testi è pragmaticamente "forte".

39.2.2. L'implicatura conversazionale

Altrettanto importante ed altrettanto legata alla fenomenologia linguistica del contesto situazionale (produzione di testi che, in quanto indici necessari, comunicano in modo processuale) è la nozione pragmatica di implicatura conversazionale (o, più brevemente,

implicatura), proposta ed illustrata a partire dal 1967 da Grice nel quadro di una teoria

generale della comunicazione. Le implicature conversazionali scaturiscono dall'interazione linguistica e ad essa rimandano: esse si basano su un principio di cooperazione, teso a soddisfare l'esigenza tutta pragmatica dell'efficienza e dell'efficacia dell'atto linguistico. Si possono pertanto enunciare come "norme", anche se -aggiungiamo noi- tali norme

devono essere sempre intese come descrittive e mai come prescrittive (a meno che che non si entri nella dimensione operazionale dell'educazione linguistica). E'importante notare che la concreta attività linguistica comporta diversi gradi di "sfruttamento" o di "oltraggio" delle norme, secondo una scala di misurabilità del riuscito o del mancato soddisfacimento del principio di cooperazion e. La prima norma o della qualità richiede di evitare asserzioni false o sprovviste di prove adeguate ("sfruttamento": Chi sono i quattro evangelisti? I quattro evangelisti sono Matteo, Marco, Luca, Giovanni ; "oltraggio": Chi sono i quattro evangelisti? I quattro evangelisti sono tre: Luca e Matteo). La seconda norma o della quantità richiede di fornire un'informazione adeguata ai fini del discorso evitando ogni eccesso ("sfruttamento": Che giorno è oggi? Oggi è lunedì; "oltraggio": Che giorno è oggi? Oggi sono contento. La terza norma o della relazione richiede che si forniscano contributi informativi pertinenti ("sfruttamento": Dove vai? A casa!; "oltraggio": Dove vai? Porto cipolle!). La quarta norma o del modo richiede di essere chiari, evitando ambiguità, lungaggini e disordine espositivo ("sfruttamento": Sei contento? Sì!; "oltraggio": Sei contento? Nella misura in cui... ma non è sempre così... potrei rispondere affermativamente... ).

39.2.3. La presupposizione

Una terza dimensione dell'atto linguistico definibile in modo pragmatico è la

presupposizione, che è una relazione di natura necessaria (un indice pragmatico, dunque!)

tra una frase o, meglio, tra il suo contenuto comunicativo ed una precondizione o una serie di precondizioni in base alle quali la frase stessa realizza una comunicazione accettabile. Ad esempio: i figli di mia moglie hanno smesso di viaggiare è accettabile se sono soddisfatte le seguenti precondizioni (o presupposizioni): 1) Chi parla è necessariamente sposato; 2) I figli di cui si parla non sono necessariamente i suoi figli ma necessariamente sua moglie ha figli; 3) Essi necessariamente viaggiavano prima della realizzazione di questo atto linguistico. Le tre presupposizioni qui delineate costituiscono, da un altro punto di vista che è quello che qui ci interessa, tre indici testuali che "necessariamente" (l'uso dell'avverbio non è casuale!) collegano il testo al contesto situazionale di produzione. L'area fenomenologica della presupposizione è, in ogni caso, assai vasta e complessa. Se, in tal senso, ci chiediamo quanti e quali fenomeni presupposizionali esistano, possiamo riferirci a tipi di costruzioni linguistiche che si manifestino come

attivatori presupposizionali (i 31 attivatori presupposizionali di Karttunen costituiscono

ovviamente un elenco teoricamente aperto). Si considerino solo alcuni esempi: definitezza (Mario ha visto/non ha visto la gallina bianca presuppone che "esista una gallina bianca";

fattualità (sono contento/non sono contento del fatto che tu sia arrivato presuppone che

"l'interlocutore sia arrivato"); implicazione (Mario è riuscito/non è riuscito a prendere il treno presuppone che "Mario abbia tentato di prendere il treno"); cambiamento (Mario ha smesso/non ha smesso di fumare presuppone che "Mario fumasse"; iterazione (Il treno è/non è di nuovo in ritardo presuppone che "il treno sia arrivato almeno una volta in ritardo").

I fenomeni fin qui esaminati (deissi, implicatura, presupposizione) sono riconoscibili all'interno degli atti linguistici, cioè del complessivo oggetto di indagine della pragmatica (secondo il modello teorico di Austin, ripreso e sviluppato da Searle). Austin ha il grande merito di aver guardato oltre le condizioni di verità intese quali basi per la comprensio ne semantica degli enunciati, mediante la constatazione che certi atti linguistici non hanno la funzione di "dire", cioè di descrivere uno stato di cose, bensì di "fare", cioè di modificare uno stato di cose (es. io ti battezzo, io ti condanno, io ti avverto, etc. rappresentano altre modificazioni di stati di cose realizzate in modo linguistico). Austin chiama questi enunciati performativi per distinguerli da quelli informativi (o constatativi), che corrispondono ad affermazioni/negazioni tradotte in forma enunciativa (es. oggi piove, io non esco, tu hai l'ombrello, etc.). Secondo Austin ci sono tre modalità principali e simultanee in base alle quali chi parla compie un'azione: l' atto locutorio, cioè il fatto che si enunci una frase con un significato ed una referenza specifici (es. oggi piove con significato e referenza inequivocabili), l'atto illocutorio, cioè un'affermazione che è anche una promessa o un'offerta (es. oggi piove [ed io ti offro o ti prometto che andremo insieme al cinema]), l'atto perlocutorio, cioè una promessa e un'offerta che è anche un invito volto a procurare uno specifico effetto sull'ascoltatore (es. oggi piove [ed io voglio che tu ti cambi d'abito per uscire e per andare insieme al cinema]). Più complesso (ma non più esauriente) è il quadro delle azioni linguistiche proposto da Searle: 1) atti

rappresentativi, nei quali il parlante è coinvolto in ordine alla verità dell'enunciazione

(attività linguistica dell'asserire, raccontare, concludere, etc.: es. la pragmatica è lo studio dell'attività linguistica); 2) atti direttivi, nei quali il parlante cerca di condizionare in qualche modo l'interlocutore (attività linguistica del richiedere, implorare, invitare, etc.: es. non ti dimenticare mai di questo!); atti commissivi, nei quali il parlante si impegna a fare qualcosa (attività linguistica del promettere, minacciare, offrire, etc.: es. arriverò domani alle sette); atti espressivi, nei quali il parlante "svela" una sua condizione psicologica (attività del ringraziare, complimentarsi, salu tare, etc.: es. è stata una festa bellissima!); atti dichiarativi, nei quali si provocano cambiamenti in precedenti stati di cose (attività linguistica dell'ambito esistenziale e istituzionale: es. ti arresto, vi dichiaro marito e moglie).