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PARTE SECONDA

34.3. Selezione e combinazione secondo Jakobson

tratto distintivo (la "sonorità" raddoppiarla e creare la serie /b/, /d/, /g/; e con un ulteriore tratto distintivo (la "aspirazione") triplicarla e creare la serie /bh/, /dh/, /gh/; e ancora con un altro tratto distintivo (la "nasalità") quadruplicarla e creare la serie /m/, /n/, /ng/ (l'ultimo simbolo indica la [n] velare); e si potrebbe continuare. Tale sistema fonologico è molto stabile, giacché è fondato su una serie di correlazioni; ed è economico, nella misura in cui con poche differenze foniche riesce ad individuare un cospicuo numero di fonemi.

34.3. Selezione e combinazione secondo Jakobson

La condizione relazionale del sistema linguistico può essere ulteriormente illustrata con

la nozioni di selezione (proposta da Jakobson, che in modo analogo parla di

combinazione per illustrare la condizione del sintagma). Con la prima si individua nel

modo migliore il meccanismo della lingua che consiste appunto in una limitata facoltà di scelta tra le potenzialità offerte dal repertorio delle unità sistematiche. Nell'ambito del nome, ad esempio, il morfema lup- seleziona tra i morfemi che designano, ad es., "maschile" e "singolare" il morfema -o (= lup-o), ma il morfema pont- nella stessa condizione seleziona il morfema -e (= pont-e); nell'ambito dell'aggettivo il morfema ross- seleziona tra i morfemi che designano, ad es., "femminile" e "plurale" il morfema -e ( = bandiere ross-e), il morfema verd- nella stessa condizione seleziona il morfema -i (ma neutralizza automaticamente l'opposizione con il "maschile" = pianure i, occhi verd-i); nell'ambito del verbo i morfemi am-, ved- e sent- selezionano tra i morfemi che designano, ad es., la "seconda persona plurale" i morfemi -ate, -ete, -ite rispettivamente (= am-ate, ved-ete, sent-ite). Naturalmente la selezione riguarda tutti i morfemi (non solo quelli desinenziali qui presi in esame): l'istanza di designazione seleziona, ad es., lup-/pont-, ross-/verd-, am-/ved-/sent- rispetto ad altri morfemi possibili (nominali, aggettivali, verbali rispettivamente); a loro volta l'articolo il/lo rispetto all'articolo la, l'articolo i/gli rispetto all'articolo le sono selezionati (anche nella loro eventuale condizione di allomorfi) dai morfemi con i quali occorrono; e c osì via.

34.4. La complessità del sistema linguistico. Spunti da Benveniste, Halliday, Pike, Makkay

Infine si dovrà riflettere sulla complessità del sistema linguistico, che non è unidimensionale ma strutturato secondo una gerarchia di dipendenze. Spunt i, in tal senso, vengono da autori come Benveniste (con la nozione di livelli), da Halliday (con le nozioni di categorie e scale), da Pike (con le nozioni di particella, onda e campo), da

Makkay (con la nozione di strati), tanto per citare solo alcuni tra i più funzionali al

nostro discorso.

Secondo Benveniste ciascuno dei livelli del sistema linguistico si caratterizza secondo le proprie modalità oppositive, che consentono la possibilità di altrettanti studi specialistici (fonologia, morfologia, lessicologia, sintassi, le ultime due viste naturalmente nei loro aspetti paradigmatici). Ma è altrettanto vero che tutti i livelli sono fortemente

interconnessi, per cui l'identificazione sistematica di una unità di un certo livello deve essere sempre fatta con riferimento al livello superiore in cui tale unità risulta costantemente integrata. Ne risulta una gerarchia funzionale in base alla quale gli

elementi sono identificati nel livello inferiore in quanto funzionano nel livello superiore (i tratti acustico-articolatori nei fonemi, i fonemi nei morfemi, i morfemi nei

sintagmi lessicali, i sintagmi lessicali nei sintagmi frastici, i sintagmi frastici nei testi). In questo modo -tanto per costruire una simulazione di un sistema complesso - la "nasalità" e la "labialità" sono identificate come tratti acustico-articolatori (livello inferiore) in quanto funzionano nel fonema /m/ (livello superiore); il fonema /m/ (livello inferiore) è identificato come tale in quanto funziona nel morfema mal- (livello superiore); il morfema mal- (livello inferiore) è identificato come tale in quanto funziona nel sintagma lessicale male (livello superiore); il sintagma lessicale male (livello inferiore) è identificato come tale in quanto funziona nel sintagma frastico male di vivere (livello superiore); il sintagma frastico male di vivere (livello inferiore) è identificato come tale in quanto funziona nel testo, più esattamente nella porzione di testo spesso il male di vivere ho incontrato (livello superiore), corrispondente ad un verso di Montale.

La teoria di Halliday prende invece in considerazione categorie grammaticali e scale di riconoscimento: queste ultime sono, più esattamente, scale di astrazione analitica e riguardano l'uso della teoria stessa nel riconoscimento delle modalità dell e categorie grammaticali (si distinguono, tra le scale, il rango, l'esponenza e la delicatezza). A livello grammaticale si distinguono invece quattro categorie fondamentali, capaci di abbracciare tutta la natura del linguaggio ed applicabili perciò alla de scrizione di qualsiasi lingua: unità, struttura, classe, sistema. Queste quattro categorie corrispondono a quattro diversi modi di organizzazione formale di una lingua: l'unità corrisponde alle parti diverse di una catena linguistica e rende conto delle scelte grammaticali (cfr. la selezione di Jakobson!). In sede analitica è facile riconoscere che ogni unità ha con le altre unità un rapporto di rango, cioè le unità sono poste su una scala di rango: in inglese, ad esempio, sono individuabili almeno cinque unità, cioè -a partire da quella più in alto nella scala - periodo, proposizione, gruppo o frase, parola, morfema. La struttura, a sua volta, riguarda il modo di organizzarsi delle unità in determinate sedi e, più precisamente, il modo in cui unità inferiori costituiscono unità superiori (cfr. la teoria dei livelli di Benveniste!). Per la percezione della struttura entra in gioco la scala dell'esponenza, nella misura in cui le sedi della struttura "espongono" la struttura stessa e permettono di riconoscere un ordine o una gerarchia che caratterizza le varie sedi (una più sottile distinzione nell'esponenza è quella che corre tra la "realizzazione", che si ha a livello di forma, e la "manifestazione", che si ha a livello di sostanza). La classe, invece, si ottie ne mediante una scelta tra gli elementi di una struttura: in pratica, siccome tali elementi sono unità, costituiscono una classe solo quelle che hanno le stesse possibilità operative all'interno di una struttura dell'unità superiore. Infine il sistema si ottiene quando l'agnizione linguistica si riduce a poche possibilità fisse, che costituiscono i termini di questo sistema. Tale sistema è per definizione chiuso, cioè il numero dei suoi termini è finito: in tal senso la grammatica è un sistema chiuso, in cui le scelte sono ridotte a certe possibilità e termini fissi; il lessico invece è il luogo delle scelte aperte. Resta da dire qualcosa della scala della delicatezza: lungo tale scala è possibile identificare tutta una serie di realtà linguistiche per le qu ali si richiede un approfondimento percettivo (ad esempio, in inglese è possibile, in tal modo, distinguere tra strutture primarie di proposizione (soggetto, predicato, complemento, etc.) e strutture secondarie che, pur appartenendo alla stessa unità ed av endo lo stesso rango,

risultano tuttavia identificabili in base a distinzioni "più delicate" (secondo un ventaglio cognitivo sempre più "aperto").

La concezione generale del linguaggio di Pike si può riassumere così: bisogna tener conto di tre modi di essere della lingua e cioè le particelle, le onde e il campo. Per particelle Pike intende i fonemi, i morfemi, etc. che, secondo una visione statica di tipo distribuzionale, costituiscono la struttura linguistica e stanno tra loro in rapporto come i mattoni nel muro di un edificio; le onde corrispondono invece ad una visione dinamica, che illustra il fatto che nella lingua i sistemi fonemici e morfemici si accavallano e si sovrappongono, in altri termini coesistono simultaneamente in un certo atto linguistico; la nozione di campo infine coinvolge tutta la lingua, a partire dal testo fino al repertorio mnemonico delle particelle rispetto al quale il testo stesso è interpretato. In tal modo la lingua si presenta come un sistema con parti e classi di parti connesse tra loro. Sul piano dell'analisi linguistica Pike ha coerentemente proposto una sua teoria, che ha assunto il nome di tagmemica (si noti il felice richiamo alla dimensione sintattica delle unità di designazione identificate unicamente dai loro rapporti si stematici). In base a questa teoria negli enunciati linguistici sono identificabili simultaneamente tre gerarchie: una lessicale (in cui l'unità minima è il morfema), una fonologica (in cui l'unità minima è il fonema) ed una grammaticale (in cui l'unità minima è il tagmema). Il tagmema in particolare è dato da un complesso gioco di rapporti nell'ambito delle strutture grammaticali.

Infine merita un cenno la nozione di strato grammaticale nella teoria sistematica di

Makkay. Questo studioso identifica nel sistema della lingua i seguenti strati: fonemico, morfemico, lessemico, sememico, ipersememico. Per lui la lingua è un sistema di sistemi

ed il complesso delle relazioni che lo costituiscono è stratificato. In tal senso egli parla di "indipendenza" dei singoli strati, non in quanto separati l'uno dall'altro (ipotesi assolutamente improponibile) ma in quanto ciascuno organizzato iuxta propria principia. L'indipendenza degli strati, tanto per cominciare, è dimostrata dal fatto che la fonologia, il lessico e tutto il resto della grammatica non cambiano insieme, per cui il loro collegamento è necessariamente assicurato mediante un codice arbitrario. Nel caso dello strato fonemico "una volta che i fonemi della lingua siano separati dai non -fonemi, essi rivelano la loro capacità di partecipare, come unità elementari, ad una sintassi loro propria, conosciuta nella grammatica stratificazionale come fonotattica. La fonotattica genera le sillabe di una lingua. La tattica di ciascun strato opera orizzontalmente e crea configurazioni di ampiezza maggiore o minore, alcune delle quali avranno una derivazione -emica dallo strato più alto e più vicino, mentre altre saranno soltanto portatrici potenziali di derivazione -emica dallo strato più alto, ma, al presente, non sono usate come tali" (si noti la coincidenza con la visione benvenistiana!). In modo analogo si procede all'identificazione degli altri strati fino all'esaurimento dell'analisi (strato ipersememico o del testo).

Lez.35: Norme

35.1. Norma e lingua standard. 35.2. Norma e tecnoletto. 35.3. La dicotomia saussuriana langue-parole e l'istanza linguistica della norma. 35.4. La dimensione normativa della lingua secondo Hjelmslev. 35.5. Eugenio Coseriu e la sua concezione della norma.

35.1. Norma e lingua standard

I sintagmi di significazione, che dal punto di vista dell'istanza semiotica sono diagrammi motivati di un contesto istituzionale, realizzano la loro istanza linguistica nella dimensione della norma, che è data dall'insieme dei modelli a cui i sintagmi si conformano e dai quali risultano semanticamente condizionati. Questi modelli sono innanzi tutto linguistici, cioè corrispondono al contesto istituzionale più generico e più ampio: si consideri il sintagma lessicale gatt-in-o, la cui morfotattica e le cui opzioni morfematiche si conformano ad un modello di lingua italiana standard, che prevede il morfema gatt- in un contesto locutivo-narrativo piuttosto che il morfema mici- (= mici-o), che è opzione tipica di un contesto allocutivo affettivo; che prevede, inoltre, il morfema -in- nelle stesse condizioni contestuali (*gatt-ett-o, ad es., sarebbe possibile da un punto di vista sistematico, ma è impossibile da un punto di vista normativo; in un contesto locutivo-affettivo, invece, mic-ett-o e mic-in-o sono ugualmente ammissibili); che prevede, infine, in tutti i contesti il morfema -o per la designazione simultanea del maschile e del singolare (mentre in altre morfotattiche può benissimo essere previsto il morfema -e, cfr. ad es. elefant-e, leon-e, etc.). E'evidente che ogni norma non è altro che una specifica esplicitazione istituzionale della dimensione storica del sistema: tale esplicitazione, qui esemplificata al livello del contesto locutivo -narrativo della lingua standard, si carica immediatamente di forti valenz e idiosincratiche non appena si passi a contesti istituzionali più fortemente caratterizzati.

35.2. Norma e tecnoletto

Consideriamo, ad esempio, un qualsiasi tecnoletto: in quello automobilistico sintagmi lessicali come fren-o, frizion-e, acceler-ator-e o sintagmi frastici come togliere il freno a mano, premere la frizione, pigiare sull'acceleratore si conformano a specifici modelli e da questi risultano semanticamente condizionati (la deviazione dal modello comporta evidentemente un disturbo semantico più o meno grave); analogamente nel tecnoletto della linguistica sintagmi lessicali come fonem-a, fras-e, discors-o o sintagmi frastici come fonema di giuntura, frase dichiarativa, discorso indiretto si conformano ad altri modelli e subiscono diversi condizionamenti semantici.