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Capitolo 4 Il dinamismo di conoscenza e organizzazione

4.2 Nuovi percorsi di carriera

Una delle forme maggiormente interessanti e peculiari per il lavoro della conoscenza è quella interna alle organizzazioni che si riferisce ai percorsi di carriera. Tradizionalmente i percorsi di carriera sono stati considerati secondo un modello “ascensionale”, basato su strutture rigide e gerarchiche, attraverso una direzione di avanzamento lineare e unidimensionale. La carriera di un lavoratore si evolveva all’interno di uno o più di un contesto organizzativo attraverso scale di promozioni (promotion ladders)e un incremento di remunerazione.

I nuovi sistemi di regolazione del mercato del lavoro, la flessibilità richiesta ai lavoratori, le pressioni del contesto competitivo, le nuove esigenze organizzative iniziano a mettere in crisi questo modello e si ravvisa la necessità di tener conto di molteplici “nuove” dimensioni, precedentemente trascurate.

Il concetto di carriera come sequenza di posizioni occupate durante l’intero arco della vita con l’esplicitazione/connotazione di progresso personale e riuscita sociale, viene dunque messo in crisi proprio dalle recenti trasformazioni del mercato del lavoro e con l’emergere delle nuove tipologie contrattuali e di nuove modalità lavorative.

Cambiamenti Riflessi sulle carriere

Minori opportunità di promozione Organizzazioni

Minore stabilità occupazionale Maggiore ambiguità ed incertezza Lavoro

Minore senso di appartenenza Maggiore mobilità interorganizzativa Composizione

Maggiore peso delle risorse individuali

Cambiamenti nei contesti di lavoro e riflessi sulla costruzione di carriera.

Fonte: Fraccaroli F., 2005, pag. 76.

I fattori che giustificano e spiegano il significato di questi cambiamenti, come argomentato da Mallon (1999) sono:

real career - l’importanza di un impiego continuo anche se non direttamente legato ad una sola organizzazione;

no going back - la necessità per un lavoratore di percepire un personale senso di progresso professionale valutato non solo soggettivamente ma anche oggettivamente (socialmente);

values and integrity - l’importanza di cogliere un allineamento tra il lavoro ed il proprio set di valori non basandosi solamente sulla disponibilità delle opzioni di lavoro;

excitement - le nuove tipologie di carriere sono sempre più caratterizzate da dinamicità e movimento;

consolidation - aumenta la necessità, pur nel ricorso continuo al cambiamento, di raggiungere un senso di sicurezza e soddisfazione ed avere la sensazione di aver eliminato tutti i rischi ed i motivi di insicurezza.

In un tale contesto la nozione di “carriera”, nel senso tradizionale di sequenza lineare, preordinata, contrattuale, di posizioni oggettive, sembra quindi svuotarsi di significato. Il mercato del lavoro attuale non si configura più come un insieme stabile e coerente di “posti di lavoro”, ma piuttosto come un insieme di percorsi lavorativi non lineari e discontinui, dove l’incontro tra domanda e offerta non avviene secondo modalità predeterminate, ma in base a criteri svincolati dalla mediazione collettiva ed istituzionale.

Il nuovo modello conduce a far sì che sia il lavoratore artefice della pianificazione e gestione della propria carriera, piuttosto che l’organizzazione. Prendendo spunto da Hall (1976) e quindi dall’intuizione della protean career per indicare le carriere che si sviluppano tra più organizzazioni e che non sono facilmente controllabili, nasce il filone di studio delle carriere senza confini o senza limiti, meglio note come boundaryless careers, variamente definite dalla letteratura.

Ad esempio De Filippi e Arthur (1996) definiscono la carriera senza confini come una sequenza di opportunità di lavoro che vanno oltre i confini di un solo contesto lavorativo in cui sono fondamentali le competenze del singolo e il trasferimento di skills da un’organizzazione a un’altra. La carriera senza confini si incentra sulla professionalità della singola persona e sulle sue interazioni con l’ambiente circostante; non è una sequenza di occupazioni ma coinvolge in modo più articolato tutta la persona.

Sullivan (1999) afferma che ci sono diverse tipologie di carriera, una maggiore possibilità di successo e la carriera è sempre più legata al proprio portfolio termine con il quale si vuole intendere la “collezione” di diversi lavori per differenti clienti.

Si parla quindi di Portfolio Career nella quale si enfatizza la positiva liberazione dalla dipendenza dell’organizzazione e si sottolinea l’importanza dell’opportunità di crescita e cambiamento che ogni persona può maturare individualmente. Si tratta cioè di vendere le proprie capacità e abilità a diversi datori di lavoro (Arthur e Rousseau 1996; Hall 1996; Peiperl and Baruch 1997).

Tradizionale  Boundaryless 

Ambiente  Statico  Dinamico 

Tipo di relazione lavorativa  Sicurezza occupazionale in cambio di lealtà organizzativa  Occupazione in cambio di prestazioni e flessibilità 

Competenze  Specifiche dell’organizzazione  Trasferibili 

Confini spaziali  Una/due organizzazioni  Molte organizzazioni 

Confini temporali  Lungo termine  Medio termine 

Successo misurato sulla base di  Stipendi, promozioni,status  Soddisfazione lavorativa,  autonomia  Scopo del cambiamento  Incrementare il proprio livello di  competenze aspirando ad una  posizione manageriale  Il cambiamento e la  trasformazione  Responsabilità nella gestione 

della carriera  Organizzazioni  Individuo 

Formazione  Programmi formali  On‐the‐job 

Passaggi  Legati all’età  Legati all’apprendimento 

Successo  Raggiungimento della vetta più alta della scala gerarchica  Realizzazione personale 

Carriera tradizionale e boundaryless career

Fonte: Riadattamento da Sullivan, 1999 e Baruch, 2004

In quest’ottica la carriera è considerata come strettamente personale, slegata dalla struttura organizzativa e sotto la diretta responsabilità del lavoratore: non semplicemente una sequenza di occupazioni, ma un percorso che coinvolge in modo più articolato tutta la persona. In secondo luogo la carriera viene definita come una sequenza di posizioni employment-related, di cui le attività e le esperienze che incrementano le competenze della persona sono parti integranti. Questo significa che possono essere inclusi alcuni aspetti della vita familiare, dell’apprendimento scolastico e di qualsiasi attività svolta (per motivi professionali o per puro interesse personale) se queste assumono un significato nell’esperienza lavorativa.

Le caratteristiche delle carriere senza confini sono transitorietà, flessibilità, possibilità di cambiamento, maggiore apertura e minor controllo dei lavoratori stessi e dell’organizzazione. I lavoratori si spostano da un settore all’altro o da un’occupazione all’altra per cogliere tutte le opportunità conseguenti agli spostamenti.

In questa prospettiva coloro che lavorano nei settori della conoscenza lasciano l’organizzazione per diventare lavoratori autonomi che, precedentemente chiamati specialisti o

imprenditori, ora possono essere indicati come “boundaryless workers”, “portfolio workers” o “butterfly workers”.

L’adattabilità al cambiamento si collega a concetti importanti come :

l’”intelligenza di carriera” (Arthur e alii, 1995) che comprende diverse dimensioni quali: o know why: competenze che riguardano le motivazioni, il significato

personale e l’identificazione, i valori, le attitudini, le necessità, l’identità, lo stile di vita che caratterizzano ogni individuo distinguendolo dai suoi simili; o know how: competenze relazionali, di tipo trasversale;

o know whom: le relazioni e il networking rilevante per la carriera e contributo dell’individuo alla comunicazione;

o know what: essere sempre aggiornati sulle opportunità e sulle minacce esistenti, cercare di soddisfare i requisiti;

o know where: entrata, allenamento e avanzamento;

o know when: tempo impiegato nelle scelte e nelle attività;

la “resilienza di carriera” (Waterman 1994) ossia la flessibilità necessaria per raggiungere il successo all’interno della carriera manageriale;

l’”employability” ossia il livello di occupabilità del lavoratore nel mercato del lavoro.

Secondo Bagdadli (Bagdadli, 2000 e Bagdadli, Solari, Usai e Grandori, 2003) i nuovi confini che si vengono a creare nelle carriere sono la risposta a bisogni di sicurezza sia da parte delle imprese che delle persone. Le carriere senza confini trovano la loro realizzazione nel mercato esterno del lavoro, il quale si configura come un mercato rischioso sia per le imprese che per i lavoratori. Infatti nella fase di reclutamento l'impresa non è in grado di valutare con precisione, o col medesimo grado di precisione che avrebbe nel valutare un dipendente interno, le competenze dei candidati (Follis, 2002); così come i lavoratori non sono in grado di valutare esattamente il valore dell'impresa, l'utilità di questa per il proprio sviluppo professionale, la cultura aziendale e le attività che dovrà svolgere nella nuova posizione. Il reclutamento esterno si configura quindi come un passo rischioso sia per il lavoratore che per l'azienda, nel quale nessuno dei due attori vuole commettere errori di scelta, rispettivamente della nuova impresa e del nuovo collaboratore.

Per ridurre il rischio delle scelte legate al reclutamento, si crea la necessità di nuovi strumenti di validazione che offrano delle garanzie sull'interlocutore.

Le garanzie si trasformano quindi nei nuovi confini delle carriere che si manifestano come limiti alla varietà di possibili incontri fra lavoratori ed imprese. I lavoratori hanno bisogno di

validazione e spendibilità esterna, oltre i confini della singola impresa (Arthur e Rousseau, 1996); da questo bisogno di riconoscimento esterno del proprio valore in ambienti innovativi e rischiosi emergono i nuovi confini delle carriere senza confini. I nuovi confini-garanzie che si vengono a formare sono o basati sulle competenze, nella forma di sapere spendibile sul mercato, o sulle relazioni, nella forma di network professionali fra ex colleghi e partner in affari; i confini di competenza possono essere poi ulteriormente suddivisi in confini occupazionali e confini di settore.

I confini occupazionali (De Filippi e Arthur, 1996; Jones, 1996; Tolbert, 1996) si manifestano all'interno di mercati del lavoro occupazionali nei quali le persone si muovono attraverso le imprese, rimanendo però sempre all'interno della stessa attività lavorativa. Nel momento in cui l'organizzazione diventa meno importante nella definizione di sentieri e confini di carriera, le occupazioni diventano sempre più importanti (Tolbert, 1996).

I mercati del lavoro professionali od occupazionali sono il risultato di processi di codificazione della professione, che includono la standardizzazione dei percorsi formativi d'accesso, le associazioni di rappresentanza e l'identificazione dei membri con la professione. La professione è generalmente identificata con una serie di skills e conoscenze chiaramente definite e con una serie di compiti e problemi in cui queste vengono applicate. La codificazione della professione aiuta i datori a definire le skills importanti per un lavoro e fornisce standard per valutare l'adeguatezza del candidato per una determinata attività. La professione assicura la vendibilità sul mercato del lavoratore, perché le credenziali possedute assicurano alle aziende che il candidato possiede i requisiti d'apprendimento e le capacità per svolgere un determinato lavoro. Una professione codificata offre quindi credenziali sulla qualità del lavoro, facilita i movimenti fra aziende, riduce il bisogno di valutazione interna, mantiene alta la spendibilità sul mercato dei lavoratori e offre garanzie ai datori di lavoro (Tolbert, 1996).

I confini settoriali (Saxenien, 1996; De Filippi e Arthur, 1996; Best e Forrant, 1996) sono determinati dal fatto che le imprese possono essere indotte ad assumere persone che hanno già lavorato nel medesimo settore, perché dispongono del know-how relativo a prodotti, clienti, fornitori, ambiente competitivo e tecnologico che li rende in grado di affrontare positivamente problemi e di sfruttare le opportunità. Il sapere legato ad uno specifico settore diventa quindi la base per la valutazione delle competenze nel mercato del lavoro esterno. Se, come nel caso della Silicon Valley (Saxenien, 1996) o della regione metalmeccanica del Massachusetts (Best e Forrant, 1996), il settore corrisponde ad uno specifico distretto industriale, allora la mobilità inter-aziendale risulta ulteriormente favorita.

I confini relazionali (Raider e Burt, 1996; Saxenien, 1996) dipendono dall'ampio uso che viene fatto dei contatti personali, sia da parte dei lavoratori che delle imprese, per superare il

problema dell'imperfezione dell'informazione che si ha in un mercato esterno. Il capitale sociale diventa il mezzo attraverso il quale i lavoratori scoprono nuove possibilità di lavoro e creano nuovi business; in questo modo il capitale sociale diventa il mezzo più potente per muoversi all'interno del mercato del lavoro. I network sono soprattutto utilizzati in mercati del lavoro caratterizzati da elevata incertezza, mentre per i lavori tecnici si preferiscono canali più formali.

Si distinguono due tipi di network: quelli professionali, che sono costituiti da colleghi, consulenti, clienti, fornitori e datori di lavoro e quelli personali, che sono costituiti da parenti ed amici. Il primo tipo di network risulta più efficace rispetto al secondo, perché solo chi ha lavorato direttamente con la persona è in grado di garantire in merito al suo valore professionale. Tolbert (1996) evidenzia come gli uomini costruiscono i loro network professionali e personali con gli uomini, mentre le donne costruiscono quelli professionali con gli uomini e quelli personali con le donne. Questa differenza è data dal fatto che i network professionali vengono tendenzialmente costruiti in termini utilitaristici, e quindi si tende a legarsi con chi ha più potere e chi può essere più utile per il proprio futuro professionale, mentre i network personali si costruiscono in base alle affinità, che sono più facilmente riscontrabili fra persone del medesimo sesso.

Dal punto di vista delle strategie di sviluppo individuale, il modello boundaryless career si basa sull’assunto che la diversificazione delle esperienze lavorative (ed extra-lavorative) e la moltiplicazione delle occasioni di apprendimento alimenti il career capital della persona (Arthur, Inkson e Pringle, 1999), aumentando di conseguenza le sue possibilità occupazionali. Questo capitale, costituito dall’insieme di conoscenze, competenze e relazioni che la persona acquisisce e aggiorna costantemente durante il suo passaggio attraverso diverse esperienze di lavoro, rappresenta la chiave per gestire la propria mobilità professionale e accedere alle posizioni lavorative desiderate. La mobilità è quindi centrale nell’approccio boundaryless alla carriera. Questo modello si basa infatti su un’idea di mobilità che genera apprendimento e alimenta il capitale umano della persona, opponendosi al concetto di mobilità comunemente intesa come precarietà e perdita della sicurezza del posto di lavoro.

Una delle caratteristiche del contesto professionale appena descritto diventa la capacità di riconoscere la natura mutevole del proprio lavoro in relazione alle esigenze espresse dal mercato: le mutevoli necessità impongono infatti forti capacità di adattamento basate sull’idea di resilienza di carriera. Collard ed altri (1996) la definiscono come "l'abilità di adattarsi al cambiamento delle circostanze, anche quando queste stanno scoraggiando o sono dirompenti". Già da questa definizione è però possibile cogliere uno dei punti cruciali del discorso: la differenza tra resilienza di carriera e fiducia in sé stessi come dimensione dell’autonomia dei professionisti nelle organizzazioni. La fiducia in sé si riferisce infatti all'autogestione della propria carriera individuale

prendendosi in carico la responsabilità per l’avanzamento gerarchico nel rispetto del mantenimento del successo organizzativo. La resilienza si riferisce invece ad sviluppo mediato nell’organizzazione rispetto agli sviluppi di conoscenza e di abilità richieste all'organizzazione dai suoi clienti interni ed esterni.

Alla base di questo modello, è chiaro, sta un abbattimento massiccio di ogni eventuale asimmetria informativa tra organizzazione e professionista. Questa prospettiva offre due sfide: conoscersi e conoscere a fondo l’organizzazione. Secondo Koonce (1995) i professionisti devono avere una conoscenza approfondita delle proprie abilità, della loro spendibilità sul mercato del lavoro e delle opportunità di crescita per tenerle in condizione di essere costantemente all'avanguardia. Il professionista deve però essere anche a conoscenza di tutti gli aspetti della propria organizzazione, dei ruoli nuovi che possono rappresentare una opportunità e delle esigenze che questa esprime rispetto ai suoi ambiti di dominio professionale. Individui che hanno un’alta resilienza professionale offrono alla propria organizzazione abilità e conoscenza allineate al business, un lavoro dedicato all’accrescimento continuo della propria cultura e la finalizzazione all’eccellenza personale attraverso un atteggiamento focalizzato ma flessibile che permette una prestazione solida a supporto di mete organizzative (Collard ed altri 1996).

Si possono individuare diverse tipologie di movimento non verticale che le organizzazioni possono offrire ai loro lavoratori (Kaye and Farren, 1996):

Lateral movement che implica un cambiamento di lavoro, ma non necessariamente un

cambiamento nel profitto, nello status, o nel livello di responsabilità;

Growing in place o job enrichment che si prefigge l’obiettivo di stimolare l’interesse

delle persone nel proprio lavoro. Questo sistema può essere un’opzione rilevante per quei lavoratori che non vogliono lasciare la loro posizione corrente all’interno dell’organizzazione dando ad essi la possibilità di espandere le proprie responsabilità per ottenere nuove competenze;

Temporary movement che offre alle persone la possibilità di capire ciò a cui sono più

portate e ciò può essere rilevante per coloro che sono interessati a cambiamenti nel corso della loro carriera.

Esistono, tuttavia, una serie di modelli di riferimento.

Esplorazione: un periodo destinato all’analisi di se stessi e allo studio delle differenti opzioni di carriera che si possono prospettare;

Costituzione: periodo di impiego nella azienda/posizione scelta;

Manutenzione: periodo di mantenimento della posizione acquisita e delle abilità correlate;

Disimpegno: fase in cui ci si avvicina al ritiro dalla posizione fino ad allora ricoperta.

Levinson (1978) propone un modello di cambiamento basato invece sull’età. Egli sostiene che la vita di un individuo è caratterizzata dalla continua alternanza di:

periodi di stabilità, durante i quali si raggiungono traguardi e si sviluppano nuove abilità permettendo all’individuo di focalizzarsi su problemi non lavorativi, sviluppare nuove capacità lavorative e prepararsi mentalmente per il periodo di transizione;

periodi di transizione, durante i quali invece i risultati e le attività svolte vengono rivalutate permettendo il cambiamento identificato e desiderato.

Zhou e Chen (2007) categorizzano la carriera di coloro che lavorano nei settori della conoscenza attraverso 4 periodi, definiti come “running-in”, “growing”, “maturity”, “stability”. Il framework concettuale di tale modello consiste nell’assunto che coloro che lavorano nei settori della conoscenza attraversano differenti fasi/necessità nel corso della loro carriera e non possono, a ragion di ciò, essere considerati seguendo una prospettiva statica. Inoltre, la proposta interessante di tale modello consiste nell’indirizzare, per ogni periodo rilevato, politiche di gestione specifiche verso i lavoratori della conoscenza al fine di limitare il loro abbandono volontario.

Dominant needs model of knowledge workers’ career.

Fonte: Zhou, Chen, 200 7

Ai quattro periodi sono associati, come raffigurato nel modello di riproposto, un arco temporale e la primaria necessità dei lavoratori della conoscenza durante la fase descritta nonché i principali motivi di abbandono dovuta ad una non appropriata gestione:

il primo periodo (running-in): comprende i primi 5 anni ossia l’entrata/primo passo del lavoratore della conoscenza nel campo professionale. In questa fase essi ripongono forti speranze nella propria carriera. Il bisogno dominante consiste nello scegliere una società promettente che possa soddisfare nel tempo i propri obiettivi professionali;

il secondo periodo (growing): comprende l’arco temporale dai 5 ai 10 anni. I bisogni dominanti sono: compensation ragionevole, opportunità di formazione, spazio per la futura crescita di carriera;

il terzo periodo (maturity): comprende l’arco temporale dai 10 ai 20 anni. I bisogni dominanti sono: maggiore flessibilità e miglior match tra stile manageriale e stile di lavoro;

il quarto periodo (stabilization): comprende gli ultimi 20 anni. Il bisogno dominante consiste nel rendere il loro lavoro più produttivo.