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Capitolo 2 Società ed economia della conoscenza

2.2 Spie per l’osservazione

In questo complesso sistema che lega economia, lavoro e società diventa utile trovare alcune “spie”, alcuni elementi distintivi, capaci di aiutare nell’orientamento per l’osservazione. Non si tratta tuttavia di un cimento di natura squisitamente scientifica: l’avere dei punti di riferimento qualifica infatti l’osservazione stessa aiutando a definire il contorno e la natura dell’approccio d’analisi.

Alcune delle “spie” che ci paiono essere maggiormente significative sono:

Cresce il numero di laureati

Un’indagine dell’OCSE (OCSE, 2007) ha verificato come cresca il numero dei laureati in Europa: nel 2007 il 30% delle persone di età compresa tra i 25 e i 34 anni era in possesso di un diploma di istruzione superiore, contro il 25% dei soggetti con 35-44 anni e il 19% di quelli tra i 45 e i 64 anni. Fra le giovani generazioni, la percentuale dei laureati è più elevata a Cipro (47%), Irlanda (44%) e Francia (42%), mentre quella più bassa si registra nella Repubblica Ceca (16%), in Romania (17%), Slovacchia (18%), Italia e Austria (19%). Negli ultimi anni la quota di laureati è inoltre cresciuta maggiormente fra le donne rispetto agli uomini. L’indagine verifica inoltre la mobilità degli studenti: nel 2006 gli studenti presenti in un paese diverso dal proprio erano il 7,5%, contro il 5,3% del 2000. La quota di studenti stranieri era superiore al 10% nel Regno Unito, in Austria, Francia, Belgio, Germania e Svezia; era inferiore all’1% in Polonia, Lituania e Slovacchia. Dal 1995, inoltre, nei Paesi OCSE, con dati confrontabili, il tasso di diplomati di scuola secondaria superiore è aumentato in media del 7%. In 21 su 24 Paesi OCSE esso supera il 70% mentre in Finlandia, Germania, Grecia, Irlanda, Giappone, Corea e Norvegia, è maggiore o uguale del 90%. Questi dati parrebbero indicare come il livello e la qualità del capitale umano impiegato dalle imprese sia quindi destinato, per motivi strutturali, ad aumentare a diretto vantaggio della competitività e delle dinamiche di crescita dimensionale. Tuttavia così non è: l’Italia, ad esempio, ha accumulato un deficit di forza lavoro in possesso di titoli di istruzione universitaria rispetto agli altri paesi dell’OCSE soprattutto nei settori legati alla manifattura. Alle tematiche di scolarizzazione vanno quindi necessariamente collegate altre questioni

connesse, ad esempio, alle strategie specifiche di reclutamento adottate dalle imprese, alle dimensioni delle imprese ed alle loro specializzazione, alle politiche di sostegno alle famiglie finalizzate all’istruzione dei figli.

Percentuale di popolazione con età compresa tra il 25 ed i 64 anni con un’istruzione superiore. Elaborazione di DG Research su dati Eurostat; [1] LT: 2001

Fonte: European Commission (2007),A more research-intensive and integrated European Research Area. Science, Technology and Competitiveness key figures report 2008/2009, pag. 56.

Crescono gli investimenti in Ricerca e Sviluppo e l’attività scientifica e brevettuale Oltre al numero di laureati, gli investimenti in Ricerca e Sviluppo sono spesso utilizzati come indice di innovazione potenziale di un’impresa, di un’intera industria, di un paese. Purtroppo si rischia di sottostimare il fenomeno dal momento che in molte imprese, specie se di piccole dimensioni, la ricerca è portata avanti in maniera non formalizzata.

Nel 2007 gli investimenti mondiali in Ricerca e Sviluppo sono aumentati del 7% rispetto all’anno precedente ed hanno raggiunto un massimo storico assoluto, superando, per la prima volta, la soglia dei 1.100 miliardi di dollari3. Il mondo investe in Ricerca scientifica e Sviluppo tecnologico il 2,1% della ricchezza che produce e nel contempo crescono gli

scambi in beni ad alto valore di conoscenza aggiunta e l’alta tecnologia rappresenta il settore più dinamico dell’economia mondiale.

Dal 2006 la Cina – che da anni vede crescere la spesa in Ricerca e Sviluppo a un ritmo superiore al 20% annuo – ha superato il Giappone ed è ormai seconda, dopo gli Stati Uniti, nella classifica dei paesi che investono di più in Ricerca e Sviluppo. L’India ha superato la Gran Bretagna e in quella medesima classifica risulta sesta. Il Brasile investe in Ricerca e Sviluppo più dell’Italia o della Spagna. La Corea del Sud più dell’Italia e della Spagna insieme. Dal 2006 l’Asia ha superato per la prima volta il Nord America ed è diventata l’area continentale che spende di più in ricerca scientifica e sviluppo tecnologico (Global R&D, 2007).

Che le aziende stiano incrementando i loro investimenti nel settore della Ricerca e Sviluppo è quindi un dato oramai abbastanza consolidato. In particolare, dal quadro di valutazione degli investimenti industriali europei nella Ricerca e Sviluppo (European Commission 2008b), emerge come nel 2007-2008 gli investimenti Ue siano cresciuti dell'8,8%, superando per la prima volta l'incremento degli investimenti americani e giapponesi. La prima azienda europea che compare nella lista è Nokia, che si aggiudica il quinto posto con un investimento nella Ricerca e Sviluppo di 5,28 Mld di euro. Le uniche altre aziende europee classificate tra i primi dieci sono le tedesche Volkswagen e Daimler. Le prime tre classificate sono aziende americane (Microsoft, General Motors e Pfizer) e tra le prime 50 troviamo 18 aziende Ue, rispetto alle 20 americane e 9 giapponesi. I settori maggiormente interessati dagli investimenti sono quello farmaceutico e delle biotecnologie costituendo il 19% degli investimenti complessivi nella Ricerca e Sviluppo da parte delle aziende. Altro settore chiave è quello dell'energia, dove sono le aziende impegnate nelle forme di energia alternative a mostrare i tassi di crescita più alti.

Il trend è inoltre in crescita come dimostra l’andamento del rapporto tra investimenti in

assets tangibili (macchine, costruzioni) ed assets intangibili (R&S, software, progettazione e

sviluppo, capitale umano e organizzativo) ed, anche, il numero di domande di brevetto depositate. È stata inoltre smentita l’idea per la quale nel moderno mercato globalizzato le imprese potevano scegliere se produrre Ricerca e Sviluppo all’interno oppure avvantaggiarsi degli spillover di conoscenza delle imprese rivali. Già da Cohen e Levinthal (1990) è infatti chiaro come un’impresa, per potersi avantaggiare degli spillover di conoscenza prodotti da altre imprese, deve comunque investire in Ricerca e Sviluppo interna al fine di rendere l’impresa più sensibile ai cambiamenti tecnologici e, quindi, più veloce nell’approfittare degli spillover di conoscenza generata in altri contesti ed in altre organizzazioni.

Rapporto tra investimenti in assets tangibili (macchine, costruzioni) ed assets intangibili (Ricerca e Sviluppo, software, progettazione e sviluppo, capitale umano e

organizzativo).

Fonte: HMT Economic Working Paper No.1, October 2007

Pubblicazioni scientifiche mondiali tra il 2000 e il 2006 (valori percentuali). Elaborazione di DG Research su dati Thomson Scientific/CWTS, Leiden University.

Fonte: European Commission (2007), A more research-intensive and integrated European Research Area. Science, Technology and Competitiveness. Key figures report 2008/2009, pag. 62.

Domande di brevetto presentate rispettando il PCT (Patent Cooperation Treaty) per paese di residenza dell'inventore e tipologia per il 2000 e il 2005 (valori assoluti e percentuali).

Elaborazione di DG Research su dati OECD.

Fonte: European Commission (2007),A more research-intensive and integrated European Research Area. Science, Technology and Competitiveness key figures report 2008/2009, pag. 68.

Cresce la produzione di ricchezza nei settori della conoscenza

L’economia della conoscenza descrive un processo mediante il quale la competitività economica e le prestazioni delle organizzazioni e delle imprese sono sempre più determinate, come argomentato in precedenza, dal loro investimento nella “knowledge

based” o “intangibile assets”. Questi rappresentano alcuni tra i vari assets che stanno

sempre più diventando fattori strategici per la creazione di valore delle imprese.

Tale sviluppo è associato ad un cambiamento che possiamo definire strutturale: dalla

traditional scale-based manufacturing verso attività maggiormente innovative e intense.

(OECD, 2008).

Secondo la definizione OECD i Knowledge Based Services includono:

o settori del manifatturiero high tech (come farmaceutico, aerospaziale, elettronico e dei computers);

o settori del medio manifatturiero (macchine, chimica, ingegneristica); o servizi finanziari;

o telecomunicazioni e alcuni servizi internazionali di viaggio;

o servizi di business e dell’high tech (come i servizi di computer, Ricerca e Sviluppo, design, contabilità, legale, pubblicità, servizi di consulenza e formazione);

o servizi legati alla salute e all’istruzione;

o servizi creativi, ricreativi e culturali (media, arti e videogames).

Il grafico raffigura l’incremento delle industrie dei servizi basate sulla conoscenza, durante l’arco temporale tra il 1970 e il 2005, rispetto sia al settore manifatturiero che ad altri servizi.

Crescita delle industrie di servizi basate sulla conoscenza per il periodo 1970-2005 per Eu-15. Elaborazione di The Work Foundation su dati EU KLEMS database.

Nell’economia europea l’importanza del settore dei servizi continua ad aumentare al contrario di quella del settore manifatturiero che decresce. I servizi contano per il 72% del totale del valore aggiunto dell’Eu-274 nel 2005 e per il 67% del totale dell’occupazione nel 2006, al contrario, dell’industria manifatturiera responsabile del 17% del valore aggiunto dell’Eu-27 e del 18% dell’occupazione di tutti i lavoratori. (European Commission, 2008a p.76).

All’interno dell’industria manifatturiera, il settore medium-tech continua ad essere il più vasto settore da un punto di vista del valore aggiunto e dell’occupazione. Sempre con riferimento alla situazione dell’Europa, l’industria medium-tech, tra il 2000 e il 2005, ha registrato un ulteriore aumento di valore aggiunto mentre il valore dell’industria high-tech è leggermente diminuito.

Nello stesso periodo, la decrescita del settore high-tech è stata più pronunciata per il Giappone e gli Stati Uniti. Tuttavia, la quota di imprese high-tech, sul totale dell’industria manifatturiera, rimane significativamente inferiore in Europa rispetto al Giappone a agli Stati Uniti. La quota dei servizi high-tech ad alta intensità di conoscenza è stata relativamente stabile in molti paesi nel periodo 2000 e 2005.

Possiamo quindi riassumere i principali risultati emersi dall’ultimo rapporto della Commissione Europea su Scienza, Tecnologia e Innovazione (European Commission, 2008a):

o tra il 2000 e il 2005 l’industria medium tech ha aumentato la sua quota di valore aggiunto nell’Eu-27, negli Stati Uniti e nel Giappone;

o la dimensione dell’industria high-tech, in rapporto alle altre industrie manifatturiere, è ancora significativamente inferiore in Europa rispetto agli Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud.

o la quota dei servizi “knowledge intensive high-tech” (che includono poste e telecomunicazioni, informatica e attività connesse, Ricerca e Sviluppo) sul totale dei servizi nazionali, è ancora relativamente simile e stabile nell’Europa, Giappone e Stati Uniti. Questo settore costituisce un indicatore della generale intensità di conoscenza di una economica;

o due terzi di tutti i lavoratori sono impiegati nei servizi. Nel 2006 i lavoratori dell’Eu-27 impiegati nel settore manifatturiero costituiscono il 18,6% al contrario del 66 % dei lavoratori impiegati nei servizi

4 Eu 27 comprende: Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Ungheria.

‘High-tech value added’ (come percentuale sul totale del valore aggiunto nel settore della manifattura)5.

Elaborazione di DG Research su dati EU KLEMS database, OECD.

Fonte: European Commission (2007),A more research-intensive and integrated European Research Area. Science, Technology and Competitiveness key figures report 2008/2009, pag. 80.

Ci sembrerebbe tuttavia troppo affrettato concludere che il manifatturiero non rappresenti un settore di crescita o una fonte di nuova occupazione (The Work Foundation, 2009). Questo perché:

il calo del manifatturiero è in parte attribuito alla competizione oltremare;

l’aumento dei servizi knowledge based è in parte guidato dal settore manifatturiero; il settore manifatturiero si sta ristrutturando verso nuovi modelli di business basati su

grandi investimenti in attività basate sulla conoscenza (knowledge based assets).

Crediamo invece che si tenda a sottostimare il contributo del settore manifatturiero come fonte di prosperità del futuro economico non solo per quanto riguarda la produzione fisica e gli investimenti in beni materiali, ma anche per quanto riguarda la produzione immateriale e gli investimenti in capitale intangibile.

5 I dati di Bulgaria, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Austria, Portogallo, Romania, Slovacchia non sono compresi nell’aggregato EU-27.

Valore aggiunto dei “knowledge intensive high tech services” come percentuale sul totale del valore aggiunto nei servizi nazionali, 2000-20056.

Elaborazione di DG Research su dati EU KLEMS database, OECD.

Fonte: European Commission (2007),A more research-intensive and integrated European Research Area. Science, Technology and Competitiveness key figures report 2008/2009, pag. 81.

Occupazione in quota percentuale nel 2006 (valori percentuali). Elaborazione di Dg Research su dati Eurostat.

Fonte: European Commission (2007),A more research-intensive and integrated European Research Area. Science, Technology and Competitiveness key figures report 2008/2009, pag. 84.

6 I dati di Bulgaria, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Austria, Portogallo, Romania, Slovacchia non sono compresi nell’aggregato EU-27.