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Una questione di categorie

2.3 Oltre il sesso

Ispirato dall’analisi di Wittig dell’eterosessualità come regime politico, dalle ricerche di Foucault sui dispositivi moderni di sessualità, dalle analisi di Butler sul carattere performativo dell’identità e dalle politiche cyborg di Haraway, Paul B. Preciado scrive nel 2002 il suo provocatorio Manifiesto contrasexual18, nel quale riflette sulla costruzione sociale e politica del genere e del sesso e sulle modalità di soggettivazione e identità a essa connesse. La contrasessualità è una strategia di resistenza al dominio eterosociale, è un sistema post-identitario che supera il binomio sesso/genere:

Countersexuality is not the creation of a new nature but rather the end of nature as an order that legitimizes the subjection of some bodies to others. First, countersexuality is a critical analysis of gender and sexual difference, the product of the heterocentric social contract, the normative performativities of which have been inscribed onto our bodies as biological truths. Second, countersexuality aims to replace this social contract we refer to as “nature” with a countersexual contract. Within the framework of the countersexual contract, bodies recognize themselves and others not as men or women but as living bodies. (Preciado, 2002, p. 20)

La contrasessualità presuppone che non solo il genere, ma anche la sessualità e gli organi sessuali debbano essere intesi come complesse tecnologie biopolitiche:

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The sex organs are not an exact biological place, nor is sex a natural impulse. They are a technology of heterosocial domination that reduces the living body to erogenous zones according to an asymmetrical power distribution between the (feminine/masculine) genders, matching certain affections with particular organs, certain sensations or affects with particular anatomical reactions. (Preciado, 2002, p. 24)

Secondo Preciado – filosofo trans che ha fatto del proprio corpo un ambito di sperimentazione e riflessione – la natura umana occidentale è un prodotto della tecnologia sociale che riproduce l’equazione “natura=eterosessualità” sui corpi, sulle architetture e nei discorsi. Il sistema eterosessuale è un regime epistemico e un apparato sociale che produce la femminilità e la maschilità e opera dividendo e frammentando il corpo: «it cuts out organs and generates zones of high sense and motor intensity (visual, tactile, olfactory), which it afterward identifies as natural and anatomic centers of sexual difference» (Preciado, 2002, p. 24). Gli organi sessuali in quanto tali – scrive Preciado – non esistono. Gli organi che riconosciamo come naturalmente sessuali sono già un prodotto di una sofisticata tecnologia che stabilisce il contesto nel quale gli organi acquisiscono il loro significato (le relazioni sessuali) e sono correttamente utilizzati in conformità alla loro “natura” (relazioni eterosessuali). Il binarismo sessuale e l’estetica della differenza sessuale sono solo categorie storiche, «cognitive and political maps that frame and limit, normalize and hierarchize the proliferating form of our desire» (Preciado, 2002, p. 12).

Preciado segue la linea di quel femminismo che sostiene la necessità di ripensare lo stesso concetto di natura, «for the concept of nature has a history, and the figuring of nature as the blank and lifeless page, as that which is, as it were, always already dead, is decidedly modern, linked perhaps to the emergence of technological means of domination» (Butler, 1993a, p. 4). Se la radicale distinzione tra sesso e genere è stata cruciale per segnalare l’esistenza di alcuni falsi assoluti e relativizzarli, già a partire dalla fine degli anni Ottanta questa distinzione diventa oggetto di critiche, che fanno emergere ulteriormente il nesso che lega pratiche discorsive e pratiche di potere:

the concept of “sex” is itself troubled terrain, formed through a series of contestations over what ought to be decisive criterion for distinguishing between the two sexes; the concept of sex has a history that is covered over by the figure of the site or surface of inscription. (Butler, 1993a, p. 5)

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Linda Nicholson definisce la distinzione tra sesso e genere dominante nella maggior parte dei paesi industrializzati al momento dell’emergere della seconda ondata di femminismo (distinzione che caratterizza spesso tutt’ora l’analisi del rapporto fra corpo e società) fondazionalismo biologico. A differenza del determinismo biologico, che postula un’identità tra manifestazioni biologiche e manifestazioni sociali, il fondamentalismo biologico, secondo la definizione di Nicholson, postula invece una fissità a livello biologico e una variabilità a livello sociale e culturale costantemente vincolata al livello sottostante. Nicholson esplica questa visione con la metafora dell’«attaccapanni»:

All those positions I am labeling biological foundationalist assume that there exists a common biological rack that all societies must respond to in some way or other in elaborating the distinction between male and female. If one were a strict biological determinist, the rack alone would constitute this distinction. But given that all biological foundationalists are social constructionists in some form or another, all assume some social reaction to the rack as partly constitutive of the male/female distinction. But there are various ways of conceptualizing such reactions or conceptualizing "what gets thrown upon the rack”. One could think of what is thrown upon the rack as significantly similar across most societies as a direct response to the givens of the rack. Alternatively, one could think of what is thrown upon the rack as mostly different in different cultures, with what is shared representing only a minimal common response to the givens of the rack. Finally, of course, one could give up the idea of the rack altogether. Here biology, rather than being construed as that which all societies share in common, would be viewed as a culturally specific set of ideas that might or might not be translatable into somewhat related ideas in other societies, but even when translatable could not be assumed to shape in cross-culturally similar ways each society's understanding of the male/female distinction. (Nicholson, 1994, pp. 89-90)

Il sesso viene discorsivamente presentato come natura, come ciò che precede, caratterizza e determina il soggetto ancor prima che il soggetto impari a dirsi tale. Tuttavia anch’esso, come il genere, non è un dato fisso, immutabile, astorico. Le interpretazioni che varie epoche e varie culture hanno dato a questo “fatto di natura” ci invitano a ipotizzare che quel che chiamiamo natura non sia altro che una mutevole, flessibile impalcatura culturale.

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Thomas Laqueur, nel suo studio della letteratura medica sul corpo «from the Greeks to Freud» (Laqueur, 1990), dimostra come il corpo sia «so hopelessly bound to its cultural meaning […] to elude unmediated access» (Laqueur, 1990, p. 12). Laqueur identifica un cambiamento significativo nel XVIII secolo da una visione del corpo “monosessuale” a una “bisessuale”. Da Aristotele alla fine del XVIII secolo, in realtà, di sesso ne esisteva uno solo, quello maschile, e le donne ne partecipavano da una posizione di lieve inferiorità, di minor grado. La storia medica e giuridica premoderna parla di un sesso con manifestazioni inferiori e superiori «along a vertical axis of infinite gradations» (Laqueur, 1990, p. 148) fino all’avvento del nuovo paradigma, quando il corpo femminile, da corpo “naturalmente” inferiore e sottosviluppato quale era stato fino al 1700, diventa «an altogether different creature along a horizontal axis whose middle ground was largely empty» (Laqueur, 1990, p. 148), cioè un corpo la cui incommensurabilità e differenza viene per la prima volta sancita dalla medicina e da una nuova interpretazione delle morfologie e degli apparati riproduttivi. Quanto più si dimostrava, tramite l’osservazione della struttura genitale e riproduttiva, che il corpo femminile non era rappresentabile su un asse maschile, tanto più risultava scientificamente fondata la pretesa maschile che la donna si occupasse, con tutti i diritti e i riconoscimenti del caso, del focolare domestico, della cura e dell’allevamento dei figli (Laqueur, 1990). In altri termini, la nuova concezione biologica dei sessi si inscriveva a pieno nell’emergente ordine sociale di genere della modernità borghese e segnava al contempo il trionfo di un nuovo procedimento di spiegazione della realtà sociale e individuale: quello che assegnava alla scienza medica il compito di rintracciare le leggi della biologia nel funzionamento misterioso della natura umana. Per dirla con le parole di Laqueur: «distinct sexual anatomy was adduced to support or deny all manner of claims in a variety of specific social, economic, political, cultural, or erotic contexts» (Laqueur, 1990, p. 152). L'analisi di Laqueur dimostra come «powerful prior notions of difference or sameness determine what one sees and reports about the body» (Laqueur, 1990, p. 21):

The fact that the giants of Renaissance anatomy persisted in seeing the vagina as an internal version of the penis suggests that almost any sign of difference is dependent on an underlying theory of, or context for, deciding what counts and what does not count as evidence. (Laqueur, 1990, p. 21)

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Nei termini della tradizione millenaria della medicina occidentale – fa notare Laqueur – i genitali sono diventati il marchio dell’opposizione sessuale solo “la scorsa settimana”: «much of the evidence suggests that the relationship between an organ as sign and the body that supposedly gives it currency is arbitrary, as indeed is the relationship between signs» (Laqueur, 1990, p. 22). Nella visione precedente, la vagina e la cervice femminile non erano considerati organi distinti dal pene maschile: piuttosto, nel loro complesso, costituivano una versione meno sviluppata dello stesso. Allo stesso modo, la mestruazione descriveva un processo legato alla tendenza generale dei corpi umani di liberarsi di un eccesso di nutrimenti attraverso il sanguinamento – meno comune negli uomini, considerati esseri più “freddi”. L’orifizio da cui il sangue scaturiva, paradossalmente, non era percepito come rilevante (Laqueur, 1990).

Un’altra manifestazione della nuova visione bisessuale è la delegittimazione del concetto di ermafroditismo: come nota Foucault, durante il XVIII secolo, l’ermafrodita dei secoli precedenti diventa un “psudo-ermafrodita” la cui “vera” identità sessuale richiedeva solo una diagnosi più esperta:

Biological theories of sexuality, juridical conceptions of the individual, forms of administrative control in modern nations, led little by little to rejecting the idea of a mixture of the two sexes in a single body, and consequently to limiting the free choice of indeterminate individuals. Henceforth, everybody was to have one and only one sex. Everybody was to have his or her primary, profound, determined and determining sexual identity; as for the elements of the other sex that might appear, they could only be accidental, superficial, or even quite simply illusory. From the medical point of view, this meant that when confronted with a hermaphrodite, the doctor was no longer concerned with recognizing the presence of the two sexes, juxtaposed or intermingled, or with knowing which of the two prevailed over the other, but rather with deciphering the true sex that was hidden beneath ambiguous appearances. (Foucault, 1980a, vii)

Analisi storiche come quelle di Foucault e Laqueur dimostrano che queste diverse letture dei dati naturali non derivano da cambiamenti scientifici quanto da rivoluzioni epistemologiche e socio-politiche. Questioni come quella del “sesso”, che sembrano possedere una salda connotazione biologica, non si sottraggono di fatto a un orizzonte di pratiche e manipolazioni sociali. Che un soggetto sia biologicamente definito come

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maschile o femminile non è un dato biologico naturale, ma è l’interpretazione che scienze come medicina e biologia hanno dato. Come scrive Maria Nadotti, è «inutile affermare l’evidenza biologica della differenza sessuale, poiché essa resta muta e disattivata, fino a quando un sistema di significati esterno al corpo non ve la iscrive» (Nadotti, 1996). La categoria di sesso, che si vorrebbe puramente descrittiva, si rivela così surrettiziamente normativa, esprimendosi tramite una selezione preconcetta dei fatti “autoevidenti”: come dimostrano le posizioni conservatrici che difendono le tradizionali relazioni sociali tra uomini e donne la proposizione “così è secondo natura” diventa “così deve essere secondo natura”. Questo risulta lampante, ad esempio, dalla definizione di “sesso” che riporta la SIPSIS (Società Italiana di Psicoterapia per lo Studio delle Identità Sessuali) nella sua guida del 2015:

Per sesso si intende il corpo sessuato, determinato dall’insieme dei caratteri fisici e biologici specifici che, all’interno di una stessa specie, contraddistinguono maschi e femmine, in quanto diversamente preposti alla

funzione riproduttiva. (Ferrari, Ragaglia, Rigliano, 2015, corsivo mio)

I due sessi, dunque, sembrano esistere solo in virtù della loro possibilità riproduttiva: una possibilità che entrambi i sessi hanno solo in una fase della loro esistenza, e oltretutto in presenza di determinate condizioni fisiche (e una volontà) senza le quali molti di loro risultano, in realtà, inabili (o non disposti) a concepire. Inoltre, la definizione di sesso come complementarietà dei corpi nel coito eterosessuale che ancora si trova nella guida SIPSIS è responsabile degli interventi chirurgici praticati, a partire dagli anni Cinquanta, sui genitali dei bambini intersessuali19, per renderli atti all’unica pratica sessuale ritenuta “normale”. La stessa definizione è responsabile del trattamento giuridico che è stato riservato in Italia alle persone transgender20 fino al 2015: il cambio di sesso anagrafico veniva concesso dai tribunali soltanto a condizione che la persona interessata si sottoponesse a un intervento di chirurgia genitale, dimostrando come i significati che pretendiamo biologici possano essere

19 “Intersessualità” è un termine usato per descrivere quelle persone i cui cromosomi sessuali, i

genitali e/o i caratteri sessuali secondari non sono definibili come esclusivamente maschili o femminili. Un individuo intersessuale può presentare caratteristiche anatomo-fisiologiche sia maschili sia femminili.

20 Si definiscono transgender quelle persone che rivendicano un'identità di genere diversa dal sesso

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assunti anche da genitali artificiali. Nel 2015 due importanti sentenze della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale hanno finalmente stabilito che tali interventi non sono necessari. E ancor più di recente, nel febbraio 2017, una risoluzione del Parlamento europeo ha condannato gli interventi di mutilazione genitale sui bambini intersessuali. L’intersessualismo, al pari del transgenderismo, vale come cartina tornasole per comprendere la violenza insita in quella che Preciado definisce una «heteronormative and colonial epistemology of the body, a binary anatomical cartography» al di fuori della quale «there are only pathology and disability» (Preciado, 2002, p. 5).