punto di partenza per un tentativo definitorio.
1.8 Ostacoli al libero flusso delle informazion
L’attuazione del principio del “free flow of information”rischia di essere fortemente compromesso dall’esistenza di alcune limitazioni aventi ad oggetto l’accesso ad Internet.
Detto diversamente, premettendo che l’accesso ad Internet rappresenta il veicolo attraverso cui l’utente si avvicina al mare magnum di dati, materiali e informazioni, ogni sua limitazione, vuoi che sia imposta da autorità, pubbliche o private, vuoi che dipenda da realtà fattuali, finisce inevitabilmente per avere un impatto negativo sull’auspicata libertà di comunicare, ricevere e diffondere, trasformandola così in un mito avveniristico, in una utopia, piuttosto che in realtà.
Da tale punto di vista possono essere identificate e analizzate alcune limitazioni dell’accesso a internet. Tali barriere devono essere ricondotte a tre fonti principali:
a. il cosiddetto digital divide;
b. il potere di gestione della rete esercitato da parte dei privati;
c. le politiche di limitazione dell’accesso a Internet perseguite dagli Stati.
Per ciò che riguarda il digital divide, seppur la nozione presenti notevoli criticità anche sotto il più rilevante profilo definitorio che ne rendono ancor
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più difficoltoso l’approccio, esso può essere sintetizzato come una situazione di divisione o segregazione, rilevabile a livello macro e micro sociale, tra coloro i quali sono in possesso del patrimonio di conoscenze e delle dotazioni tecnologiche per poter partecipare alla società dell’informazione e quanti viceversa, a causa di fattori di vario tipo, ne restano esclusi53. La nozione pertanto indica una forma di disuguaglianza che riguarda l’accesso alle nuove tecnologie di comunicazione, e in particolare ad Internet54.
Consentire l’accesso ad Internet, infatti, significa anzitutto porre l’utente nelle condizioni di conoscenza necessarie e sufficienti all’utilizzo delle Rete. Come è stato messo in evidenza dalla dottrina, sia l’indagine domestica sia l’indagine globale mostrano quanto sia profondo il tasso di disuguaglianza “culturale” nella possibilità di accedere alla Rete.
E infatti, da un lato risultano penalizzate le fasce di popolazione socialmente svantaggiate e quelle di età avanzata, dall’altro lato, in ottica globale, si registra un’evidente disparità tra i Paesi maggiormente sviluppati e quelli in via di sviluppo e non sviluppati.
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L. Nannipieri, La dimensione costituzionale del digital divide. In particolare, gli ostacoli
cognitivi alla proiezione dell’individuo nello spazio virtuale, in Internet e costituzione , Atti
del Convegno Pisa, 21-22 novembre 2013, cit. p. 189 ss.
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Così L. Sartori , Il digital divide, il Mulino, Bologna, 2006, p. 7. Non c’è univocità nella definizione di “divario digitale”. “Il rischio principale di un’ottica polare nell’analisi del digital divide è dunque quello di un’eccessiva semplificazione: da un lato, la distinzione tra haves e have-nots non tiene conto dei diversi gradi di accesso e, dall’altro, è facile che per seguirne il mutamento si perda di vista il significato originario del termine, guardando di più alla velocità di connessione che non al nodo base dell’accesso. Ibidem, 19. In sociologia, peraltro, si propone una visione che vada oltre al digital divide, riconoscendo “che la disuguaglianza nell’accesso è importante perché si riflette su tutte le altre rinforzandole. Riconoscere tale rilevanza significa, in realtà, collocare la dimensione dell’accesso in un contesto teorico più ampio di quello che ha accompagnato il classico approccio al modello del digital
divide”. Così S. Bentivegna, Disuguaglianze digitali. Le nuove forme di esclusione nella società dell’informazione, Laterza, Roma-Bari, 2009, p. 11 ss.
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A ciò si aggiunga che il digital divide non è solo causato dal gap culturale e conoscitivo, ma, anzitutto, dalla diversa disponibilità, per aree sociali e per aree geografiche, delle infrastrutture di accesso alla Rete.
Strettamente connessa al digital divide è poi la questione del potere dei privati nella gestione della Rete, istituzionalmente collegata alle carenze di una governance pubblica.
La percezione delle risorse critiche di Internet come un “collo di bottiglia” da superare per l’accesso alle risorse messe a disposizione dal nuovo mezzo di comunicazione globale è alla base dell’istanza, che trova sempre sostenitori nei dibattiti e nei forum internazionali, per il superamento dell’approccio unilaterale al controllo della Rete finora mantenuto attraverso l’asse tra il governo degli Stati Uniti e l’ICCAN55
. L’internet Corporation
for Assigned names and Numbers è il più famoso ente americano,
essenzialmente privato, che disciplina Internet, il quale, pur non
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Nel 1993, infatti, il governo degli Stati Uniti aveva affidato alla società privata Network Solutions Inc. (NSI, www.networksolutions.com), sottoposta all'autorità della Internet Assigned Numbers Authority (IANA), il controllo esclusivo delle registrazioni dei domini (domain names) dei siti Internet. Successivamente, nel 1998, il Department of Commerce statunitense pubblicò il Green Paper che poneva l'obiettivo della creazione di un regime di libera concorrenza nel mercato delle registrazioni dei nomi di dominio. Tale obiettivo fu raggiunto con la creazione, nel 1999, di un Shared Registration System (SRS), fondato sull'assegnazione ad una serie di enti dell'abilitazione a concedere i domain names in modo concorrenziale; in questo modo la NSI veniva spogliata della sua autorità esclusiva. Nasceva così l'Internet Corporation for Assigned Names and Numbers (ICANN, www.icann.org), come ente di coordinamento del sistema.
L'ICANN si presenta oggi come un'associazione no-profit, composta da società private del settore delle telecomunicazioni e da altri operatori di Internet, nonché da esperti e accademici, che agisce al fine di controllare e coordinare il sistema di assegnazione dei nomi a dominio e l'allocazione degli spazi di indirizzo della rete e di stabilire i nuovi parametri del protocollo Internet.
Nella veste di coordinatore essa non si occupa direttamente della registrazione dei nomi a dominio, ma delega a tale compito degli accredited registrars, società accreditate presso l'ICANN, che hanno concluso con tale ente un Registrant Accreditation Agreement, ossia un accordo che indica le modalità di registrazione e prevede le clausole da includere nei contratti che il registrar concluderà con i richiedenti il nome a dominio (registrants). In tale modo l'ICANN si pone come unica autorità che determina le modalità per la registrazione dei domini Internet. Ulteriori sviluppi consultabili alla pagina
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controllando i contenuti profusi su Internet è, nella pratica, ritenuto una sorta di garante della libertà virtuale56. Esso unilateralmente può decidere se si debba procedere a mutamenti tecnici nella comunicazione via web e così attivare una procedura che può portare a oscurare un sito di soggetti privati o aziende. D’altronde occorre considerare che se delle regole debbano essere poste, in quanto è ormai pressoché unanimemente condiviso l’approccio che Internet sia uno spazio da regolare, esse non devono essere demandate ad organismi locali in quanto si andrebbe incontro al pericolo che a situazioni uguali vengano applicate regole diverse.
Non stupisce, infatti, che l’attenzione al rapporto intercorrente tra accessibilità e governance della Rete sia stato oggetto dell’Internet
Governance Forum (IGF), svoltosi nell'autunno 2006 ad Atene e ripromosso
nella seconda edizione nel novembre del 2007 a Rio de Janeiro, durante i quali è stato messo in evidenza come l’attuale sistema di governo e gestione delle risorse principali di Internet quali root server, indirizzi IP, nomi di dominio e altro da parte dell'organizzazione privata ICANN dovrebbe essere auspicabilmente superato in chiave di una legittimazione democratica del governo della radice57 di Internet su scala globale, attraverso il ricorso agli strumenti propri della cooperazione intergovernativa. L’ente infatti svolge una funzione di portata mondiale, ma è stato creato in ambito nazionale ed è sottoposto ad una supervisione unilaterale, donde l’opportunità di un livello di governo internazionale e la predisposizione di meccanismi di
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L. Pedullà, Accesso ad Internet, libertà religiosa informatica e buon costume, consultabile alla pagina http://riviste.unimi.it/index.php/statoechiese/article/view/2540
57 In tal senso parlasi di “radice logica”, termine con il quale si vuole indicare l’insieme
delle risorse numeriche ed alfanumeriche che, consentendo l’identificazione univoca dei terminali e delle reti interconnessi, permettono il corretto instradamento dei dati.
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partecipazione e di controllo. Facile immaginarsi che un processo di questo genere incontrerebbe le intuibili resistenze dei soggetti che fino ad oggi hanno detenuto il controllo della radice, ma verrebbe a sanare il vulnus costituito dalla assenza di una rule of law quale principio informatore delle funzioni di gestione della Rete58.
Infine, c’è poi il problema delle normative statali di limitazione dell’accesso, che in una certa misura può essere considerato alla stregua di una reazione difensiva da parte dei pubblici poteri in funzione della tutela delle libertà sulla Rete. In altre parole, la crescita dell’utilizzo del Web come strumento di comunicazione many to many ha completamente innovato la realtà delle comunicazioni, consentendo un ampliamento dello spazio entro cui è possibile commettere violazioni e reati tipicamente legati all’abuso della libertà di espressione. La mancanza di frontiere e di una stringente regolamentazione ha fatto sì che diritti assai delicati come quelli sulla privacy e sulla possibile o meno diffusione via Internet, ad es., delle intercettazioni telefoniche o dei maltrattamenti su disabili o minori, abbiano
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D. De Grazia, L’Internet Governance tra tecnica, politica e diritto, in Informatica e
diritto, Vol. XVIII, 2009, n. 1. L’autore sottolinea come “oggi l’ICANN dispone, in virtù
dell’autorità conferitale dagli atti siglati con il governo statunitense, di significativi poteri di incisione unilaterale dei diritti e delle libertà che nella rete Internet possono trovare un veicolo di espressione e di esercizio, il ricorso ai quali può essere utilizzato su scala globale come strumento di dissuasione o di repressione di comportamenti non desiderati nei confronti di individui, enti o interi Paesi, che potrebbero vedere limitata la fruibilità delle risorse di identificazione e dunque la possibilità di connettersi alla Rete e la stessa “Internet membership”. Di fronte a questo potere dai caratteri del tutto inediti, l’esigenza di un principio regolatore e di adeguate istanze di tutela, capaci di assicurare protezione contro gli abusi, appare ormai ineludibile. Obiettivi come quelli adesso tratteggiati richiederebbero che del problema del governo della Rete si sentisse pienamente investita la comunità internazionale e che al deficit di legittimazione democratica del governo della radice di Internet su scala globale si ponesse rimedio attraverso il ricorso agli strumenti propri della cooperazione intergovernativa. Un processo di questo genere incontrerebbe le intuibili resistenze dei soggetti che fino ad oggi, più o meno manifestamente, hanno detenuto il controllo della radice, ma varrebbe a sanare il vulnus costituito dalla assenza di una rule of
law quale principio informatore delle funzioni di gestione della Rete”.
In merito anche B. Carotti, L’ICANN e la governante di Internet consultabile alla pagina
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assunto proporzioni preoccupanti. Si pensi all’eclatante caso Wikileakes che ha posto dinanzi a un bivio la libertà di manifestazione del pensiero o più specificamente ha posto il quesito tra chi, in caso di conflitto, debba prevalere tra il diritto di informare, di informarsi e di essere informati, quale diritto di cercare, ricevere diffondere con qualunque mezzo di espressione59 le notizie e le idee, o il diritto alla privacy, alla riservatezza dei dati e alla loro non divulgazione pubblica.
Anche nella Rete dunque, i diritti fondamentali, possono entrare in conflitto e in tal caso la loro risoluzione non può che essere poggiata sull’applicazione del principio di ragionevolezza.
Inoltre, l’incontrollata possibilità di accesso e il poter agire in anonimato ha fatto emergere tutta una serie di fattispecie penali on line come, ad es, la pirateria informatica, la violazione della libertà religiosa e della privacy. Ciò ha portato il Consiglio d’Europa ad adottare nel 2004, la Convenzione sul Cybercrime, che elenca diversi reati informatici e impone agli Stati la previsione di adeguate sanzioni ricomprendenti anche l’inflizione del carcere. Il possibile uso illecito di Internet non può, però, portare a generiche restrizioni circa la sua utilizzabilità. L’accesso deve essere negato “chirurgicamente”60
a chi ha posto in essere l’atto illecito e giammai indiscriminatamente a generiche categorie di soggetti, posto che in tal caso si andrebbero a ledere diritti fondamentali come, solo a titolo
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Così l’art. 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo
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Già C. Esposito rilevava la possibilità di poter comprimere la libertà di
manifestazione del pensiero solo a chi si fosse macchiato di alcuni, precisi, reati, ne La
libertà di manifestazione del pensiero nell'ordinamento italiano, Giuffré, Milano, 1958,
p 36. Mutatis mutandis, detta possibilità, riteniamo possa essere estesa anche ai reati compiuti via internet a condizione che i software di gestione utilizzati dalla rete diano certezze al sistema, permettendo l'individuazione del reo da parte della polizia postale.
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esemplificativo, la manifestazione del pensiero, il diritto all’informazione e all’istruzione.
La regolamentazione delle attività su Internet, in sostanza, ai fini della prevenzione e repressione dei reati commessi attraverso la Rete, si presenta oggi come una frontiera da conquistare. Si tratta cioè di realizzare un attento e continuo bilanciamento tra l’esigenza di dare effettività ai diritti, in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia come quello auspicato dall’Unione europea e altrettanto imprescindibile esigenza di non pregiudicare la “linfa vitale della democrazia”, ovvero la libertà di espressione ai livelli notevoli cui essa, proprio tramite Internet, è arrivata in questi anni. Nell’ambito di questo bilanciamento si inserisce la generale preoccupazione, assai viva a livello internazionale , di contrastare il crimine informatico per favorire il più ampio accesso possibile ad una rete sicura, forte di strumenti capaci di impedire gli abusi di Internet e della libertà di espressione61.