Representations of historic rural landscape: retabli, cabrei and cadastre in Sardinia
R OBERTO I BBA Università di Cagliar
3. Paesaggi periurbani cagliaritan
L’effetto delle riforme sabaude non interessa solamente le zone rurali: se per tutta l’età moderna, le città, e Cagliari in particolare, hanno il loro sostentamento garantito dal sistema annonario che “deruba” le campagne per sfamare i cittadini; già dalla fine del Settecento, e per tutto l’Ottocento, la città deve uscire dalle mura alla ricerca di spazi coltivabili e produrre per il proprio fabbisogno agroalimentare [Ortu 1989, 83-87].
Rappresentazioni del paesaggio agrario storico: retabli, cabrei e catasto in Sardegna
ROBERTO IBBA
Il castello di Cagliari, fondato dai pisani nel primo ventennio del XIII secolo su uno dei colli che si affacciano sul golfo, diventa il centro della nuova città dopo la definitiva distruzione della capitale giudicale di Santa Igia (1258). Già nella seconda metà del Duecento la città si completa con altri due quartieri: Stampace e Villanova, collegati alla zona portuale di Bagnaria (poi Lapola e infine La Marina). La forma simbolica dell’aquila è voluta dai suoi fondatori, pisani e ghibellini, per legarla all’impero, così come sono simboliche le figure che svettano sulle torri a difesa della città: l’aquila, il leone e l’elefante [Cadinu 2009, 37- 48]. Costretta dentro le mura e circondata dagli stagni e dalle saline, Cagliari nell’età moderna utilizza poco lo spazio agrario intorno alla città. La stampa pubblicata da Münster e realizzata da Arquer nel 1550, ci permette tuttavia di individuare alcuni spazi coltivati: in prossimità di Stampace sembrano esserci colture di tipo estensivo, mentre Villanova si apre verso orti, giardini e forse vigneti, riconoscibili dai chiusi.
Fig. 8: Sebastian Münster, Cosmographia Universalis, pagina 621, 1550, Collezione cartografica RAS.
La grande espansione agricola, e in particolare viticola, nell’hinterland cagliaritano ha il suo slancio maggiore tra la fine del Settecento e tutto l’Ottocento: a tracciare la strada sono le grandi aziende ecclesiastiche di Gesuiti, Scolopi, Domenicani, Agostiniani, Minimi etc. installate in tutta l’area cagliaritana (Elmas, Pirri, Pauli Pirri) e nella Baronia di Quartu. Anche l’aristocrazia e la borghesia cittadina investono nella costruzione di aziende agricole moderne e produttive, caratterizzando il paesaggio periurbano di Cagliari con un alternarsi di poderi, vigne, campi coltivati e ville architettonicamente pregevoli.
Una mappa del 1832, che ha un intento più descrittivo che castale, mostra lo spazio delle saline del Molentargius e l’istmo di Is Arenas (tra Cagliari e Quartu Sant’Elena) con le celle per la produzione del sale [Manca 1966; Pira 1997], i poderi attorno a San Bartolomeo (Capo de Lluch) e la grande vigna di Is Arenas dei commercianti Novaro Cortese.
Delli Aspetti de Paesi
Vecchi e nuovi Media per l’Immagine del Paesaggio / Old and New Media for the Image of the Landscape - I
Fig. 9: Archivio storico comunale di Cagliari, Fondo Cartografico, serie L Pianta delle saline della Palma, 1832.
Conclusioni
Questa breve rassegna sull’immagine della Sardegna e del suo paesaggio rurale non è sicuramente esaustiva ma intende proseguire nella scia degli studi precedenti sulla cartografia storica e sulle sue interpretazioni.
Già da queste note si ravvisa la necessità di indagare più a fondo sulle rappresentazioni paesaggistiche dalla prima età moderna all’età contemporanea: anche se il materiale a disposizione non è vasto come per altre regioni, è possibile tracciare un percorso sulle rappresentazioni storiche e simboliche del paesaggio sardo.
Se per le opere artistiche occorre indagare meglio sulla committenza al fine di dispiegarne i significati simbolici, per la cartografia (anche quella catastale) il primo passo di analisi è contestualizzarne il momento storico della realizzazione, le tecniche e le motivazioni che stanno dietro la costruzione delle mappe.
La figura dei luoghi sardi si disvela soprattutto nel Settecento, quando tecnici piemontesi sono inviati nell’Isola per realizzare infrastrutture moderne. L’immagine che gli ingegneri- topografi propongono è spesso inesatta, corrispondente in parte alla visione che gli stessi hanno nelle loro ricognizioni, e in parte caricata di significato simbolico, proponendo non solo quello che esiste ma quello che il sovrano vorrebbe si realizzasse [Zedda Macciò 1998, 30-35]. Gli elementi paesaggistici che emergono da queste carte vanno dunque studiati e verificati con la grande mole dei documenti catastali e notarili, che rendono “parlanti” carte apparentemente “mute”.
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ROBERTO IBBA
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