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Il territorio negli apprezzi e negli inventari sei-settecenteschi della badia di Santa Maria di Cadossa

The rural landscape of the Diano Valley, seen in the modern era

R OSA C ARAFA

2. Il territorio negli apprezzi e negli inventari sei-settecenteschi della badia di Santa Maria di Cadossa

Tra il XVII ed il XVIII secolo l‟immagine del Vallo di Diano è anche interpretato con una rinnovata sensibilità, connotandosi in una trasfigurazione della realtà a favore di un luogo di delizie, che diventerà in qualche caso un topos ed ancora un‟immagine stereotipata. I „luoghi perpetuati‟ sulla scia di una tradizione letteraria, come ambiente naturale e antiche memorie, fra l‟attualità della natura ed il messaggio della storia, inaugurata dall‟Alberti prosegue nel corso del Sei- Settecento tra erudizioni varie come quelle di Paolo Eterni, Luca Mandelli1. Ad essi si accostano Fabio Magini, Scipione Ammirato, Scipione Mazzella e Costantino Gatta nel 1732. Una realtà magnificata tra „suggestioni‟ letterarie, ricondotte tutte dal Mandelli nella sua Lucania sconosciuta che così scrive:

Or chi di questa Valle è pratico vi riconoscerà tutti questi riscontri. Ella è copiosa di pascoli, et ha territorio sì nel piano, come nelle colline, atto alla coltura così per grano, e biade, come per vigne, le quali producono generosi vini, né vi manca gran copia di saporose frutta [Didier 1997, 41].

Ma a rendere distinguibile il territorio ed a connotarne le specificità, sono gli apprezzi, effettuati da agrimensori e regi tavolari nel Vallo nel corso del Seicento, per il feudo di Padula con il casale di Buonabitacolo nel 1630, e per il feudo di Diano e i suoi molteplici casali, nel 1698. Ad essi si aggiungono gli „inventari‟ effettuati alla fine del Cinquecento per la badia di Santa Maria di Cadossa, che era passata tra i beni della Certosa di Padula nel 1514. L‟apprezzo di Padula elaborato ad «istanza di Caterina de Medici» creditrice di Agnese de Ponte, signora di Padula, è così enunciato:

Siede detta terra su una collinetta tonda in un angolo nel Vallo di Diano, la quale guarda mezzo giorno, e ha di sagliuta circa un terzo di miglio(…) tiene detta Terra dà la parte di Levante un vallone. (in cui vi sono) circa otto molina (e i territori) sono seminatorij e pascolasi(e) hanno (…) al piano abondantie di vigne(...)et in dette vigne, e loro orticelli attorno alla Terra hanno olive, celsi, frutti d‟estate, come sono cerasa, visciole, amarene,pruna, pera, per coche, et altri frutti de inverno,una pera di più sorte mela, de più qualità, sorbe, nuce,cotogne, et altri frutti, hanno abbondantia d‟ogni sorte di fogliame, agli, cipolle, ogni sorte di legumi, come sono fave fasoli, ciceri [Sacco 1914-30, III, 130-131].

L‟apprezzo sul feudo di Diano a cui afferivano i casali di Sassano, San Giacomo, San Rufo e Sant‟Arsenio (nel 1652 il feudo era passato ai duchi Calà di Diano) è redatto dai due funzionari, ingegneri della Regia Camera della Sommaria, Giustiniano Cafaro e Giovan Battista Anaclerio.Il documento elaborato in situ è stato reso noto da Arturo Didier [Didier 1997]; nel 1698 Diano conta 647 abitanti e:

Il paessaggio agrario del Vallo di Diano in età moderna

ROSA CARAFA

Fig. 3: ASN, Corporazioni religiose soppresse, busta 5623,Mappa prospettica di Cadossa, fine del XVI secolo, cc.67v-68r, foliazione moderna a matita c.84v-85r, (concessione n.13/2016).

Fig. 4: ASN, Corporazioni religiose soppresse, busta 5627, c. 19 Pianta del Valle di Diano/in quale può bisognare per la dif/ferenze de’ confini tra Diano, e/Padula, seconda metà del XVII secolo (concessione n.13/2016).

la metà di essi sono poveri bracciali che vivono alla giornata con le proprie fatiche alla coltura dè campi, et altri in custodire animali d‟ogni sorte (osservando poi ancora come nell‟ambito del „circuito‟ del feudo di Diano) che sarà di miglia 40 in circa, dentro del quale

vi sono diverse qualità di territorij come oliveti, vigne, seminatorij, cerreti, castagneti, ed altri alberi selvaggi. (Nel territorio sono) in abbondanza vettovaglie come grano, orgio, avena, tutte le sorti di legume (e anche il vino, mentre) l‟oglio non è bastante (per i cittadini).Castagne se ne fanno in abbondanza che ne smaltiscono ad altri.

Allo „stato‟ dei luoghi così raccontato, ‟idealmente‟ affianchiamo un‟impegnativa cartografia del Vallo di Diano affiorata dai carteggi degli atti delle Corporazioni religiose soppresse della Certosa di San Lorenzo a Padula dell‟Archivio di Stato di Napoli2, per la prima volta trattati dal canonico Antonio Sacco nel primo trentennio del Novecento [Sacco 1914-30]. Nei carteggi sono emersi a vario titolo diverse rappresentazioni del territorio, forse le prime, ascrivibili cronologicamente, tra la fine del Cinquecento e la prima metà del Settecento e tutte da collegare, alla Certosa e ai suoi possessi, al successivo ampliamento fondiario, con l‟acquisizione della badia di Cadossa e dei suoi beni e, l‟acquisto del feudo di Padula nel 1645. Avvenimenti verificatisi tra la prima metà del Cinquecento e la prima metà del Seicento in una realtà in continua trasformazione, visualizzabile, attraverso alcune raffigurazioni esemplificative come la mappa raffigurante la ”Valle del Tanagro” (Fig. 2) [Sacco 1914-1930,III, tav. XII], un disegno a china ed acquerello, che rappresenta una delle prime raffigurazioni della Valle e del suo paesaggio agrario; nella rappresentazione è evidente la centralità della Certosa e l‟interminabile territorio parcellizzato in lotti di minima dimensione e l‟evidente caratterizzazione sulle colline circostanti degli appezzamenti a colture e delle specie arboree.

Scaturisce una visione, dilatata, da parte dell‟ignoto autore che nell‟intento di offrire una lettura stratificata del territorio, delle sue strade, del suo fiume, utilizza la veduta a „volo d‟uccello‟, la prospettiva „generica‟ e la visione rigidamente zenitale.

Delli Aspetti de Paesi

Vecchi e nuovi Media per l‟Immagine del Paesaggio / Old and New Media for the Image of the Landscape - I

Fig. 5: ASN, Corporazioni religiose soppresse, busta 5637, Giuseppe Cupolo,Veduta di Casalbuono con Montesano, Cadossano e confini di Lagonegro, 1740, (concessione n.13/2016).

Fig. 6: ASS, Corporazioni religiose, busta 15, vol.1, c. 112, Geronimo Coronelli, Feudo di S.Pietro di Montes.no/de PP. Di S.Basilio, 1710.

La nostra Valle, probabilmente è frutto di un accertamento diretto, altissimo, da est, che permette di rilevare gli agglomerati urbani sparsi sui crinali montuosi,dove la natura è ancora prevalente e fertile. Una mappa la cui probabile cronologia potrebbe risalire, a parere di chi scrive, alla fine del XVI secolo. La seconda tavola [Sacco 1914-30, II, tav. V ] la ” Mappa prospettica di Cadossa “ (fig. 3), eseguita con molta probabilità alla fine del XVI secolo, mette in evidenza Montesano e la badia. Si tratta di uno schizzo realizzato a china, con tracce d‟acquerello, efficacemente reso per definire un‟ampia zona, dove si ricavano le prospettive del centro abitato di Montesano, le antiche contrade e le maggiori emergenze architettoniche come il convento dei Cappuccini, la badia di Cadossa e i ruderi dell‟antico casale di Cadossa; nella tavola si esplicita, in una 'visione' zenitale, l'assetto stradale e quello idrografico con l'importante fiume qual è il Calore ed i suoi affluenti. La mappa Pianta del Valle di Diano/in quale può bisognare per la dif/ferenze dè confini tra

Diano e/Padula (fig. 4) che configura i confini tra il feudo di Padula e quello di Diano è

inedita, ed è parte di un piccolo corpus di tavole analoghe, presenti nel carteggio dell‟Archivio di Stato di Napoli e pubblicate dal Sacco. La tavola traccia i confini dei due feudi e evidenzia i molteplici aspetti della valle dianese attraverso l‟individuazione delle fortificazioni, dei ponti, i valloni e le scaturigini delle acque. In essa si riconoscono i „ritratti‟ di Padula, Sassano e Buonabitacolo e sono distinguibili le specie arboree tratteggiate in alcuni casi sui monti, per lo più disboscati, e appezzamenti di terreni a vite nei valloni; appare infine il Tanagro illustrato in modo eloquente, con i suoi affluenti discendenti. L'incisività del disegno definito a china ed acquerello, nelle sfumature del chiaroscuro, fa di questa raffigurazione una delle più efficaci dal punto di vista grafico anche per l' acutezza da „vedutista‟ dell'ignoto cartografo, che dimostra una pratica conoscenza del Vallo e, mostra di essere già in possesso di quella tecnica mista, quali appunto le immagini pittoriche in elevato inserite all‟interno di mappe a proiezione orizzontale. Cronologicamente la tavola potrebbe afferire alla seconda metà del Seicento. Ancora una

Il paessaggio agrario del Vallo di Diano in età moderna

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rappresentazione del “Territorio tra Montesano e Casalnuovo” (fig. 5), ovvero una terza mappa con altre due copie [Sacco1914-30,II,tavv.VI-VII], [ Iaccarino 2007, 326-327], analogamente datate 1740 e similmente realizzate dall‟agrimensore Giuseppe Cupalo della «terra di Tito». La mappa anch'essa eseguita a china ed acquerello, risulta inedita e non indicata dal Sacco. Essa è ampiamente descrittiva, perché concepita per la comprensione massima del territorio raffigurato nel suo tessuto fondiario, con le coltivazioni, i centri urbani, le masserie sparse, l‟assetto stradale ed interpoderale, ma anche la via Regia. In essa è esplicitato con chiarezza l‟andamento sinuoso del fiume Calore e dei suoi affluenti che nella loro confluenza a Casalbuono, danno origine al Tanagro nel comune di Buonabitacolo [Perciato 2003]. La corposa legenda sottostante pone la carta tra le più incisive testimonianze del Vallo di Diano.

3. L’immagine di un paesaggio agrario: la platea dei beni del monastero basiliano di