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parLiamo di uomini, donne e doLore…

di enrica rauso il lavoro degli storici, ma soprattutto quello dei docenti che, con i propri alunni, decidono di affrontare una indagine conoscitiva di eventi drammatici, diventa fondamentale

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L’argomento è talmente vasto da offrire ampie opportunità di valutazioni veramente al di là di ogni posizione ideologica

dall’8 settembre iniziano a verificarsi i primi episodi di ostilità antiitaliana, con un numero imprecisato di vittime.

Nel maggio del 1945 Tito, occupata l’Istria, metterà in atto una politica di per-secuzioni, vessazioni ed espropri ai danni degli Italiani che culminerà nel dram-ma delle foibe e nell’esodo. Fino al Trattato di Osimo nel 1975 ci saranno con-tinue tensioni tra i due popoli e oggi per l’Italia è un problema ancora aperto tanto che ci si chiede se, a più di trent’anni di distanza, resta ancora «infame», come fu definito all’epoca, ovvero: la cessione alla Jugoslavia della «Zona B» dell’ex Territorio libero di Trieste, passate le contrapposizioni del tempo, appar-tiene alla categoria del «cedimento-tradimento» o a quella della «necessità dolo-rosa ed inevitabile», secondo l’analisi dei due schieramenti che divisero non so-lo Trieste, ma l’Italia intera?

Su tale argomento si potrebbe ipotizzare una ricerca-azione partendo da posizio-ni differenti di due storici:

«Guardato trent’anni dopo, il trattato di Osimo appare un po’ meno ‘infame’ e si conferma un po’ più vera la motivazione della ‘dolorosa, ma inevitabile neces-sità per il tributo da pagare all’unità europea e alla pace’» è il giudizio di Corra-do Belci che, da triestino e da parlamentare dell’allora DC, collaborò alla defi-nizione del trattato. Belci, all’epoca molto vicino ad Aldo Moro, che volle con fermezza quell’intesa, è infatti convinto che senza questo passaggio sarebbe stato più difficile costruire la nuova Europa.

Per lo storico Paolo Simoncelli, invece, il Trattato si è rivelato un inutile e, al tempo stesso, pesantissimo sacrificio a cui non si può certo attribuire alcun meri-to nell’apertura dell’Europa, «avvenuta solo in seguimeri-to al crollo del muro di Ber-lino e a quanto verificatosi successivamente nell’ex Jugoslavia».

L’argomento è talmente vasto da offrire ampie opportunità di valutazioni ve-ramente al di là di ogni posizione ideologica per evitare il grande e quanto mai inopportuno rischio di strumentalizzazione: sempre, nella ricerca storica, l’inda-gine sistematica deve essere accompagnata dalla «commozione» intesa in modo dantesco come partecipazione, comprensione degli eventi e della sofferenza, av-vilimento e angoscia per il dolore di un’umanità tutta.

Da queste premesse si può sollecitare l’interesse dei giovani verso un lavoro per-sonalizzato di ricerca individuale o di gruppo.

In tal senso si possono indirizzare gli alunni verso la raccolta di testimonian-ze orali, anche se, in alcune località, ci può essere la difficoltà oggettiva di re-perire famiglie di esuli in quanto determinati luoghi furono privilegiati su al-tri per raccogliere il flusso migratorio; per esempio in Piemonte ci sono forti presenze di Istriani nel vercellese, nel torinese, nel novarese e in forma mino-re nelle altmino-re province.

La formula della conferenza di un esperto è sempre valida, soprattutto per sti-molare la curiosità unita ad un aggiornamento costante dei risultati dell’indagi-ne storiografica.

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Negli ultimi anni poi Enti ed Istituzioni hanno promosso concorsi finalizzati al-la produzione di tesine e merita di essere menzionata al-la Regione Piemonte che annualmente propone alle scuole superiori dei temi di storia contemporanea da sviluppare secondo le modalità che si ritengono più opportune. Mi sembra uti-le presentare in sintesi i modelli adottati da alunni che sono stati recentemente premiati per aver sviluppato proprio le problematiche in oggetto con lavori per-sonali e creativi.

PRIMO MODELLO:

Indice

Introduzione

1. La foiba grande di Carlo Sgorlon (lettura di un testo relativo al problema) 2. Istria e Dalmazia, crogiolo multietnico (analisi sociale dell’ambiente) 3. L’effetto boomerang del fascismo di confine (analisi storica)

4. Jugoslavia o Italia? 5. Una città spopolata: Pola

6. La crisi di Trieste, pedina dello scacchiere internazionale 7. Esodo o esodi?

8. Profughi e italiani: una lotta tra poveri 9. Una «memoria negata»

10. L’esodo e la città di… 11. Intervista a un esule Cronologia Bibliografia Sitografia SECONDO MODELLO: Nota metodologica […]

La ricostruzione di tale evento è stata da noi suddivisa in quattro parti: a una bre-ve introduzione storica, indispensabile a inquadrare la vicenda, segue la tratta-zione dell’itinerario percorso da numerosi esuli di cui abbiamo anche riportato alcune testimonianze. Successivamente abbiamo ricostruito l’esperienza dei pro-fughi all’interno dei campi di accoglienza e di raccolta disseminati in Piemonte, in particolare, nella nostra provincia; in conclusione, si affronta l’integrazione, talvolta difficile e problematica, con cui i 350.000 esuli hanno dovuto rappor-tarsi una volta giunti in Italia.

Una piccola appendice contiene alcune parole-chiave esemplificative del feno-meno e costituenti il nucleo intorno al quale ruota la nostra ricerca.

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in questi ultimi anni la scuola ha cercato di interagire sempre più spesso con l’esterno per coinvolgere la cittadinanza locale nelle proprie attività

Abbiamo, inoltre, allegato un Cd multimediale con immagini, fotografie e do-cumenti significativi per delineare e descrivere in modo più completo l’argomen-to. Passando da alcune cartine che ricostruiscono la realtà geografica di Istria e Dalmazia, alle struggenti immagini della partenza da città quali Pola e Zara, te-stimoniata dal film «La città dolente», a fotografie che ritraggono vari momenti di vita nei campi, l’odissea di tutti gli esuli viene presentata sulle note della «Sa-marcanda» di Handel. Introduzione storica Itinerario I campi profughi L’integrazione Dizionario Bibliografia Sitografia

(lavoro di ricerca condotto da Francesca Capello e alcuni compagni di un Liceo classico) ancora QuaLcHe ipotesi operativa

In questi ultimi anni la scuola ha cercato di interagire sempre più spesso con l’esterno per coinvolgere la cittadinanza locale nelle proprie attività, soprattut-to nel momensoprattut-to in cui vi erano precisi obiettivi educativi riguardanti, per esem-pio, la tutela e la difesa dei diritti umani o la libertà degli individui. In tal senso sono risultati efficaci:

• allestimento di mostre fotografiche;

• creazione, produzione, stampa e distribuzione di cartoline mirate alla valo-rizzazione dell’evento;

• proiezione e commento di films;

• stesura e realizzazione di uno spettacolo teatrale con il supporto di esperti; • organizzazione di uno spettacolo con il coinvolgimento di gruppi musicali

sempre presenti nelle realtà scolastiche;

• distribuzione alla cittadinanza e nelle classi di un giornalino con poesie, ri-flessioni, articoli scritti dai giovani studenti.

Una esperienza altamente significativa è stata infine la preparazione e la succes-siva realizzazione di un viaggio nei luoghi degli eventi (risiera di San Sabba, foi-be, Istria) dove la sofferenza di molti entra in un crogiuolo per diventare un uni-co grande dolore della storia.

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Promuovere attività didattiche che aiutino le nuove generazioni a non dimenti-care è l’obiettivo a cui punto in qualità di docente, della scuola secondaria di pri-mo grado, consapevole di quanto asserito da Cicerone nel De Oratore: «Histo-ria magistrae vitae». Un lavoro il mio che non si esaurisce in classe, ma che ten-de a coinvolgere tutto l’Istituto Comprensivo St. «Don G. Bosco» di Corigliano Calabro presso il quale insegno, attraverso attività comuni proposte nel POF. Particolarmente significativa è stata l’attività didattica relativa al «Giorno del Ri-cordo» realizzata nelle classi IA e IB della scuola secondaria di primo grado. Ho inteso da subito far prendere coscienza agli alunni del periodo storico di riferi-mento, 1943-1947, del contesto geografico, il Carso, e dell’importanza di non dimenticare. Lo studio geologico del territorio e delle sue depressioni carsiche ha permesso agli alunni di conoscere le foibe, cimiteri a cielo aperto, in cui hanno perso la vita un numero di vittime non definito compreso tra 5000 e 11.000, di origine italiana, slovena e croata, la maggior parte delle quali ‘colpevoli’ di vivere in un territorio devastato dalla Seconda guerra mondiale e dai suoi risvolti politi-ci. La scelta di una metodologia, molto affine a quella utilizzata dagli storici, che ha proposto la lettura delle fonti e delle testimonianze dei superstiti, mi ha per-messo di indirizzare i discenti a ricercare le cause, remote e politiche, degli eccidi che avvennero in Venezia Giulia e in Dalmazia, ad opera per lo più di partigiani iugoslavi. Questo ha permesso ai discenti di sapere che a seguito dell’età napo-leonica si impose in Europa il concetto di Stato-nazione; allora istriani e dalmati cominciarono a identificarsi nelle moderne nazionalità: italiana, slovena, serba e croata. Ciascuna delle fazioni cominciò a lottare per riunire le proprie terre al-le rispettive madrepatrie. Questa contrapposizione etnica fu la causa remota dei massacri nelle foibe. Attraverso le ricerche, però, agli allievi è stato dato di co-noscere altre cause: cause occasionali; cause vendicative, contro il regime fascista etnico-anessionistico per eliminare chi ostentava l’annessione di queste terre alla Jugoslavia; cause di carattere etnico-politico per eliminare gli oppositori del re-gime comunista di Tito. L’attività, che ha suscitato interesse negli allievi, è stata

un’esperienza