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il significato del i seminario

di formazione

sul confine

orientale

di lucio toth l’aspetto che più ha offeso l’animo delle centinaia di migliaia di profughi è stata la mutilazione della loro storia dalla memoria della nazione

inter

tutto venne dimenticato come se questo passato non appartenesse all’italia e quelle terre fossero state da sempre jugoslave, quando la Jugoslavia nemmeno esisteva

casione di grande amarezza imbattermi nell’ignoranza generalizzata della realtà di quelle province dello Stato italiano che l’esito infausto della Seconda guerra mondiale ha strappato al territorio nazionale.

Dopo i fatti tragici di Trieste nell’autunno del 1953 – quando la polizia del Go-verno militare alleato sparò sulla folla uccidendo cinque giovani che manifesta-vano per l’italianità di Trieste e dell’Istria, ancora soggette ad occupazione mili-tare, e il ritorno all’Italia del solo capoluogo giuliano nel 1954 – l’oblio più totale è caduto sulla vicenda delle foibe e dell’esodo e sulla perdita di una parte cospi-cua del territorio nazionale, di quasi un’intera regione, la Venezia Giulia, essen-do rimasta allo Stato italiano un moncone tra Gorizia e Trieste con un confine che soffocava ogni attività e prospettiva economica. Perdita che aveva obbligato all’esodo circa 350.000 persone.

I testi scolastici di storia non ne parlarono più come se quelle province, legittima-mente riconosciute all’Italia nel 1920-1924 (come il Trentino e l’Alto Adige nel 1919), non fossero mai appartenute allo Stato italiano. I profughi, migliaia dei qua-li ancora nei campi di raccolta disseminati in tutta Itaqua-lia, si sentirono così stranieri in patria, malgrado la straordinaria capacità di integrazione per le loro esperien-ze professionali, la loro onestà, la loro conoscenza scorrevole della lingua italiana, conseguenza diretta del buon dialetto veneto parlato nelle famiglie e della totale alfabetizzazione anche dei ceti più umili. Il tasso di criminalità nei campi-profu-ghi fu praticamente nullo, malgrado le pessime condizioni igieniche e ambientali. I profughi di allora si sono fatti strada nelle fabbriche, nei cantieri, nella pub-blica amministrazione, nelle forze armate e di polizia, nelle attività industriali e imprenditoriali in genere, diventando addirittura testimonial di eccellenza del Made in Italy, come gli stilisti Ottavio Missoni e Mila Schön, il violinista Uto Ughi, gli atleti Abdon Pamich e Nino Benvenuti, le attrici Alida Valli e Laura Antonelli, gli imprenditori Fulvio Bracco, Niccolò e Franco Luxardo, i cantau-tori Wilma Goich e Sergio Endrigo.

Il passato dell’Istria e della Dalmazia, profondamente legato alla storia d’Ita-lia dai secoli della Repubblica e dell’Impero romani ai Comuni del Medioevo, all’egemonia politica e culturale della Serenissima durata dall’XI secolo alla fine del Settecento; le lunghe lotte contro il governo austriaco per difendere l’italia-nità delle nostre città; la partecipazione degli istriani, dei dalmati e dei fiumani al Risorgimento e alla Prima guerra mondiale; l’impresa fiumana di d’Annun-zio chiamato nella città dalla popolad’Annun-zione; l’altissimo contributo di caduti e di decorati al valore nella Seconda guerra mondiale; la distruzione di Zara con i bombardamenti aerei per cancellarne l’impronta italiana: tutto venne dimenti-cato come se questo passato non appartenesse all’Italia e quelle terre fossero sta-te da sempre jugoslave, quando la Jugoslavia nemmeno esissta-teva.

Come correttamente recita il testo della legge istitutiva del «Giorno del Ricordo» non dobbiamo ignorare la «complessa realtà» delle nostre terre, poste alla con-fluenza di culture ed esperienze politiche diverse nel corso dei secoli.

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l’incontro di oggi costituisce un’occasione importante perché dà modo a docenti di istituti medi provenienti da diverse regioni italiane di avvicinarsi a queste problematiche con la massima apertura scientifica È da questa complessità che deriva per gli studiosi la centralità delle tematiche

poste dalla nostra vicenda, che non si esauriscono negli eventi tragici del 1943-1954 e nemmeno in quelli del periodo fascista e della Seconda guerra mondia-le. La pulizia etnica subita dalla Venezia Giulia e dalla Dalmazia, con l’espul-sione di gran parte della loro popolazione italiana, è la conseguenza di un insie-me di cause prossiinsie-me e remote che rivestono per storici, sociologici, linguisti il massimo interesse.

La diffusione delle lingue romanze autoctone in Istria, Quarnaro e Dalmazia (tergestino, istrioto, dalmatico, ecc.); il tema della convivenza secolare specie in Dalmazia tra etnie, culture e religioni diverse (croati, latini, serbi, albanesi) co-me nella Ragusa del Rinascico-mento e dell’età moderna; l’influenza della cultura mitteleuropea e soprattutto tedesca a Trieste e a Gorizia, di quella ungherese a Fiume; il risveglio nazionale della cultura slovena e di quella croata nell’Otto-cento; l’evoluzione della cartografia e della toponomastica; l’importanza del pe-riodo napoleonico per la diffusione delle idee liberali; il fenomeno dell’assimila-zione linguistica da parte della maggioranza italiana in Istria, a Trieste, Gorizia, Fiume e Zara e, viceversa, il processo di slavizzazione delle altre città dalmate al-la fine del XIX secolo come effetto diretto dell’urbanizzazione delle masse rura-li; la tradizione urbanistica, artistica e letteraria che fa dell’Istria e della Dalma-zia fino alla metà dell’Ottocento una parte integrante dell’area culturale italiana; lo sviluppo dall’autonomismo all’irredentismo; lo scontro tra l’ideologia fasci-sta e quella comunifasci-sta e la loro interazione sulle condizioni economiche, sociali e multietniche dell’Adriatico orientale; il movimento operaio tra le due guerre e la drammatica esperienza della Resistenza e della Repubblica Sociale Italiana in una regione soggetta quasi interamente all’occupazione tedesca; le vicende del-le comunità ebraiche della regione, sono tutti temi che richiedono approfondi-mento scientifico e devono essere sottratti alle mode propagandistiche del mo-mento per essere valutati con obiettività e serenità.

L’incontro di oggi, con le relazioni di studiosi qualificati, che hanno dedicato alle tematiche dell’esodo e della storia degli italiani dell’Adriatico orientale anni e decenni di studio, confrontandosi con i colleghi di altri Paesi che ad esse so-no ugualmente interessati, costituisce un’occasione importante perché dà mo-do a mo-docenti di istituti medi provenienti da diverse regioni italiane di avvicinar-si a queste problematiche con la masavvicinar-sima apertura scientifica, senza precluavvicinar-sioni ideologiche o pregiudizi politici, consentendo a tutti noi e alla cultura del Paese di uscire da una ingiusta damnatio memoriae che tre Presidenti della nostra Re-pubblica hanno coraggiosamente denunciato.

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«Le pagine meno gloriose del nostro passato sarebbero le più istruttive se solo accettassimo di leggerle per intero».

Tzvetan Todorov

Nell’ambito della vasta progettualità messa in campo dal nostro Assessorato a be-neficio degli Istituti scolastici del Comune di Roma, fin dal momento dell’inse-diamento della giunta Alemanno, si inserisce a pieno diritto ed in una posizione di assoluto rilievo, il Progetto di approfondimento storico «Viaggio nella civiltà istriano-dalmata». Un percorso di approfondimento sui temi della storia tragica e complessa vissuta sul finire ed al termine del secondo conflitto mondiale, nel confine nord-orientale d’Italia.

Il Progetto è stato proposto a docenti e studenti degli Istituti Secondari di Se-condo Grado per gli anni scolastici 2008/2009 e 2009/2010.

Nel primo anno, ovvero per l’anno scolastico 2008/2009, è stato effettuato an-che un esperimento progettuale an-che ha coinvolto una decina di Istituti Secon-dari Inferiori e che ha mostrato come il Progetto, opportunamente tarato ed

ar-«viaggio