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Partenza: Teoria dei mondi possibili

1.2. Secondo itinerario: In cammino attraverso mondi

1.2.1. Partenza: Teoria dei mondi possibili

Il mondo reale non costituisce l’unica fonte di conoscenza spaziale. A partire dalla trialettica epistemologica di Lefebvre si è osservato come lo spazio sia non solo un’emergenza concreta, esperita nella sua fisica materialità, ma anche una dimensione concettuale legata a immagini e rappresentazioni. L’interconnessione tra queste due dimensioni, variamente definita espace vecu, terzospazio o Terzo Spazio, è prova della parzialità e della precarietà del reale, che può essere riappropriato attraverso un processo di de-realizzazione, ri-simbolizzazione e nuova edificazione. Similmente a quanto sosteneva il filosofo tedesco Gottfried Wilhelm von Leibniz, per il quale l’universo era uno all’interno di un infinito numero di mondi possibili esistenti nella mente di Dio, è possibile affermare che questo mondo, e la spazialità a esso associata, non è che una singolare attualizzazione – quella dotata di maggiore efficacia, o quella promossa dal potere vigente – all’interno delle molteplici varianti che vengono

59 Cfr. Bhabha., «How newness enters the world» cit., p. 218.

60 Homi Bhabha, «Introduction: Locations of culture», in Id, The Location of Culture cit., p. 4. 61 Ivi, p. 7.

quotidianamente concepite e praticate in forma “tattica”. Non si tratta però di operare una polarizzazione tra mondo tangibile e mondi inesistenti, che si rivelerebbe sicuramente più agevole da trattare ma oltremodo sommaria e fallace: il mondo concreto è al tempo stesso reale e immaginario – real-and-imagined insieme, come suggerisce Soja fondendo questi due aspetti in un unico aggettivo –, e il sapere su di esso risulta dall’integrazione delle sue plurime dimensioni. L’itinerario che segue si presenta quindi come una proposta di percorso lungo l’accidentato, scivoloso e soprattutto permeabile crinale tra mondo attuale e mondi possibili.

La teoria dei mondi possibili è stata sviluppata da alcuni filosofi della scuola analitica a partire dagli anni Sessanta dello scorso secolo come elaborazione della proposta leibniziana, e già negli anni Settanta il modello a più mondi è stato accolto in ambito critico-letterario da un gruppo di studiosi vicini al metodo strutturalista che hanno riconosciuto il suo valore euristico per la teoria della letteratura e della narrazione62. Prima di esplorare la sua applicazione in campo letterario, è opportuno cercare di delineare, seppure in modo necessariamente parziale, il modello filosofico di riferimento. Complessivamente è possibile ricondurre le numerose proposte teoriche entro due macro-modelli, distinti tra loro sulla base del valore ontologico conferito ai diversi mondi: il “one-world frame”, che si fonda sull’ipotesi che il mondo attuale rappresenti l’unico universo di discorso legittimo; e il “possible-worlds frame”, secondo il quale il nostro mondo è circondato da innumerevoli mondi possibili non attualizzati63.

All’interno del primo modello trovano spazio le posizioni di Bertrand Russell (1872-1970), che Pavel64 annovera tra gli esponenti di quella logica segregazionista secondo la quale i testi di finzione sono puro frutto dell’immaginazione, e quindi privi di qualsiasi valore di verità. Il “segregazionismo classico”, che riflette le prime posizioni della filosofia analitica, riconosce l’esistenza ai soli oggetti del mondo concreto: per Russell un enunciato come “Pickwick è un uomo saggio” sarebbe dunque falso, perché relativo a un’entità di finzione priva di un referente reale. A questa rigida

62 Cfr. Marie-Laure Ryan, «Possible-Worlds Theory», in David Herman, Manfred Jahn, Marie-Laure

Ryan (eds.), Routledge Encyclopedia of Narrative Theory, London, Routledge, 2005, pp. 446-450.

63 Cfr. Lubomír Doležel, Heterocosmica: Fiction and Possible Worlds, Baltimore and London, The Johns

Hopkins University Press, 1998, pp. 1-24.

64 Nel secondo capitolo del suo saggio sui mondi finzionali, dedicato agli enti di invenzione, Pavel

ripercorre gli sviluppi del segregazionismo, da Russell a Gilbert Ryle; seguono poi pagine dedicate alla teoria del discorsi di invenzione di Searle e Gottfried, alle teorie degli oggetti di Meinong e Parsons, e alla teoria causale della referenza di Kripke, Kaplan, Donnellan e Putneam; cfr. Thomas G. Pavel, Fictional

logica segregazionista Pavel contrappone la “tolleranza ontologica” caratteristica della teoria degli oggetti di Alexius Meinong (1853-1920), filosofo austriaco per il quale la nozione di verità non è preclusa agli oggetti inesistenti. Ogni oggetto sarebbe infatti costituito da un insieme di proprietà; queste possono essere tra loro contraddittorie e rendere inattuale l’oggetto, che tuttavia continua a essere riconosciuto in quanto tale: un cerchio quadrato, per esempio, non esiste, ma, in quanto insieme di proprietà quali la quadrangolarità e la rotondità, esso viene riconosciuto come oggetto – sebbene, appunto, inesistente. Elaborando il pensiero di Meinong, il filosofo americano Terence Parsons (1939–) distingue tra predicati nucleari (le proprietà di Meinong) e predicati extranucleari (proprietà ontologiche, modali, intenzionali e tecniche); questi ultimi hanno il compito di descrivere le caratteristiche dei mondi possibili che contengono gli oggetti intesi come agglomerati nucleari. Le entità di invenzione di Parsons possiedono dunque proprietà di cui usufruiscono in determinate condizioni di esistenza e possibilità. Gli enti della finzione narrativa vedono così riconosciuta la loro ontologia: essi esistono, ma solo all’interno dei testi che li contengono – l’appartenenza a un testo narrativo rappresenta infatti una proprietà extranucleare. Ancora in riferimento agli enti di finzione Parsons opera una distinzione tra oggetti originari di una storia (quelli creati dall’autore), oggetti importati all’interno di una storia (quelli che provengono dal mondo reale o da altri mondi possibili – per esempio, da altri testi narrativi), e oggetti surrogati (quelli che rappresentano controparti di invenzione di oggetti reali). Distinguere tra oggetti importati e surrogati non è facile, e in alcuni casi si dimostra un’operazione opinabile: per il lettore decidere se la Parigi dei romanzi di Balzac sia una copia esatta o un surrogato della città reale dipende in parte dal suo concetto di realismo, in parte dalla sua effettiva conoscenza della capitale francese com’era durante la prima metà dell’Ottocento; ma, forse, tale distinzione è in fondo superflua, perché molto più probabilmente la Parigi balzachiana combina insieme elementi di pura invenzione, di riproduzione e di surrogazione del mondo concreto. Le teorie elaborate da Meinong e Parsons permettono di non escludere le entità di immaginazione dalla sfera degli oggetti: la loro prerogativa è quella di essere “existent without existing […] a sophisticated property equally shared by mathematical entities, unfinanced architectural monuments, spiritual emanations in gnostic systems, and fictional characters.”65

Le riflessioni sull’ontologia della finzione scaturiscono tuttavia dall’esigenza di avvicinare maggiormente gli oggetti di invenzione al mondo reale, al fine di riconoscere a questi un’esistenza non subalterna, confinata unicamente all’interno dei testi che li racchiudono. Si impone così la necessità di considerare modelli teorici a più mondi che assicurino agli enti di invenzione una maggiore autonomia.

Ai due estremi delle diverse posizioni teoriche riconducibili al modello a mondi possibili troviamo quelle che Ruth Ronen definisce “anti-realism” e “modal realism”66. Il primo assoggetta tutti i mondi a un relativismo estremo: in linea con un più ampio antirealismo filosofico, esso non attribuisce esistenza e realtà né al mondo reale, né ai mondi possibili. Il secondo, all’esatto opposto, costituisce un esempio di realismo radicale secondo il quale il mondo attuale e tutte le sue possibilità si concretizzano all’interno di uno spazio logico dove possiedono uguale esistenza fisica. Poiché l’“attualità” (realtà) è una nozione indicale che fa riferimento al parlante, ogni mondo è analogamente reale dal punto di vista di colui che lo abita. Il mondo “attuale” non è quindi un universo di riferimento dato: “the actual world” è piuttosto “the world where I am located”67. Un difensore della teoria del realismo radicale è stato il filosofo americano David Lewis (1941-2001), le cui posizioni sono riassumibili secondo Stalnaker in quattro tesi principali: prima di tutto, i mondi possibili esistono (anche se non necessariamente nel mondo reale); questi mondi sono poi uguali a quello attuale, rispetto al quale non differiscono qualitativamente, ma limitatamente agli oggetti che contengono; l’attualità può essere analizzata solo in termini indicali, e può per questo estendersi a ciascun mondo; infine, i mondi possibili sono apprezzabili autonomamente, e non possono essere ridotti ad altre entità68. A un realismo estremo che conferisce uguale peso ontologico ai diversi mondi, considerati reali o possibili a seconda della posizione del soggetto che li esperisce, è possibile fare seguire un “moderate realism” che contiene al suo interno una moltitudine di approcci sommariamente riconducibili alla corrente dell’“attualismo” e a quella dell’“astrattismo”. Nella prima trovano posto le posizioni di Robert C. Stalnaker (1940–), che recupera le quattro tesi di Lewis a eccezione di quella che postula una uguale ontologia per i diversi mondi. Stalnaker

66

Cfr. Ruth Ronen, Possible worlds in literary theory, Cambridge, Cambridge University Press, 1994, pp. 18-30.

67 Ryan, «Possible-Worlds Theory» cit., p. 446.

distingue infatti tra un aspetto semantico e uno metafisico: se da un lato è possibile accettare la correttezza dell’analisi indicale dell’attualità, dall’altro occorre operare una separazione ontologica tra mondi possibili e mondo reale. Sottrarsi a un realismo estremo non richiede quindi una necessaria riduzione dell’autonomia dei mondi possibili: questi possono infatti essere seriamente considerati quali entità irriducibili, ma che non sono tuttavia ontologicamente simili al mondo attuale. All’interno del secondo indirizzo si incontra invece la semantica modale di Saul Kripke (1940–), che accentua la differenza tra mondi possibili e mondo reale considerando i primi non già come effettivi mondi paralleli, ma come entità astratte dotate di una modalità alternativa a quella dell’attualità, che possiede priorità ontologica e del quale esse rappresentano possibilità irrealizzate. Seguendo la schematizzazione proposta da Maitre69, secondo la logica modale il mondo reale (actual world) rappresenta una delle possibilità all’interno di un’infinità di mondi possibili non attuali (possible non-actual worlds), a loro volta suddivisibili in mondi possibili attualizzabili (che potrebbero essere resi attuali) e non attualizzabili (che non potrebbero essere resi attuali). Sebbene solo i primi presentino una possibilità fisica che li porta a condividere le stesse leggi del mondo reale, entrambi questi mondi sono caratterizzati da possibilità logica: realizzabili o irrealizzabili, essi sono in ogni modo internamente coerenti, e si distinguono dai mondi impossibili (impossible worlds) che contengono contraddizioni e risultano così inintelligibili.