• Non ci sono risultati.

2.1. Introduzione: Le ragioni di un’indagine geocritica “verticale”

2.1.2. Realismo

Il rapporto tra letteratura e realtà viene sovente indicato, in modo preteorico e intuitivo, in termini di realismo. In precedenza si è già fatto cenno alla necessaria distinzione tra un’accezione ristretta, che rinvia a una tendenza letteraria geograficamente e storicamente delimitata che trova la sua forma più espressiva e congeniale nel romanzo borghese, e un’accezione più ampia del termine, che fa riferimento alla costante mimetica che informa tutta la letteratura e che, pur sanzionando la subalternità di ogni mondo narrativo al reale, non implica una necessaria convergenza tra i due. La produzione narrativa di R.K. Narayan, chiaramente lontana dal tempo e dallo spazio del realismo in senso stretto, è tuttavia solitamente studiata a partire dalle sue cadenze realistiche, e i parallelismi individuati tra la sua opera e quella di scrittori quali Jane Austen e Thomas Hardy sembrano implicitamente promuovere

6 Id., «Misguided ‘Guide’», in Id., A Writer’s Nightmare: Selected Essays 1958-1988, New Delhi,

l’iscrizione dell’autore a una precisa tradizione letteraria. Invero, facendo riferimento alla teoria dei modi letterari di Northrop Frye così come è stata ricevuta da Remo Ceserani, è possibile dimostrare che l’immaginario costruito da Narayan nel corso dei quattordici romanzi ambientati a Malgudi consegue all’adozione di “procedimenti retorico-formali, atteggiamenti conoscitivi e aggregazioni tematiche”7 propri del modo realistico-mimetico.

In primo luogo, i protagonisti delle storie sono dotati di qualità medie che non li rendono né superiori né inferiori al lettore, ma a lui affini. Per verificare l'ordinarietà dei personaggi non è necessario rivolgersi al “Common Man” oggetto di molteplici contributi saggistici firmati dall’autore8, e nemmeno alla sua omonima controparte illustrata, quell’uomo qualunque creato da R.K. Laxman (celebre fumettista e illustratore nonché fratello di Narayan) che “[w]ith his hair and glasses askew, in his crumpled dhoti and checked shirt […] symbolises the mute millions of India”9 e che compie una sporadica apparizione anche all’interno del romanzo The Painter of Signs10. La riduzione dei personaggi in tipi non è del resto un’operazione diffusa nella narrativa dello scrittore, che afferma piuttosto di seguire un impulso verista e di trarre ispirazione dalle vicende ordinarie vissute dalle persone: “Our hero today is not a crowned head weilding [sic] a sword but the unknown common man armed with nothing more than an old umbrella as he sallies forth out of his home to face the life’s problems each day. His human sides, hopes, aspiration, achievements and frustrations form, at any rate for me, the stuff of literary material.”11 Un veloce sguardo ai protagonisti dei romanzi è sufficiente a confermare la loro ordinarietà: dai divertenti bambini di Swami and

Friends agli irrequieti adolescenti di The Bachelor of Arts, dagli uomini adulti e

dinamici di Mr Sampath – The Printer of Malgudi a quelli più maturi e sommessi di The

World of Nagaraj, il lettore europeo si trova sempre di fronte a individui verosimili il

cui unico elemento di distanza da sé è riconducibile al contesto geografico e culturale di

7 Remo Ceserani, Guida allo studio della letteratura, Roma-Bari, Editori Laterza, 1999, p. 548.

8 Cfr. «The Common Man» e «The Common Man Today», in R.K. Narayan Collection, HGARC, Box 7,

Folders 22-24 e, per contrasto, «The Uncommon Man: Decline and Fall», «Uncommon Man: In Experimental Mood» e «The Uncommon Man: A New Book of Snobs», in R.K. Narayan Collection, HGARC, Box 8, Folders 32-34.

9 Aditi De, «Creating the common man», in The Hindu, 12 June 2004. URL: http://www.hindu.com/yw/

2004/06/12/stories/2004061200060200.htm.

10 Cfr. R.K. Narayan, The Painter of Signs, London, Penguin, 1982, p. 125.

11 R.K. Narayan, discorso inaugurale per la celebrazione del diciottesimo anniversario della Kerala

appartenenza. In aggiunta, conformemente a una seconda peculiarità dei personaggi realistico-mimetici, essi non presentano “caratteristiche stabili e assolute, ma sono sottoposti alla mutevolezza degli umori, ai condizionamenti esterni, alla problematicità e messa in discussione dei valori morali e dei costumi sociali”12. Il protagonista delle storie di Narayan è un uomo che ha intrapreso un cammino di crescita e di ricerca della propria identità – più di un critico ha individuato in questo percorso di formazione un esempio di Bildung indiana modellata sullo schema tradizionale dei quattro stadi dell’esistenza indù13; oppure è un soggetto in crisi, costretto ad affrontare una realtà che cambia e che non lo accoglie pienamente (come nel caso di Swami e dei suoi compagni e della loro difficile se non fallimentare amicizia con l’anglicizzato Rajam), o rispetto alla quale è lui a non riuscirsi a conformare (come avviene per Jagan in The Vendor of

Sweets, cui l’ortodossia gandhiana impedisce di comprendere le azioni del figlio,

conducendolo all’autoisolamento). Poiché tuttavia i protagonisti si rivelano spesso inermi di fronte agli eventi, incapaci di orientare consapevolmente la propria esistenza, l’interesse dei racconti può dirsi risiedere non tanto “nella scelta che ogni personaggio può fare tra tipi di azioni diverse”, quanto piuttosto nelle possibilità mancate che li portano a restare sospesi “in mid-air, their destinies unresolved”14.

Una seconda caratteristica che Ceserani riconosce al modo realistico-mimetico riguarda l’imparzialità osservata dai narratori rispetto alle vicende raccontate, che non vengono migliorate o peggiorate ma presentate attraverso l’adozione di uno stile asettico. I romanzi di Narayan sono in questo senso esemplari: essi non sono generalmente sottoposti a un implacabile e altisonante giudizio dall’alto, ma sono piuttosto attraversati da una sottile screziatura ironica che, sebbene possa rivelare in filigrana il punto di vista dell’autore, si dispone a una tale distanza dall’oggetto della narrazione ed è così lievemente diffusa lungo tutta la sua opera da non offrirsi mai come chiave interpretativa esclusiva e perentoria. L’obiettività dei giudizi è inoltre assicurata dalla

12 Ceserani, Guida allo studio della letteratura cit., p. 562.

13 La vita del brahmano si sviluppa secondo quattro fasi (ashrama) consecutive: egli è dapprima

brahmacharin (studente, apprendista), in seguito grihasta (capofamiglia), poi vanaprashtha (eremita) e

infine sannyasin (colui che rinuncia al mondo per vivere in meditazione); cfr. Anna L. Dallapiccola,

Induismo. Dizionario di storia, cultura, religione, trad. it. Maria Cristina Coldagelli, Milano, Bruno

Mondadori, 2005, p. 20. Per una lettura dei protagonisti di Narayan in linea con il modello degli ashrama, cfr. John Thieme, R.K. Narayan, Manchester, Manchester University Press, 2007, pp. 11-14.

14 R.K. Narayan, «Self-Obituary No. 5», in The Illustrated Weekly of India, 23 July 1950, p. 23, in R.K.

scelta delle voci narranti, quasi sempre eterodiegetiche15 e oscillanti tra una focalizzazione interna multipla che restituisce il punto di vista dei personaggi e una onniscienza che in nessun caso è cagione di commenti e sentenze volte a correggere la prospettiva dei protagonisti. Solo in rare circostanze il narratore, facendo ricorso a pronomi di seconda persona singolare dal probabile valore impersonale, sembra rivolgersi o comunque ammiccare al lettore; in nessuna di queste egli intende però renderlo destinatario di chiarimenti o complice di valutazioni sulla vicenda, ma semmai farlo calare all’interno dello spazio scenico (“At the end of this you ran home to drink coffee […] and rush off to the cricket field which was a long way off. You covered the distance half running, half walking, moved by the vision of a dun field sparsely covered with scorched grass […]. Just as you took the turn leading to Lawley Extension, you looked at the sun, which stood poised like a red-hot coin on the horizon.”16) o coinvolgerlo maggiormente nelle vicende dei personaggi (“If you had stood by the door and eavesdropped as did an urchin who had brought her her dinner from a near-by restaurant, you would have heard his voice […].”17).

Le ultime due proprietà basilari delle rappresentazioni mimetiche sono la storicità, ovvero la presenza di una cornice temporale storicamente “concreta e riconoscibile”, e “la «quotidianità» e «banalità» dell’ambientazione”, provvista di “connotazioni molto precise” e “descrizioni minuziose, elencazioni, classificazioni fatte con gusto documentario”18. Una considerazione affrettata che muove dalla consapevolezza del nucleo finzionale centrale all’opera di Narayan (quella “nuova mappa” essenzialmente estranea a qualsiasi atlante o almanacco del nostro mondo) potrebbe presupporre, in questo caso, l’impossibilità di questi due elementi; al contrario, il telaio sul quale i racconti si dipanano possiede una riconoscibilità storica e geografica che si manifesta in generale attraverso l’adozione formale delle categorie spazio-temporali del reale (l’India immaginaria non è infatti un paese antartico, né le giornate a Malgudi durano venticinque ore), e in particolare per mezzo di numerosi riferimenti a luoghi ed eventi conosciuti o verificabili dal lettore.

15 The English Teacher, The Man-eater of Malgudi e Talkative Man sono gli unici romanzi interamente

raccontati da narratori omodiegetici; in The Guide e A Tiger for Malgudi la narrazione è invece condotta alternando prima e terza persona.

16 Id., Swami and Friends, London, Mandarin, 1990, p. 125. 17 Id., The Painter of Signs cit., p. 113.

Per quanto riguarda la storicità, un primo dato di realismo emerge dunque dal rispetto della cronologia attuale. Prendendo a esempio il tempo della storia in The Bachelor of

Arts è possibile osservare come la fabula, che si estende dall’ultimo anno universitario

del protagonista Chandran ai primi mesi del suo matrimonio, possa essere facilmente ricostruita organizzando sulla linea del tempo le diverse vicende, quasi sempre introdotte o circoscritte da espressioni temporali. In breve, il romanzo si apre “in the middle of August” e la prima parte si chiude nel successivo mese di marzo, quando l’ultimo giorno di lezione viene suggellato dallo scatto di una fotografia di gruppo; la seconda sezione ha inizio “[w]ithin six months of becoming a graduate” e finisce poco più di un mese dopo; l’azione della terza parte è subito consecutiva e si conclude “after about eight months of wandering”; il racconto termina infine alcune settimane e “[t]wo months later” rispetto al ritorno del ragazzo a Malgudi. Il lettore è così in grado di collocare la vicenda sull’arco di due anni solari, e questa cronologia dedotta viene confermata, sul finire del romanzo, dal narratore, che osserva Chandran tornare “to his old college after two years” e lo descrive intento a guardare “some group photos hanging on the wall. […] He stood before the group representing the 1931 set.”19

La verosimiglianza storica dei romanzi è inoltre confermata da capillari riferimenti a date, avvenimenti documentati e personalità realmente esistite (arrivando, in questo ultimo caso, fino all’assunzione di Gandhi come attore comprimario in Waiting for the

Mahatma). La più o meno precisa ed esplicita contestualizzazione temporale delle

vicende consente al lettore di verificare la disposizione cronologica delle varie opere, che segue sostanzialmente un’evoluzione lineare, parallela ma non contemporanea alla loro data di pubblicazione. Le avventure infantili raccontate in Swami and Friends (1935) si situano così nei mesi precedenti e successivi al 15 agosto 1930, quando Swami e l’amico Mani si uniscono alla protesta anticoloniale organizzata sulle rive del fiume Sarayu, mentre le peripezie di Chandran in The Bachelor of Arts (1937), come si è visto, si estendono dall’agosto del 1931 alla fine del 1933. The Dark Room (1938) è ambientato dopo il 1935, anno della costruzione del Palace Talkies, il nuovo cinema frequentato da Savitri e dalla sua famiglia, e Mr Sampath (1949) descrive le vicende di Srinivas in una Malgudi in cui si susseguono le notizie sull’imminente scoppio della seconda guerra mondiale. Gli eventi che coinvolgono Margayya e il Dr. Pal in The

19 Le citazioni sono tutte da R.K. Narayan, The Bachelor of Arts, London, Mandarin, 1990, pp. 21-22, 91,

Financial Expert (1952) hanno una durata di circa tre lustri e non si protraggono oltre il

terzo anno del conflitto, laddove Waiting for the Mahatma (1955) si apre con la visita di Gandhi a guerra già iniziata e si conclude con il suo assassinio il 30 gennaio 1948. Grazie all’accenno al primo Piano Quinquennale da parte di Raju è possibile collocare gli episodi conclusivi di The Guide (1958) nella prima metà degli anni Cinquanta; in

The Man-eater of Malgudi (1961) Nataraj discute invece con l’amico Sen a proposito

del terzo Piano nehruviano, avviato proprio nell’anno di pubblicazione del romanzo. Se i valori e la mentalità del Jagan di The Vendor of Sweets (1967), uomo fuori dal suo tempo, corrispondono a quelli in auge all’epoca della visita di Gandhi, avvenuta due decenni prima – il romanzo è quindi ambientato nella prima metà degli anni Sessanta –, Raman in The Painter of Signs (1976) deve ineluttabilmente venire a patti con una Malgudi che nel 1972 attraversa una importante fase di cambiamento. Le disavventure della moglie di Rann in Talkative Man (1986) si verificano intorno alle metà degli anni Ottanta, a diversi anni di distanza dal suo matrimonio celebrato il 18 maggio 1978; in

The World of Nagaraj (1990), infine, l’evoluzione dello scontro fra tradizione e

modernità, non più riconducibile a personaggi o elementi culturali forestieri ma tutto interno a Malgudi, rende plausibile l’inserimento delle vicende in una fase successiva agli eventi narrati fino a quel momento, nonostante l’assenza di precisi riferimenti temporali. Due ulteriori romanzi, non elencati in precedenza, sono privi di altrettanto stabili puntellature, probabilmente a causa della forte ma dissimulata componente autobiografica dell’uno (The English Teacher, 1945) e della dimensione favolistica dell’altro (A Tiger for Malgudi, 1983); tuttavia, nulla impedisce di accomodare gli episodi in essi narrati all’interno della successione proposta in una posizione che equivalga a quella occupata dalle opere nella cronologia del mondo reale – inserendo quindi il dramma di Krishna e Susila tra la fuga di Savitri e l’avventura editoriale di Srinivas (dunque nella seconda metà degli anni Trenta) e il racconto della tigre Raja tra le peregrinazioni rurali di Raman e Daisy e i pettegolezzi del Talkative Man (sul finire degli anni Settanta).

Quanto all’ambientazione dei romanzi, essa sarà diffusamente trattata nel corso di questo studio. Per riferire in breve della sua “quotidianità e banalità” sarà sufficiente ricordare da un lato l’introduzione di Malgudi all’interno di un contesto geografico altamente riconoscibile (l’India del sud, in un territorio compreso tra l’antica Madras

Presidency e lo stato principesco di Mysore – ovvero tra i contemporanei Tamil Nadu, Andhra Pradesh e Karnataka), dall’altro la qualità domestica e familiare di un luogo immaginario in cui i lettori hanno sempre potuto trovare, insieme a Graham Greene, “a second home.”20

Accertata la consonanza tra gli elementi distintivi del modo mimetico e le caratteristiche dei romanzi in esame, non stupisce riscontrare che la reputazione di R.K. Narayan in sede critica sia stata fatta essenzialmente dipendere dalla sua capacità di realizzare ritratti realistici. La conseguente tradizione interpretativa che ne è scaturita ha trovato una larga diffusione in ambito accademico, ma ha nondimeno accolto al suo interno un vasto numero di ricerche poco condivisibili, fondate sulla concezione ristretta e massimalista di un realismo che esige per ciascun oggetto del mondo immaginario l’individuazione del suo referente nel mondo reale. Malgudi e i suoi personaggi non sarebbero dunque diversi dagli “oggetti surrogati” di Terence Parsons21: come questi, essi costituirebbero le controparti finzionali di luoghi e persone che il critico, novello pioniere, si assume il compito di rinvenire, rivolgendosi di frequente alla biografia dell’autore e dando luogo ad analisi che, anche quando interessate al solo esame della rappresentazione spaziale, si potrebbero definire “egocentrate”22.

Facendo riferimento al “triangular boundary of Madras, Mysore, and Coimbatore”23 in cui l’autore identifica le sue radici, molto inchiostro è stato versato per affermare, sebbene perlopiù in modo sommario e non analitico, le coincidenze tra Malgudi e diverse località dell’India meridionale: Madras, o, più correttamente, Purasawalkam, il sobborgo dove Narayan nacque e abitò fino all’adolescenza e la cui evoluzione, secondo Susan e N. Ram, rivela più di una affinità con lo sviluppo della cittadina immaginaria24; Coimbatore, “which has many of the landmarks – a river on one side, forest on the other, the mission school and college and all the extensions mentioned in the novels”25; Lalgudi, piccolo centro nei pressi di Trichy dal nome, dimensione e caratteristiche

20 Graham Greene, «Introduction», in Narayan, The Bachelor of Arts cit., p. v. 21 Cfr. Pavel, Fictional Worlds cit., pp. 27-31.

22 Cfr. Westphal, Geocritica cit., p. 157.

23 R.K. Narayan, My Days: A Memoir, London, Penguin, 1989, p. 163.

24 “What seems beyond dispute is that Purasawalkam, with its village traditions and small-town

ambience, with its role of playing host to Narayan’s formative childhood years, could not escape making inputs into his fictional universe”, in Susan Ram, N. Ram, R.K. Narayan: The Early Years, 1906-1945, New Delhi, Viking, 1996, p. 6.

25 Sadhana Chaturvedi, «Regional Consciousness in the Novels of R.K. Narayan», in Chhote Lal Khatri

fisiche simili26. L’ipotesi più percorsa e accreditata è però quella che lega Malgudi a Mysore, la città in cui lo scrittore si trasferì nel 1921 per ricongiungersi alla famiglia e dove abitò fino al 1990. Nonostante le innegabili consonanze, riconosciute in varie occasioni anche dallo stesso Narayan, dichiarare che “l’immaginaria città di Malgudi […] grosso modo coincide con Mysore” e considerarla, mutatis mutandi, pur sempre “la creazione fantastica di un luogo realissimo”27 rappresenta una fallace scorciatoia interpretativa, come dimostra un rapido confronto tra l’opera narrativa e quella saggistica dell’autore. In The Emerald Route (1977), resoconto di viaggio dedicato al Karnataka e versione riveduta ed espansa del precedente Mysore (1939), Narayan fornisce al lettore una descrizione del paesaggio della città di Mysore che evoca le vedute, tra l’urbano e il rurale, restituiteci dai suoi narratori: “crossing the Kaveri bridge, with the Chamundi Hill coming on view, […] one passes through rolling meadows and paddy fields, and with the sky-line unpunctuated by factory chimneys”28. Una facile tentazione sarebbe quella di operare una sostituzione tra i toponimi reali e immaginari e invocare la coincidenza tra le due località; eppure il fiume Kaveri non è il Sarayu, collocato anch’esso nella parte settentrionale della cittadina ma a soli pochi passi dalle più antiche zone residenziali e commerciali, nonché centro focale delle attività giornaliere degli abitanti (dalle abluzioni mattutine alle passeggiate serali); e le colline di Mempi, a differenza di Chamundi, non sono una stretta altura cittadina ma un’estesa catena che si staglia all’orizzonte di Malgudi. Procedere in questo gioco delle differenze è tanto possibile (“Malgudi […] lacks the hilly topography and princely architectural heritage, and in the bustle around Fountain Circle and Kabir Street […] the predominant language is Tamil, not Kannada”29) quanto superfluo: l’indeterminatezza caratteristica delle vicende dei personaggi ed estesa, come si proverà nelle pagine future, anche alla micro-geografia immaginaria può forse bastare a confutare la nomea di Narayan come scrittore referenziale in senso stretto.

26 Cfr. K.K. Sharma, «R.K. Narayan’s Malgudi with Special Reference to ‘The Financial Expert’ and

‘The Guide’», in Bhagwat S. Goyal (ed.), R.K. Narayan’s India: Myth and Reality, New Delhi, Sarup & Sons, 1993, pp. 28-41.

27 Paolo Bertinetti, «Una cosa viva: L’India di Narayan», in Id., Dall’India, Milano, Linea d’ombra, 1995,

p. 61.

28 R.K. Narayan, The Emerald Route, London, Penguin, 2003, p. 93.

29 John Lennard, «R.K. Narayan», in Jay Parini (ed.), World Writers in English, Volume II, New York,

In ultimo, l’assenza di un unico e incontrovertibile referente e il riconoscimento del derivante status cartografico chimerico ha indotto gli stessi e altri studiosi operanti nel precinto di questa medesima tradizione critica a riconsiderare il legame tra Malgudi e il reale come un rapporto di contiguità metonimica. La mappa immaginaria dell’autore acquisisce dunque un profilo pantopico: slegata dalla tirannia del singolo oggetto, essa inizia a essere pensata, in ordine di grandezza simbolica, come sinonimo delle caratteristiche cittadine sonnacchiose dell’India meridionale, figura della cosmologia indù, espressione di un’indianità quintessenziale, e microcosmo indiano30; oppure, “Malgudi is India, not the microcosm of India but real India, not merely a fictional and fictitious South Indian town but living India”31.