La trasparenza come mezzo di anticorruzione
5. Il Piano nazionale anticorruzione (PNA) e il Piano triennale di prevenzione della corruzione (PTPC).
Come anticipato, i due importanti strumenti, funzionali alla prevenzione della corruzione, sono il Piano nazionale anticorruzione (PNA) e il Piano triennale di prevenzione della corruzione (PTPC). Entrambi vogliono evitare l'insorgere di prassi illegittime e, quindi, vogliono assicurare il buon andamento e l'imparzialità della pubblica amministrazione in attuazione dell'articolo 97 della Costituzione. Buon andamento e imparzialità rappresentano i principi fondamentali dell'organizzazione e dell'azione della pubblica amministrazione: in particolare, l'imparzialità, visto che consente di perseguire fini istituzionali, garantisce il principio di uguaglianza. Con questa articolazione dei Piani si vogliono, perciò, conciliare l'esigenza di coerenza complessiva del sistema nazionale con quella di autonomia delle singole amministrazioni: queste ultime, così, possono ricercare apposite soluzioni efficienti ed efficaci.
Nello specifico, il PTPC viene adottato da tutte le amministrazioni e viene trasmesso al Dipartimento della funzione pubblica: in particolare, viene elaborato dal Responsabile della prevenzione e viene attuato dall'organo di indirizzo politico, che lo trasmette al Dipartimento della funzione pubblica con una valutazione del livello di esposizione degli uffici al rischio. E', inoltre, espressamente vietato attribuire l'elaborazione del Piano a soggetti esterni all'amministrazione. Il PNA, invece, vuole realizzare il coordinamento degli strumenti di prevenzione a livello nazionale. Non è indicata la conseguenza in caso di mancata approvazione del Piano: l'Autorità nazionale anticorruzione, in base alla sua autonomia, può respingerlo, integrarlo o modificarlo.70 Il PNA, quindi, vuole assicurare che le strategie nazionali si sviluppino e si modifichino in base alle esigenze e al feedback, ricevuto dalle
amministrazioni: in questo modo si predispongono strumenti di prevenzione sempre più mirati ed incisivi. Questi ultimi vengono ciclicamente affinati e sostituiti a seconda della loro accettazione e promozione da parte di tutti gli organi operanti.
Entrando nel merito del PNA, la sua creazione deriva da procedure di consultazione tra i membri del Governo, le principali autorità, la SNA e la ONG Trasparency-It. Il Piano è suddiviso in tre sezioni. La prima contiene gli obiettivi strategici e le azioni da realizzare nel periodo 2013-2016. Di Queste è responsabile il Dipartimento della funzione pubblica e gli altri soggetti istituzionali che operano a livello nazionale. Nella seconda sezione viene indicata la strategia a livello decentrato: infatti, sono riportate le direttive impartite alle pubbliche amministrazioni. Queste ultime sono sintetiche e gli approfondimenti interpretativi, procedurali e metodologici sono contenuti negli Allegati. Infine, la terza sezione si occupa delle comunicazioni dei dati e delle informazioni al Dipartimento della funzione pubblica: tali dati sono necessari per il monitoraggio e per lo sviluppo di ulteriori strategie. Le misure che le pubbliche amministrazioni devono applicare sono inserite negli Allegati e nelle Tavole corredati al Piano.
Dopo l'approvazione da parte dell'Autorità anticorruzione, il PNA viene diffuso dal Dipartimento della funzione pubblica e viene pubblicato sul sito istituzionale. Si possono, però, introdurre eventuali aggiornamenti sulla base di monitoraggi o di nuove norme, ma anche questi devono essere approvati dall'ANAC. Il Dipartimento si occupa anche dei controlli sull'attuazione della prevenzione: tali controlli si svolgono secondo modalità a campione.
I destinatari del Piano sono tutte le pubbliche amministrazioni. Il PNA si rivolge anche alle regioni, agli enti locali, agli enti ad essi collegati, agli enti pubblici economici, agli enti di diritto privato sottoposti al controllo pubblico, alle società partecipate, a quelle da
esse controllate, al personale delle Forze armate, delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare, della carriera diplomatica e prefettizia, ai professori e ai ricercatori universitari.
Il concetto di corruzione del Piano ha un'accezione ampia: riguarda le situazioni in cui, nel corso dell'attività amministrativa, un soggetto abusi del potere che ha per ottenere vantaggi privati. Quindi, ci si riferisce, oltre che alle fattispecie penalistiche, disciplinate nel Codice penale al Titolo II Capo I, a qualsiasi malfunzionamento dell'amministrazione, generato dall'uso delle funzioni attribuite per fini privati o all'inquinamento dell'azione amministrativa dall'esterno, anche se questa rimanga un tentativo. La Corte dei conti, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario 2013, ha sottolineato che la corruzione da “fenomeno burocratico/pulviscolare è diventato un fenomeno politico-amministrativo-sistemico.”. “La corruzione sistemica, oltre al prestigio, all'imparzialità e al buon andamento della pubblica amministrazione, pregiudica, da un lato, la legittimazione stessa delle pubbliche amministrazioni, e, dall'altro, l'economia della Nazione.”. “La risposta (…) non può essere di soli puntuali, limitati, interventi – circoscritti per di più su singole norme del Codice penale – ma la risposta deve essere articolata e anch'essa sistemica.”. “Da qui l'importanza della parte amministrativa della legge 190/2012 che assume la portata di una riforma delle pubbliche amministrazioni ai fini della prevenzione e della lotta alla corruzione, riforma che attende la sua prova più difficile, quella della sua realizzazione.”. La strategia nazionale anticorruzione prevede, quindi, di ridurre le opportunità che si manifestino i casi di corruzione, aumentare le capacità di scoprirli e creare un contesto sfavorevole alla corruzione.
A livello decentrato, invece, la lotta alla corruzione avviene attraverso un'azione coordinata tra strategia nazionale e strategia interna ad ogni amministrazione: il PNA fornisce le adeguate
direttive alle amministrazioni. Queste ultime devono attuare le misure obbligatorie previste dalla legge e quelle a seconda del contesto. Tali misure sono inglobate nel documento programmatico che ogni amministrazione deve adottare, cioè nel proprio Piano triennale di prevenzione della corruzione. Il PTPC, oltre alle suddette misure, deve contenere obiettivi, indicatori, responsabili, tempistica e risorse. Innanzitutto, dopo un'attenta valutazione, devono essere individuate le aree di rischio. Poi, devono essere indicati i tempi e le modalità del riassetto, cioè della valutazione, del controllo dell'efficacia e degli interventi di miglioramento. Il Piano in questione deve essere, inoltre, inserito nell'ambito del ciclo della performance. Nello specifico, la gestione del rischio si realizza attraverso l'individuazione delle “aree di rischio”, cioè delle attività in cui il rischio di corruzione è più elevato: quest'ultimo è maggiormente presente nei procedimenti di autorizzazione o concessione, erogazione di sussidi e contributi, forniture e servizi, concorsi per l'assunzione di personale e progressioni in carriera. Esiste un elenco di aree obbligatorie per tutte le amministrazioni e a questo ogni singola amministrazione aggiunge altre aree a seconda delle proprie caratteristiche: il PTPC deve, cioè, prevedere la c.d. mappatura del rischio. E' necessario che sia indicata, poi, la metodologia utilizzata per effettuare la valutazione del rischio. Sono presenti anche delle schede di programmazione delle misure di prevenzione in riferimento a ciascuna area di rischio.
Proseguendo nell'analisi dei contenuti, una parte del PTPC è dedicata ai soggetti e alla formazione in tema di anticorruzione. Un'altra parte del Piano, invece, si occupa dei Codici di comportamento. Infine, sono indicati altri strumenti di prevenzione come i criteri di rotazione del personale, quelli dell'attribuzione degli incarichi dirigenziali, le misure per la tutela del whistleblower e il sistema di monitoraggio. Annualmente, poi, il Responsabile della prevenzione della corruzione
offre un rendiconto sull'efficacia delle misure del PTPC attraverso una relazione che pubblica sul sito istituzionale di ogni amministrazione e invia al Dipartimento della funzione pubblica. Infine, si prevede che i Piani siano trasmessi esclusivamente per via telematica e non è consentito l'invio di documenti cartacei.
Riguardo ai Codici di comportamento, secondo il PTPC, le pubbliche amministrazioni, devono adottarne uno in base agli eventuali indirizzi dell'ANAC. Le regole di condotta devono essere differenziate a seconda delle aree di competenza e delle professionalità. Per favorire, inoltre, la comprensione dei comportamenti etici, il Codice deve essere concreto, cioè deve contenere guide e riferimenti ai soggetti interni all'amministrazione: è necessario che ogni amministrazione stabilisca gli schemi tipo di incarico dei collaboratori esterni, dei titolari di organo, del personale impiegato negli uffici di diretta collaborazione dell'autorità politica e dei collaboratori delle ditte fornitrici di beni o servizi od opere a favore dell'amministrazione. Ogni amministrazione deve anche occuparsi dell'attività di formazione sui Codici. E' prevista, poi, la verifica dell'organizzazione dei procedimenti disciplinari: tutte le amministrazioni devono aver costituito l'Ufficio procedimenti disciplinari e devono essere indicate le autorità che si occupano del procedimento e quelle che irrogano la sanzione, anche per i dirigenti. E' raccomandata anche la diffusione di un'immagine positiva dell'amministrazione attraverso la pubblicazione sul sito istituzionale di buone prassi e condotte di funzionari esemplari. Si chiede, inoltre, ai dirigenti di segnalare all'ufficio stampa dell'amministrazione articoli di stampa o comunicazioni sui media denigratori dell'amministrazione: in questo modo, l'amministrazione potrà rispondere offrendo i relativi chiarimenti.
Nel PTPC è disposto anche l'inserimento dell'atto che disciplina la rotazione del personale: quest'ultimo deve essere adottato da tutte le
amministrazioni e deve contenere i criteri di rotazione per tutti i dirigenti e per coloro che svolgono funzioni di responsabilità nelle aree a più elevato rischio di corruzione.
Il PTPC contiene, inoltre, le informazioni da rendere note al personale riguardo all'obbligo di astensione in caso di conflitto di interessi. Le pubbliche amministrazioni sono tenute anche a definire le condizioni ostative al conferimento degli incarichi: anche queste si trovano nel Piano. Sono previste, poi, le cause di incompatibilità delle posizioni dirigenziali: le amministrazioni devono effettuare i relativi controlli all'atto del conferimento dell'incarico, annualmente e, su richiesta, nel corso del rapporto. Il PTPC disciplina, inoltre, il divieto per i dipendenti di prestare l'attività lavorativa nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto.
Tra gli obblighi di riservatezza del Piano, è regolata anche la tutela del dipendente che effettui la segnalazione di un illecito, cioè il c.d. whistleblower: in ogni amministrazione un nucleo ristrettissimo di persone gestisce le segnalazioni che riceve attraverso canali riservati. Proprio questo nucleo di persone ha gli obblighi di riservatezza e, se non li rispetta, incorre nella responsabilità disciplinare. Sarebbe adeguato predisporre un sistema informatico di segnalazione per assicurare la copertura dei dati identificativi del segnalante e per identificare lo stesso in caso di segnalazione non anonima. Tale sistema, poi, non espone il segnalante alla presenza fisica dell'ufficio e permette di inviare le segnalazioni soltanto al corretto destinatario, cioè al Responsabile della prevenzione e all'UPD: così si evita la dispersione di notizie delicate. Ogni amministrazione potrebbe anche pubblicare sul proprio sito web degli avvisi informativi sulla procedura del whistleblower e sui diritti del segnalante.
Riguardo alla formazione, le pubbliche amministrazioni devono programmare dei percorsi su due livelli, ossia su quello generale, che riguarda tutti i dipendenti e si concentra sia sulle competenze sia
sull'etica e, poi, sul livello specifico: quest'ultimo è rivolto al Responsabile della prevenzione, ai referenti, ai componenti degli organismi di controllo, ai dirigenti e ai funzionari addetti alle aree a rischio. Il Responsabile della prevenzione individua i fabbisogni formativi in raccordo con i dirigenti responsabili delle risorse umane. I percorsi sull'etica e sulla legalità devono essere predisposti dalla Scuola nazionale dell'amministrazione. In ogni amministrazione sono presenti anche dei docenti che danno il loro contributo negli insegnamenti e negli aggiornamenti. Il personale esperto deve, poi, occuparsi del “tutoraggio” ai dipendenti nuovi che, quindi, operano secondo forme di affiancamento. Ogni amministrazione deve anche avviare iniziative formative sui temi dell'etica e della legalità, quindi, sui Codici di comportamento, sul Codice disciplinare e sull'esame di casi concreti: si cercano di estrarre i principi comportamentali attraverso lo studio di problematiche contestualizzate e tale studio avviene in appositi focus group, cioè in gruppi ristretti di dipendenti. Il Responsabile della prevenzione, invece, ha una formazione specialistica che comprende tecniche di risk management. Tutti questi processi di formazione verranno monitorati attraverso questionari riguardanti il grado di soddisfazione dei dipendenti. Infine, per promuovere la cultura della legalità, sono previste misure di sensibilizzazione della cittadinanza: viene, perciò, diffusa la strategia di prevenzione dei fenomeni corruttivi e le pubbliche amministrazioni individuano degli strumenti che consentano la segnalazione degli episodi di cattiva amministrazione. A tal proposito, sono stati valorizzati gli uffici per la relazione con il pubblico ed è stato raccomandato l'uso dei canali di ascolto dei rappresentanti degli utenti.71
Secondo il comma 9, il PTPC prevede, inoltre, obblighi di 71 Cfr. Cfr. “Piano nazionale anticorruzione, Disposizioni per la prevenzione e la
repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione”, dal sito del Dipartimento della funzione pubblica.
informazione al Responsabile della prevenzione: la circolazione delle informazioni, oltre a coinvolgere i vari soggetti operanti, facilita la vigilanza svolta dal Responsabile che, così, potrà individuare le cause della corruzione e migliorare gli strumenti di contrasto. La circolare n. 1 del 2013, emanata dal Dipartimento della funzione pubblica, ha, poi, stabilito che il vertice amministrativo o il dirigente delle risorse umane fissi indirizzi per favorire la collaborazione con il Responsabile della prevenzione: il dirigente, quindi, assume poteri propositivi e di controllo. Secondo il Dipartimento della funzione pubblica, se il Responsabile della prevenzione individua fatti che abbiano rilevanza disciplinare, deve comunicarlo al dirigente dell'ufficio del dipendente e all'ufficio procedimenti disciplinari. Se, invece, i fatti rilevati riguardano la responsabilità amministrativa, il Responsabile deve presentare una denuncia alla Corte dei conti per l'accertamento del danno erariale. Infine, se i fatti costituiscono notizia di reato, la denuncia deve essere presentata alla Procura della Repubblica o ad un ufficiale di polizia giudiziaria e deve essere avvisata l'Autorità nazionale anticorruzione.
Nel rispetto dell'imparzialità e della trasparenza, intesa come evidenza dei dati sull'amministrazione e come rendicontazione dell'attività pubblica, devono essere, poi, monitorati i rapporti nati da contratti, autorizzazioni o concessioni tra l'amministrazione e soggetti esterni. Sono oggetto di controllo anche le relazioni di parentela e le affinità tra gli amministratori, i soci e i loro dipendenti. Inoltre, in connessione con il Programma triennale per la trasparenza, il PTPC deve contenere ulteriori misure di trasparenza non indicate dalla legge: la trasparenza, visto che consente il controllo dell'attività amministrativa da parte degli utenti, rappresenta una delle principali forme di prevenzione. Tutte le informazioni e i dati utili devono essere pubblicati sui siti istituzionali e i soggetti che non dispongono di siti propri devono pubblicare tali informazioni nei siti istituzionali
delle amministrazioni di riferimento.
Oltre al Piano e al Programma, bisogna coordinare anche le funzioni del Responsabile della trasparenza con quelle del Responsabile della prevenzione della corruzione. Quest'ultimo deve accertarsi che il Piano venga attuato: valuta, quindi, l'impatto dello stesso sull'organizzazione e interviene per adattarlo ai continui cambiamenti dell'attività amministrativa. In particolare, il Responsabile deve proporre la modifica al Piano se viene violato il suo contenuto e può indicare gli eventuali scostamenti del Piano nella relazione che presenta all'organo di indirizzo politico. Secondo la legge n. 190 del 2012, il Responsabile della prevenzione ha, quindi, un ruolo molto importante: predispone il Piano, ne controlla l'attuazione e ne propone la modifiche. Esistono, perciò, anche delle responsabilità altrettanto rilevanti per i casi di inadempimento: la mancata predisposizione del Piano e delle procedure per la selezione e la formazione dei dipendenti è fonte di valutazione della responsabilità dirigenziale. In caso di reato, il Responsabile della prevenzione ha responsabilità dirigenziale, disciplinare ed erariale. L'esonero da tali responsabilità è valido solo se lo stesso responsabile dimostri di aver predisposto il Piano e di aver verificato la sua attuazione prima della commissione del reato. La sanzione disciplinare prevede la sospensione dal servizio con privazione della retribuzione. La responsabilità dirigenziale, invece, comporta il mancato rinnovo dell'incarico o la revoca con la decurtazione fino all'ottanta per cento dell'indennità di risultato. Se le violazioni sono ripetute, si prevede la responsabilità disciplinare dei dipendenti e anche quella del Responsabile per mancato controllo. Quest'ultimo risponde anche per danno erariale e all'immagine della pubblica amministrazione a seguito di definitivo accertamento di reato di corruzione. Il danno all'immagine prevede un risarcimento pari al doppio dell'utilità tratta dal dipendente ed esonera dalla responsabilità l'ente che dimostri di
aver adottato i modelli organizzativi e gestionali preventivi: si fa riferimento, quindi, al decreto legislativo n. 231 del 2001 riguardante la responsabilità amministrativa delle società. Tutta la normativa sulle responsabilità ha, dunque, il fine di dare concreta attuazione al Piano.
Il comma 60 dell'articolo 1 si occupa, infine, dell'attuazione del Piano nelle regioni e negli enti locali: quando risulta necessario, si può ricorrere alla Conferenza unificata Stato/regioni-Stato/città ed autonomie locali per fissare criteri più flessibili. Le intese della Conferenza disciplinano il Piano e, in particolare, i termini di conclusione degli adempimenti. Inoltre, tale Piano, oltre al Dipartimento della funzione pubblica, deve essere trasmesso alla regione. L'ANAC ha, poi, indicato ai presidenti degli enti la necessità di nominare subito il Responsabile della prevenzione: questo, così, può individuare le aree a rischio e procedere alla formazione del personale. Le intese disciplinano anche i regolamenti degli incarichi vietati ai dipendenti pubblici e i codici di comportamento: entrambi devono essere adottati da ogni amministrazione.72