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Pietro Ottoboni, cardinale nazionale e segretario del Sant‟Uffizio (1726-

II. I linguaggi della giustizia, le istituzioni e i filtri

5. Pietro Ottoboni, cardinale nazionale e segretario del Sant‟Uffizio (1726-

«In questo punto vado alla Congregazione del Santo Offizio benché sia l‟ultimo giorno di

carnevale: domattina pure si va in cavalcata e diman l‟altro ad un‟altra Congregazione a palazzo sicché ogni giorno si tira la carret-

ta» (Pietro Ottoboni a Margherita Pio di Savoia, s.d.)70

68 Ibidem.

69 Enrico Fanzio fu l‟ultimo dei Servi di Maria a esercitare l‟incarico di consultore in iure, nel

1767 il Senato lo sostituì con un «soggetto secolare» indicato dai Riformatori dello Studio di Padova. Come ha scritto Antonella Barzazi: «terminava così il quasi monopolio goduto dai Serviti, fedeli continuatori di una tradizione sarpiana che, depurata delle sue più autentiche istanze di mutamento politico- religioso, sociale, istituzionale, sfumava, a Settecento inoltrato in una generica rivendicazione dell‟indipendenza veneziana rispetto alla Sede Apostolica, or- mai superata dai fatti». Il 25 marzo 1769 fu nominato consultore il laico Giovan Battista Bile- simo, cattedrattico di Padova; a Natale delle Laste, un prete, era affidata la revisione dei brevi. Dopodiché «nell‟anticlimax del Settecento riformatore l‟attività dei consultori in iure continua. Esaurito lo slancio giurisdizionalistico degli anni sessanta, essa torna a concentrarsi sugli or- dinari problemi della politica e dell‟amministrazione». A decorrere dagli anni Settanta si sus- seguirono nella carica i già citati Natale Dalle Laste e Giovanni Battista Bilesimo, Trifone Wrachien, Antonio Bricci e Piero Franceschi. A.BARZAZI, I Consultori in iure, cit., p. 196-199. 70 BA, Archivio Falcò Pio di Savoia, Carteggio Margherita Pio di Savoia, b. V. N. 480, s. d., Lettere

del cardinale Pietro Ottoboni a Margherita Pio di Savoia (le lettere prive di data sono comunque ri-

conducibili al periodo dal 1691 circa sino al 1695 quando Margherita si trovava a Roma al seguito della madre e del patrigno, l‟ambasciatore veneziano Domenico Contarini). Su Mar- gherita Pio di Savoia v. F.VERONESE, Politica e potere nella corrispondenza di Margherita Pio di Sa-

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Nel 1969 Pier Giovanni Baroni pubblicò un libro intitolato Un conformista del diciottesimo secolo. Il cardinale Pietro Ottoboni. L‟intento principale del testo è di raccontare il legame tra il cardinale Pietro Ottoboni (Venezia 1667 – Roma 1740) e Margherita Pio di Savoia (Ferrara 1670 - Venezia 1725), attraverso l‟analisi delle lettere spedite dal religioso all‟amata. Lo studioso si interessò al- le vicende di Ottoboni perché lo considerava uno sconosciuto, una «singolare figura» di cardinale su cui mancava uno specifico lavoro storico. In qualche misura pensò di aver colmato la lacuna dipingendo un profilo, a suo dire, suf- ficientemente preciso e attendibile del porporato. In effetti il libro ne eviden- zia alcune caratteristiche: la sua passione per il teatro, la gelosia nei confronti di Margherita (e in generale la sensibilità al fascino femminile), l‟insofferenza per l‟abito talare, la preoccupazione per la successione del proprio casato e l‟amore – disgiunto talvolta dalla fedeltà – che lo accompagnò sempre nei confronti della patria, la Repubblica di Venezia.71 L‟autore ha offerto una

chiave di lettura, una fra le tante possibili: si concentra sull‟aspetto caratteriale e intimo del cardinale per come emerge da un carteggio segreto.72

Diverse ricerche, poi, hanno rilevato le qualità artistiche del prelato venezia- no: fu autore di drammi musicali, scrittore, membro dell‟Arcadia (e di una particolare accademia che prese il suo nome) mecenate, bibliofilo e grande collezionista d‟opere d‟arte.73 Una figura complessa quindi e studiata da vari

punti di vista. Eppure si ritiene che qualcosa sia sfuggito, vi sono degli aspetti che non sono stati approfonditi o risultano addirittura sconosciuti. Quello che non è stato messo in luce, o almeno solo marginalmente, è il ruolo gioca- to da Pietro Ottoboni nei rapporti tra Santa Sede e Serenissima: non è stata sviscerata la sua funzione di informatore,74 né tantomeno quella che rivestì

all‟interno della Congregazione del Sant‟Uffizio di cui fu segretario per quasi

voia in Donne a Venezia: Atti del Convegno (Venezia 8-10 maggio 2008), il saggio è pubblicato sul

sito www.storiadivenezia.it

71 P.G.BARONI,Un conformista del secolo diciottesimo. Il cardinale Pietro Ottoboni, Editrice Ponte

Nuovo, Bologna, 1959.

72 Il nucleo delle lettere del cardinale è costituito da poco più di quattrocento missive a lei

spedite.

73 A questo proposito G.MORELLI,Il cardinale Pietro Ottoboni e la cappella musicale di San Lorenzo

in Damaso, Strenna dei Romanisti, XLV (1984), pp. 353-357. C. PIETRANGELI,Alla ricerca di una serie di ritratti ottoboniani, Strenna dei Romanisti, XLI (1980), pp. 395-406, F.MATTITI,Due doni del cardinale Ottoboni alla corona di Francia, Strenna dei romanisti, LVI, pp. 383-398. Sulla

partecipazione del cardinale all‟Accademia dell‟Arcadia v. F. SANSOVETTI, Arcadia a Roma

Anno domini 1690: accademia e vizi di forma, in “MLN”, 112 (1997), p. 23. Inoltre il cardinale

Pietro Ottoboni commissionò la tomba destinata ad accogliere il prozio v. E. OLSZEWSKI,

Cardinal Pietro Ottoboni (1667-1740) and the Vatican tomb of pope Alexander VIII, Philadelphia,

American Philosophical Society, 2004.

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un ventennio.75 Si deve ammettere che le notizie riguardanti queste attività,

soprattutto quelle relative al Sant‟Uffizio, sono difficilmente reperibili; si se- guono per brevi passi in diversi fondi archivistici, soprattutto quelli che trat- tano delle relazioni tra i tribunali locali e la corte romana, o nell‟Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede che restituisce le attività degli inqui- sitori generali. Si tratta comunque di tracce importanti che ribadiscono il peso della politica nella risoluzione di determinate vertenze.

L‟apertura dell‟archivio centrale ha favorito studi sugli inquisitori locali e generali e ha reso possibile lo svolgersi di ricerche specifiche sui giudici eccle- siastici.76 Nel recente convegno A dieci anni dall‟apertura dell‟Archivio della Con-

gregazione per la Dottrina della Fede: Storia e Archivi dell‟Inquisizione, tenutosi a Roma dal 21 al 23 febbraio 2008, si è rilevata l‟importanza delle ricerche che hanno per oggetto l‟identificazione e la conoscenza delle persone che appar- tennero e costituirono un‟istituzione centralizzata come la Congregazione del Sant‟Uffizio. È soprattutto nell‟ultimo decennio che, con maggior vigore in area tedesca, l‟attenzione degli storici si è spostata dagli inquisiti agli inquisito- ri. Fra i vari componenti dell‟Inquisizione risulta difficile comunque districare l‟attività di un singolo cardinale rispetto agli altri, le “attività personali” in am- bito politico possono essere rintracciate solamente nei carteggi che questi a- vevano con i rappresentanti locali; oppure come nel caso di Pietro Ottoboni nelle carte istituzionali che, nello specifico quelle del Senato veneziano, ci tramandano notizie sul conto del cardinale. Per quanto riguarda strettamente il cardinale Pietro Ottoboni il suo ruolo all‟interno del Sant‟Uffizio fu eredita- to da quello dell‟anziano e omonimo pro-zio, Pietro Ottoboni senior (Venezia 1610 – Roma 1691), salito al soglio pontificio nel 1689 col nome di Alessan- dro VIII, una figura che potrebbe aver messo in ombra quella del nipote.

Gli studi di Gian Vittorio Signorotto hanno messo in evidenza l‟attività re- pressiva coordinata dal futuro Alessandro VIII quando, a decorrere dal 1654, in qualità di vescovo di Brescia (dove rimase per dieci anni) si era impegnato per reprimere i pelagini della Val Camonica, come si è già avuto modo di ri- cordare. L‟Ottoboni aveva cercato di sciogliere queste conventicole dapprima con ammonizioni e intimidazioni e poi con una vera e propria repressione di- retta, in accordo con l‟inquisizione bresciana. Nel giro di due anni (1655- 1657) il gruppo quietista fu liquidato e i suoi rappresentanti arrestati, proces-

75 Il cardinale Pietro Ottoboni entrò a far parte della Congregazione romana del Sant‟Uffizio

nel 1690, aveva ventitré anni. Nel 1726 ne diventò il segretario ricoprendo questo incarico sino alla morte, avvenuta nel 1740. ACDF, St. St. L5 – g, Elenco dei Cardinali Segretari, Assessori

e commissari della Congregazione romana del Sant‟Uffizio, cc. 1r – 4v.

76 Tali progetti di ricerca, ampi e articolati, si sono sviluppati soprattutto in ambito tedesco,

basti pensare al progetto di Münster relativo alla censura libraria nel Settecento (coordinato da Hubert Wolf) e a quello guidato da Hermann Schwedt che si occupa di ricostruire la pro- sopografia degli inquisitori in Italia.

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sati, costretti all‟abiura ed esiliati. Il vescovo di Brescia dimostrò un grande zelo nel reprimere il quietismo e in generale nel combattere tutte le minacce ereticali che potevano portare scompiglio nella chiesa.77 Durante il pontificato

di Innocenzo XI Pietro Ottoboni senior diventò un elemento di punta del Sant‟Uffizio:78 si occupò di tutte le più importanti questioni dottrinali e disci-

plinari di quegl‟anni, ricoprendo anche l‟importante incarico di segretario presso la stessa Congregazione; una volta salito al soglio pontificio inasprì i provvedimenti contro gli eretici.79

A questo punto si ritiene utile fare alcune considerazioni relative al breve pontificato di Alessandro VIII (1689-1691). La conformazione della curia fu influenzata dall‟elezione di un pontefice veneziano che, non a caso, promosse diversi cardinali di origine veneta. Secondo Renata Ago questa teoria è con- fortata da alcuni dati: se nel 1665 i cardinali veneti erano «quasi assenti» dalla corte romana, nel 1693 il loro numero era già salito a sei e nel 1703 se ne po- tevano contare ben otto. Il loro aumento, dopo la morte di Alessandro VIII, si deve alla presenza del cardinale nipote all‟interno della Cancelleria.80 Sin

dall‟inizio la carriera ecclesiastica di Pietro Ottoboni senior fu caratterizzata dall‟incertezza. Il futuro pontefice si era costruito una rete di protettori e pro- tetti, aveva speso molte risorse in regali e favori per accattivarsi la simpatia dei capi delle fazioni cardinalizie più potenti; la stessa famiglia Ottoboni, per quanto possibile, aveva sostenuto economicamente il religioso.81 È compren-

sibile che, dopo tanti sforzi, trovandosi al vertice della gerarchia ecclesiastica il futuro pontefice volesse l‟appoggio, all‟interno della corte romana, di por- porati vicini alle proprie posizioni. Alessandro VIII, infatti, era allo stesso tempo uno zelante uomo di chiesa e un nobile veneziano anche se di recente aggregazione.82 Si trovava quindi tra due fuochi perché asservito a due poteri:

77 A.PETRUCCI,Alessandro VIII, papa, in DBI, ad vocem. Su questo punto v. G.V.SIGNOROT- TO,Inquisitori e mistici, cit.

78 A.MENNITI IPPOLITO,Il governo dei papi nell‟età moderna. Carriere, gerarchie, organizzazione curia-

le, Roma, 2007, Viella, p. 68.

79 A.PETRUCCI,Alessandro VIII, cit.

80 R.AGO,Carriere e clientele nella Roma barocca, Roma - Bari, Laterza, 1990, p. 21.

81 Sull‟incertezza delle carriere ecclesiastiche v. ivi, p. 81 e ss. Sull‟appoggio economico al fu-

turo Alessandro VIII da parte degli Ottoboni cfr. A.MENNITI IPPOLITO,Fortuna e sfortune di

una famiglia veneziana. Gli Ottoboni al tempo dell‟aggregazione al patriziato, Venezia, Istituto Veneto

di Scienze, Lettere ed Arti, 1996, cit., p. 22-24.

82 Nel corso del Seicento gli Ottoboni dovettero affrontare diversi problemi economici, come

ha ben sottolineato Antonio Menniti Ippolito in Fortuna e sfortune, cit., (dove il termine sfor- tune è usato deliberatamente al plurale). La già precaria situazione finanziaria della famiglia si aggravò ulteriormente nel 1646 quando i fratelli del futuro pontefice, Marcantonio, Giovanni Battista e Agostino, decisero di aggregarsi alla nobiltà veneziana sborsando un‟ingente som- ma di denaro. In quel periodo la Repubblica di Venezia utilizzò questo mezzo – la messa in vendita dello status nobiliare – per sovvenzionare la guerra di Candia. Fu in questa congiuntu- ra che le finanze della casata diminuirono spaventosamente: agli sforzi compiuti per racimo-

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quello secolare, rappresentato dal doge, per il quale aveva già svolto il ruolo di informatore e ambasciatore non ufficiale presso la Santa Sede, e quello spiri- tuale rappresentato dalla chiesa, in favore della quale si era impegnato a re- primere ogni forma di dissenso religioso, attraverso il braccio del Sant‟Uffizio. 83

La Congregazione del Sant‟Uffizio era costituita da un gruppo di cardinali, in origine sei e poi più via via più numerosi, i cosiddetti inquisitori generali. Il papa in persona era il prefetto di questo congresso che era retto, in qualità di primus inter pares, da un cardinale segretario, coadiuvato da un assessore, rive- stito della dignità episcopale. A partire dal Seicento le riunioni degli inquisitori generali – che erano separate da quelle del folto gruppo dei teologi che costi- tuivano la Consulta teologica prestante la propria opera ad alcuni funzionari del tribunale come l‟avvocato fiscale, l‟avvocato dei rei, il capo notaro e della cancelleria, come il padre commissario, il padre compagno ed altri – avveniva solitamente a Santa Maria sopra Minerva o nei diversi palazzi apostolici alla presenza del pontefice. Cosa voleva dire far parte della Congregazione del Sant‟Uffizio e quali benefici poteva portare alla carriera ecclesiastica? Andrea Del Col rileva che dei sette papi eletti nella seconda metà del XVII secolo so- lo due non avevano ricoperto cariche inquisitoriali in precedenza. Lo stesso successore di Alessandro VIII, Innocenzo XII (Pignatelli) era stato inquisito- re a Malta. Nel secolo successivo Clemente XI (Albani, 1700 - 1721) e Cle- mente XII (Corsini, 1730 – 1740) erano stati membri delle Congregazioni del Sant‟Uffizio e dell‟Indice.84

Pietro Ottoboni junior – giunto giovanissimo a Roma, dov‟era stato educato sotto l‟ala dell‟influente prozio85 – entrò a far parte della Congregazione del lare la cifra da versare alla Serenissima, si assommarono i debiti procurati al patrimonio fami- gliare dai fratelli di Pietro senior: questi avevano già sperperato gran parte dei loro beni, o quello che ne rimaneva tra donne e gioco (le sfortune) e il pontefice – la cui elezione rappre- sentò la fortuna – impegnò gran parte della propria vita a mantenerli nonostante fossero scia- lacquatori e senza aspirazioni. Ivi, pp. 46-62, 142-146.

83 Come si è già esposto la carriera di Pietro Ottoboni junior non fu caratterizzata da

quell‟incertezza che aveva distinto quella dello zio: il cardinal-nipote trovò la strada spianata e lastricata d‟oro. In realtà Pietro Ottoboni junior manifestò più volte la propria insofferenza per quella vita che, ai più alti vertici della gerarchia ecclesiastica, Alessandro VIII gli aveva offerto come un mezzo di ascensione sociale.83 Del resto lo stesso pontefice richiamò più

volte il nipote: avrebbe dovuto condurre un‟esistenza castigata, più consona al proprio ruolo L. VON PASTOR,Storia dei Papi, XIV, II, Roma, 1932, p. 396.

84 A.DEL COL,L‟inquisizione in Italia, cit., p. 621.

85 Pietro Ottoboni junior nacque il 2 luglio 1667 a Venezia da Antonio e Maria di Giovanni

Moretti. Giovanissimo si trasferì a Roma a seguito dell‟omonimo zio cardinale. All‟epoca non era ancora stato destinato alla carriera ecclesiastica: il futuro Alessandro VIII in persona ave- va condotto una transazione matrimoniale affinché il nipote sposasse una figlia di Antonio

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Sant‟Uffizio all‟età di ventitrè anni. Probabilmente Alessandro VIII voleva che il nipote ripercorresse le proprie orme, gli affari trattati nella Congrega- zione del Sant‟Uffizio poi erano particolarmente delicati e la Repubblica a- vrebbe beneficiato del ruolo affidato a uno dei propri „cardinali nazionali‟. Ri- guardo alla nomina di Pietro Ottoboni nell‟elenco dei cardinali segretari con- servato nell‟Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede si legge: «l‟anno 1726 fu eletto il cardinale Pietro Ottoboni. Era stato ammesso l‟anno 1690 non aveva alcun cardinale prima di sé in Congregazione, non era vesco- vo, ed in Congregazione vi era il cardinale Francesco Barberini decano del sa- cro Collegio, ammesso l‟anno 1726».86 Fu così che Pietro Ottoboni jr., alla so-

glia dei sessant‟anni, riuscì a ricoprire il prestigioso incarico. La nomina av- venne in un periodo particolarmente fortunato, sia per la Repubblica, sia per la casata del cardinale. Nel 1724 era stato eletto Benedetto XIII, (il romano Pietro Francesco Orsini) amico dichiarato della Serenissima e degli Ottoboni. In onore dell‟elezione di Benedetto XIII scrisse:

Basadonna, nobile veneziano. Le cose però non andarono a buon fine: i Basadonna avevano molti debiti – come gli stessi Ottoboni del resto – quindi non poterono corrispondere una dote adeguata. A.MENNITI IPPOLITO,Fortuna e sfortune, cit., p. 153, n. 30. Le tappe della sua

carriera furono percorse a una velocità fulminea, come ricorda la cronaca di Vincenzo Car- della: «pochi giorni dopo essere stato Alessandro, assunto al trono del Vaticano, lo creò, in età di ventidue anni, Diacono Cardinale di San Lorenzo in Damaso, Segretario de‟ Memoriali, Sopratendente generale di tutto lo Stato ecclesiastico, Legato d‟Avignone, e vice Cancelliere della Santa Romana Chiesa. Oltre a questi splendidi carichi, lo provvide di ricche abbadie, e di pingui benefici, che oltrepassavano l‟annua rendita di cinquantamila scudi, riservati dall‟antecessore ad oggetto di procedere i nuovi cardinali, accordandogli nel tempo stesso la facoltà di esigere i frutti non per anche esatti de‟ vacanti benefici, che ascendevano a somme considerabili». LORENZO CARDELLA, Memorie storiche de‟ cardinali della Santa Romana Chiesa Scritte da Lorenzo Cardella parroco de‟ SS. Vincenzo, ed Anastasio alla regola, In Roma nella Stampe-

ria Pagliarini, 1744, p. 1. La promozione di Pietro Ottoboni junior avvenne il 7 novembre del 1689. Ibidem. Per quanto riguarda i compiti specifici: generalmente l‟incarico di segretario dei memoriali era affidato a una persona di fiducia del papa, spesso a lui legata da vincoli di ami- cizia, fedeltà, parentela o provenienza comune. Il compito del Segretario dei Memoriali era di riferire al papa tutte le richieste di grazia e di giustizia giunte in forma scritta; al termine delle udienze dedicate all‟ascolto delle suppliche il pontefice decideva se accoglierle o meno, le de- cisioni erano trascritte sul dorso delle suppliche medesime; G. MORONI,Dizionario di erudizio- ne storico-ecclesiastica, XLIII, Tipografia Emiliana, Venezia, 1847, pp. 188-192. Il ruolo di vice

cancelliere era fra i più prestigiosi della curia; la motivazione per cui fosse denominato „vice‟ non è chiara, probabilmente si trattava di una forma rispettosa nei confronti del papa. Certo è che aveva un enorme potere: rappresentava il segretario legale del pontefice ed era quindi a conoscenza di tutto ciò che era posto all‟attenzione del Concistoro. Redigeva inoltre i decreti concistoriali, e tramite gli addetti della cancelleria faceva spedire le lettere apostoliche, le gra- zie e i diplomi. Sui compiti del vice cancelliere v. A.MENNITI IPPOLITO,Il governo dei papi

nell‟età moderna, cit., p. 72, n. 11.

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per me è rinato Alessandro VIII perché dopo che sono cardinale non ho avuto al mondo più sincero e costante padrone del presente pontefice e posso assicurare vostra eccellenza che nella mutazione grande del grado non ha niente mutato di core, né della sua naturale affabilità e se Dio gli darà vita la nostra Serenissima Re- pubblica haverà tutto quello che vuole; ma non bisogna toccarlo nell‟autorità della Chiesa perché in questo è capace di ogni trasporto. Onde mi raccomando al nostro serenissimo che tenga lontano tutte queste occasioni che sole mi possono levare il contento di valere non poco per la serenissima patria.87

Il cardinale segretario si trovava a dover intervenire personalmente su de- terminati casi. In Il governo delle opinioni. Censura e formazione del consenso nella To- scana del Settecento Sandro Landi riporta un interessante episodio che ebbe per protagonista il cardinale Ottoboni e il suo ruolo all‟interno della Congrega- zione del Sant‟Uffizio.88 Il 21 e 28 giugno 1738 l‟ormai anziano cardinale

scrisse all‟inquisitore di Firenze, Paolo Ambrogi, mostrando la propria preoc- cupazione per la diffusione di un libro ritenuto pericoloso. Si trattava di l‟Histoire du diable, la probabile traduzione di un testo attribuito a Daniel De- foe, The history of the Devil as Well Ancient as Modern pubblicato a Londra nel 1727. Lo sguardo della Congregazione del Sant‟Uffizio si era posato sulla log- gia massonica cittadina, Ottoboni quindi sollecitò il giudice a prestare mag- giore attenzione alle pratiche di lettura che si svolgevano al suo interno. Il 23 agosto il segretario del Sant‟Uffizio scrisse nuovamente all‟inquisitore circa gli «inconvenienti che vanno sempre più dilatandosi in codesta città, non senza grave pregiudizio della salute spirituale di molti, e particolarmente de‟ libri contrari alla religione».89 La loggia massonica fiorentina e i libri in essa circo-

lanti preoccupavano notevolmente la Congregazione romana: «l‟inquisizione aveva quindi intravisto il pericolo che un circuito sotterraneo di libri e di let-