• Non ci sono risultati.

Il plebiscito del 5 ottobre 1988.

II. Frantumazione e ricostruzione di una nazione 2.1 Verso il colpo di stato militare del 1973.

2.9 Il plebiscito del 5 ottobre 1988.

Nel 1985 venne firmato congiuntamente da destra, centro e sinistra, con l’appoggio anche delle istituzioni cattoliche un accordo nazionale con linee guida per la transizione verso la democrazia, l’Acuerdo Nacional para la Transición a la Plena Democracia. Il generale Pinochet rifiutò categoricamente l’accordo, chiudendo così ogni possibile canale negoziatorio. Fu l’opposizione, guidata dalla Democrazia cristiana con a capo Patricio Aylwin, che attraverso la Concertación por el No mobilitò la società. In quegli anni si era infatti creata la Asemblea de la Civilidad, che rappresentava maggiormente la classe media, con lo slogan “democracia ahora”, l’Assemblea non solo rifiutava la dittatura di Pinochet ma rifiutava quella politica economica che era stata messa in atto fino ad allora, ovvero la politica dei Chicago Boys. Quest’ultima fu la protagonista dello sciopero generale del luglio 1986, sciopero che vide una grande partecipazione in numerose città che rimasero paralizzate. Ancora una volta la repressione fu brutale, un

61 Oltre alla scissione principale, il Partito Socialista si suddivideva in altre frammentazioni, tra cui il

movimento “rinnovamento e convergenza politica”, movimento che fin dopo il golpe si distanziò dalle pratiche e dall’ideologia marxista-leninista caratterizzante il Partito Socialista. M.R. Stabili, op.cit., p.208.

40 ragazzo diciottenne morto, 50 feriti da pallottole e centinaia di arresti. Anche a livello internazionale iniziarono delle rimostranze, gli stessi Stati Uniti avvertirono il regime e condizionarono i crediti da fornire al Cile, attraverso la Banca Mondiale e il Banco Interamericano de Desarrollo (BID) a garanzia della protezione dei diritti umani nel paese. Ci fu anche un tentativo di attentato contro la vita di Pinochet, nel settembre del 1986, da parte del Frente Patriótico Manuel Rodríguez (FPMR) che fallì. Già nel 1986 le proteste si erano affievolite e la situazione economica mostrava segni di stabilità. L’opposizione a questo punto era conscia che la via della protesta sociale sarebbe stata fallimentare, dovevano trovare una soluzione alternativa, perciò venne scelto il cammino costituzionale, accettando la Costituzione del 1980 e affrontando il regime dall’interno attraverso un plebiscito. Infatti fino al 1987 l’opposizione continuava ad affermare che non avrebbe preso parte al plebiscito, in quanto speranzosa di proporre un cambiamento radicale della Costituzione che permettesse di eleggere liberamente il Presidente della Repubblica. Successivamente i partiti si riorganizzarono in modo significativo a partire dal 1987 in vista del plebiscito che avrebbe deciso riguardo all’estensione dei poteri del generale Pinochet. Venne firmato un patto tra i partiti di opposizione con il quale si esposero per realizzare una campagna pubblicitaria a favore del No. I vincitori del plebiscito risultarono essere coloro che si opposero alla candidatura di Pinochet, il comitato del No, il 54,6% della popolazione votò contro Pinochet e il 43% a favore. Iniziò così la vera e propria campagna elettorale in vista delle elezioni del 1990. La vittoria fu inaspettata, anche le strategie dei pubblicitari e degli economisti di Pinochet avevano fallito, il modello neoliberale e una campagna con toni aggressivi minaccianti un ritorno al caos economico e sociale erano naufragati. La giunta militare si ritrovò a dover negoziare alcune modifiche costituzionali imminenti. Venne predisposto un mandato presidenziale di solo 4 anni senza la possibilità di una seconda candidatura, l’abolizione dell’articolo 8 e quindi il riconoscimento dei partiti politici fino ad allora proibiti, inoltre le procedure di riforma costituzionale vennero velocizzate e semplificate62. Concordando con la studiosa M.R. Stabili, le modifiche costituzionali avviate non intaccarono il quadro generale istituzionale predisposto dal regime, al contrario quest’ultimo « […] consapevole della probabile vittoria del candidato dell’opposizione, con una raffica di “leggi organiche” privatizza e sottrae al

62Antecedentemente qualsiasi emendamento, che riguardava gli organi supremi, doveva avvenire tramite

riforma costituzionale e affinché una riforma costituzionale fosse approvata doveva seguire un iter affannoso: essere approvata da almeno due terzi dei parlamentari in due diverse legislature consecutive.

41 controllo del governo tutto ciò che è possibile.»63. Gli economisti, al contrario, tentarono di non rettificare le politiche economiche e di continuare a proiettare quello che credevano essere stato il modello vincente, il modello neoliberale, si cercò di lasciare “todo atado”, tutto immutato.

2.10 Conclusioni.

Nel valutare globalmente il regime militare cileno molti studiosi si dividono tra coloro che sottolineano gli effetti repressivi, la consistente violazione dei diritti umani e tra coloro che attribuiscono allo stesso un ruolo modernizzatore. Un’analisi sulle politiche applicate non può tuttavia prescindere da un’analisi delle caratteristiche del regime che le mise in atto. In Cile fu intrapreso un esperimento ultraliberale, ma fu un prodotto quasi esclusivo del regime militare stesso, tanto da poterlo identificare come «capitalismo autoritario», ovvero una modernizzazione autoritaria64. Non fu facile per il neoliberismo e i suoi sostenitori porre una soluzione alla contraddizione che si venne a presentare: due requisiti erano necessari ed essenziali per tale teoria, la libertà economica e politica65, ma non vennero rispettate nell’esperienza cilena. La mancanza delle due prerogative in contemporanea fu spiegabile solo analizzando la situazione in un’ottica funzionale. La dittatura fu la risposta a una necessità imperante: evitare il perpetrare del socialismo. Dunque l’assenza di libertà politica venne giustificata e definita temporanea e necessaria per le trasformazioni portate avanti dal governo autoritario. I Chicago Boys sostenevano infatti che quest’assenza avrebbe gettato le basi

63M.R. Stabili, op. cit., p.193.

64Interessante è l’analisi del sociologo francese Tourain riguardo alla modernizzazione nazionalistico-

autoritaria, egli prende come esempi la Turchia kemalista, la Germania bismarckiana, il Giappone della restaurazione Meiji. La base da cui partire è che la modernizzazione non è sempre un processo endogeno, poiché le società tendenzialmente sono restie ai cambiamenti. Sono richiesti, dunque, fattori e protagonisti esterni che ne facilitino l’avvio, tra i fattori vi possono essere anche una guerra, una crisi politica o economica. I protagonisti dei processi di trasformazione si riscontrano in élite politiche, nello Stato, o in alcuni casi, come nelle potenze coloniali, con altre forze esterne. L’America Latina è caratterizzata da un modello di sviluppo dove l’agente propulsore è lo Stato, che diviene il principale combustibile del motore della modernizzazione. Gli avvenimenti in Cile tra il 1973 e il 1989 si avvicinano al modello «bismarckiano» di Tourain, poiché il governo di Pinochet creò una classe dirigente apposita modernizzatrice. Una classe dirigente imprenditoriale che tutt’ora ha posizioni predominanti nella vita economica, sociale e politica del paese. Ciò che caratterizza il Cile, tuttavia, è che il governo autoritario cileno agì non con lo scopo di ripristinare un ordine sociale preesistente bensì con lo scopo di condurre la nazione verso un nuovo ordine sociale. A. Tourain, Libertà, uguaglianza, diversità. Si può

vivere insieme?, Milano, ilSaggiatore, 2009, passim.

65 Secondo Friedman la base per la prosperità economica è un connubio tra libertà politica e libertà di

mercato. «La libertà economica è un requisito essenziale per la libertà politica. Mettendo gli individui in grado di cooperare l’uno con l’altro senza coercizione o direzione centralizzata, essa riduce l’area sulla quale si esercita il potere politico. Di più, disperdendo il potere, il mercato libero fornisce un contrappeso alla formazione di qualsiasi concentrazione di potere politico. Il combinarsi di potere economico e politico nelle stesse mani è una ricetta sicura per la tirannia.» M. & R. Friedman, op. cit., p.8.

42 di una libertà economica e solo successivamente, una volta debellata l’opposizione e tutto ciò che era discordante, sarebbe stata ripristinata nuovamente la libertà politica.

43

III. La Transizione

«È senz’altro meglio la fame condita con la libertà

piuttosto che la fame condita con la repressione»