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Seconda fase della transizione.

II. Frantumazione e ricostruzione di una nazione 2.1 Verso il colpo di stato militare del 1973.

3.2 Seconda fase della transizione.

3.2.1 Aylwin e il governo del «camino del medio».

Il 14 marzo 1990 entrò in carica il primo presidente eletto democraticamente dopo 17 anni di dittatura. Aylwin esordì dichiarandosi presidente di tutti i cileni, il suo governo non avrebbe attuato contro un determinato settore bensì avrebbe agito in favore del paese intero. Durante una pomposa cerimonia che terminò con l’entrata nella città di Santiago di un acclamato corteo presidenziale, il passaggio di carica avvenne

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E. Boeninger, passim.

50 direttamente per mano del generale Pinochet che consegnò la propria fascia, quando per consuetudine ciascun nuovo presidente era solito indossare la propria21. Pinochet da quel momento divenne Capo di Stato maggiore dell’Esercito22

, prefissandosi di rimanere a controllo del governo civile con «l’intenzione di vegliare sul paese»23

. Solo nel 1998 Pinochet lasciò definitivamente la carica di Capo di Stato maggiore, ottenendo però il vitalizio in Senato. È chiaro come il governo Aylwin rimase in continuità con il regime, non riformò gli apparati né modificò radicalmente la Costituzione24, che manteneva grandi poteri in mano alle forze armate. Questo anche perché, essendo il Congresso suddiviso in due forze politiche differenti, era difficile portare avanti riforme che avessero un largo consenso. Anche in campo economico le riforme furono minime. Lo stesso Aylwin riconobbe i successi economici del regime. La sfida del nuovo governo era imprimere stabilità a livello economico seguendo un percorso di crescita25, in un paese che stava chiedendo maggiori opportunità lavorative e nuovi posti di lavoro. Dato che oltre a miglioramenti occupazionali dalla società emergevano anche richieste di maggior giustizia sociale, una diminuzione della povertà, ma soprattutto un miglioramento nella distribuzione della ricchezza. Il nuovo governo tentò di porre rimedio a problemi sociali, di migliorare il livello d’ istruzione e della sanità e di risolvere la questione abitativa. Il governo della transizione ereditò il «debito sociale»26 accumulato dal regime che aveva sacrificato la qualità della vita dei settori medi e settori più poveri in virtù dei principi dell’economia sociale di mercato. Negli anni Novanta anche l’arena partitica si andava ridimensionando, i due partiti socialisti confluirono definitivamente nel partito di Lagos, Partido Por la Democracia (PDD). Il

21 «Tutta la cerimonia esprime e sintetizza, in modo fortemente simbolico, non soltanto il significato del

processo di transizione democratica ma anche il senso più profondo dell’intera storia del Cile repubblicano». M.R. Stabili, op. cit., p. 216.

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Ciò era dovuto a una disposizione transitoria della Costituzione che prevedeva per coloro che svolgevano in quel momento il ruolo di Comandanti in Capo dei tre rami della Difesa Nazionali, che continuassero a esercitarlo per otto anni ulteriori, dunque fino al 10 marzo 1998. La posizione di Aylwin riguardo a tale problematica non si fece attendere. Espresse il proprio disappunto riconoscendo e rispettando però questo diritto. R. Barros, Constitutionalism and Dictatorship: Pinochet, the Junta, and

the 1980 Constitution, Cambridge, Cambridge University Press, 2002, pp. 137-138. 23 M.R. Stabili, op. cit., p. 216.

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Era estremamente difficile modificare le disposizioni della Costituzione, le quali richiedevano quorum raggiungibili solamente con la destra e la sinistra coalizzate. R. Barros, op. cit., p. 135.

25 Gli indici macroeconomici riguardo all’economica cilena mostravano che per tutta la prima metà degli

anni Novanta il reddito pro capite fu uno tra i più elevati dell’America Latina, in quegli anni sia i livelli di occupazione sia i salari reali crebbero con una percentuale annuale che si assestava intorno al 2% - 4 %. Aumentarono anche le esportazioni e gli investimenti esteri nel paese. Fu durante il governo della Concertazione, in particolare tra il 1990 e il 1995, che sembrarono venir messi in atto in maniera concreta i precetti neoliberali implementati durante il governo di Augusto Pinochet. B.P. Bosworth, R. Dornbusch, R. Labán, The Chilean Economy. Policy Lessons and Challenges, Washington D.C., The Brookings Institution, 1994, pp. 29-81.

51 Partito Comunista iniziò ad abbandonare lo strumento della lotta armata, discostandosi anche dal Frente Manuel Rodríguez27. Gli anni del governo di Aylwin furono caratterizzati da cautela, da toni morigerati, da ricerca continua di compromessi e da un gradualismo. Il paese non si era lasciato del tutto dietro il pesante passato e si trovava a dover affrontare una nuova realtà con ancora l’ombra asfissiante di 17 anni di dittatura. Il governo subiva infatti ancora i condizionamenti della classe sociale fedele al regime, lo stesso Pinochet nel primo anno di governo aveva minacciato un ritorno al potere tramite l’uso della forza. Aylwin riuscì a far convergere le varie forze di opposizione grazie anche alla sua pacatezza ed esperienza politica. Egli infatti, nonostante la ferrea opposizione al governo di Allende e i suoi trascorsi a sostegno del golpe militare, dalla seconda metà degli anni Settanta si era discostato dal regime e in campagna elettorale si era posto come oppositore di quest’ultimo. Opposizione che gli assicurò l’appoggio della sinistra. Ottenendo al contempo il sostegno anche della destra che aveva votato Sì al plebiscito memore del passato di questo candidato come militante di destra. Idea comune e condivisa era che la transizione dovesse avvenire in maniera pacifica, nonostante il nuovo rappresentante dello Stato fosse stato un sostenitore della caduta del regime, egli avrebbe assicurato a Pinochet e alle forze armate una minima continuità e non una rottura definitiva, pur mantenendo gli obiettivi avvallati dalla Concertazione. Una negoziazione era necessaria poiché la nazione aveva bisogno di interrompere il circolo di violenza che l’aveva attraversata nei decenni precedenti28

. Nonostante il regime avesse subito una sconfitta elettorale, in termini politici manteneva potere e direzione, sia tra le forze armate sia tra la classe imprenditrice, così come alcune testate giornalistiche e altri mezzi di comunicazione continuavano a essergli fedeli.

Il programma del governo seguiva due obiettivi principali, portare a compimento le promesse effettuate durante la campagna elettorale in modo da dimostrare che la Concertación era in grado di governare superando la campagna del terrore del precedente regime. In secondo luogo aveva lo scopo di promuovere la coesione interna alla coalizione stessa, in modo da confutare la tesi che dichiarava quest’ultima debole e viziata da conflitti endemici. Il governo doveva puntare sull’immagine pubblica attraverso l’elaborazione di un programma strutturato in maniera partecipativa e tecnica. Furono create numerose commissioni tecniche a cui parteciparono esperti dei vari partiti della Concertazione. La coalizione trionfante governò durante otto anni, la transizione

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C. Bascuñan Edwards, op. cit., p.80-97.

52 fu « lunga e complessa»29. Nonostante i pronostici, Aylwin seppe governare con abile capacità di comando, sempre cercò di dirimere le controversie interne in modo da mantenere stabile l’alleanza. Egli si pose come l’«uomo giusto»30

attento alle questioni sociali e al rispetto dei diritti umani. La democrazia si impiantò in tutti i settori, i procedimenti elettorali divennero chiari e trasparenti, la libertà di stampa assicurata e lo Stato riconobbe l’enorme esecuzione di crimi e violazioni. Tuttavia occorre distaccare che inizialmente nella transizione cilena, a differenza di altre, la legge riguardante l’amnistia che si concessero i militari prima di abbandonare il potere non venne abrogata .

3.2.2 La normalizzazione dei rapporti con le forze armate.

Il primo passo per sanare il contrastato rapporto con le forze armate era consacrare l’autorità del presidente della Repubblica, porlo al di sopra anche del Comandante in Capo e dunque sopraelevarlo alle istituzioni armate. Era necessario imporre una cultura di rispetto e di dipendenza riguardo a questa figura. Quest’obiettivo venne raggiunto grazie alla coesione interna che ottenne il governo e grazie al ruolo attivo del presidente Aylwin. Il pericolo di un ulteriore colpo di Stato fu scartato poiché, a eccezione di singoli atti di insubordinazione militare riguardanti in special modo l’esercito31, non si presentarono sommosse a livello militare. Anche il contesto internazionale era profondamente cambiato, infatti la Guerra fredda era conclusa e l’America Latina stava attraversando un periodo generale di democratizzazione. Fin dall’inizio dunque il governo si adoperò affinché fosse formalmente distinto l’apparato delle forze armate da quello che era stato l’operato di Pinochet. In un messaggio presidenziale Aylwin

29 V. Castronovo, op. cit., p. 268. 30 E. Boeninger, op. cit., p. 386. 31

L’alta gerarchia dell’esercito rimase stretta attorno al suo Comandante in Capo e seguì le direttive che egli stesso emanava. Gravi questioni vertevano attorno a queste forze armate, la più problematica era l’apertura dei processi per le violazioni dei diritti umani, inoltre il governo aveva modificato la Legge Organica delle forze armate restituendo così al presidente della Repubblica la facoltà di avere voce in capitolo nella nomina dei vertici militari. Infine si aprì un’altra questione gravosa. Come annunciato dalla “Nación”, quotidiano governativo, «si aprì il caso degli assegni incassati dal figlio di Pinochet». Il figlio primogenito del generale aveva incassato dall’esercito stesso un assegno di circa tre milioni di dollari. La causale era la vendita di una fabbrica di armi, la PSP, la Proyectos Metalúrgicos Integrados a la

Producción. Pinochet non figurava come socio, nonostante ciò l’assegno venne intestato a lui. A seguito

dello scandalo la reazione fu improvvisa e inaspettata, circa sessanta paracadutisti armati con tanto di bazooka si posizionarono a difesa dal palazzo delle forze armate proprio dietro il palazzo presidenziale, la

Moneda, in segno di chiara provocazione. In quel momento il presidente Aylwin non si trovava nel paese,

si era recato per un viaggio di Stato in Scandinavia, al suo rientro il presidente respinse le richieste di amnistia generale da parte dell’Esercito poiché ciò avrebbe comportato la chiusura di tutti i processi contri i militari. Al rifiuto presidenziale si susseguì l’azione del Senato che non ebbe timore a bloccare tutte le riforme proposte dal governo. Aylwin trovandosi in un’impasse autorizzò l’indulto per i prigionieri politici accusati di delitti commessi durante la dittatura, prima dell’11 marzo 1990. R. Otano,

53 dichiarò che certamente la Concertazione era stata oppositrice al vecchio governo ma ciò non significava che fosse nemica delle forze armate32. In altre occasioni sottolineò questo concetto dichiarando nuovamente la volontà del governo di distinguere il precedente regime dalle rimanenti istituzione armate33. La distinzione risultava necessaria affinché i rapporti tra autorità civili e militari fossero normalizzati. L’esercito fu il settore che più ostinatamente cercò il confronto in maniera conflittuale con il governo con ripetute condotte offensive e chiari affronti diretti. Suscitò clamore l’incidente durante la parata militare del 1990 in cui il generale Parera contravvenne al regolamento vigente, rifiutandosi di chiedere il permesso verbale per iniziare la sfilata delle truppe, oltre ad aver deliberatamente riempito la tribuna ufficiale e gli spazi adiacenti con invitati propri che non esitarono a gridare e fischiare il presidente e l’intero consiglio dei ministri. Questo affronto avvenne proprio mentre emergevano testimonianze e prove contro alcuni ufficiali dell’Esercito in servizio concernenti crimini commessi durante il governo militare. Senza contare l’intransigenza del generale Pinochet, che fedele alle sue dichiarazioni a difesa dei suoi uomini34, impediva che quest’ultimi venissero giudicati o sanzionati. Il presidente della Repubblica aveva un ristretto margine di azione poiché in base a una Legge Organica delle forze armate promulgata alla vigilia del plebiscito del 1988, egli avrebbe potuto destituire un ufficiale solo su proposta del corrispettivo Comandante in Capo, norma che in questo caso lasciava completamente il governo inerme. Solo dopo l’impegno personale di Aylwin, il governo riuscì a ottenere una parziale competenza nella nomina e destituzione dei membri delle forze armate, in cambio concedette un appoggio ad alcune questioni istituzionali di particolare rilevo come il servizio militare obbligatorio e il finanziamento all’industria bellica.

3.2.3 La politica dei diritti umani.

Dunque un proposito fondamentale della transizione fu costruire una relazione pacifica tra i civili e i militari35 in modo da evitare ritorsioni o guerre civili e assicurare

32 Cfr. “Messaggio Presidenziale del 21 maggio 1990” in E. Boeninger …[et.al.], Discursos presentados por los autores a la Conferencia Internacional “Chile y la Transición a la Democracia”, Santiago de

Chile, CIEPLAN, 1992, pp. 143-167.

33 “Messaggio Presidenziale del 21 maggio 1991”, ibidem. 34

Pinochet ai giornalisti aveva dichiarato apertamente che non avrebbe permesso che venisse toccato « un solo pelo di uno dei suoi uomini». E Boeninger, op. cit., p. 390.

35 Il giorno dopo aver ricevuto la banda presidenziale, Patricio Aylwin terminò la cerimonia di investitura

con un discorso nello Stadio Nazionale di Santiago, luogo che in passato era stato centro detentivo luogo di torture ed estorsioni ai detenuti politici. Pronunciò parole storiche, ristabilire un clima di rispetto e di confidenza, questo era l’obiettivo del nuovo governo. Una confidenza che doveva infondersi in tutti i

54 invece piena stabilità nel paese, un paese dove potevano convivere i due diversi settori sotto la bandiera democratica36. Obiettivo molto arduo poiché se il governo venne caratterizzato da toni pacati, ciò che si andò trasformando a voce alta furono i movimenti per la difesa dei diritti umani. Inizialmente il governo, nonostante tale proposito fosse stato incluso nel programma elettorale della coalizione, non derogò la Legge sull’amnistia del 1978. Ciò significava che non ci sarebbero state condanne penali por coloro che si fossero macchiati di crimi effettuati prima dell’entrata in vigore di questa normativa. Un caso del tutto differente riguardava i crimini commessi successivamente al 1978, i militari non avevano la possibilità, né la legittimità, di opporsi a un giudizio in quanto Pinochet non aveva provveduto a dettare una seconda Legge sull’amnistia. La mancata posizione del governo fu un netto affronto per le organizzazioni dei diritti umani, ormai saldamente costituite. Dovendo dunque prendere atto di queste rivendicazioni, Aylwin cercò di compensare la propria decisione con diverse iniziative. Nel giugno del 1990 venne nominata una commissione composta da studiosi di diritto, accademici e giuristi coordinati dall’avvocato Raúl Retting, che aveva il compito di analizzare e portare alla luce le violazioni perpetrate durante la dittatura. La commissione prese il nome “Verdad, Justicia y Reconciliación”. Venne creato dal Parlamento un organismo analogo alla Commissione per affiancare l’opera di quest’ultima, la Corporazione Nazionale di Riparazione e Riconciliazione, guidata dal prestigioso avvocato Alejandro Gonzales, essa si occupava di risarcire i familiari delle vittime. Così come la Oficina Nacional de Retorno si occupò delle problematiche di reinserimento degli esiliati politici in Cile. Con il lavoro di quest’ultime e il contributo della popolazione furono raccolte migliaia di testimonianze e numerose prove sui crimini consumati, le testimonianze furono utili anche per rintracciare alcune fosse comuni dei desaparecidos37. I membri della Commissione si avvalsero della laboriosa

settori della società, tra tutti i cittadini, qualunque credenza, idea e condizione sociale avessero avuto, fossero stati civili o militari. A quest’ultime parole, lo stadio venne inondato da fischi, ma il presidente con tono fermo e determinato rispose « Sì Señores, sí compatriotas, civiles o militares, Chile es uno sólo!». La dichiarazione del presidente fu significativa, il primo governo democratico dimostrava un carattere super partes affermando inoltre un riconoscimento all’autorità del presidente come arbitro di ultima istanza per dirimere discrepanze e conflitti interni. R. Otano, op. cit., pp. 113-118.

36 G. Arriagada, op. cit., p. 272.

37 Il documento apportò evidenti prove riguardo ai crimi eseguiti e riguardo all’atrocità con cui vennero

attuati. Circa 1.000 risultarono essere i desaparecidos, sequestrati e uccisi, fatto fino a quel momento negato dalle forze armate che sostenevano che vi fossero solo i documenti di detenzione e non le prove del loro destino finale. Il numero delle vittime accertate fu di 3.197, 1672 uccisi dai Carabineros e dai soldati, 1.102 scomparsi, 423 morti per atti di violenza. Vennero portati alla luce l’azione e il ruolo della DINA. Infine fu chiaramente negata la tesi secondo la quale le azioni di repressione avevano una giustificazione in quanto necessarie per debellare una guerra interna al paese. Nel 1997 la Commissione venne sostituita da un Programma sui Diritti Umani, il quale tramite corporazioni iniziò fino ai giorni

55 raccolta effettuata precedentemente dalla Vicaría de la Solidariedad, che dopo esser riuscita a sopravvivere durante il regime aveva raccolto numerosi documenti concernenti i crimini commessi in nome della sicurezza dello Stato. La commissione stilò un rapportò che venne poi inviato al governo, un documento che ricostruiva gli avvenimenti senza però indicare gli esecutori e i responsabili, sarebbero state poi le famiglie interessate a ricorrere al tribunale, procedendo quindi per vie legali. Il paese venne a conoscenza di questa informe il 4 marzo 1991 e attraverso un annuncio televisivo il Presidente chiese espressamente perdono a tutti i familiari delle vittime direttamente involucrate, chiedendo inoltre la collaborazione delle forze armate affinché il dolore provocato venisse riconosciuto. «Come rappresentante dell’intera nazione»- disse il Presidente-« chiedo perdono a nome del Cile ai familiari delle vittime. E chiedo solennemente alle forze armate e a chiunque abbia commesso eccessi di riconoscere il dolore causato»38. Questo lavoro fu utile per la riconciliazione nel paese, anche se avvenne in un clima teso dove Pinochet minacciava chi stava macchiando il nome della forza armata a lui appartenente, ovvero l’Esercito. Il Comandante in Capo infatti contrattaccò dichiarando che «l’esercito cileno non deve chiedere perdono a nessuno per aver preso parte a questa patriottica missione che ha restituito al Cile la pace sociale e democrazia»39.

In questo campo il governo aveva anche altri propositi ma si mosse sempre in maniera molto cauta. Era doveroso esaminare a fondo il caso Letelier, iniziò a prospettarsi inoltre la possibilità di investigare sui crimini commessi antecedentemente alla Legge sull’amnistia sanzionando i responsabili, ma quest’ultimo assunto trovò l’opposizione dei servizi di polizia restii a cooperare, la precauzione dei giudici nell’aprire casi contro militari e soprattutto il rifiuto dei tribunali militari di cedere competenza nel giudizio per i propri membri. Celerità veniva inoltre richiesta riguardo alla questione degli esiliati e riguardo al rilascio dei rimanenti “prigionieri politici”, presunti autori di crimi commessi con finalità politiche durante il regime di Pinochet, spesso torturati e condannati senza un giusto processo, o addirittura incarcerati in maniera preventiva. Per risolvere queste questioni il governo sottopose un pacchetto di leggi all’approvazione

nostri a prestare assistenza sia legale sia sociali ai famigliari delle vittime del regime e dei detenuti politici.“ Informe de la Comisión Nacional de Verdad y Reconciliación”, Santiago de Chile, Corporación Nacional de Reparción y Reconciliación, volume I, tomo 1, pp. 16-447, M.R. Stabili, Le verità ufficiali

(...), cit., pp. 83-100, il programma politico attuale cileno rispetto a diritti umani e una rassegna storica

delle commissioni è consultabile al seguente sito http://www.ddhh.gov.cl/verdad-y-justicia/, consultato in data 02/01/2017.

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R. Otano, op. cit., p. 217.

56 del Congresso. Ma era necessario per qualsiasi azione aggirare la Legge sull’amnistia senza al contempo abrogarla per non inimicarsi le forze armate. Una legge che prevedeva l’amnistia implicitamente predisponeva che ci fossero dei colpevoli, altrimenti non essendoci colpevoli non vi sarebbe stata l’amnistia. Partendo da questo concetto il governo riuscì a ribaltare l’essenza della legge e grazie a essa conseguì l’avvio delle investigazioni dandone loro legittimità; le inchieste per riscontrare i colpevoli presero dunque avvio ma sospesa rimase la questione di come porre quest’ultimi sotto giudizio. Questo escamotage la Corte Suprema lo definì la “dottrina Aylwin”.

La politica dei diritti umani intrapresa dal governo venne accettata delle varie fazioni della Concertazione ma riscontrò contrarietà sia dalle associazioni dei familiari delle vittime sia da parte delle forze armate che contestarono spesso senza fondate argomentazioni la Commissione Retting. Nonostante l’attenta precisazione del governo affinché le colpe dei crimini ricadessero solo sui responsabili e non sull’intera istituzione, i militari percepivano le accuse di colpevolezza a loro rivolte. Il Comandante dei Carabineros, Stange osservava che i più esposti al rancore e alla vendetta fossero i suoi uomini, sosteneva che il rapporto indebolisse la propria istituzione. In effetti era così la percezione popolare, il giudizio della società ricadeva sugli organi dello Stato, sulla DINA, sui Carabineros, sull’Esercito, ritenevano si fosse