Sommario: 1 L’effettivo tramonto delle Assemblee elettive?; 2 Gli strumenti a disposizione del Parlamento per “incidere” in materia
3. Brevi prospettive de jure condendo
3.1. Possibile incidenza parlamentare nella fase di “iniziativa” del ciclo di bilancio
Siano consentite, posta la trattazione di cui al terzo e quarto capitolo, alcune considerazioni conclusive in merito ad una possibile “nuova” incidenza dei Parlamenti sulle decisioni in materia economica.
In primo luogo, giova sottolineare, che, come si è avuto modo di vedere nel terzo capitolo il problema della riduzione del ricorso all’indebitamento e al conseguente aumento del debito pubblico (ad esso inevitabilmente riconnesso) non rappresenta una scoperta recente.
Già, infatti, in sede di dibattiti in Assemblea Costituente, relativamente alla formulazione dell’art. 81 Cost. e in seno alla II Sottocommissione (in materia di organizzazione costituzionale dello Stato) sono state diverse le posizioni assunte. Tralasciando il dibattito relativamente alla possibilità di prevedere una “Seconda Camera”, idonea a rappresentare i rappresentanti gli interessi economici e sociali dello Stato-comunità494, importante è stato il contributo di Einaudi.
Quest’ultimo precisava che storicamente non si potesse parlare di potere d'iniziativa in materia finanziaria riservato alla prima Camera, ma solo di priorità, da parte della
491 V. Crisafulli, Aspetti problematici del sistema parlamentare vigente in Italia, in Jus, n. 2/1958, pp.
151-190.
492 Così, L. Cappuccio, op. cit., p. 1937
180
stessa, nell'esame delle leggi finanziarie495. Esprimendo, in particolare, le proprie
perplessità sulla opportunità di limitare al Governo l'iniziativa in materia di bilancio, negandola ai membri delle due Camere. L'esperienza aveva dimostrato, infatti, che fosse pericoloso riconoscere alle Camere tale iniziativa, perché, mentre una volta erano esse che resistevano alle proposte di spesa da parte del Governo, negli ultimi tempi era avvenuto che proprio i deputati, per rendersi popolari, proponessero spese senza nemmeno rendersi conto dei mezzi necessari per fronteggiarle496. Così stando
le cose, si prospettavano due soluzioni: o negare ai deputati delle due Camere il diritto di fare proposte di spesa, ovvero obbligarli ad accompagnarle con la proposta correlativa di entrata a copertura della spesa, affinché la proposta avesse “un'impronta di serietà”.
Forse le parole di Einaudi sono state premonitrici. Con l’introduzione della “legge finanziaria” nel 1978 e successive modifiche, in particolare negli anni Ottanta e Novanta del secondo scorso si è registrato un aumento incontrollato della spesa pubblica, con conseguente aumento del debito. Ciò perché nella legge del 1978 non vi erano limiti espressi al contenuto della stessa e nel corso dell’esame parlamentare venivano inserite le più disparate voci di spesa; in particolare al fine di preservare il consenso elettorale dei rappresentanti.
Si è visto che tale situazione ha “aperto la strada” alle modifiche di disciplina delle leggi di contabilità pubblica culminate negli ulteriori vincoli promananti a livello sovranazionale.
Si potrebbe allora sostenere che la progressiva deparlamentarizzazione in materia di politica economica sia stata esito fisiologico di questo contesto, a vantaggio dell’organo di governo.
Si ritiene, tuttavia di poter prospettare una diversa impostazione. Seppur condivisibili e precise le considerazioni dei nostri Padri Costituenti, alla luce delle più recenti riforme in materia di finanza pubblica, ben si prospettano dei vincoli tanto a carattere procedurale quanto contenutistico ad oggi tali da poter rivalorizzare il ruolo delle
495 Riteneva, infatti, che la norma traesse origine dal fatto che il Principe era costretto a chiedere ai
contribuenti le somme occorrenti all'erario, e per essi ai loro rappresentanti nella Camera bassa. Laddove il contesto politico dell’epoca, in quanto modificato, non dava adito a perplessità circa la possibilità di prevedere una seconda Camera, anch'essa a base elettiva e composta di rappresentanti delle regioni.
181
Camere nella fase non solo di controllo ma anche, e soprattutto di iniziativa del ciclo di bilancio.
Ciclo scandito dall’iniziativa governativa (DEF da presentare entro il 10 aprile di ogni anno) seguito dalla “sessione di bilancio” nella quale il Parlamento trova il proprio spazio in sede di controlli e con l’approvazione della legge di bilancio al termine dell’anno corrente.
Potrebbe, invece, valorizzarsi il ruolo parlamentare anche in concomitanza con la presentazione del DEF, così che l’assemblea prima ancora di analizzare, valutare e controllare l’indirizzo politico di maggioranza possa elaborare dei propri obiettivi programmatici in materia di spesa.
Va, dunque, verificato e argomento l’an e il quomodo di un intervento “a monte” del procedimento a livello assembleare.
La prassi e l’introduzione di “nuovi istituti” (si pensi all’UPB) sembrano “spingere” verso tale rivalorizzazione del ruolo dei legislativi, posto che, si è avuto modo di rilevare, è soprattutto in fase di controllo che si è registrato una maggiore attività. Si è anche detto, però, che molto spesso in sede di “valutazione” il nostro ordinamento costituzionale già vantava di un’organizzazione ben strutturata (in particolare Corte dei Conti, Commissioni Parlamentari e Assemblea parlamentare, Corte costituzionale, Ragioneria generale dello Stato), mancando interventi proprio nella fase ex ante (di formazione) della formulazione dell’indirizzo politico economico.
Sarebbe dunque auspicabile una modifica dei regolamenti parlamentari tale da poter prevedere un’iniziativa in materia di bilancio anche a livello parlamentare.
Per meglio chiarire, non attendendo la fase di controllo prevista nella cd. sessione di bilancio (settembre-dicembre), potrebbe configurarsi un ruolo delle Camere già ad inizio anno, prima o in concomitanza con la presentazione del DEF. In questo modo il Governo nel predisporre il DEF ben potrebbe farvi confluire le previsioni indicate dall’assemblea.
Ciò figurerebbe un doppio vantaggio: da un lato il Parlamento potrebbe “superare” i vincoli imposti dall’impossibilità di indebitamenti (ex art. 81 Cost.) se non in casi straordinari, già elaborando un piano sui settori che si ritengono maggiormente bisognosi di intervento; dall’altro, permetterebbe anche un più agevole controllo
182
nella fase successiva alla Nota di aggiornamento al DEF (NADEF) perché si potrebbe meglio verificare quanto l’Esecutivo abbia deciso di “recepire” dall’analisi Parlamentare. In tal modo favorendo effettivamente il dibattito e confronto anche con la partecipazione delle minoranze anche al processo decisionale di spesa.
Non si ignora che tale prospettazione possa essere oggetto di diverse obiezioni: in primo luogo, infatti, potrebbe rilevarsi che tali interventi comporterebbero un aggravio e un rallentamento inutile nel già complesso procedimento di bilancio; in secondo luogo, che non sarebbe opportuno “occupare” e vincolare il dibattito parlamentare in un arco temporale eccessivamente dilatato (da marzo a dicembre di ogni anno), poiché focalizzando la maggior parte delle attività assembleari in ambito economico potrebbero “tralasciarsi” gli interventi in molti altri settori.
Posto che, però, anche le scelte di indirizzo più ampiamente considerate (dunque non solo in materia economica) devono necessariamente “fare i conti” con “i mezzi per farvi fronte” e che la prassi e riforme più recenti hanno introdotto nel nostro sistema ordinamentale nuovi organi, modificando e rafforzando alcuni di questi, si supererebbe tanto il possibile aggravio e rallentamento del procedimento di bilancio, tanto l’eccessiva canalizzazione dei lavori solo ed esclusivamente in materia economica.
A tal fine si opereranno delle considerazioni proprio in merito ai due organi precedentemente illustrati: UPB e CNEL. Il primo, fungendo da organo tecnico non solo di controllo ma anche di effettivo supporto anche in una fase ex ante del procedimento di bilancio; il secondo, garantendo un ulteriore concertazione con le rappresentanze economiche del paese.