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Per gli aspetti sopra esaminati il procedimento di prevenzione presenta delle frizioni con il principio del giusto processo sancito dagli artt. 6 CEDU e 111 Cost.

Le criticità riscontrate riguardano la tutela del diritto di difesa ex artt. 24 e 111 Cost. Corte di Nizza e Cedu vedi anche patti internazionali

Su tale delicato profilo si è pronunciata in più occasioni la Corte Costituzionale137, la quale in più occasioni ha affermato che “le forme di esercizio del diritto di difesa possano essere diversamente modulate in relazione alle caratteristiche di ciascun procedimento, allorchédi tale diritto siano comunque assicurati lo scopo e la funzione”. La Consulta ha ritenuto assicurato l’esercizio del diritto di difesa nel suddetto procedimento. Secondo taluni si potrebbe anche ribaltare la prospettiva ed interrogandosi sul fatto se sia concepibile un giusto procedimento di prevenzione, ad avviso di taluni questo non sarebbe possibile trattandosi di un procedimento non imperniato sul fatto.138

5.1. Lo standard probatorio: indizi o sospetti?

Il tema del livello probatorio richiesto costituisce uno degli aspetti più spinosi del procedimento di prevenzione, dal momento che sono valutati ai fini probatori elementi che in sede processuale non sarebbe idonei a fondare un giudizio di responsabilità penale. Lo standard richiesto è infatti più basso e non coincidente con quello penale dell’oltre ogni ragionevole dubbio.

137 Il riferimento èalle pronunce: Corte Cost., 2004, n. 321; Corte Cost. 2003, n. 352; Corte Cost. 2003,

n. 132.

138 Secondo alcuna dottrina no. Il nodo critico è ancora a monte: non è concepibile un giusto processo di

prevenzione, personale o patrimoniale.Un processo senza fatto può essere celebrato nel rispetto di ogni forma, ma resta un mero simulacro della giurisdizione sin tanto che si chiede al giudice di limitare i diritti individuali sulla base di giudizi ipotetici o presunzioni. Cfr. Gastaldo M.C., Misure di prevenzione e

pericolosità sociale: l’incolmabile deficit di legalità della giurisdizione senza fatto, in

Le disposizione del Codice antimafia non contengono alcun riferimento in merito al quantum degli indizi richiesti, la locuzione indizi è infatti priva di alcuna aggettivazione e ciò come si è detto in precedenza ha indotto la giurisprudenza a ritenere non applicabile il parametro di cui all’art. 192 c.p.p.o per lo meno circa la loro gravità. Non trova dunque applicazione lo standard penalistico dell’oltre ogni ragionevole dubbio, non trattandosi di un processo penale. La valutazione del giudice pare per lo più essere sorretta da elementi presuntivi.

Il dibattito sullo standard degli indizi richiesti, ad avviso di taluna dottrina139 deve tenere in considerazione le criticità attinenti alla disciplina nazionale, apprestata dal codice di procedure penale, in tema di inutilizzabilità. Occorre infatti soffermarsi sul tema dell’inutilizzabilità delle prove nel processo penale per ridimensionare il fenomeno del ricorso ad elementi che non sarebbero idonei a fondare un accusa penale. La sanzione dell’inutilizzabilità spesso si abbatta su elementi da cui emerge la colpevolezza del soggetto , i quali risultano non utilizzabili per questione prettamente processuali e formali, di talché la loro utilizzabilità nel procedimento di prevenzione potrebbe essere accolta con maggior favore. In sostanza, il ricorso ad uno standard probatorio più basso non sempre è indice di un affievolimento delle garanzie. Solo una valutazione complessiva degli elementi indiziari appresi da più processi penali può permettere di ottenere una ricostruzione unitaria della posizione del soggetto, anche se occorre verificare di che elementi si tratta, di quanta attendibilità e credibilità possano godere.

5.2. La ripartizione dell’onus probandi: l’onere di giustificare la provenienza dei beni

Il tema del contenuto dell’onere probatorio, così come quello della sua ripartizione, come si è già avuto modo di vedere nel cap. I dedicato alla disamina dei presupposti delle misure di prevenzione patrimoniali, è stato oggetto (incidentale) di molteplici pronunce della giurisprudenza di legittimitàe di serrate critiche della dottrina.

139 Balsamo A. - Nicastro G., Il procedimento di prevenzione patrimoniale, in AA. VV., Le misure

La tematica investe svariati elementi il cui accertamento è oggetto del procedimento di prevenzione. Si tratta infatti, di accertare la disponibilità diretta o indiretta dei beni, di accertarne la sproporzione valoriale rispetto ai parametri del reddito dichiarato o dell’attivitàeconomica svolta, di giustificarne la provenienza.

Dinnanzi alla prassi giurisprudenziale e all’interpretazione che essa a fornito alle disposizioni del codice antimafia relative ai presupposti sopra citati, appare di assistere in molteplici occasioni ad un inversione dell’onere della prova.

Si ricorderà per esempio, delle presunzioni di disponibilità dei beni che sussistono nei confronti di alcuni soggetti che si trovano in un particolare rapporto con il proposto, in capo ai quali vige l’onere di dimostrare l’esclusività della disponibilità del bene, ossia l’effettiva e non solo formale, titolaritàdi diritti nei confronti dei beni sequestrati. Altresì, con riferimento al requisito della sproporzione, èonere del proposto dimostrare la provenienza lecita dei beni. Si pensi anche al caso in cui l’acquisto del bene sia così risalente nel tempo da non sussistere una certificazione reddituale, in tale frangente l’onere probatorio posto in capo al proposto pare ancora piùgravoso.

Tali prassi paiono porsi in tensione con i principi del diritto di difesa e con quello del giusto processo.

Alcuna giurisprudenza ha negato il determinarsi di un inversione dell’onere della prova a favore della tesi dell’onere di allegazione140.

5.3. Il principio di pubblicità dell’udienza al vaglio della giurisprudenza europea e costituzionale

Come si è avuto modo di accennare, il procedimento di prevenzione era inizialmente celebrabile soltanto con il camerale, senza che fosse riconosciuta la possibilità di svolgerlo in pubblica udienza.

Tale aspetto èstato censurato dalla Corte EDU, la quale sia in relazione al procedimento di prevenzione che a quello relativo alla riparazione per ingiusta detenzione, ne ha riconosciuto la violazione al principio di pubblicitàdi cui all’art. 6, paragrafo 1, CEDU.

140 In sostanza non sarebbe richiesta una giustificazione qualificata della legittima provenienza dei beni,

ma un’attendibile e circostanziata giustificazione, che il giudice deve valutare in concreto, secondo il principio della libertàdella prova e del libero convincimento.

La Corte a a ermato c e nonostante la tecnicità della materia e le esigenze di protezione della vita privata di terze persone, gli effetti che le misure preventive sono in grado di produrre sulla sfera giuridica dell’interessato non consentono di giustificare una deroga generale e assoluta al rinci io di ubblicitàdella udienze141

La presenta pronuncia è conforme alla costante giurisprudenza della Corte, la quale ha in più casi ribadito come la ubblicità delle procedure giudiziarie tuteli le persone soggette alla giurisdizione contro una giustizia segreta, che sfugge al controllo del pubblico, costituendo altresìuno strumento per preservare la fiducia nei giudici.

Alla giurisprudenza della Corte EDU si è poi adeguata la Corte Costituzionale142, la quale ha riconosciuto che l’im ossibilitàdi richiedere che il procedimento si svolga con la presenza del ubblico risulta incom atibile con la garanzia della ubblicità delle udienze, riscontrando la violazione dell’art. 117, co. 1, Cost., ed in via interposta dell’art. 6, par. 1, C.e.d.u. cosìcome dell’art.111 Cost.:

Il principio di pubblicitàdell’udienze ha trovato la sua affermazione anche in successive pronunce relative all’applicazione delle misure di sicurezza143.

Della medesima portata sono state da ultimo anche la sentenza n. 97 del 2015, con cui sono stati dichiarati illegittimi gli artt. 666, co. 3, e 678, co. 1, c.p.p., nella parte in cui non consentivano che, su istanza degli interessati, il procedimento di fronte al Tribunale di sorveglianza si svolgesse nelle forme dell’udienza pubblica; e la pronuncia n. 109 del 2015, con cui la Consulta ha dichiarato l’incostituzionalitàdegli artt. 666, co. 3, 667, co. 4, e 676 c.p.p., nella parte in cui non consentivano che, su istanza degli interessati, il procedimento di opposizione contro l’ordinanza in materia di applicazione della confisca si svolgesse, davanti al giudice dell’esecuzione, nelle forme dell’udienza pubblica144.

141 Corte EDU 13 novembre 2007, Bocellari e Rizza c. Italia; Corte EDU 10 aprile 2012, Lorenzetti c.

Italia.

La Corte EDU ha precisato che l’art. 6 non impedisce, in casi particolari, alle autorità giudiziarie di derogare al rinci io di ubblicità delle udienze (ad es., per il carattere altamente tecnico del contenzioso); tuttavia, l’udienza a porte chiuse, per tutta o parte della durata, deve essere strettamente imposta dalle circostanze concrete della causa.

142

C. cost., sent. 12 marzo 2010, n. 93, in Giur. cost., 2010, p. 1053.

143C. cost., sent. 21 maggio 2014, n. 135

144 L. Carboni, La Corte Costituzionale prosegue il suo cammino verso l’affermazione del principio di