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La psicomotricità e il gioco

Nel documento XXV LA SOCIETÀ FORMATIVA (pagine 144-148)

Educativa e Preventiva Chiara Giarracca

2. La psicomotricità e il gioco

A proposito di Psicomotricità Galimberti scrive

Il termine si riferisce all’attività motoria in quanto influenzata dai processi psichici e in quanto riflettente il tipo di personalità individuale. Oltrepas-sando il dualismo corpo-mente, la psicomotricità studia ed educa l’attività psichica attraverso il movimento del corpo (Galimberti, 2006).

Fase dell’espressività motoria

La psicomotricità rappresenta un percorso di cambiamento e trasformazione che si agisce nel gruppo avvalendosi del linguaggio del corpo e del linguaggio primario dei simboli in un contesto di gioco spontaneo. L’obiettivo fondamen-tale della psicomotricità è la promozione del benessere del bambino attraverso il gioco, favorendo lo sviluppo armonico e la sua espressività, in particolare nella prospettiva dello sviluppo della socializzazione, della comunicazione, della crea-tività e del pensiero astratto e progettuale. Quindi, il principale strumento del quale la psicomotricità si avvale è il gioco, in particolare il gioco simbolico.

Nel gioco simbolico

gli oggetti sono considerati non solo per ciò che sono, ma anche come sim-boli di altri oggetti non presenti, il che consente l’evocazione di situazioni passate e l’immaginazione di eventi in cui si esprimono i desideri del bam-bino (Galimberti, 2006).

La psicomotricità fa riferimento ai simboli archetipici ancestrali che il bam-bino esprime attraverso il gioco simbolico, attingendo al proprio mondo fanta-stico e al proprio immaginario. L’immaginario, infatti, è costituito da simboli, da elementi dell’inconscio, da vissuti corporeo-emozionali e processi fantasmati-ci ed è determinato essenzialmente dagli stessi processi dell’inconsfantasmati-cio e dai vis-suti delle esperienze primarie, assume perciò, a tale livello, carattere soggettivo. Le proiezioni fantasmatiche e i simboli dell’immaginario sono l’oggetto stesso della psicomotricità. Il gioco è comunicazione profonda dell’immaginario e tra-mite questo delle emozioni.

Il gioco ha l’importante compito educativo di accompagnare il bambino nel proprio percorso di crescita, di costruzione della propria identità e personalità, aiutandolo nella difficile gestione del conflitto tra desiderio e realtà, tra pulsione e frustrazione, tra onnipotenza e limite.

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È nel giocare che l’individuo, bambino o adulto, è in grado di essere crea-tivo e di fare uso dell’intera personalità, è solo nell’essere creacrea-tivo che l’in-dividuo scopre il Sé (Winnicott, 1971, p. 94).

Nel gioco il bambino mette in luce le proprie strategie relazionali, gli atteg-giamenti comportamentali e le eventuali difficoltà. La comunicazione corporea che si esprime durante il gioco è carica di valenze emozionali ed è espressione dell’immaginario conscio ed inconscio della persona. Il gesto, lo sguardo, il tono muscolare esprimono sentimenti, paure, desideri e conflitti.

Nella psicomotricità l’espressione del movimento libero e spontaneo, del gio-co e delle dinamiche relazionali di gruppo trovano un adeguato e favorevole spa-zio. La fantasia si riflette nell’interrelazione con il mondo e diviene matrice del gioco.

Il gioco è lo strumento che unisce i bambini tra loro. Nell’incontro con l’altro diventa comunicazione simbolica. Sono proprio i rapporti con gli altri a favorire una diminuzione dell’egocentrismo. A mano a mano che il bambino supera la fa-se del mondo magico animistico rivolge la sua attenzione verso l’esterno, verso gli altri. Smette di giocare da solo per unirsi al gruppo di coetanei. Nel gioco e nella relazione con gli altri il bambino percepisce la contraddizione esistente tra il proprio punto di vista e quello degli altri. Si accorge che esistono punti di vista diversi e questa percezione lo spinge a riesaminare il proprio e a controllarne la validità.

La psicomotricità aiuta il bambino ad abbandonare il mondo dei significati unilaterali ed entrare in un mondo nel quale ogni cosa può essere se stessa e an-che il suo opposto, in cui regnano gli aspetti più intimi e profondi legati al vis-suto emotivo di ciascuno. Tutto può essere trasformato per rispondere alle esi-genze dei desideri, delle paure, delle angosce, dei bisogni e dei pensieri. L’imma-ginazione creativa, il gioco, la norma, l’importanza che il bambino si senta crea-tore e ideacrea-tore, si ritrovano in ogni situazione vissuta all’interno della seduta psi-comotoria, dove è egli stesso che propone, costruisce, discute, inventa norme, re-gole e proposte.

Il gioco è condizione di crescita, luogo privilegiato dell’espressione della glo-balità ed è nel giocare che il bambino “si dice” più pienamente attraverso il mo-vimento: vive la tonicità, attualizza l’immaginario, vive e rivive le realtà quoti-diane, si apre al racconto, alla narrazione, inventa, progetta, costruisce.

Si istituisce, così, uno spazio simbolico, nel quale prevale la dimensione im-maginativa, creativa e fantastica che permette la manipolazione e l’elaborazione della realtà. Attraverso il gioco è possibile ridefinire i ruoli, i tempi e gli spazi. L’immaginazione e la fantasia costruiscono le basi dell’immaginario personale, che si organizza nella struttura della personalità e nella rappresentazione del 145

mondo e che unendosi all’immaginario culturale comune, contribuisce a deter-minare l’interpretazione della realtà e la sua rielaborazione.

Il gioco, così inteso, diventa dunque, tanto attività di mediazione, quanto at-tività di creazione, spazio di transizione che permette di sperimentare, sperimen-tarsi, scoprire, scoprirsi ed esprimersi in una dimensione protetta dalla finzione, permettendo di entrare in maniera graduale in contatto con la realtà.

Il bambino sperimenta il mondo reale e il mondo magico-fantastico; in que-sto modo impara a differenziarli prendendo consapevolezza del proprio mondo interiore e di quello esteriore. Il gioco è, infatti, il ponte che mette in contatto il mondo interiore del bambino con la realtà esterna; solo attraverso questo pas-saggio è possibile giungere alla comprensione e all’accettazione del reale.

Sperimentando il bambino scopre la possibilità del cambiamento, nuove ri-sorse e strumenti per affrontare efficacemente le difficoltà. In tal senso, la psico-motricità agisce in un’ottica di evoluzione, perché stimola il bambino a ricercare soluzioni evolutive.

Il gioco insegna ad essere perseveranti e ad avere fiducia nelle proprie capa-cità: sperimentando si amplia lo spettro delle possibilità. La psicomotricità mira a far emergere le risorse autentiche di ciascuno, è uno spazio dov’è possibile ri-conoscere i propri bisogni, i propri desideri, solo in questo modo è possibile ten-tare di perseguirli in maniera consapevole e soprattutto su di un piano reale e non illusorio.

Nella seduta psicomotoria accade ciò che afferma Winnicott:

il bambino raccoglie oggetti e fenomeni dal mondo esterno e li usa al ser-vizio di qualche elemento che deriva dalla realtà interna o personale. Senza allucinare, il bambino mette fuori un elemento del potenziale onirico, e vive con questo elemento in un selezionato contesto di frammenti della realtà esterna (Winnicott, 1971, p. 99).

Il gioco offre, dunque, strumenti e diventa modalità per acquisire nuove ca-pacità, nuovi apprendimenti, maggior creatività ed efficienza nella risoluzione dei problemi e delle situazioni della vita reale. Permette di andare alla scoperta di ciò che ancora non si conosce, di esplorare il mondo, stimolando così curiosità, intraprendenza e immaginazione. Al tempo stesso è mezzo per incontrare ed esprimere se stessi. È un modo per coltivare il proprio pensiero, la propria crea-tività, la propria immaginazione, rendendola fertile.

Spesso crea difficoltà pensare che il bambino fugga dalla realtà e la confonda con la fantasia, di fatto, però, accade il contrario. Le figure immaginarie sono estremamente importanti per lo sviluppo emotivo del bambino. La capacità

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d’immaginazione e la creatività gli forniscono una distanza protettiva che con-sente di sviluppare la fiducia nelle proprie capacità.

Questo modo di usare la fantasia per cogliere, costruire e difendere la propria vita interiore, oltre a rappresentare una vera e propria esigenza psicologica e ad essere un mezzo efficace per dare vita e sviluppo agli stati emozionali, costituisce sempre uno degli elementi fondamentali ed indispensabili della psiche umana.

La psicomotricità valorizza, quindi, il gioco senza però sostituirlo al mondo reale. Il rischio, infatti, è quello di creare un mondo sospeso o parallelo dove tut-to è condottut-to unicamente dai propri desideri. Dando importanza al suo gioco, la psicomotricità valorizza ogni bambino e accoglie il suo mondo. Ciò consente a ciascuno una comprensione più autentica della propria realtà e l’acquisizione graduale di una consapevolezza in grado di cogliere la poeticità e l’unicità della vita.

Fase della storia

L’universo simbolico, in seduta psicomotoria, svolge un ruolo importante an-che durante il tempo della storia, in quanto, ancora in questa fase, viene sospeso il rapporto diretto con il mondo per privilegiare quello con i suoi sostituti sim-bolici. Durante il racconto, infatti, si lascia spazio alle parole e alle immagini, rappresentanti oggetti, identità, eventi assenti ma resi presenti dalla storia stes-sa. Il bambino può, così, rappresentarsi mentalmente le azioni senza doverle agi-re diagi-rettamente.

Il racconto e il gioco simbolico riguardano entrambi il processo di sviluppo verso una maturazione affettiva del bambino. Le storie raccontate toccano i vari aspetti della personalità infantile: si basano su un iniziale aumento dell’intensità emozionale e della paura, seguita dalla tranquillità che rassicura il bambino. At-traverso la sua produzione immaginativa, il bambino dà voce alle sue emozioni, difficoltà e aspirazioni, trovando le possibili soluzioni.

Secondo Bettelheim, le storie aiutano il bambino a fare chiarezza in se stesso, nei vissuti che lo agitano internamente e nelle difficoltà che li generano. Le fiabe svolgono questa funzione in quanto trattano di problemi umani universali, con i quali il bambino si trova a dover fare i conti. Attraverso le vicende dei prota-gonisti, propongono il problema del conflitto tra bene e male e di conseguenza il timore della punizione, della perdita, della possibilità di poter trovare un’al-ternativa. In altre parole, per via simbolica le fiabe presentano al bambino i con-flitti che intercorrono a livello profondo tra le diverse istanze psichiche: Es, Io e Super-Io (Bettelheim, 1977). La narrazione svolge, quindi, un ruolo importante nella possibilità del bambino di affrontare con successo problematiche che lo toccano in profondità.

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Fase della rappresentazione

Assieme al gioco, il disegno è il modo più spontaneo che il bambino ha per rappresentare e anche soddisfare con la fantasia i suoi desideri e per mettere in scena ed elaborare i suoi conflitti, le sue ansie e le sue paure. Occorre tener conto che ogni bambino, oltre a disegnare ciò che “sente”, disegna anche ciò che sa di un oggetto; esprime, cioè, quanto conosce della realtà in rapporto al livello di sviluppo cognitivo, linguistico, motorio, affettivo e sociale raggiunto sino a quel momento, indipendentemente da ciò che effettivamente vede, ma piuttosto in base a come lo percepisce. Lo stesso accade con le costruzioni, pur essendo un’at-tività ludica contenuta, nella quale è richiesta una certa concentrazione. Tale li-mitazione di movimenti, contiene le scariche emozionali a favore della creazione di immagini mentali, che garantiscono a loro volta una continuità di pensiero. Non di rado, ho avuto modo di osservare che il bambino rappresenta ciò che ha vissuto in sala nel corso della seduta psicomotoria, rivelando, così, la signifi-catività dell’esperienza appena conclusa.

Nei disegni è anche rilevante la presenza delle rappresentazioni dei genitori, dei compagni e la casa. Si evidenzia quindi il loro bisogno di accudimento, ras-sicurazione, contenimento, ma allo stesso tempo anche la scoperta di altre figure con le quali poter condividere le stesse esperienze, in assenza degli adulti di ri-ferimento.

Ho notato anche che i bambini, rispetto alle bambine, disegnano più spesso scenari di guerra o di animali giganti, esprimendo così i loro conflitti interiori e il loro bisogno di essere all’altezza per fronteggiare le proprie angosce.

Nel documento XXV LA SOCIETÀ FORMATIVA (pagine 144-148)