contesto d’azione e significato della pratica Gabriella Andreatta
7. Il ruolo dello psicomotricista
Il ruolo dell’operatore in psicomotricità educativa e preventiva è anche il ruolo di educatori durante tutto il corso della giornata. Questo è importante se si vuole creare una continuità all’interno dell’ambiente educativo.
Il principio basilare dovrà essere il rispetto per la persona: lo psicomotricista do-vrà aver ben presente l’etica dell’ascolto, che permette di essere disponibile alla diversità di ciascuno e di farne valore e conoscenza.
Non sarà sufficiente l’osservazione silenziosa da parte dello psicomotricista, anche se sarà dichiaratamente colma di senso. Il bambino ha bisogno di un ri-conoscimento del qui ed ora ed aspetta immediatamente una restituzione da par-108
te dell’adulto che lo osserva. Una restituzione, altresì, che non dovrà lasciar spa-zio ad una valutaspa-zione sulla persona. Il bambino chiede conferma e rassicuraspa-zio- rassicurazio-ne e il dialogo che si instaura non dovrà svolgere la funziorassicurazio-ne di mettere parole sulle azioni del bambino: non per limitare, non per giudicare. Le parole, ma an-che l’intero linguaggio non-verbale dello psicomotricista, servono a descrivere e a dare significato alle azioni che il bambino sta compiendo, servono a creare una circolarità che gli permette di sentirsi riconosciuto e incoraggiato.
L’adulto è per il bambino, lo specchio, nel quale guardarsi e riconoscersi. Questo tipo di relazione ricorda il rapporto diadico madre-bambino. Il momento dell’allattamento e dell’accudimento, l’alternarsi di suzione e riposo, in cui si in-seriscono le stimolazioni della madre, è considerato il prerequisito della comu-nicazione. Ciò si coniuga al ritmo in cui parlano i due protagonisti, e in cui cia-scuno ascolta l’altro.
Crescendo il bambino trasferirà questa modalità di relazione con l’Altro nel gioco di dare e ricevere; inizierà inoltre ad indicare un oggetto, prima con il solo obiettivo di ottenerlo, ma poi anche per il piacere di condividere un interesse con l’Altro. Si tratta di una capacità tipicamente umana poiché implica la possibilità di rappresentarsi ciò che l’Altro a sua volta si rappresenta; riguarda l’acquisizione di una teoria della mente, la capacità, appunto, di spiegare e prevedere il com-portamento proprio e altrui mediante l’attribuzione di stati mentali (Camaioni, 2003).
La definizione del nostro compito può ispirarsi al concetto di madre
sufficien-temente buona descritto da Winnicott: ella possiede quella preoccupazione
mater-na primaria che le consente di intervenire in modo puntuale alle richieste del fi-glio. tale madre ha la capacità di presentare il mondo al bambino favorendo la sua crescita: sa quando intervenire tempestivamente e quando differire il soddi-sfacimento dei suoi bisogni. Lo fa istintivamente. La madre non deve essere per-fetta, anzi, deve avere delle carenze affinché il bambino possa avere la possibilità di uscire dal silenzio della fusione con lei per tentare la via della comunicazione, dello scambio sociale. Da qui la necessità per il bambino di trovare strategie di rassicurazione e consolazione. Nel passaggio dallo stato di dipendenza assoluta a quello di indipendenza (conquista dell’autonomia) entrano in gioco gli oggetti
transizionali: si tratta di oggetti che per le loro caratteristiche tattili
rappresen-tano e sostituiscono momentaneamente le cure materne (un pezzetto di stoffa, un cuscino, un peluche…). Il loro compito è aiutare il bambino a rendersi in-dipendente dalla madre. Nel corso dello sviluppo l’oggetto transizionale perde la sua rilevanza emotiva lasciando il posto a veri oggetti d’amore interiorizzati:
per star soli, dobbiamo essere in compagnia (Winnicott 1974).
Allo stesso modo, nel corso della seduta di psicomotricità, e fuori dalla sala, ovvero in tutto l’ambiente in cui il bambino vive, all’adulto che si occupa di lui 109
è richiesto di essere garante di una holding, di un contenimento, in cui ciascun bambino possa sentirsi libero di agire il proprio vissuto interno, ma protetto e rassicurato della possibilità di ritrovare tutto sé stesso.
Lo psicomotricista, in particolare, ha una funzione e responsabilità importan-te che dovrà riferirsi a ciò di cui si è trattato in questo importan-testo. La sua compeimportan-tenza sarà dimostrata nella preparazione dell’ambiente più adatto a quel gruppo di bambini. Non si tratta solo dell’allestimento fisico della sala di psicomotricità, ovvero della disposizione di materiale, ma della creazione di un ambiente psico-logico in cui il bambino possa sentirsi contenuto, accolto, ascoltato e allo stesso tempo libero di esprimersi attraverso il movimento. L’operatore dovrà assumere un atteggiamento maternante, ma allo stesso tempo anche strutturante; dovrà essere malleabile e trasformabile, ma anche garante e detentore di legge e limiti. I bambini necessitano di contenimento, e il setting del dispositivo della psico-motricità lo assicura. Le pareti in sé sono un confine, ma soprattutto il rituale che scandisce i diversi momenti della seduta: l’accoglimento di ciascuno, il gioco libero, la storia, la rappresentazione e il saluto finale. Ogni gesto ha un signifi-cato e il suo ritornare fornisce ai bambini certezza.
La seduta, infatti, è anche un dispositivo spazio-temporale che aiuta il bam-bino ad orientarsi rispetto a tali concetti astratti. Fin dai primi mesi di vita
spa-zio (spaspa-zio sensomotorio) e tempo sono binari (luce/ombra, pancia piena/pancia
vuota, contrazione/rilassamento); in seguito iniziano a complicarsi: con la deam-bulazione il bambino inizia ad esplorare il mondo e ad averne una prospettiva diversa; la percezione del tempo viene ad esser legata all’andamento della gior-nata. Esistono un tempo del Mondo e un tempo dell’Io; quest’ultimo ovviamen-te è soggettivo, è legato al tipo di esperienza che il soggetto sta facendo. Nella seduta di psicomotricità l’integrazione dei due aspetti è garantita dall’operatore. Egli scandisce i tempi, annuncia l’inizio e la fine di un’esperienza, preavvisa la chiusura di un’attività…
Inoltre, durante il rituale di inizio e fine, parlando con i bambini, l’operatore li aiuta a rappresentarsi ciò che avverrà e ricordare ciò che è già avvenuto. Parla con loro del prima e del dopo. Soprattutto, dà loro un appuntamento per il ri-torno di quell’esperienza. È proprio la regolarità, il riri-torno del piacere che per-mette al bambino di situarsi nel tempo.
L’educatore, come lo psicomotricista, ha la possibilità e responsabilità di svol-gere questo compito anche in altri spazi e tempi della giornata, che il bambino trascorre nell’ambiente scolastico, al di là della seduta di psicomotricità. In ogni ambiente della scuola o del nido per i più piccoli, l’educatore dovrà fare riferi-mento al qui e ora del bambino. Lo stesso, trattandosi di centri privati che offrono la psicomotricità educativa e preventiva. È quel presente che, in qualche modo, rivela il passato del bambino e mette le basi per un futuro. Dice della sua pos-110
sibilità di agire sul tempo, sullo spazio, con il materiale. L’ambiente dovrà essere, per ciò, preparato per loro, pensando a loro. É la possibilità di dare ai bambini l’opportunità di vivere spazi diversi, materiali diversi, tempi diversi e occasioni di agire in un ambiente che mantiene ben presente la loro necessità di vivere la possibilità della trasformazione. L’obiettivo sarà quello di accompagnare il bam-bino, attraverso esperienze rassicuranti, verso una sua maturazione armoniosa.
Terza parte