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L'anno del decennale (2008) si aprì positivamente per Chorus, con un bilancio di 300.000 visitatori nel 2007 e con i risultati di un'indagine a campione, condotta fra il pubblico dei frequentatori delle chiese veneziane, che evidenziarono un alto tasso di gradimento dell'operato dell'Associazione: quasi il 90 per cento degli intervistati dichiarò di approvare o comprendere le ragioni della richiesta di un contributo in denaro, e altrettanti ritenevano adeguato il prezzo pagato in rapporto ai servizi offerti.44 Luca Baldin, direttore di Chorus, intervistato da Gente

Veneta a fine gennaio, in vista del convegno del decennale previsto per ottobre, anticipò alcune

considerazioni:

44 Il Gazzettino, Circuito Chorus. Le chiese minori veneziane superano i 300 mila visitatori, 23 gennaio 1998

(...) la prima è che Chorus sta aiutando a decongestionare il centro della città. Contro il turismo che si concentra solo su Rialto e l'area marciana, noi abbiamo messo in rete una serie di chiese periferiche, poco note, ma di grande qualità. Questo circuito consente ai visitatori di uscire dai percorsi consueti e aiuta la gestione dei flussi.

La seconda considerazione: credo che la presenza di Chorus sia un segnale per disincentivare il turismo mordi e fuggi. In una città gravata da 20 milioni di turisti l'anno e in difficoltà ad accoglierli dignitosamente tutti, si fa sempre più strada l'idea che sia preferibile organizzare le visite e prepararle dal punto di vista materiale e culturale. In questo senso va anche l'ingresso con il biglietto che il 90 % dei nostri visitatori accetta di buon grado, apprezzando i nostri servizi: chiese aperte, pulite, illuminate e ben custodite.

Inoltre, in questi anni, grazie proprio al turismo intelligente, nelle chiese di Chorus si è creato un buon equilibrio fra le funzioni culturali e cultuali delle chiese, con soddisfazione anche da parte dei parroci e delle comunità parrocchiali.45

Marcus Binney, giornalista corrispondente di The Times nonché uno dei fondatori dei Friends of

the City Churches (Londra), dopo aver sperimentato personalmente in qualità di visitatore il

funzionamento del “sistema Chorus”, non solo arrivò a conclusioni molto simili, ma aggiunse una serie di indiscutibili vantaggi. Ecco cosa scrisse nel suo articolo pubblicato il 21 marzo 2008:46

Venice has a new open sesame. (…) Whatever you may think of charging for entry to churches, the Chorus ticket, as it is called, provides impressive benefits.

First, you know the churches are open 10am-5pm Monday to Saturday with last admission at 4.45. This ensures that churches are open at the time many visitors want to see them, and is a striking contrast to the prolonged closure between midday and 4 pm that often prevails in Mediterranean countries.(...).

Secondly, (…) you are handed an A4 guide with a brief history of the church and a list of the main altarpieces, sculpture and highlights such as organs and pulpits.The best part is the sense of possession it provides. No more worries as to what to leave in the collection box or the feeling that you are somehow intruding. (…)

(…) One of the main benefits of the Venice Chorus pass is that it encourages people to go from one church to another, seeking to make the most of their ticket. Equally, by pitching the price of the pass low, more people are prompted to buy it, even if they only visit a couple of churches during their visit. (…)

(...)The Chorus pass comes with a folding map marking the location of the churches and providing directions from one church to another in each of Venice's six districts or sestieri. This way you can explore painlessly many quiet corners, constantly crossing bridges over quiet canals and passing hundreds of the tempting small shops that are one of the great

45 Gente Veneta, I 320.000 visitatori nelle chiese di Chorus..., 26 gennaio 2008 46 Mark Binney

delights of the city. (…)

(…) in Britain so many churches have been pushed into redundancy and then into a painful process of adaptation to different uses, involving the loss of beautiful fittings and fine craftsmanship. Chorus helps to keep churches alive with nothing more intrusive than a glass ticket booth.

It is intended to operate on three fronts: first, helping to open and maintain the churches; secondly, stimulating concerts, exhibitions and historical research; and thirdly, working through its group of Friends to raise further support.

Per festeggiare i propri dieci anni di attività, Chorus organizzò un “incontro-conversazione” fra il sindaco filosofo Massimo Cacciari e il Patriarca Angelo Scola, dal titolo Il simbolo del tempio. Durante l'evento, tenutosi nello spazio di Chorus Cultura, la Chiesa di San Vidal, il 24 aprile 2008, il patriarca Angelo Scola affidò a Chorus un duplice compito: mantenere una certa “integralità” e comunicare il simbolo del tempio. Lo fece usando queste parole:

Ognuno dei suoi membri [di Chorus] deve vivere il proprio lavoro secondo questa integralità che il simbolo del tempio impone. Ed in secondo luogo deve comunicarlo il più possibile ai visitatori. Tutti noi sappiamo quanto Venezia abbia bisogno anche di questo per essere città vissuta e non semplice museo.47

Nel frattempo, dalle pagine de La Nuova Venezia, giunse notizia che la Fondazione di Venezia, importante socio di Chorus, si stava apprestando a cambiare alcune strategie di investimento e a rinunciare ad alcuni progetti, tra i quali proprio la collaborazione con Chorus. Nell'articolo del 6 giugno 2008 si sottolineò come la Fondazione avesse deciso di continuare la collaborazione con la Curia, per la valorizzazione sia del Museo Diocesano che delle chiese aperte o chiuse al culto. Nell'interpretare la decisione della Fondazione di Venezia come una precisa scelta di campo, l'articolo riportò l'attenzione, con un accenno di polemica, sulla diversa qualità “morale” delle due iniziative – quella di Chorus e quella della Curia.48

All'approssimarsi della data del convegno del “decennale”, fissata per venerdì 24 ottobre 2008, i responsabili di Chorus rilasciarono alcune dichiarazioni alla stampa. Dopo la “svolta laica” del giugno 2007,49 la gamma delle loro argomentazioni sembra ampliarsi e arricchirsi di nuovi

elementi. Il presidente di Chorus, don Aldo Marangoni, nello spiegare gli scopi di Chorus, affermò:

(...) Abbiamo cercato di dimostrare come organizzazioni del tipo di Chorus servano anzitutto a migliorare la conoscenza del nostro patrimonio e alla promozione di un turismo più colto e più esigente, divenendo anche «modello» per altre simili realtà sorte in altre città italiane

47 Gente Veneta, Un tempio da vivere, 3 maggio 2008

48 La Nuova Venezia, Il bilancio della Fondazione. Più soldi nelle casse..., 6 giugno 2008

49 Il 18 giugno 2007 l'Associazione Chorus decide di modificare alcuni articoli del proprio statuto. Diventa

un'associazione senza fine di lucro di diritto civile.

[Erice]... Ciò che ci auguriamo è che il decennale di Chorus rianimi la discussione sull'importante significato che riveste il suo progetto. Non si tratta semplicemente e «volgarmente», come molti ancora ritengono, di «far pagare il biglietto» per visitare le chiese, e neppure di un mezzo per ottenere almeno in parte le risorse necessarie alla loro conservazione e al loro restauro. Si tratta di valorizzarne il significato artistico, culturale e soprattutto liturgico e religioso... Per questo progetto rimane ancora molto da fare anche per l'incomprensibile sordità di molti, proprio tra coloro che dovrebbero essere più interessati a conseguire tali fini. (…)50

Don Aldo poi fa riferimento alle iniziative isolate, autonome, di alcuni parroci, già evidenziate alcuni anni prima, veri e proprio ostacoli all'obiettivo del progetto del “sistema chiese”:

Non tutti pare si siano resi conto del valore dell'iniziativa. C'è chi ha avviato in proprio l'apertura con il ticket, i Gesuati e San Zaccaria, per esempio. (…) In questo modo però si rischia la dispersione delle energie, e si rende difficile a Chorus il raggiungimento di quella massa critica (di chiese annesse al circuito, di visitatori, di personale...) che permetterebbe di accrescere ancor di più la qualità del proprio lavoro (…) perché se si è uniti, alla fine i vantaggi sono per tutti. Per i visitatori, ai quali si possono riservare servizi fini e diversificati, e per tutte le chiese. Per le 'piccole', che potrebbero giovarsi dei contributi e della qualità del lavoro di una organizzazione forte, e per le 'grandi' che vedrebbero i minori introiti bilanciati da servizi di qualità, garantiti da una 'rete' associativa importante (…) all'interno di un progetto comune della Chiesa del centro storico. 51

(...) Troppi si ostinano a non vederne i vantaggi e ad illudersi che il volontariato basti per aprire le chiese. (...) Troppi parroci sono rimasti di quest'idea strana che non si possa chiedere di pagare a chi entra in chiesa, ma non per pregare.52

Luca Baldin, il direttore, tenne a precisare:

Non si tratta di un convegno celebrativo, ma vogliamo inquadrare l'esperienza di Chorus nell'ambito delle possibilità di intervento della società civile nella gestione della cosa pubblica, sulla base del principio di solidarietà sancito dall'art. 118 della Costituzione Italiana.53

Il titolo del convegno ben riflette il suo pensiero: Dieci anni dopo... Gestione e valorizzazione

partecipata del patrimonio culturale diffuso. L'invito al convegno (all. 5) è corredato da una

breve presentazione di don Aldo:

50 Il Monte, Chorus: 10 anni al servizio delle chiese di Venezia, n. 8 (settembre 2008) 51 Gente Veneta, 5 febbraio 2000

52 Gente Veneta, 17 febbraio 2001

53 Art. 118 Cost., comma “d”: “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma

iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà” - principio introdotto in Costituzione nel 2001.

[Chorus], conscia di aver interpretato in modo al contempo corretto e originale il concetto di sussidiarietà espresso dalla nostra Costituzione, ritiene maturi i tempi per un forte rilancio del suo operato, che non può che passare attraverso il pieno riconoscimento della sua funzione e una più ampia condivisione delle sue finalità da parte di enti pubblici e della società civile, così come prevede il dettato costituzionale.(...) L'auspicio è che da questa giornata scaturiscano proposte e idee utili a far progredire un modello di gestione che oramai non rappresenta più nemmeno un caso unico in Italia, e che tra coloro che ascoltano maturino riflessioni, ipotesi di sostegno, di collaborazione e di novità, a tutto vantaggio del patrimonio culturale italiano e in particolare di questa città e delle sue chiese.(...)54

L'impostazione del convegno finì per mettere in risalto la dicotomia “codice dei BBCC” (che attesta e promuove una gestione centralizzata dei beni culturali) e il concetto di “sussidiarietà orizzontale”, cioè la responsabilizzazione dei cittadini nella cura dei beni comuni.

La prima sessione, presieduta da don Aldo Marangoni, si intitolava Venezia città d'arte: le

sinergie possibili e quelle doverose e vide la partecipazione di un panel misto: Giovanna Nepi

Scirè (Soprintendente Speciale BSAE e Polo Museale di Venezia), Giandomenico Romanelli (Direttore dei Musei Civici Veneziani), Francesco Dal Co (docente di Storia dell'Architettura, Università Iuav di Venezia), Augusto Gentili (docente di Storia dell'Arte Moderna, Università Ca' Foscari di Venezia). Il titolo della seconda sessione, presieduta da Gregorio Arena, presidente di Labsus - Laboratorio per la sussidiarietà, era Dal «Codice» verso un nuovo modello di

gestione: la sussidiarietà orizzontale. Si confrontarono Roberto Cecchi (direttore generale per i

Beni architettonici, storico artistici e demoantropologici, MiBAC), Angelo Tabaro (segretario alla Cultura, Regione Veneto), Alberto Garlandini (Vice Presidente di ICOM Italia, Direttore Generale Vicario Culture, Regione Lombardia). Da questa seconda sessione emerse con evidenza l'esistenza di visioni diverse sui modelli di gestione dei beni storico-artistici. Per Gregorio Arena,

I poteri pubblici devono favorire i cittadini, riconosciuti come portatori di capacità. Diventano alleati e si crea un modello di amministrazione condivisa. (…) Non si tratta di partecipazione, né di processi inclusivi, né, tantomeno, di esternalizzazione di servizi. Non è nemmeno volontariato. Sono persone normali che possono fare qualcosa nell'interesse generale. Lo spazio della cittadinanza attiva è uno spazio possibile.(...) E' fondamentale che ci siano interlocutori pubblici in grado di comprendere tutto questo. Il patrimonio di competenze deve diventare «pubblico» in senso anglosassone. Per questo Labsus promuove l'idea di un piano di manutenzione civica dei beni comuni. (…) Chorus fa questo. Non sono magari cittadini comuni, ma ecclesiastici e laici (…).55

54 Tratto dall'invito al convegno “Dieci anni dopo...Gestione e valorizzazione partecipata del patrimonio culturale

diffuso” del 24 ottobre 2008, Chiesa di San Vidal.

55 Francesca Romana Capone, La cultura è un bene comune. Chorus festeggia dieci anni di vita, in www.labsus.org,

25 ottobre 2008.

Alberto Garlandini (ICOM) auspicò una definizione dei ruoli:

(...)Le associazioni museali hanno posto il tema della sussidiarietà al centro della loro azione per un nuovo modello di gestione dei beni culturali. (…) I cittadini possono svolgere funzioni di interesse pubblico e le amministrazioni devono intervenire solo quando i cittadini non ce la fanno, non il contrario.(...) La Pubblica Amministrazione deve avere un ruolo di programmazione, regolazione e sostegno perché i cittadini possano autonomamente darsi risposte.(...) La cosa più importante che deve fare lo Stato in materia di beni culturali è presidiare la tutela. La sussidiarietà mira a costruire un modello partecipato di gestione dei beni culturali. Bisogna ricostruire un senso di appartenenza (…) [rimanendo] attenti però alla responsabilità individuale, collettiva, istituzionale. Non ci può infatti essere autonomia senza responsabilità e senza controllo (…).

Angelo Tabaro puntò sulla consapevolezza:

(...) La tutela nasce dal senso di consapevolezza del valore dei beni. (…) Solo la consapevolezza permette di coinvolgere. (…) La contrapposizione tra cultura ed economia può essere superata. Moltissime iniziative imprenditoriali sono ormai rispettose del patrimonio. (…) Deve esserci un rapporto con il pubblico, ma nell'ottica della dimensione territoriale. E il privato deve entrare direttamente nella gestione.

Roberto Cecchi auspicò forme di regolamentazione:

Il valore della sussidiarietà orizzontale è importante perché riconosce il ruolo fondamentale del «civis», ma ci vogliono le regole. (…) L'attività regolativa della Pubblica Amministrazione va garantita. I sovrintendenti devono essere soggetti autonomi, come lo sono stati per tanti anni (…).

Gregorio Arena concluse affermando che, se i cittadini si prendessero cura dei beni comuni in maniera responsabile, alle amministrazioni resterebbe meno gestione e più regolazione.

5.5

IL VOLTO DI CHORUS, OGGI