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Questioni di etica tra umanitario e politico

Nel documento Abitanti di uno spazio (pagine 41-45)

In questo primo capitolo si è voluto fornire una visione di partenza del sistema-rifugio a cui si fa riferimento, tentando in particolare di sottolineare la necessità di far emergere componenti che troppo spesso vengono lasciate a latere negli studi sulle migrazioni forzate. I rifugiati sono costantemente sottoposti a processi di etichettamento, e divengono essi stessi portatori di ruoli che giocano su un palcoscenico al fine di assecondare le aspettative del sistema-rifugio, e trovare una propria sistemazione nel nuovo mondo60

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Quando Agamben parla dell'odierna divisione tra umanitario e politico, dice anche che essa rappresenta “(...) la fase estrema dello scollamento fra i diritti dell'uomo e i diritti del cittadino” (1995, 147). E il risultato di tale scollamento è possibile ritrovarlo in quelle

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Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, www.serviziocentrale.it (18 dicembre 2013).

59 Nei capitoli dedicati alle esperienze nei progetti si tornerà su questo punto. Molte persone escono dai Cara e vengono “consigliati” a muoversi verso il nord Italia. Sulla base della personale esperienza di chi scrive, quando ad un richiedente viene detto che c'è la possibilità di venir accolto in un progetto del Sud Italia le aspettative calano brutalmente e anche l'interesse verso il progetto, essendo in molti casi come un tornare indietro. Nel Capitolo Secondo si fornirà una descrizione dello stato attuale del sistema di accoglienza e del motivo di tali proposte, sostanzialmente obbligate in quanto in Italia i posti previsti per l'accoglienza sono inferiori al numero di richieste presentate.

60 La citazione è volutamente in riferimento al film di Crialese che parla delle emigrazioni italiane di inizio Novecento.

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pratiche che, legate alla dimensione che intercorre tra la cittadinanza e il rifugismo, ovvero il modo in cui l'esperienza soggettiva del rifugio viene vissuta e messa in relazione alle corrispondenti politiche da parte dei rifugiati stessi (Malkki 1995), sottendono a procedimenti di decostruzione sia degli status che delle identità.

Come abbiamo visto, le contraddizioni che nascono alla base del concetto stesso di cittadinanza sociale si possono ritrovare anche in quello di rifugiato, in quanto non-cittadino, nonostante a tale categoria di persone sia riconosciuta tutta una serie di diritti che lo equiparano alla condizione di cittadino italiano. Parallelamente, in questo spazio intermedio, si sviluppano delle contro-strategie (Ong 2005, 40) che si fondano sulle agency individuali e collettive dei cittadini-rifugiati. Ciò lo si trova nelle quotidiane interazioni che i rifugiati instaurano con il sistema-rifugio e nelle relazioni che si creano con chi vi lavora. Nell'esperienza professionale di chi scrive, e durante l'indagine etnografica, non si è riscontrato alcun caso di persone rifugiate che abbiano chiesto la cittadinanza italiana. Questo dato però permette di far emergere una domanda che deve essere posta, ovvero cosa significhi passare dall'essere rifugiato all'essere cittadino. Si ritiene importante non dimenticare come la dimensione diasporica delle migrazioni forzate (Cohen 1997; Van Hear 2003 e 2009) non porta le persone, anche quando sono rifugiate, a sentirsi deprivate del proprio senso di appartenenza61

ad un contesto di provenienza, seppure siano deprivate dei propri diritti in quanto cittadini di tale contesto. Parallelamente, per chi non ha mai dovuto rinunciare alla propria cittadinanza il concetto di appartenenza può essere portatore di significati molto differenti e in taluni casi anche di superficialità che non consentono di osservare realmente cosa accade quando si chiede asilo o quando si chiede la cittadinanza. Si propone un episodio legato all'esperienza professionale di chi scrive e avvenuto durante il 2008 con un ragazzo richiedente asilo ospitato all'interno di un progetto. Dopo aver lavorato sulla stesura della memoria per l'audizione in Commissione, Said62

ha vissuto molti mesi di estenuante attesa prima di ottenere finalmente una risposta dalla Commissione. Arriva il momento di andare presso l'ufficio della questura e ritirare il foglio dell'esito, su cui era scritto riconosciuto rifugiato. La prima reazione dell'operatrice è di gioia ed esultanza. La reazione di Said è di pacata rassegnazione. E alla domanda sul perché non fosse contento egli risponde: “No, perché questo pezzo di carta dice che non posso tornare nel mio Paese”. Una possibile generalizzazione che scaturisce dalle menzionate etichette, cui il sistema-rifugio ci abitua, quelle per cui i rifugiati sono vittime che necessitano di assistenza e di aiuto in quanto incapaci di ridefinirsi in autonomia, rischiano di innescare pratiche di sostituzione della persona rifugiata, che è più che mai avvicinabile al concetto di non-persona. L'essere rifugiato non va considerata una condizione ascrivibile ad altre marginalità, ma una fase di transito attraverso cui le persone si devono confrontare con le proprie difficoltà e le proprie risorse. In tal senso risulta calzante l'esempio riportato da Malkki che descrive come:

“People in Mishamo tended to see their refugee status, then, as a positive, productive status and as a profoundly meaningful historical identity. Far from being a "mere" legal technicality, or a disabling problem to be endured, refugeeness was clung to both as a protective legal status and as a special moral condition - for it

61 Per un maggiore approfondimento sul concetto di appartenenza, o belonging, nei refugee studies si vedano Kuwee Kumsa (2006) e Kebebe (2010).

62 I nomi utilizzati all'interno di questo testo sono di pura fantasia per tutelare l'anonimato delle persone, che in quanto rifugiati sono in una condizione di ulteriore vulnerabilità.

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was only by together passing through a period as refugees that the Hutu as "a people" could effect their return to their rightful homeland”63 (1995, 381).

Queste riflessioni non vogliono essere d'altro canto una generalizzazione del sistema-rifugio e delle modalità operative che si sviluppano in esso, quanto un contributo ad osservarle sotto più punti di vista, che sappiano tenere in debita considerazione i rischi contenuti in quegli approcci che producono etichette e ne fanno il baluardo di politiche e pratiche, attuando quello che Habermas definirebbe un decentramento del punto di vista abitualmente utilizzato.

Dalle ricerche prodotte in Italia inerenti il tema del rifugio che trattano da vicino il sistema di accoglienza, emergono degli elementi importanti per questa stessa analisi. Il primo è quello, già menzionato, dell'importanza ricoperta dall’agency quale componente del bagaglio dei rifugiati; il secondo riguarda il ruolo che le persone che operano all'interno dei progetti stessi ricoprono. Il ruolo degli operatori, dei coordinatori e di chiunque gravita attorno ai progetti del sistema di accoglienza ricopre una grande importanza nello sviluppo delle dinamiche dialogiche tra le categorie di rifugiato e cittadino, non solo in quanto figure professionali che a vario titolo fungono da ponte vero e proprio con il territorio, ma anche rispetto al raggiungimento di un diritto da parte dei rifugiati stessi. Durante la presentazione del testo di Sorgoni (2011) tenutosi a Ravenna nell'aprile 2013, uno dei ricercatori che ha collaborato alla stesura dell'indagine svolta nello Sprar di Ravenna, ha raccontato che dopo l'indagine aveva iniziato egli stesso a lavorare come operatore di un progetto Sprar. Una spettatrice ha formulato una domanda chiave al ricercatore-operatore: quale fosse, dopo l'indagine e in questo nuovo “ruolo”, la sensazione che aveva andando al lavoro. Egli ha risposto che si sentiva impotente. Questo elemento emerge in modo ricorrente dalle parole di Urru (in Sorgoni 2011, 66) che avanza come ipotesi la presenza di una ambiguità intrinseca nel rapporto che intercorre tra operatori e rifugiati, determinandone “un problema di incommensurabilità, o più propriamente di slittamento fra unità di misura di volta in volta diverse” (Idem). La letteratura relativa al sistema-rifugio è a lungo stata incentrata sull'osservazione di ciò che avviene nei campi profughi, dunque in contesti lontani dal quotidiano di chi vive, ad esempio, entro le mura della fortezza. Volendosi interrogare sul qui ed ora, gli interlocutori cambiano, e al centro dell'osservazione non ci sono più soltanto le Ong che portano avanti missioni umanitarie in zone dimenticate, ma ci sono soggetti che collaborano a fianco del sistema istituzionale, quello italiano in questo caso, mettendo in pratica le politiche sull'asilo a livelli territoriali.

Gli elementi riportati sino ad ora, quali il proliferare di label, l'urgenza di riconoscere le agency delle persone che chiedono asilo, l'importanza del rapporto con chi lavora con loro, la forte componente di incertezza e fluidità su cui poggia il sistema-rifugio, sottolineano la difficoltà e la precarietà insita nel passaggio da rifugiato a cittadino. L'osservazione si posiziona in relazione a quei fattori di cittadinizzazione che fanno sì che una persona possa

63 “Le persone a Mishamo tendevano a vedere il loro status di rifugiati, quindi, come uno status positivo, produttivo e come una identità storica profondamente significativa. Lontano dall'essere “semplice” tecnicità legale, o un problema disabilitante da sopportare, ci si aggrappava al rifugismo sia come ad uno status legale di protezione che come ad una speciale condizione morale, perché era solo attraverso la condivisione di un periodo come rifugiati che gli Hutu come “un popolo” potevano effettuare il proprio ritorno alla loro legittima terra natia” (Traduzione mia).

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sentirsi parte del contesto sociale di nuovo riferimento, quindi in relazione a quelle parti della vita quotidiana che contribuiscano ad erodere i confini tra status e status.

Ecco perché i diritti sociali, quali componenti della dimensione esterna della cittadinanza, rappresentano il panorama di indagine entro cui utilizzare la lente del paradosso della refugeenship per questa etnografia.

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Nel documento Abitanti di uno spazio (pagine 41-45)