• Non ci sono risultati.

Gli strumenti di indagine

Nel documento Abitanti di uno spazio (pagine 85-90)

UNO SGUARDO SUL METODO

1. Gli strumenti di indagine

La sociologia parla dell'agire sociale (Weber 1981, 3) e del suo Verstehen. Con Weber essa si distacca ontologicamente (Corbetta 2003a, 37) dagli approcci che rendevano le scienze sociali sorelle delle scienze naturali, scegliendo invece un’avalutatività dei soggetti studiati e una propensione alla componente individuale della comprensione, per interpretare e capire

86

le motivazioni delle azioni e “il significato attribuito dall'individuo al suo comportamento” (Ibidem, 34).

In questa ricerca ci si propone di indagare uno spaccato del quotidiano in riferimento ai frames (Goffman 2001; Cerulo 2006) che compongono il palcoscenico dell'asilo; in tal senso si farà brevemente cenno alle derive teoriche della sociologia della vita quotidiana.

Con la diffusione del modello fordista, lo sviluppo della globalizzazione tocca il raggiungimento del suo apice nel corso del Secondo dopoguerra (Robert e Bonanno 2000, 36), e anche la vita quotidiana degli individui viene radicalmente modificata (Jedlowski 2001, 233). Per dirla con Bauman (2008, 217):

“(...) in uno Stato che ha cessato di essere il ponte sicuro che consente di attraversare il confine della mortalità individuale, l'appello a sacrificare il benessere individuale per la preservazione o la gloria eterna dello Stato suona insensato e sempre più bizzarro, se non ameno”.

La sociologia si evolve così analizzando le “problematiche poste dai nuovi sviluppi della società” (Jedlowski 2001, 234). Se Weber ha mantenuto un approccio macro nell'applicazione della sua disciplina, a partire dagli anni Sessanta, seppur in riferimento al suo contributo, si sviluppano tendenze afferenti ad una interpretazione micro dell'indagine sociologica: “(...) se la società è edificata a partire dalle interpretazioni degli individui ed è la loro interazione che crea le strutture, è all'interazione fra gli individui che bisogna guardare per capire la società” (Corbetta 2003a, 38).

La vita quotidiana acquisisce un’importanza centrale dal momento in cui viene considerata “(...) come spazio in cui i soggetti costruiscono il senso del loro agire e in cui sperimentano le opportunità e i limiti per l'azione” (Melucci 1998, 18)201

. Uno dei primi esempi in sociologia è l'opera di Thomas e Znaniecki che, attraverso le storie di vita e documenti come le lettere, studiarono il mutamento sociale sia nella società polacca che in relazione alla vita degli emigrati polacchi (1968). Il tema della vita quotidiana, intesa come campo di mutamento sociale, diviene sempre di più un'attrattiva per le scienze sociali che proiettano la propria attenzione sullo studio delle sue dinamiche e componenti.

Alla diffusione dell'utilizzo di metodologie qualitative202

, oltre al rinnovato interesse per le questioni riguardanti l'indagine sulla vita quotidiana, si affiancano gli approcci etnografici, di

201 Melucci sottolinea l'aumento dell'importanza dello studio degli elementi che compongono la vita quotidiana alla base dello sviluppo delle metodologie qualitative. Ad essa si affianca un aumento di attenzione alla “(...) dimensione esperienziale del singolo individuo che non può essere affrontata in termini conoscitivi unicamente con gli strumenti della ricerca quantitativa” (1998, 18). Con lo sviluppo del mercato globalizzato, si “(...) afferma l'individualità e gli individui-consumatori esigono prodotti che attraverso la capacità di incorporare fattori non materiali si distinguano per le loro differenze qualitative” (Idem). Infine l'autore individua nella componente della differenziazione di aspetti a livello culturale, territoriale, ed individuale lo sviluppo di metodologie alternative alla standardizzazione, che siano capaci di cogliere sfumature altrimenti invisibili.

202 Melucci, nello studio della sociologia qualitativa, individua un cammino che porta ad una pratica riflessiva (1998, 306-308) e ne individua cinque assunti fondamentali. La prima riguarda una componente di opacità che accompagna gli attori (intendendo sia osservatori che osservati); la seconda riguarda il considerare la ricerca uno strumento che consente di diminuire quella comune opacità; la terza riflessione riguarda l'influenza artificiale della presenza dell'osservatore dal momento del proprio ingresso nel campo di indagine; il quarto assunto fa riferimento alla natura negoziale della ricerca e al fatto che all'interno di ogni campo vengono stabiliti limiti e collocazioni dei singoli attori, rendendo di fatto ogni ricerca come una sorta di contratto; infine

87

interesse per questo lavoro. La ricerca etnografica permette di ricostruire dall'interno (Cardano 2003, 110); in un'intervista Dal Lago la definisce come “la capacità di capovolgere i termini della questione” (Giambalvo 2003, 6), analizzando mediante metodologie non standardizzabili i mondi culturali che si sviluppano e interagiscono sotto gli occhi di chi li osserva; ponendosi “in una prospettiva ancora consapevole dell’insegnamento di Weber, lo stile etnografico può costituire un salutare ritorno al primato della descrizione disinteressata sull’aridità delle dispute metodologiche” (Dal Lago e De Biasi 2006, XXXIII-XXXIV).

Fare etnografia significa non solo descrivere determinate realtà sociali, ma farlo partendo da premesse che illuminino le parti più in ombra (Ibidem, X); essa può essere definita come “uno stile di ricerca e di analisi” (Ibidem, XVI) piuttosto che una metodologia, oppure schematicamente riassunta in cinque punti che si collocano nelle principali pratiche dell'etnografia sociale. Il primo punto vede la ricerca etnografica contraddistinguersi per il “privilegio dell'osservazione e della descrizione delle pratiche sociali sull'analisi semantico-strutturale” (Ibidem, XVII); secondariamente la ricerca etnografica non si pone come mezzo oggettivo o esaustivo ma originale, senza l'esclusione peraltro di portare lo sguardo su pratiche universali, generalizzabili o invarianti (Idem). L'etnografia sociale è intrinsecamente collegata al piano teorico del mondo di cui fa parte e che indaga, ponendosi in una prospettiva scettica e al contempo di triangolazione infinita (Cicourel in Dal Lago e De Biasi 2006, XVII); questo genere di osservazione è realizzata mediante metodi diversificati e plurimi, in stretta connessione con le componenti soggettive del ricercatore che apporta un suo certo sguardo. Infine si considerano i risultati; essi vengono estrapolati e descritti in stretta relazione con le modalità di ricerca: “l'etnografo è consapevole del carattere al tempo stesso costruttivista e parziale delle sue pratiche di scrittura” (Dal Lago e De Biasi 2006, XVII) e sono fondamentali premesse trasparenti e relative motivazioni sulle metodologie prescelte.

Se la sociologia funge in primis quale “strumento di conoscenza” (Ferrarotti 1994, 279) e più specificamente si propone di “esplorare l'interconnessione del sociale” (Idem), il sociologo, di riflesso e in antitesi con l'imperante frammentazione della società,

“nel momento stesso in cui prende ad analizzare un qualsiasi fenomeno sociale, un comportamento oppure un'istituzione, (...) fa valere e pesare sul fatto sociale un criterio di razionalità che chiarisce le ragioni profonde delle pratiche sociali, spesso accettate e seguite per puro istinto abitudinario, e possiede un salutare potere di demistificazione” (Ibidem, 280).

Nello specifico di questa indagine, poiché facente riferimento alle pratiche etnografiche:

“Il lavoro sul campo impone a ognuno la responsabilità di tradurre in concrete operazioni di ricerca la propria personale sensibilità metodologica ma impone anche – se si vuole che altri possano trarre profitto dal proprio lavoro – di dar conto in modo analitico dell'itinerario di ricerca seguito, costruendo in questo modo l'obiettività del proprio resoconto” (Cardano 2003, 112)

Data questa premessa, i prossimi sottocapitoli sono dedicati alla descrizione dell'itinerario percorso in questa indagine.

l'autore attribuisce un ruolo fondamentale all'utilizzo della “metacomunicazione sul campo” (Ibidem, 308), a rispecchio di una costante lavoro sui confini del campo stesso e a conferma del fatto che “la ricerca sociale perde l'illusione di essere il rispecchiamento della vera realtà e si avvicina alla sua natura più propria di essere cioè un tipo particolare di attività” (Idem).

88

Gli strumenti qualitativi qui utilizzati sono l'intervista qualitativa (semi-strutturata e ai testimoni privilegiati) e l'osservazione partecipante. Nel primo caso, quella che viene anche definita intervista discorsiva203

, “consegna al ricercatore non solo un insieme di informazioni sull'intervistato, sul suo profilo sociodemografico, sulle credenze, sugli atteggiamenti che lo contraddistinguono, sul suo stato, su di un insieme di proprietà; l'intervista discorsiva consegna un discorso” (Cardano 2005, 74). L'autore si interroga su come poter leggere questi discorsi e lo fa prendendo a riferimento due prospettive differenti. La prima rimanda alle posizioni testualiste di Demaziere e Dubar (Ibidem, 75) secondo cui il ricercatore può trarre dalle proprie interviste parole e non fatti, rinunciando a "(...) trarre dalle interviste che hanno condotto indizi sul milieu sociale dei loro interlocutori e si sforzano di porre ordine in questi materiali classificando non già gli individui, ma i loro discorsi" (Idem); in antitesi si pone Bertaux, secondo cui “il sociologo deve tentare di passare dal particolare al generale scoprendo, all'interno del campo osservato, le forme sociali – rapporti sociali, logiche d'azione, processi ricorrenti – che possono essere presenti in una molteplicità di contesti simili” (1999, 35); così l'autore definisce l'etnosociologia.

Le interviste discorsive rientrano nel corpus raccolto dal ricercatore che, in base al tipo di informazioni che desidera ottenere dai discorsi contenuti, eleggerà a proprio strumento un approccio piuttosto che un altro, stando quindi a sottolineare la pertinenza e la compresenza di queste distinzioni e di come siano profondamente ancorate agli obiettivi dell'indagine. L'intervista discorsiva presenta alcuni limiti, in quanto, pur facendo parte di una forma di indagine basata sullo studio di ciò che “ha a che fare con il mondo interno degli individui (…), non si presta, invece, per lo studio dell'interazione sociale di cui consente di cogliere esclusivamente i riflessi sedimentati nelle rappresentazioni dei singoli individui” (Cardano 2003, 77).

L'intervista in questa indagine viene utilizzata anche mediante il contatto con soggetti che vengono definiti osservatori, o testimoni, privilegiati. Se nel caso delle interviste discorsive gli intervistati sono essi stessi oggetti di studio, nel caso delle interviste ad osservatori privilegiati si ha a che fare con persone che non sono “parte del fenomeno studiato” (Corbetta 2003a, 89), ma che per la loro posizione privilegiata rispetto alla conoscenza ed alla propria esperienza in merito allo stesso ambito, possono fornire al ricercatore uno sguardo privilegiato, appunto, che ne consenta l'approfondimento, l'osservazione sotto punti di vista più specifici e al contempo più generali. Le interviste agli osservatori privilegiati sono “eterogenee e non confrontabili” (Idem) poiché realizzate con individui che ricoprono ruoli differenti tra loro.

Il terzo strumento metodologico qui utilizzato è infine l'osservazione partecipante, centrale nell'approccio etnografico (Cardano 2003, 110). Con essa il ricercatore guarda, ascolta e, al contempo, si lascia coinvolgere dall'osservato; egli di fatto “osserva la vita e partecipa della vita” (Corbetta 2003a, 14), diviene “parte del quadro che dipinge” (Cardano 2003, 107). Grazie all'esperienza in Nuova Guinea, Malinowski introduce l'utilizzo di un'espressione

203

Cardano (2003, 54) riportando in uno schema una tassonomia delle principali tecniche di osservazione poste in relazione con gli oggetti prescelti, mette l'intervista discorsiva (a sua volta suddivisa in intervista libera o non strutturata, e intervista guidata o semi-strutturata) e l'intervista strutturata tra gli strumenti a disposizione del ricercatore qualora l'oggetto siano gli individui. Se ad oggetto di indagine vi è l'osservazione di collettivi, a disposizione della ricerca vi sono rispettivamente metodologie situate negli ambienti naturali, quali l'osservazione partecipante, lo shadowing e l'osservazione naturalistica; oppure in riferimento ad ambienti artificiali il focus-group, i giochi, e l'osservazione di laboratorio. Infine nello studio dei documenti naturali, gli strumenti a disposizione sono l'osservazione della documentazione.

89

come osservazione diretta (1973, 31), che poi tramite l'opera di Lindeman prenderà il nome di osservazione partecipante (Cardano 2005, 109). Nell'opera di Malinowski, risalente ai primi anni Venti, vengono introdotti quegli elementi che resteranno caratterizzanti di un approccio preso a modello nei decenni a seguire, come dimostrano, per esempio, le numerose ricerche prodotte dalla Scuola di Chicago. Questi elementi sono costituiti sostanzialmente dalla “(...) residenza in loco dello studioso, sua condivisione della vita dei soggetti studiati, osservazione nell'ambiente naturale dell'interazione sociale, uso di personaggi-chiave come informatori” (Corbetta 2003a 17).

Whyte nella sua opera più nota del 1993 indaga le quotidianità di un quartiere di Boston, vivendo per molti anni immerso nella vita quotidiana e divenendo egli stesso un abitante di quell'angolo di strada; egli descrive così il suo inizio: “When I began my work, I had no training in sociology or anthropology. I tought of myself as an economist and naturally looked first toward the matters that we had taken up in economics courses, such as economics of slum housing”204 (1993, 288). Egli vivrà per alcuni anni, comprando casa anche, nel quartiere oggetto della sua osservazione e racconterà del suo particolare rapporto con Doc, informatore e figura chiave che lo avvicinerà alla vita quotidiana e alla sua comprensione.

Con particolare interesse si fa riferimento ad un'altra esperienza etnografica, quella di Anderson, considerata fondamentale tra vari autori della scuola di Chicago (Rauty in Anderson 1994, L), e contenuta nel primo testo pubblicato dall'autore, intitolato “The Hobo”, in cui ripercorre la vita di quei lavoratori senza fissa dimora del Nord America, ovvero gli Hobos, che vivono al margine della società, costituendone una a sé. Questa realtà è ben conosciuta dall'autore, in quanto egli stesso ha vissuto come gli Hobos per un periodo della sua adolescenza assieme ai suoi genitori e fratelli, tutti immigrati dalla Svezia agli Stati Uniti, in quella stessa Chicago dove si concentra e si sviluppa Hobohemia, la città degli Hobos. In questa opera sociologica c’è una assonanza con la ricerca presentata in questa tesi e riguarda il fare etnografia a casa (Sorgoni 2011, 33).

Alla base della ricerca di quel preciso punto di vista, parallelamente, si sviluppa una contraddizione, ovvero,

“(...) la necessità 'oggettiva' di una comprensione estesa di cui sono presupposto e garanzia la distanza dello sguardo e l'obiettività del metodo, in una parola la 'posizione' dell'etnografo, e la capacità 'soggettiva' di una particolare forma di immedesimazione (…) necessaria per cogliere il punto di vista dei nativi, supposto come inaccessibile a loro stessi” (Rahola in Dal Lago e De Biasi 2006, 38).

Le esperienze etnografiche, come già accennato, si sviluppano seguendo la pluralità che rispecchia quella degli etnografi che le vivono (Dal Lago e De Biasi 2006, XVII; Cardano 2005, 111). L'etnografo giunge a posizioni che ribaltano il “metodo assoluto” (Rahola in Dal Lago e De Biasi 2006, 39) come nelle opere di Geertz205, il quale contribuisce ad una visione dell'etnografia come “pratica in continua traduzione, in cui il senso è messo in gioco circolarmente, dove le interpretazioni dell'etnografo e quelle degli individui osservati si

204

“Quando ho iniziato il mio lavoro, non avevo formazione in sociologia o antropologia. Pensavo a me stesso come a un economista e in modo naturale guardavo prima di tutto ai temi che avevamo appreso nei corsi di economia, come l’economia delle abitazioni nei ghetti” (Traduzione mia).

205 Per un maggiore approfondimento delle opere di Geertz si veda in particolare il testo Interpretazione di culture del 1987.

90

implicano reciprocamente, senza poter essere comprese isolatamente” (Ibidem, 40)206

. Rahola prosegue la sua analisi dello sviluppo contemporaneo delle pratiche etnografiche facendo riferimento a Clifford207, autore che problematizza il concetto stesso di cultura, poiché “(...) impossibile da declinare in termini di sistema, di un qualcosa di isolabile e interpretabile” (Ibidem, 43).

Le pratiche etnografiche, la ricerca sul campo e in generale gli approcci che rimandano a metodologie qualitative non sono statici e standardizzabili, ma dialogici, mutevoli, producono un movimento a spirale (Bourdieu 1998, 15), come la relazione che si stabilisce tra osservatore e osservato.

In riferimento all'abdicazione dell'empirismo, Bourdieu suggerisce che:

“la sociologia sarebbe meno vulnerabile alle tentazioni dell'empirismo se bastasse ricordarle, con Poincaré, che 'i fatti non parlano'. Aver a che fare con un oggetto che parla è forse la maledizione delle scienze dell'uomo (…). Non basta che il sociologo si metta ad ascoltare i soggetti, registri fedelmente i loro discorsi e le loro ragioni, per riuscire a spiegare la loro condotta ed anche le ragioni che essi propongono: in tal modo egli rischia di sostituire puramente e semplicemente alle proprie prenozioni le prenozioni di coloro che studia, o un misto falsamente scientifico e falsamente oggettivo della sociologia spontanea dello 'scienziato' e della sociologia spontanea del suo oggetto” (Bourdieu e Chamboredon Passeron 1976, 61-62).

I concetti non possono essere definiti in modo isolato, in modo sistemico (Bourdieu 1992, 66), ma situandoli all'interno del sistema teorico da cui nascono; bisogna dunque “pensare in maniera relazionale” (Ibidem, 67), sottolineando la natura oggettiva di tali relazioni che si stabiliscono tra gli agenti del campo preso ad oggetto di studio.

Nel documento Abitanti di uno spazio (pagine 85-90)