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196 Rassegna bibliografica s anDrine v auDrey l uiGi , La langue romanesque

de Marguerite Duras. “Une liberté souvenante”, Paris,

Classiques Garnier, 2013, pp. 593.

Sandrine Vaudrey-Luigi propone un’analisi delle concrezioni stilistiche e delle configurazioni linguisti- che ricorrenti nella prosa romanzesca di Marguerite Duras. Nozioni quali style, style d’auteur, signature styli-

stique, idiolecte costituiscono gli assi portanti del volu-

me, e sono trattati in relazione agli sviluppi della stilisti- ca degli ultimi vent’anni: attraverso l’identificazione di

patterns linguistici mobili, lo stile di Marguerite Duras è

considerato nel suo aspetto evolutivo, etico e posturale. Come un percorso di ricerca costantemente attratto dai due poli della tradizione e dell’innovazione (una «liber- té souvenante», appunto), come un’estetica e una prassi della deformazione. Ogni tentativo di sistematizzazione dell’opera di Marguerite Duras deve infatti fare i conti con il diniego della scrittrice stessa, con la sua insoffe- renza per l’astrazione critica, per l’«imbécillité théori- que»: la sua insurrezione estetica permanente si è gio- cata anche sul rifiuto dell’organizzazione concettuale, sulla ricerca libera e indiscriminata di una scrittura che facesse tutt’uno con il corpo, che fosse à même la peau. Così, l’utopia di una lingua senza regole – l’ossessione per il lessico, la negligenza della sintassi – ha potuto prendere nomi diversi («écriture du non-écrit», «écri- ture courante», «gauchissement»), ognuno dei quali ha messo l’accento su uno degli aspetti di quell’insieme in- confondibile che è lo style Duras.

Sandrine Vaudrey-Luigi ne riesce a presentare una visione sfaccettata articolando il saggio in tre grandi se- zioni. La prima («De la belle langue à la langue poéti- que») mette in evidenza il rapporto dialettico con due «modèles patrimonialisés»: da un lato, l’ideale astrat- to e in continua ridefinizione di quella forma negativa (per utilizzare i termini di J. Piat), o contro-modello, che è la «belle langue»; dall’altro, la tensione verso una «langue poétique». Nel dialogo tra queste due istanze si iscriverebbe la reinvenzione, piuttosto che l’inven- zione, della lingua praticata da Marguerite Duras. La seconda parte («La réinvention de la langue») ne in- daga più in profondità lo sviluppo, mostrando le stra- tificazioni del passaggio da un modello orale di matrice tardo ottocentesca al «paradigme vocal» che si conso- lida in Francia nel dopoguerra (qui il riferimento è, in particolare, G. Philippe), fino a evolvere in quella «lit- térature de vocation» (secondo C. Reggiani «gramma- ticalement définie par la présence conjointe du présent et de la première personne») che segna il ritorno a una scrittura referenziale. La terza parte («La constitution de l’idiolecte durassien») delinea infine, senza cedere alla tentazione teleologica, le caratteristiche dello style

Duras, tanto nel rapporto interno delle sue componenti

quanto nel confronto con l’esterno (vagliando, in par- ticolare, l’influenza di Michelet e Loti). Nel passaggio dall’analisi minuziosa dei fenomeni linguistici a consi- derazioni storico-letterarie più ampie si profila la figura a tutto tondo di una scrittrice che ha riconfigurato il paesaggio letterario del secondo Novecento.

[FrancescaloranDini] Polygraphies du corps dans le roman de femme con- temporain, numéro préparé par Andrea oberhuber,

«Tangence» n. 103, 2013, pp. 145.

Costituito da sette articoli di studiose provenien- ti da Québec, Francia e Belgio e coordinato da A.

Oberhuber, il dossier ruota intorno a quelle che il ti- tolo stesso definisce, con le parole di Roland Barthes, «polygraphies du corps». Il volume si propone infatti di studiare in che modo e per mezzo di quali strategie narrative, alcune scrittrici e artiste di sesso femminile abbiano affrontato il tema del corpo e il suo comples- so intreccio con questioni politiche e poetiche.

Proprio di Andrea oberhuber è il primo inter-

vento, intitolato Dans le corps du texte (pp. 5-19), che funge da breve introduzione all’intero volume. Oberhuber articola il suo discorso intorno ai tre mo- menti – scrivere, descrivere e inscrivere – che fan- no da cardine agli articoli che compongono il dos- sier. Il corpo, in particolare quello della donna, non si delinea qui come semplice elemento descrittivo: al contrario, diventa un’occasione per elaborare riven- dicazioni sociali e disfare i nodi del proprio passato. Oberhuber ci ricorda così che il corpo non è uno, ma è plurale, al contempo individuale e sociale.

Infatti, con En-corps, brèves observations sur le ma-

nifeste d’Hélène Cixous (pp. 21-30), Martine reiD di-

mostra proprio come il celebre Le Rire de la Méduse sia quasi un manifesto del corpo della donna, una ri- vendicazione di carne e materia, di sensazione e cor- po. Corpo che, in questo caso, si fa scrittura e che proprio attraverso la scrittura trova un modo per li- berarsi ed esprimersi.

Altrettante implicazioni politiche della narrazio- ne del corpo della donna sono affrontate nell’articolo di Sofiane laGhouaTi Les Je(ux) de partitions d’As- sia Djebar: un Quatuor algérien pour corps féminins

(pp. 31-56). Laghouati studia il carattere radicalmen- te originale dell’autobiografia nell’opera di Assia Dje- bar, con una particolare attenzione al modo in cui il corpo della donna diventa, nei suoi scritti, uno spazio simbolico di clandestinità.

Se Catherine mavriKaKis (Le Corps de la filiation: répétitions et détournements de l’Histoire des femmes dans le roman “Purge” de Sofi Oksanen, pp. 57-78) af-

fronta il tema della violenza subita dalle donne, nel romanzo finlandese Purge di Sofi Oksanen, Marti- ne Delvaux compie invece un’analisi intrecciata dei

romanzi di Nelly Arcan e delle fotografie di Vanessa Beecroft (Écriture et nudité. Les femmes de Nelly Ar-

can et de Vanessa Beecroft, pp. 79-91). Delvaux pone

le opere delle due artiste in un paragone dal quale ri- sulta la medesima intenzione di non esaltare la nudità del corpo femminile, bensì di evocarne la caduta. Lo sforzo allora è forse per entrambe quello di liberar- si dall’immagine fin troppo consumata della donna, proprio per mezzo della sua narrazione.

In Le Corps dans la voix. De “L’Amour” à “L’Hom-

me assis dans le couloir” de Marguerite Duras (pp. 93-

105), Florence De chaloGne, a partire dai manoscrit-

ti preparatori di L’Amour fino alla pubblicazione di

L’Homme assis dans le couloir, e passando per le opere

cinematografiche, analizza le strategie di cui la cele- bre autrice fa uso per dare vita ai suoi personaggi, in particolare attraverso lo stratagemma di una voce nar- rante che de Chalogne definisce – con un’espressione barthesiana – un «corpo nella voce».

Il volume si conclude con l’articolo di Marie-Do- minique Garnier Corps calliens: suite deleuzienne (nom, corps, nomos) (pp. 107-134), incentrato sull’o-

pera della fotografa e scrittrice Sophie Calle. Rifacen- dosi al pensiero di Deleuze e Guattari, Garnier pren- de in esame alcune opere dell’artista parigina per ana- lizzare come queste riescano a narrare un corpo i cui contorni non esauriscono mai i concetti di soggetto, individuo e identità, facendo così variare il perime-

tro di ciò che siamo abituati a considerare come un corpo.

Il dossier nel suo complesso rispecchia la vocazio- ne volutamente interdisciplinare della rivista «Tan- gence», la cui peculiarità risiede proprio nell’interes- se rivolto alle relazioni esistenti tra la letteratura e al- tre discipline. Nutrito quindi da contributi aperti a diversi approcci di analisi e alla contaminazione con espressioni artistiche anche lontane da quella lettera- ria, questo numero ha il pregio di donare al lettore una stimolante varietà di spunti di riflessione circa la questione – oggi ancora molto attuale e dibattu- ta – del corpo della donna.

[evaFeole]

jean h. DuFFy, Thresholds of Meaning. Passage, Ritual and Liminality in Contemporary French Narrat- ive, Liverpool University Press, 2011 («Contemporary

French and Francophone Cultures», 18), pp. 356. Il volume si apre con una panoramica sullo stato della produzione narrativa francese dell’ultimo tren- tennio e propone una carrellata degli approcci critici ed epistemologici che hanno accompagnato la nasci- ta di nuovi paradigmi di scrittura. La critica di lingua inglese è ben presentata e consente un approccio al- largato all’oggetto dello studio. In apertura, l’autrice propone uno degli assunti principali della sua tratta- zione, ovvero che non si è verificata una vera e propria rottura con la fine delle ultime avanguardie degli anni Settanta e con il Nouveau Roman, ma che la narrativa contemporanea, caratterizzata dal ritorno alla Storia, del soggetto e del racconto, dimostra una continuità nell’utilizzo di alcuni motivi, come quello della ripe- tizione e della variazione costante di alcune tematiche fondamentali.

L’autrice propone lo studio dell’opera di alcuni au- tori rappresentativi della letteratura francese odierna, che presentano un percorso di scrittura ormai conso- lidato: Pierre Bergounioux, François Bon, Marie Dar- rieussecq, Hélène Lenoir, Laurent Mauvigner, Jean Rouaud. Tutti questi scrittori hanno dichiarato una sorta di filiazione rispetto al Nouveau Roman: si sen- tono eredi, o perlomeno prossimi, soprattutto a Clau- de Simon e a Nathalie Sarraute e condividono con Mi- chel Butor alcuni tratti stilistici. Si scopre nei loro te- sti, ad esempio, la figura della ripetizione e del ritorno compulsivo, di libro in libro, di momenti fondamentali della vita familiare o personale, che spesso è posta a confronto con stilemi e strutture simili reperibili nel- le opere dei tre nouveaux romanciers. Le figure fonda- mentali su cui si sofferma Duffy sono quelle della per- dita e dell’assenza, veri e propri motivi che ogni autore declina secondo il proprio vissuto e la propria perce- zione di esso. La figura dell’assenza domina molti rac- conti contemporanei: vi si incontrano personaggi che scompaiono, o che sono assenti a se stessi, o sono in- teri gruppi sociali ad essere messi in pericolo dalle tra- sformazioni economiche e dai conflitti. Talvolta all’as- senza si aggiunge il silenzio, che è spesso l’unica arma che consenta di affrontare realtà difficili, di resistere a situazioni disagevoli o addirittura irraccontabili. Ma quel che più lega gli scrittori contemporanei presi in esame ai loro illustri predecessori è la ricerca del signi- ficato della realtà che si compie attraverso la scrittura e la narrazione di esperienze che sono ripetute e variate con minimi aggiustamenti nei diversi libri.

Il volume è composto di quattro capitoli nei qua- li sono presi in esame via via testi specifici di alcuni

degli scrittori in oggetto: «At Death’s Door: Illness, Ritual and Liminality in Darrieussecq, Lenoir, and Mauvignier»; «Suicide and Saving Face in Bon, Mau- vignier and Bergounioux»; «Commemoration, Monu- ment and Identity in Bergounioux, Darrieussecq and Rouaud»; «Retouching the Past: Family Photographs and Documents in Rouaud, Bon and Lenoir». Come si evince dai titoli dei capitoli, l’approccio adottato è principalmente tematico e affronta problematiche le- gate alla vita contemporanea e ai rapporti sociali e fa- miliari. Duffy incrocia le proprie letture ed esegesi te- stuali con percorsi di analisi più prettamente sociologi- ci e antropologici, avvalendosi di una ricca bibliografia che adatta ai “casi” presentati e alle tematiche dei testi scelti. Così, le varie forme di passaggio da uno stato/ momento della vita all’altro che caratterizzano ogni so- cietà e che ogni essere umano affronta durante la pro- pria esistenza, attraverso una serie di riti anche molto strutturati, come ad esempio quelli che regolano l’en- trata nell’età adulta o la morte, sono trattati a partire da approfondimenti di etnologia e di sociologia. Le incur- sioni in altri campi del sapere consentono all’autrice di dimostrare quanto la letteratura narrativa francese contemporanea, che è considerata in via di estinzione da parecchi anni, rispecchi invece le aporie e le proble- matiche più ineludibili della società che rappresenta e interroga profondamente.

Nel capitolo conclusivo, l’autrice affronta una tema- tica comune ai sei autori del suo corpus: le specificità del passaggio della soglia della scrittura e la sua messa in pratica nel testo. L’impegno degli autori che scelgo- no di dedicarsi alla scrittura perché è l’unico mezzo a loro disposizione per implicarsi nella vita attivamente, è reso nei testi dalla riflessione metatestuale e attraver- so la metalessi, dispositivi che illustrano un posiziona- mento preciso degli scrittori nel campo della lettera- tura. Per tutti gli autori presi in esame, la scrittura è l’indispensabile risposta a un evento traumatico, perso- nale o collettivo, e scrivere significa tentare di mettere in chiaro, e forse comprendere, situazioni di perdita, assenza, carenza affettiva. Gli strumenti utilizzati nei testi, la ripetizione dei motivi, la ricerca della scrittura e dell’espressione dell’indicibile, sono alcune delle ri- sposte che consentono di affrontare la crisi contempo- ranea raccontandola.

[elisabricco]

marc Dambre et bruno blancKeman (éds), Roman- ciers minimalistes 1979-2003, Paris, Presses Sorbonne

Nouvelle, 2012, pp. 362.

Il volume raccoglie a distanza di quasi un decennio i contributi presentati al Colloque di Cerisy con un bre- ve «Avant-propos» dei curatori (pp. 7-12) che, nel col- locare il progetto originario nel suo contesto, ricono- scono nel décalage della pubblicazione la possibilità di cogliere nello stesso tempo «un moment de l’histoire littéraire et l’espace parcouru, les renouvellements des œuvres comme leurs cohérences et leurs continuités» (p. 7). Dei romanciers minimalistes attivi tra il 1979 e il 2003 si analizza in particolare l’opera di Éric Chevil- lard (Jacques Poirier, De la littérature et autres bagatel- les: sur Éric Chevillard, pp. 15-26; David ruFFel, Les romans d’Éric Chevillard sont très utiles, pp. 27-32; Ma-

rie-Odile anDré, Récit contrarié, récit parodique: la fi- gure auctoriale chez Chevillard, pp. 33-42; Anne cous- seau, Lecture, jeu et autobiographie dans “Du hérisson” d’Éric Chevillard, pp. 231-243; Jean-Louis hiPPolyTe, L’anti-biographe, ou les absences de Chevillard, pp. 245-

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Rassegna bibliografica

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