AGEVOLAZIONI TRIBUTARIE POSTE AL VAGLIO DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA
6. Il recepimento della sentenza della Corte di Giustizia da parte della Cassazione: le diverse interpretazioni della Sezione Tributaria e delle
Sezioni Unite.
I principi espressi dalla Corte di Giustizia Europea, in merito alla questione della compatibilità comunitaria dei condoni Iva del 2002, sono stati recepiti nel nostro ordinamento giuridico, mediante alcune pronunce giurisprudenziali della Corte di Cassazione.
La fattispecie è stata dapprima esaminata dalla sezione tributaria della Corte, nell’ambito della sentenza n. 20069 del 2009 412, che ha recepito in pieno le affermazioni di principio sancite dall’organo di giurisprudenza comunitaria introducendo, allo stesso tempo, alcune rilevanti novità. Tra di esse si annovera certamente la possibilità di estendere la portata della pronuncia anche a norme non direttamente interessate dal giudizio 413.
La Corte ha altresì focalizzato la propria attenzione sugli effetti prodotti, dalla legislazione condonistica in materia di Iva, nell’ambito dell’ordinamento giuridico nazionale. In particolare, si è ritenuto opportuno sottolineare che, la dichiarazione di incompatibilità delle leggi di condono, qualora fosse stata intesa in senso estensivo, tale da potersi applicare anche alle questioni già definite, avrebbe prodotto, quale paradossale conseguenza, la possibilità, per i contribuenti, di richiedere il rimborso di quanto versato a titolo di condono. Di contro, lo Stato si sarebbe trovato, nella quasi totalità dei casi 414, nella scomoda situazione di non poter più accertare le eventuali evasioni, essendo decorsi i termini di decadenza per l’esercizio dell’azione di accertamento.
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Cfr. Corte di Cassazione, sez. trib., sentenza 18 settembre 2009, n. 20069. Per il testo integrale della sentenza, con relativo commento, cfr. R. DOMINICI, Gli effetti della incompatibilità con il diritto comunitario dei condoni IVA, in Corriere Tributario n. 42, 2009, pagg. 3422 – 3428. In egual modo si è espressa anche la Corte di Cassazione, sez. trib., sentenza 18 settembre 2009, n. 20068.
413
Tra le misure a cui si fa riferimento, diverse da quelle relative al c.d. condono tombale, si annovera anche la c.d. definizione agevolata di controversie tributarie pendenti, prevista dall’art. 16 della L. n. 289/2002, che determina una rinuncia, da parte dell’Amministrazione Finanziaria, all’accertamento sulla pretesa fiscale e sulla riscossione dell’imposta, che viene rimesso al giudice tributario.
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Lo Stato potrebbe però ancora intervenire, in caso di fattispecie penalmente rilevanti, entro il 31 dicembre 2012, in caso di infedele dichiarazione, ovvero 2013 nel caso di omessa dichiarazione.
Una interpretazione in tal senso, così come evidenziato da autorevole Dottrina 415, sarebbe indubbiamente da evitare, preferendo invece una interpretazione “ limitativa ” della pronuncia. A ben vedere, la Corte, con l’accertamento dell’infrazione da parte della Repubblica Italiana, “ non intendeva far saltare le
definizioni già raggiunte ”, quanto piuttosto “ dichiarare che uno Stato che si arrende con tanta facilità compromette il sistema delle imposte ”. Di
conseguenza, si impone in detto ambito la necessità di impedire al legislatore di introdurre, per il futuro, discipline condonistiche di portata così ampia da generare, a favore del contribuente inadempiente all’assolvimento dell’imposta, delle definizioni eccessivamente vantaggiose.
Il recepimento della decisione di incompatibilità dei condoni Iva, espressa dalla Corte di Giustizia, è avvenuta anche per il tramite delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che si sono a loro volta espresse mediante le pronunce n. 3674, 3676 e 3677 depositate il 17 febbraio 2010 416, dalle quali è emerso un orientamento diverso da quello espresso dalla sezione tributaria.
Così come evidenziato da attenta Dottrina 417, la divergenza venutasi a creare tra le diverse sezioni della Cassazione risulta senza dubbio profonda, anche se non insuperabile. La non radicalità delle diverse interpretazioni fornite dalla Cassazione può evincersi, soprattutto, dal contenuto di una delle sentenze delle Sezioni Unite, ossia la n. 3674, meglio definita come “ rottamazione dei ruoli di
riscossione ”, e riguardante l’art. 12 della legge di condono n. 289/2002 418. In questo specifico caso, infatti, la Cassazione a Sezioni Unite, alla luce di una interpretazione adeguatrice, ha rilevato che esiste incompatibilità con il diritto comunitario di una rinuncia definitiva dello Stato alla riscossione dell’imposta negli importi dovuti, e ha perciò disapplicato l’art. 12 della medesima legge, nella parte in cui, relativamente all’IVA, consente di definire una cartella esattoriale con il pagamento del 25 % dell’importo iscritto a ruolo, in quanto la predetta 415
Cfr. M. BASILAVECCHIA, Condono e processo: la parola alle Sezioni Unite, nota a Corte di Cassazione, ord. 4 dicembre 2009, n. 25566, in Corriere Tributario n. 6, 2010, pag. 424.
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Alle suddette sentenze, si sono aggiunte anche le ordinanze n. 3673 e 3675, depositate nella medesima data.
417
Cfr. G. FALSITTA, Il contributo della Cassazione alla demolizione della legislazione condonistica in materia di Iva, nota a Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenze del 17 febbraio 2010, n. 3674, 3676, 3677, in Corriere Tributario n. 12, 2010, pagg. 982 – 983.
418
L’art. 12 della legge di condono consentiva la definizione di una cartella esattoriale con il pagamento del 25% dell’importo iscritto a ruolo.
disposizione comporta una rinuncia definitiva dell’Amministrazione alla riscossione di un credito accertato. In questo modo le Sezioni Unite hanno finito per attribuire alla sentenza della Corte di giustizia una portata « estensiva » perché hanno riconosciuto che la incompatibilità con il diritto comunitario non è circoscritta agli artt. 8 e 9 della legge di condono ( come emergerebbe dalla interpretazione lessicale del dispositivo della sentenza della Corte di giustizia ), ma va oltre ed investe, ad esempio, l’art. 12 sulla rottamazione dei ruoli.
Diversamente, il contrasto interpretativo più evidente, tra le diverse sezioni della Corte di Cassazione, ha riguardato l’interpretazione dell’art. 16 della legge di condono Iva, dedicato alla “ definizione delle liti pendenti ”. In particolare, mentre la Sezione Tributaria ha ritenuto incompatibili con le norme comunitarie, e quindi non più efficaci, le disposizioni di cui all’art. 16, le Sezioni Unite ne hanno riconosciuto di converso la completa compatibilità. Secondo l’interpretazione fornita dalle Sezione Tributaria, nel caso di lite pendente in cui la questione del condono si ponga come pregiudiziale, il giudice avrebbe dovuto accertare l’inefficacia del condono e risolvere la lite, prescindendo dalla definizione agevolata 419. Diversamente, le motivazioni addotte dalle Sezioni Unite, attenevano al fatto che, rendendo applicabili le disposizioni relative al condono Iva anche alle controversie pendenti, non ancora giunte a conclusione, le parti ( contribuente e Amministrazione Finanziaria ), risolvevano pacificamente e di comune accordo il conflitto. Nella realtà, sembra che la situazione non risolva esattamente in tali termini, dato che, mentre il contribuente può decidere spontaneamente e facoltativamente se aderire o meno al condono, l’Amministrazione Finanziaria invece non può farlo, dovendo subire la sua iniziativa.
Una particolare riflessione deve essere operata anche in riferimento alle disposizioni di cui all’art. 16, nella parte in cui viene stabilito che, le sentenze che sarebbero passate in giudicato nel periodo compreso tra il 30 settembre e il 31 dicembre del 2002, dovevano essere considerate quali liti pendenti, potendo quindi essere interessate dalle norme di condono, con un conseguente abbattimento delle sanzioni e riduzione dell’imposta dovuta alla metà.
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Cfr. R. DOMINICI, Gli effetti della incompatibilità con il diritto comunitario dei condoni IVA, cit., pagg. 3424 – 3425.
In conclusione, la situazione che si prospetta risulta ancora piuttosto incerta. I dubbi e le perplessità circa il recepimento della condanna della legislazione condonistica, sono rese ancor più evidenti dalle diverse interpretazioni della fattispecie, fornite dalle Sezioni Tributarie e dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Probabilmente, la soluzione auspicabile sarebbe stata quella di operare un espresso rinvio pregiudiziale al giudice “ naturale ” della controversia, che non è altro che la Corte di Giustizia Europea 420.
7. Effetti concreti della dichiarazione di incompatibilità comunitaria dei