9. La responsabilità solidale di chi abbia preso parte al fatto lesivo e, nei limiti del
9.3 La responsabilità dei soci di controllo
spiegherebbe perché debbano darne conto nel momento in cui abdicano alla loro autonomia decisionale e indicare dettagliatamente quale sia l’interesse perseguito nell’assoggettarsi alla scelta altrui237.
In sintesi, quando si deroga al principio societario per cui gli amministratori sono coloro che adottano le decisioni, deve essere reso trasparente il meccanismo decisionale attraverso il quale queste decisioni sono assunte: viene meno, cioè, quel velo di riserbo che copre l’autonomia manageriale e la loro discrezionalità. Ciò, d’altronde, avviene anche nel sistema anglosassone, in cui, in caso di conflitto d’interessi, viene disapplicata la regola della business
judgement rule.
Quanto ai sindaci, essi sono responsabili solidali per l’inadempimento dei doveri previsti dall’art. 2403 c.c. allorché esso concorra al prodursi del “fatto lesivo” e sono obbligati a dimostrare la propria diligenza o che l’evento dannoso si sarebbe comunque prodotto, anche se a fossero stati diligenti. Anche per i sindaci della società sottoposta rileva quanto previsto dall’art. 2403 bis, II comma, c.c., ossia la possibilità di scambiare informazioni con il collegio sindacale della capogruppo sull’andamento generale dell’attività sociale e sui sistemi di amministrazione e controllo. Infine, ad essi è altresì applicabile l’art. 2409, I e ultimo comma, c.c.
La responsabilità di tutti gli amministratori e vigilanti, rispettivamente della società capogruppo e di quella sottoposta, è solidale, nel senso che opera in ragione di un concorso ex
titulo nel fatto lesivo, ossia derivante dalla stessa titolarità della funzione rispettivamente di
amministrazione e di controllo238.
Pertanto, il soggetto danneggiato (creditore o socio della controllata) può scegliere di agire: contro la capogruppo e i suoi organi e in via solidale contro gli amministratori e gli organi di vigilanza della sottoposta, quando si ritiene che abbiano preso parte al fatto lesivo; oppure contro la capogruppo, i suoi amministratori e sindaci, e, con autonoma azione, contro gli organi della società sottoposta, si sensi dell’art. 2394 c.c o 2395 c.c., in tal caso la sorte delle due azioni sarà indipendente.
9.3 La responsabilità dei soci di controllo
237 Guizzi, Eterodirezione dell’attività sociale cit., 453.
238 Così, infatti, si è espressa la Suprema Corte: «il diverso rilievo causale di quanti (sindaci e amministratori)
abbiano concorso alla causazione del danno […] assume, poi rilievo, nei soli rapporti interni tra coobbligati (ai fini dell’eventuale esercizio dell’azione di regresso) e non anche nei rapporti esterni che legano gli autori dell’illecito al danneggiato…, giusto il principio generale di solidarietà tra coobligati di cui all’art. 2055, I comma, c.c.» (Cass. sez. I, 28 maggio 1998, n. 528).
I soci di controllo, sempre in base al III comma dell’art. 2497 c.c., possono essere chiamati a rispondere solidalmente con la società che ha esercitato l’attività illegittima di direzione e coordinamento, in quanto siano intervenuti nella gestione, attuandola abusivamente o in modo difforme da quanto previsto ex lege239, oppure in quanto siano tra i soggetti che abbiano consapevolmente beneficiato dei vantaggi derivanti dall’abuso240. In virtù di tale disposizione, è possibile ricollegare la responsabilità alla holding persona fisica, la quale, come si è visto, non è espressamente contemplata tra i soggetti direttamente responsabili.
9.4 La responsabilità delle c.d. “società sorelle”
Per estendere la responsabilità alle c.d. “società sorelle”, ossia quelle controllate dalla stessa società che dirige e coordina la società che ha subito il pregiudizio in questione, è necessario che esse abbiano “consapevolmente tratto beneficio” dal fatto lesivo.
Si deve ricorrere, quindi, ad una fictio iuris in virtà della quale si imputa uno stato volitivo a una società, e ciò implica che si dovrà dimostrare la consapevolezza dei suoi amministratori, tanto più che, spesso, le direttive vengono impartite attraverso canali di fatto, quali riunioni informali con gli amministratori delle società del gruppo, che fanno sì che vi sia una sorta di “concertazione” nel prendere le decisioni riguardanti le politica di gruppo o, almeno, consapevolezza delle stesse241.
Ulteriore requisito per l’imputazione della responsabilità solidale è che le società sorelle abbiano tratto beneficio dal fatto lesivo. Questa formula ricorda la disciplina dell’indebito arricchimento di cui all’art. 2041 c.c., in quanto si è tenuti a rispondere nei limiti del vantaggio conseguito e non del danno provocato, dovendosi quantificare un arricchimento che non necessariamente corrisponde al danno sofferto dalla società lesa. Ciò rende l’obbligo in capo alla società sorelle più simile a quello di indennizzare che a quello di risarcire. Vi sono tuttavia differenze notevoli tra la disciplina di cui all’art. 2497, II comma, c.c. e quella di cui all’art. 2041 c.c.: 1) nella prima il rimedio è accessibile ai soci e non alla società, mentre nella seconda l’indennizzo è a favore del soggetto danneggiato; 2) nella seconda si prescinde dal requisito della consapevolezza del vantaggio conseguito; 3) nella prima l’attribuzione patrimoniale non è “senza causa” e si prescinde, quindi, dal giudizio di invalidità del titolo giuridico che ha dato causa allo spostamento patrimoniale; 4) la possibilità della non
239 Cfr. Pavone La Rosa, L’unico azionista tra “vecchia” e “nuova” disciplina, in Giur. comm., 2005, I, 433, ed
F. Guerrera, La responsabilità deliberativa cit., 122 ss. e 381 ss.
240 Niutta, op. cit., pp.396-7.
coincidenza del beneficio conseguito dalla società sorella, a cui va commisurata l’obbligazione della stessa, e del danno subito dalla società lesa242.
Sono da condividere i dubbi circa la qualifica di “solidale” attribuita a responsabilità aventi titoli differenti, avendo quella della capogruppo e di chi abbia concorso nell’attività illecita carattere risarcitorio, mentre quella delle società sorelle ed eventualmente anche dei soci di maggioranza della società lesa carattere indennitario243.