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Dalla rivoluzione alla Costituzione: giovani libici oltre la rivolta

Durante la rivolta, tra i giovani libici in patria e all’estero si è diffusa una grande volontà di unirsi e contribuire a rendere effettivo il cambiamento. In molti hanno imbracciato le armi, ma anche chi non ha combattuto in prima fila ha lavorato per fornire il proprio sostegno.

Ad esempio, gli studenti dell’Università di Tripoli hanno organizzato eventi e raccolte fondi per i colleghi al fronte e, successivamente alla libe- razione della città, quando la situazione ha iniziato a normalizzarsi, si sono impegnati a ripristinare le aule e il campus. Tra le altre cose, in segno di rispetto, hanno firmato una petizione perché le lezioni riprendessero solo dopo il rientro degli studenti combattenti, in modo da consentire loro di poter recuperare i programmi (Benoit, 2011).

All’estero, i giovani libici hanno continuato le loro manifestazioni di solidarietà per scuotere l’opinione pubblica e indurla a porre l’attenzione alla causa libica. Tra questi, molti sono esuli di seconda generazione e non hanno mai toccato il suolo libico. Figli di dissidenti costretti a lasciare il paese durante gli anni del regime, hanno vissuto la lotta dei loro genitori, da cui hanno ereditato le redini del movimento di opposizione all’estero facendosi carico di portarlo avanti con i loro strumenti, tra cui Internet.

Dopo la caduta del regime, molte associazioni e movimenti giovanili, in particolare quelli nati in aree urbane, hanno scelto di agire per influenzare le

decisioni sulla nuova Libia, favorire il processo di transizione e diffondere il sentimento nazionale (Sawani, 2011, p. 78). Numerose organizzazioni hanno predisposto eventi di confronto sulle tematiche relative alla costruzione del paese coinvolgendo perlopiù giovani attivisti di differenti aree territoriali, inclusi i rappresentanti delle minoranze e i membri della comunità libica vir- tuale, ancora piccola ma attiva (Stocker, 2012; Toaldo, 2012). Obiettivo del lavoro è stato raccogliere i punti di vista e le aspirazioni dei giovani e portarli al tavolo dei lavori delle istituzioni perché se ne possa tener conto.

Nonostante la mancanza di esperienza politica e di strumenti per fare pressione, i giovani sotto i 25 anni costituiscono il 47% della ridotta popo- lazione libica e rappresentano non solo il presente, ma soprattutto il futuro del paese e, in quanto tali, il più importante strumento della sua crescita. Per questo motivo, innanzitutto, il governo dovrà agire per dare loro opportuni- tà lavorative, porre le basi per un’economia che assorba la popolazione istru- ita e qualificata e favorire il rientro di coloro che avevano lasciato la Libia per la mancanza di lavoro o per la repressione operata dal regime, causando una fuga di cervelli che aveva comportato costi economici elevatissimi e che oggi, invece, rappresenterebbe una risorsa importante da impiegare nel paese.

Tra i vari aspetti da tenere in considerazione, uno dovrà essere la moder- nizzazione delle università, in particolare in termini di aggiustamento dei programmi, che per lunghi anni sono stati soffocati dai diktat del regime di Gheddafi. L’istruzione, infatti, rappresenta il motore per creare quelle com- petenze da impiegare nei settori chiave del nuovo sviluppo e nella diversifi- cazione economica. A tal proposito, sarà necessario diffondere soprattutto la formazione tecnica, che durante l’era Gheddafi è stata scavalcata dalla sproporzionata diffusione di studi umanistici che aprivano le porte all’u- nico ambito lavorativo accessibile, ovvero quello della burocrazia statale.

Nella trasformazione della Libia, inoltre, si auspica che la fine di quel controllo e quella repressione che per lungo tempo hanno soffocato l’am- biente universitario consentirà lo sviluppo di movimenti giovanili politi- camente attivi in grado di influenzare la società civile e le istituzioni e a contribuire a formare future classi dirigenti più aperte al processo di demo- cratizzazione e modernizzazione.

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L’università in Marocco