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Il ruolo dei media: strumenti che favoriscono l’euroscetticismo o l’integrazione?

Capitolo 1 – L’EUROSCETTICISMO: PANORAMICA DI UN FENOMENO DIFFUSO

1.2 L’Euroscetticismo e i nuovi media

1.2.1 Il ruolo dei media: strumenti che favoriscono l’euroscetticismo o l’integrazione?

Le conoscenze riguardanti l’effetto che i media hanno sia sul processo d’integrazione che, eventualmente, sull’espandersi dell’euroscetticismo sono, a oggi, limitate. Le ricerche condotte, infatti, si concentrano in particolar modo su cause e motivazioni a favore dell’uno o dell’altro fenomeno che possono essere definite, per così dire, “tradizionali”: l’integrazione è favorita laddove vi sono implicazioni economiche e domestiche positive, mentre l’euroscetticismo prende piede in quelle nazioni dove è forte il sentimento d’identità nazionale, dove vi è ostilità verso le culture diverse e dove vi è una forte paura per il fenomeno migratorio (De Vries 2007, 271-273). Tuttavia, il successo di partiti euroscettici quali l’AfD in Germania e l’esempio del movimento “Leave” riguardante il referendum della Brexit hanno confermato che vi è una stretta relazione tra il ruolo dei media, il loro utilizzo e il processo di delegittimazione dell’Unione Europea (Galpin e Trenz 2017).

Gli effetti dei nuovi media nei processi democratici sono stati successivamente analizzati sotto diversi punti di vista e diversi ricercatori, tra i quali pippa Norris, Perloff, Cappella e Jameson sono arrivati a distinguere gli effetti etichettati come virtuosi da quelli denominati viziosi. Gli effetti virtuosi si verificano quando l’impatto dei nuovi media e delle news ha un effetto positivo e costruttivo sulla fiducia verso le istituzioni, sulla partecipazione e sulle conoscenze politiche generali, avvicinando i cittadini alle istituzioni democratiche; gli effetti viziosi, invece, si hanno quando i nuovi media favoriscono l’apatia e il cinismo. Per alcuni di questi ricercatori, Semetko su tutti, questi due diversi (e opposti) effetti si verificano simultaneamente, mentre per De Vreese essi dipendono dal contesto e dal contenuto delle news riportate dai nuovi media. Risulta abbastanza chiaro, tuttavia, che sia Semetko che de Vreese, nonostante assumano posizioni diverse riguardo allo scatenarsi di questi effetti, ritengono che i media giochino un ruolo

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importante all’interno del processo di formazione delle attitudini dei cittadini europei (De Vries 2007). Sempre secondo de Vreese, il cui pensiero è condiviso da Schuck e Nelson, i media tradizionali tendono a favorire e a trasmettere un’immagine positiva dell’Unione Europea, soprattutto grazie al fatto che il processo d’integrazione non è rappresentato come un patto dall’incerto futuro ma come qualcosa di perseguibile e positivo per tutti i cittadini. Questa analisi è fatta propria da Nicolò Conti e Vincenzo Memoli (2017), i quali assumono come ipotesi che l’acquisizione di informazioni politiche tramite i media tradizionali porti i cittadini a essere più favorevoli all’Unione Europea, mentre l’avvento di Internet abbia contribuito a un clima di criticismo verso il sistema politico. La loro seconda ipotesi, di conseguenza, è dunque che l’acquisizione di informazioni politiche tramite internet renda i cittadini più euroscettici. Approfondendo il tema, Conti e Memoli concludono con una terza ipotesi, all’interno della quale si afferma che un frequente uso dei social networks rende i cittadini più euroscettici. Nel verificare queste ipotesi, i due ricercatori italiani hanno notato che l’euroscetticismo attecchisce e prospera nei paesi laddove l’utilizzo di Internet è cresciuto in maggior misura.

Caiani e Guerra (2017, 1-21) ritengono che i media rappresentino uno strumento a disposizione dei cittadini utile a ottenere informazioni e, eventualmente, ad accrescere l’interesse e la partecipazione verso le politiche europee. Di conseguenza, secondo i due ricercatori, i nuovi media hanno un forte effetto sul dibattito pubblico e sull’opinione pubblica in quanto riescono ad attivare i cittadini e a renderli consapevoli di quanto succede a livello governativo.

Per quanto riguarda il rapporto tra i media e l’avanzata dell’euroscetticismo, si sono invece sviluppate due diverse ipotesi. Secondo Vossen (2012, 54 – 80), i media forniscono uno scenario favorevole agli attori euroscettici e alle loro idee, in quanto tali idee risultano in sintonia con la logica, le regole e il funzionamento dei media stessi. Altri studiosi, tra cui Mazzoleni, ritengono invece che i contenuti dei media possano risultare euroscettici per conto proprio, senza il bisogno di attori esterni che li propinino all’interno delle diverse piattaforme: secondo questa prospettiva i giornalisti, oltre ovviamente ai politici, interpretano le tematiche affrontate attraverso un filone euroscettico e populista (De Vreese, Hameleers e Bos 2017).

In generale, quindi, il dibattito che ruota attorno al ruolo dei nuovi media si è focalizzato sui diversi effetti che questi hanno sulla società, con gli studiosi che si sono divisi in due differenti filoni: i cyberottimisti e i cyberpessimisti. I Cyberottimisti tendono a esaltare gli effetti positivi che i media apportano al discorso e alla partecipazione politica, vedendo in questi strumenti un mezzo per “svegliare” la sfera pubblica dormiente attraverso la creazione di uno spazio pubblico

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online. I nuovi media avrebbero quindi una forza democratizzatrice in grado di dare voce a chiunque. All’interno di questo versante, i media sono stati definiti anche come “cani da guardia” (watchdogs), in quanto aiuterebbero gli elettori a monitorare la classe politica proteggendo i primi da abusi di potere e tentativi di corruzione da parte del sistema politico (Conti e Memoli 2016, 51-59). Uno dei punti di forza dei nuovi media, sempre secondo i cyberottimisti, è quello di incoraggiare i cittadini alienati dalle istituzioni a attivarsi per utilizzare i nuovi strumenti e le nuove tipologie di attività politiche messe a disposizione dalla tecnologia. I media, dunque, contribuirebbero a rendere informati i cittadini, incoraggiando anche la loro partecipazione e favorendo il loro interesse. Altro vantaggio sarebbe quello della comunicazione diretta: grazie ai social media, ad esempio, i politici hanno la possibilità di interloquire direttamente con il pubblico. Viene quindi meno la mediazione che i media tradizionali operavano tra politica e cittadinanza e si instaura un contatto diretto tra l’élite e la popolazione. La possibilità di produrre informazioni e di aprire canali dedicati, infine, favorirebbe il pluralismo riducendo di conseguenza le gerarchie politiche e facilitando la partecipazione anche di chi, solitamente, non ha voce in capitolo. E qui entrano in gioco i partiti e gli attori politici euroscettici, i quali nei media tradizionali erano spesso posti ai margini dell’informazione. I cyberpessimisti invece nutrono forti dubbi sulle capacità dei nuovi media di abbattere le barriere sociali e ideologiche e ritengono che il dibattito pubblico online sia ridondante, superficiale e condotto da un pubblico di bassa qualità. A differenza dei cyberottimisti, questo filone di pensiero ritiene che il dibattito politico sui media sia notevolmente limitato e che le news, in particolare quelle negative, siano oltremisura amplificate e inserite in un circuito dal quale si riesce solamente ad alimentare il malcontento (Caiani e Guerra, 2017).

Sulla differenza di pensiero tra cyberottimisti e cyberpessimisti, Conti e Memoli (2016) hanno condotto una ricerca al fine di verificare se l’utilizzo dei media riesca a influenzare positivamente l’opinione pubblica circa l’Unione Europea. Come prima ipotesi è stata assunta la seguente idea: un elevato utilizzo dei media aumenta il grado di europeismo tra i cittadini. Tale ipotesi è stata positivamente verificata in quei casi in cui la rappresentazione dell’Unione Europea e del processo d’integrazione all’interno delle news erano poste in termini positivi e “speranzosi”. Da qui, i ricercatori italiani dedussero la seconda ipotesi, secondo la quale informarsi sulla politica utilizzando i media aumenta l’europeismo. De Wilde e Trenz avevano però evidenziato come nuovi media e euroscetticismo fossero tra loro collegati e come Internet contribuisse a condizionare il discorso politico in termini populisti e antieuropei. Rispetto a quanto succedeva sui media tradizionali, infatti, secondo questi autori l’informazione politica online poneva

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un’eccessiva enfasi sulla critica e sullo scontro, alimentando disaffezione politica e apatia. Da qui la terza ipotesi suggerita da Conti e Memoli, ovvero che informarsi sulla politica attraverso i nuovi media aumenta l’euroscetticismo. Questa ipotesi è stata verificata su tutti e 28 i paesi membri dell’Unione Europea, con i seguenti risultati: in generale, un elevato utilizzo dei media orienterebbe in maniera positiva i cittadini verso l’Unione Europea; in specifico, come già detto in precedenza, i media tradizionali favorirebbero l’europeismo mentre i nuovi media l’euroscetticismo.

1.2.2 Perché i nuovi media amplificano l’euroscetticismo e la contestazione? Varietà di