La riforma della disciplina sugli appalti pubblici prevista dalla recente legge delega per il recepimento delle nuove direttive “appalti e concessioni” ha aperto un ampio dibattito, centrato in particolar modo sulle strategie di lotta alla corruzione, all’interno del quale occorre prestare attenzione al ruolo più attivo e professionale delle stazioni appaltanti. Infatti secondo le direttive le stazioni appaltanti sono chiamate a svolgere una funzione essenziale nel quadro di un progetto di ampia portata, che riconosce l’importanza degli appalti per una crescita economica e sociale integrata, per la realizzazione di un mercato improntato alla massima concorrenza, per l’offerta di servizi di qualità. La semplificazione normativa è promossa dal legislatore europeo come strumento multitasking, con il fine di accrescere i livelli di efficienza e di assicurare la piena legalità dell’azione amministrativa. La complicazione delle norme, l’incertezza dell’individuazione delle esigenze pubbliche e la carenza delle progettazioni tecniche possono favorire la corruzione e gli sprechi.
Gli organi dell’amministrazione dovrebbero essere all’altezza del compito loro attribuito; i punti fondamentali della riforma sono quindi lo sviluppo della professionalità delle stazioni appaltanti e l’introduzione di criteri di qualità, efficienza e trasparenza.
Nella prospettiva nazionale di recepimento è previsto un sistema di prevenzione dai fenomeni di corruzione (active waste) e da incompetenza (passive waste) articolato su due livelli normativi: uno di soft law affidato all’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) e un secondo di autoregolamentazione sulla qualità dei processi, interno alle stesse stazioni appaltanti.
Quindi occorre svolgere un’analisi delle stazioni appaltanti italiane, del quadro normativo nazionale, delle indicazioni della giurisprudenza, dei principi organizzativi necessari per realizzare un sistema di qualità dell’attività di public procurement, del confronto internazionale, delle prospettive offerte dal recepimento delle nuove direttive. Tuttavia dopo la riforma si dovrà verificare l’effettiva assunzione piena di responsabilità per i risultati da parte delle stazioni appaltanti e una maggiore apertura a livello internazionale199. Nel dibattito in tema di strategie contro la corruzione e nella riforma della disciplina sugli appalti
199 L. Donato, La riforma delle stazioni appaltanti. Ricerca della qualità e disciplina europea, Quaderni di ricerca giuridica, n.80, febbraio 2016, in www.bancaditalia.it.
94
pubblici emersa con il recepimento delle nuove direttive “appalti e concessioni” la necessità di prevedere un ruolo più attivo da parte delle stazioni appaltanti non appare così evidente come sarebbe auspicabile. Questo a causa della diffidenza italiana nei confronti della discrezionalità amministrativa nell’attività di spesa, percepita da sempre come favorevole alla nascita della corruzione, che ha portato a forme di regolazione dall’alto che non sono riuscite a risolvere o contenere la criminalità economica nel settore. Da questo ne è seguito un corpus normativo complesso. Inoltre la normativa si rivolge soprattutto al procedimento della gara pubblica, a svantaggio dell’individuazione del giusto bisogno. Il dibattito legislativo attuale è orientato principalmente sulla prevenzione, sul sistema dei controlli e sui funzionari dell’amministrazione, che sono i destinatari delle regole; non si pone invece attenzione al giusto grado di autonomia che ciascuna amministrazione dovrebbe avere. Invece viene riservata una attenzione alle richieste di semplificazione amministrativa200. Le strategie di acquisto delle pubbliche amministrazioni hanno effetto sulle dinamiche competitive dei mercati, dato che operano soprattutto dal lato della domanda in molti mercati. Infatti, se le procedure di selezione dei fornitori sono efficienti, tali da selezionare le imprese in grado di eseguire una prestazione con qualità e prezzi ottimali per la stazione appaltante, l’effetto è quello di favorire il successo delle imprese migliori. Se invece la selezione è distorta da fenomeni corruttivi o da conflitti di interesse, emerge il successo delle imprese che sono in grado di sfruttare a proprio favore le procedure di gara piuttosto di quelle che forniscono prestazioni ottimali. Infatti se la disciplina degli appalti pubblici e le stazioni appaltanti consentono tali distorsioni, ciò indebolisce le imprese e la capacità competitiva del sistema economico.
La centralizzazione o il decentramento dei centri di spesa hanno effetti sulle dinamiche competitive sui mercati; infatti in Italia il mercato delle commesse pubbliche è suddiviso in un elevato numero di stazioni appaltanti e a ciò segue la frammentazione della domanda pubblica in appalti di importi poco elevati. Ciò può favorire le PMI, anche al costo di rendere meno efficienti i mercati. Una frammentazione simile favorisce la creazione di molti mercati locali, aperti solo alle imprese locali.
200 L. Donato, La riforma delle stazioni appaltanti. Ricerca della qualità e disciplina europea, Quaderni di ricerca giuridica, n.80, febbraio 2016, in www.bancaditalia.it.
95
Le pubbliche amministrazioni presentano delle peculiarità rispetto a chi si affaccia sul mercato come acquirente o committente interessato a un singolo atto di acquisto. Infatti per le amministrazioni pubbliche sussiste l’obbligo di indire una procedura a evidenza pubblica imposto dalla normativa sui contratti pubblici. Tali procedure a evidenza pubblica, articolate in fasi complesse, implicano costi diretti in termini di risorse finanziarie e professionali da impiegare e costi indiretti in termini di tempi lunghi. Tali costi poi non sono sempre coperti da guadagni in termini di efficienza sotto la forma di acquisizione da parte delle stazioni appaltanti di informazioni utili per selezionare l’offerta migliore. Poi i ritardi nella conclusione dei contratti pubblici possono comportare inefficienze per le pubbliche amministrazioni tali da compromettere l’efficacia dell’azione svolta per il perseguimento di interessi pubblici. Pertanto anche le amministrazioni pubbliche più virtuose cercano di evitare procedure a evidenza pubblica scegliendo la procedura negoziata senza pubblicare un bando.
Le stazioni appaltanti possono essere considerate come contraenti deboli o forti e la debolezza deriva dai rischi di interferenze indebite di interessi individuali, mentre la posizione di contraente forte emerge nei settori particolari come la difesa, nei quali l’amministrazione che assume il ruolo di grande acquirente ha una posizione di mercato che può prestarsi ad abusi, i quali possono essere contrastati con procedure competitive trasparenti e basate sui principi di par condicio e di non discriminazione201.