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Scuola, comunità e tecnologia: il caso Scuola-Città Pestalozzi.

Nel documento Ben-essere organizzazione. (pagine 121-127)

Capitolo terzo: L’organizzazione scolastica.

3.4 Scuola, comunità e tecnologia: il caso Scuola-Città Pestalozzi.

L’intelligenza sociale 166secondo Daniel Goleman sviluppa in noi tre diversi

tipi di empatia:

Cognitiva: comprendere la visione che gli altri hanno del mondo.

Emotiva: capire come si sentono gli altri e provare le loro stesse emozioni. Preoccupazione empatica: sintonizzarsi con l’altro e fornirgli aiuto.

Tutto ciò è risultato essere alla base delle “classi di cura”, i modelli scolastici che abbiamo finora visionato.

Un esempio di educazione che ha ampiamente riconosciuto la portata di tale potenziale è quello dell’Istituto Scuola-Città Pestalozzi 167di Firenze. La

scuola fu fondata dai coniugi Codignola nel quartiere Santa Croce nel 1945, il loro scopo iniziale era quello di supportare l’educazione dei minori appartenenti alle classi più disagiate offrendo una preparazione sia pedagogica che civica, al fine di formare buoni cittadini. Possiamo quindi riscontrare in questo caso, sin dagli albori, un forte mandato sociale e politico.

La scuola, tra le poche laiche dell’epoca, fu da subito caratterizzata da un’ampia diversità a livello di studentato permettendo agli alunni di imparare

166 D. Goleman, Intelligenza sociale, RCS Libri SpA, Milano, 2006. 167 R. Laporta, La scuola-città Pestalozzi, La nuova Italia, Firenze, 1960.

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a rapportarsi con altri bambini provenienti da diversi gruppi, favorendo così la convivenza nella diversità.

La vera peculiarità di questa scuola risiede però nella sua organizzazione: il nome scuola-città deriva dalle sue modalità organizzative, uguali a quelle di una città, al cui governo concorrono alunni ed adulti (sindaco, assessori, consiglieri e corte di giustizia). Ciò pensato per favorire l’inclusione e la responsabilizzazione delle parti coinvolte rispetto al mandato dell’istituto. “Essa (la scuola) è imperniata sul concetto che deve essere l'organizzazione stessa della vita collettiva, in tutti i suoi molteplici aspetti, ad educare spontaneamente alla disciplina sociale e morale ed al sapere. Essa vuole essere una collettività, che si educa da sé all'autogoverno imparando l'esercizio della libertà col sottomettersi spontaneamente alla propria legge... più che una scuola, nel senso tradizionale della parola, essa vuol essere una comunità di lavoro... in cui tutti, a turno, partecipano a tutti gli aspetti della vita collettiva... gli alunni imparano a considerarla come la loro effettiva casa e la loro effettiva città... Le occupazioni e i giuochi si alternano e si susseguono ininterrottamente. Anche il vero e proprio insegnamento, impartito nelle ore antimeridiane, è saldamente ancorato alla vita vissuta e all'esperienza personale, nasce piuttosto dall'esercizio della vita collettiva e dalla soluzione dei numerosi problemi concreti che essa suscita di continuo, che non dalla trasmissione orale diretta.168

Anche dal punto di vista del corpo insegnante la scuola Pestalozzi rappresenta un’avanguardia, essendo tra i primi istituti ad aver creato i

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collegi tra i docenti, favorendo un interscambio tra gli insegnanti ed una condivisione di responsabilità. L’idea di creare una rete con le altre scuole è insita nel progetto169favorendo anche per i ragazzi un continuo raffronto con

i pari provenienti da contesti diversificati.

Il rapporto stretto intercorrente tra genitori e scuola si è concretizzato nel 1993 con l’associazione Genitori Alunni Scuola Pestalozzi (GASP), che si occupa di mantenere un’attiva collaborazione scuola-famiglie. Questo legame è ritenuto talmente importante che all’interno della scuola esiste uno sportello adulti tenuto dalla psicologa e docente Cristina Lorimer, volto a fornire consulenza e sostegno psicologico anche ai genitori.

I ragazzi vengono educati alla gestione dei conflitti e autogestiscono, naturalmente col supporto dei docenti, banchi di mediazione per risolvere le problematiche quotidiane tra alunni e fornire uno spazio di ascolto ai compagni.

L’educazione non è solo frontale, il contesto scuola non si riduce all’aula, le lezioni “Open Learning” permettono approcci multifocali rispetto agli argomenti trattati attraverso la compartecipazione di diversi docenti rispetto ad un tema, i bambini vengono portati a sperimentare su contesti autentici del quotidiano, le famiglie sono pienamente coinvolte come gli stessi ragazzi. L’educazione è basata su sperimentazione, ricerca e confronto per permettere agli allievi di sviluppare un’educazione maieutica con un intero curriculum fondato sull’educazione affettiva170 il quale inizia in prima

169 https://www.scuolacittapestalozzi.it/

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elementare per terminare in terza media, fornendo ai ragazzi uno spazio quotidiano per condividere i propri vissuti emotivi.

Il curriculum parte dalla costruzione del gruppo, fondamentale per acquisire un’idea di sé da parte dei ragazzi, il “viaggio nel paese delle emozioni” permette ai bambini di dare un’etichetta alle sensazioni che provano, permettendogli di identificarle e quindi comprenderle. L’educazione passa attraverso il racconto di storie realizzate ad hoc dal corpo decente per rappresentare le problematiche incontrate nel quotidiano e fornire soluzioni ai bambini che non gli pervengano come direttive o imposizioni. Già dal secondo biennio i ragazzi vengono educati alla mediazione ed imparano a gestire in autonomia i conflitti tra loro. Successivamente con “il paese dei tondi e dei quadrati” viene ulteriormente sviluppato il confronto, a cui i ragazzi devono riuscire a far fronte attraverso percorsi che si fondino su condivisione e cooperazione tra schieramenti opposti. Il percorso si conclude dando spazio all’espressione delle emozioni anche attraverso la stesura di poesie ed aprendosi alla tematica del bullismo, per permettere agli studenti di conoscere questo fenomeno sociale ed imparare a gestirlo.

Come possiamo vedere si tratta di un’educazione alle emozioni che si sviluppa gradualmente a 360° fornendo ai ragazzi ottime basi e strumenti per affrontare la vita al meglio ed in consapevolezza. Lati oscuri in questo modello scolastico non risultano esservi, difatti questo istituto viene preso a modello in tutto il mondo e continua nel tempo a ricevere riconoscimenti, tra gli ultimi da parte di Save the Children. Naturalmente questi bambini non sono alieni e non sono perfetti: litigano e bisticciano come tutti i bambini del mondo, la differenza è che grazie a questo tipo di educazione vengono formati anche sul piano emotivo ed imparano a “litigare bene”, riprendendo le parole di Novara. Tutto ciò a riprova del fatto che questo tipo di

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educazione funziona e permette senza dubbio di crescere non uomini impeccabili, ma capaci di capire le proprie emozioni, quelle degli altri e mediare di conseguenza agendo nel rispetto reciproco.

Abbiamo fin qui potuto osservare i vari risvolti delle applicazioni mindful a livello scolastico, visionando quanto possano realmente fare la differenza sia per i ragazzi, con maggiori o minor problematiche, sia per il corpo docente. L’esempio finale dell’istituto Pestalozzi fornisce un’ulteriore base per avvalorare la pratica delle emozioni e del coinvolgimento totale della comunità all’interno dell’organizzazione scolastica per la crescita dei ragazzi.

A questo punto concluderemo l’elaborato affacciandoci più da vicino sulla realtà della pratica meditativa per esaurire le argomentazioni introdotte in questa tesi, avvicinandoci stavolta al settore del sociale, quello a cui la nostra categoria professionale appartiene, per verificare se anche per l’assistente sociale questo modello potrebbe segnare uno sviluppo positivo e come. La pratica meditativa sarà qui introdotta seguendo la scuola buddhista zen del maestro Tich Nhat Hanh, la fruibilità dei suoi insegnamenti ci permetterà di affrontare la filosofia buddhista in modo più semplice, inoltre grazie al suo movimento denominato “buddhismo impegnato”, giungeremo più facilmente ad un legame con il sociale.

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Capitolo quarto: La meditazione e la sua possibile

Nel documento Ben-essere organizzazione. (pagine 121-127)