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La scuola secondo il programma Collaborative for Academic, Social-Emotional Learning.

Nel documento Ben-essere organizzazione. (pagine 97-107)

Capitolo terzo: L’organizzazione scolastica.

3.1. La scuola secondo il programma Collaborative for Academic, Social-Emotional Learning.

D.T. Suzuki139 allievo e docente di buddhismo zen giapponese, introdusse

questa filosofia in occidente influenzato dal trascendentalismo di Emerson140, allacciandosi al concetto di vacuità; per lui differente da quella

del buddhismo indiano e maggiormente legata ad un’idea di naturalezza. Il Buddha, come Dio per Emerson, risiede nella nostra stessa natura perché quella stessa natura è lui.

Ogni cultura converge nel dedicare grande attenzione ad un ideal-tipo di essere umano: per i greci il sapiente, per il buddhismo l’illuminato, per il neo-confucianesimo parliamo di un uomo capace di conoscere il tao, la via che porta alla morale da seguire nella vita sociale e prendere così il proprio posto in questo equilibrio. Emerson afferma che in noi risiede la divinità, per questo dovremmo abbandonare l’individualismo in favore dell’interdipendenza; allo stesso modo, in Giappone, si ricerca la trasformazione della natura fisica per un ritorno a quella originale, capace di essere parte effettiva e compresente del tutto.

Queste due tesi differiscono però sulla visione del discente in quanto, mentre per il neo-confucianesimo questi ha il dovere di mostrarsi virtuoso, rinnovare il popolo e coltivare il proprio essere ed il governo, vediamo quindi una

139 Y. Takanashi, Emerson and Zhu Xi: The Role of the “Scholar” in pursuing “Peace”, The Japanese

Journal of American Studies, No. 20 (2009), 1-31.

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stretta relazione tra etica sociale e politica; per Emerson risulta esservi un forte conflitto tra etica personale e sociale. Vi è quindi una contrapposizione tra la volontà del singolo ed il benessere sociale che nelle culture orientali non viene rappresentata. In entrambi i casi abbiamo però una certezza: i discenti sono educati alla ricerca della pace e dell’equilibrio, non solo per sé stessi ma per la società in toto.

Dopo questa introduzione che ci fornisce le basi per comprendere il modello di studente che le dottrine orientali ricercano, vediamo come ad oggi questo stereotipo sia stato modellato sulle necessità delle moderne scuole, al fine di favorire lo sviluppo psico-emotivo degli alunni.

La nostra società richiede che gli alunni siano letterati per avere un uso corretto della parola, che comprendano le scienze per capire la natura futura del mondo, che siano abili problem solver, che si assumano responsabilità sul proprio benessere, capaci di sviluppare relazioni affettive rispettando gli altri, che capiscano il funzionamento della società ed infine che sviluppino un buon carattere.

Questo stereotipo di allievo è riconducibile al Social-Emotional Learning

141(SEL), il quale permette che l’educazione venga fornita ai ragazzi in modo

da bilanciare i loro bisogni, ponendo attenzione a quelle che sono le loro peculiarità ed abilità personali. Il programma CASEL142 ha stilato un elenco,

identificando capacità emotive e sociali che permettono di sviluppare ruoli e abilità relazionali negli alunni rispettando il loro essere, fornendo loro

141 M.T. Greenberg et al., Enhancing school-based prevention and youth development through coordinated

social, emotional, and academic learning, American …, psycnet.apa.org, 2003.

142 M.J. Elias, The Connection Between Academic and Social-Emotional Learning, The educator’s guide

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strumenti intellettuali e pratici per la vita scolastica, familiare e sociale. L’attuazione di questo programma ha dimostrato che è possibile incrementare l’apprendimento e diminuire i disordini emotivi, oltre a sviluppare un miglior clima scolastico che agevoli le buone relazioni tra pari e col corpo docente.

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Questo metodo viene anche chiamato “the missing piece144” poiché

costituisce un collegamento tra la conoscenza accademica ed un set di abilità pro-sociali specifiche. Come la realtà globalizzata ci dimostra esistono seri problemi145 quando i bambini crescono acculturati ma privi di abilità emotive

e compassione. Perciò viene qui dato ampio spazio alle relazioni di cura rispetto alla competitività; difatti come il modello afferma la competizione146

se sviluppata in modo negativo scoraggia lo studentato.

“La chiave per ottenere un elevato Qi di gruppo è l’armonia sociale all’interno di esso. È questa capacità di funzionare armonicamente che, a parità di tutte le altre, renderà un gruppo particolarmente dotato, produttivo e coronato dal successo mentre un altro renderà poco pur essendo costituito da membri che per altri aspetti hanno talenti e abilità simili”.147

Cambia qui l’ottica, la differenza tra cooperazione e mera competizione riesce a generare un cambiamento costruttivo nel rapporto tra i ragazzi e quello intercorrente tra loro e la scuola.

L’alunno diviene una risorsa per l’istituto attraverso questa serie di strumenti: nel SEL l’attenzione viene focalizzata sul raggiungimento di obiettivi, le procedure di istruzione sono differenziate a seconda delle necessità, il servizio alla comunità è promosso per sviluppare l’empatia, i genitori sono sempre coinvolti, le capacità emotive vengono insegnate gradualmente ed in modo sistematico, lo staff è ben preparato a questo iter

144 J. Bridgeland et al., The Missing Piece: A National Teacher Survey on How Social and Emotional

Learning Can Empower Children and Transform Schools. A Report for CASEL, Civic Enterprises, ERIC, 2013.

145 E. Lee, Globalization and employment: Is anxiety justified, Int'l Lab. Rev., HeinOnline, 1996. 146 M. Deutsch, Cooperation and competition, Conflict, interdependence, and justice, Springer, 2011. 147 D. Goleman, Intelligenza Emotiva, Rizooli, Milano, 1996. Pag. 194.

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per ottenere infine una valutazione volta non meramente al giudizio ma necessaria a fornire feedback per rimodellare il piano scolastico. Il sistema è quindi basato su un’ottica fortemente relazionale e sistemica che incoraggia lo sviluppo delle peculiarità ed abilità personali, favorisce lo scambio comunicativo e retroagisce in base ai feedback ottenuti tramite un’accurata valutazione delle performance. Si tratta perciò di un modello ideal-tipico accuratamente messo in atto tramite un’implementazione focalizzata sì sull’obiettivo, ma ampiamente capace di cogliere le dinamiche intrinseche ed estrinseche al gruppo.

Le emozioni vengono insegnate come le altre materie, ogni cultura e comunità le propone secondo le proprie peculiarità, viene quindi riconosciuta la giusta importanza al contesto di appartenenza, non si vuole imporre un modello pre-confezionato che vada a limitare la libertà di appartenenza culturale alle proprie radici. La scuola dev’essere anche attenta agli eventi esterni che accadono e che potrebbero essere di difficile gestione per i ragazzi, fornendo loro adeguate strategie di coping per fronteggiarle ed anticipando così la comparsa di problemi. Il modello non è quindi pensato per essere rigidamente implementato ma come abbiamo già sottolineato, deve essere attento agli input sia interni che esterni: nel caso di un evento che colpisca la realtà dei ragazzi, come potrebbe essere un attentato, l’istituto scolastico deve farsi promotore di aiutare lo studentato nella comprensione dell’evento, nella metabolizzazione dello stesso. Per far sì che venga

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superato positivamente e senza che si verifichino episodi di rimozione148 che

potrebbero avere ripercussioni future sullo sviluppo dei ragazzi.

Il vivere secondo obiettivi comuni aiuta a costruire coesione interna al gruppo, inoltre i bimbi che sono più attivi dimostrano un minor disordine emotivo. Le modalità di istruzione differiscono da studente a studente in base ad un feedback continuo per permettere ad ognuno di apprendere secondo le proprie capacità. Anche qui possiamo notare l’attenzione a non imporre modelli aprioristici, esiste sì uno schema di riferimento ma questo piano viene realizzato attraverso progetti in continuo divenire. L’adattamento e la capacità di modifica sono dei perni estremamente funzionali in questo schema, con queste idee ci possiamo ricollegare all’idea iniziale di Morgan legata alle metafore. L’organizzazione dev’essere in divenire e con essa la sua progettualità, il modello è un efficiente riferimento ma la sua implementazione dev’essere fondata sui feedback forniti dalle parti del sistema come ci insegna la cibernetica.

Il servizio civico oltre a valorizzare l’empatia permette l’acquisizione di abilità sociali specifiche e favorisce l’inclusione. Allo stesso modo la stretta collaborazione scuola-famiglia permette al programma di essere maggiormente pervasivo mobilitando ogni risorsa disponibile oltre a migliorare il rapporto familiare. In aggiunta una buona comunicazione ed un clima di vita positivo contribuisce a ingenerare il senso di speranza149 nei

148 M.N. Eagle, Rimozione e stile di rimozione. La ricerca su un concetto psicoanalitico, Rassegna di

Psicologia, francoangeli.it, 2002.

149 K.R. Vacek et al., Stress, Self‐Esteem, Hope, Optimism, and Well‐Being in Urban, Ethnic Minority

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ragazzi, che li aiuterà a valorizzare la propria idea di sé e li sosterrà nell’espletamento dei loro compiti futuri.

Attraverso quindi la mobilitazione di ogni elemento coinvolto nel processo, famiglie e comunità incluse, si riesce a creare un sistema collaborativo e privo di discrepanze tra ambiente scolastico e realtà circostante. Spesso vediamo che i modelli forniti ai ragazzi all’interno della scuola e in famiglia tendono a differire, soprattutto nel caso di famiglie problematiche, creando difficoltà negli studenti. Questa collaborazione riesce ad agevolare un funzionale interscambio che induce una maggiore unitarietà150 nel processo

educativo.

“L’educazione emozionale opera non solo attraverso le parole e le azioni indirizzate direttamente al bambino, ma anche attraverso modelli che essi gli offrono mostrandogli come gestiscono i propri sentimenti e la propria relazione coniugale… Il gruppo della Washington University ha scoperto che quando i genitori sono capaci da questo punto di vista, i bambini comprensibilmente – vanno meglio d’accordo con loro, gli dimostrano maggior affetto, e la relazione genitori-figli è caratterizzata da meno tensioni… Ma non basta: questi bambini sono anche più bravi a gestire le proprie emozioni… Essi sono anche più rilassati dal punto di vista biologico… Altri vantaggi sono di natura sociale: questi bambini sono più simpatici e amati dai loro coetanei, e i loro insegnanti li considerano più

150 J.L. Epstein et al., School, family, and community partnerships: Your handbook for action,

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abili nella sfera sociale… Infine i benefici sono anche cognitivi; questi bambini riescono a concentrarsi meglio di altri… ”.151

Il programma si realizza gradualmente nell’arco di 2-3 anni, i feedback come abbiamo visto sono fondamentali per uno sviluppo ottimale, per questo è sollecitato l’utilizzo di liste di compiti, valutazioni, sondaggi, questionari e spazi per l’analisi delle suddette informazioni.

Possiamo quindi affermare che per l’educazione dei ragazzi è fondamentale che vi sia un clima coeso a 360° da parte della famiglia, della scuola e della comunità di appartenenza. Questo modello sistemico relazionale favorisce l’interscambio tra tutti gli attori coinvolti e permette quindi ai ragazzi di avere davanti un modello positivo di realtà in ogni ambito da loro vissuto. Dobbiamo ricordarci di avere rispetto delle peculiarità individuali, ambientali e culturali, per far sì che non si verifichi un’omologazione152

indesiderata, che andrebbe a limitare le possibilità di evoluzione dei ragazzi e creerebbe ambienti eccessivamente stereotipati.

Come abbiamo già potuto comprendere insegnare le emozioni non significa imporre un modello di realtà unico ma far capire ai membri di una comunità che è possibile comunicare bene e vivere insieme in modo positivo. Non esiste un prototipo migliore di un altro poiché ogni ambiente come ogni ragazzo è un universo a sé. Nell’essere unici siamo comunque legati

151 D. Goleman, Intelligenza Emotiva, Rizzoli, Milano, 1996. Pag. 226.

152 D. Sterchele, Youth in the urban space: bodily practices between homologation and creativity, Sports,

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all’interno della nostra rete sociale, lo scopo è quello di farci vivere questa connessione con tutte le risorse a nostra disposizione.

Come ricorda Daniele Novara il conflitto153 non è una guerra, non è

necessariamente negativo, ma può corrispondere ad una svolta evolutiva positiva. Litigare è naturale e non è obbligatorio essere coercitivamente concordi. Ciò che conta è riuscire ad evitare eventuali fratture relazionali, imparando a “litigare bene”: capendo perciò che le emozioni negative sono parte di noi, come lo è il conflitto. L’importante è non esserne schiavi ed imparare a gestire le divergenze con le persone con cui entriamo in relazione. Il conflitto può portarci a soluzioni risolutive legate a problematiche latenti, può aiutarci ad esprimerci, può essere uno sfogo. Imparare a litigare significa accettare questo momento negativo ed apprendere come gestirlo per trasformarlo in un’occasione per rimodellare le condotte negative, nostre o altrui, che minerebbero i rapporti.

Lo scopo sotteso non è creare un mondo idilliaco privo di emozioni negative, poiché anche le nostre brutture rappresentano una parte di noi, ciò che dobbiamo fare è accettare questa realtà ed imparare a conviverci nel modo migliore, utilizzando la nostra razionalità e consapevolezza.

Nel paragrafo successivo focalizzeremo brevemente sulla questione dei ragazzi affetti da disturbi comportamentali, ed andremo a ricercare se la mindful, anche in questo caso, possa fornire un sostegno nella loro educazione.

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