Tutti i gruppi terroristici hanno bisogno di ingenti fonti di denaro per porre in essere le loro strategie; siano essi gruppi terroristici che hanno il controllo su un particolare territorio o siano invece distribuiti in diversi territori senza una centralizzazione del potere; siano essi organizzati gerarchicamente in una scala di comando o siano invece composti da tante “cellule”; qualunque sia la loro natura politica, la loro strategia principale, la loro indole ad azioni terroristiche su piccola o grande scala, i gruppi terroristici hanno sempre una continua necessità di incamerare risorse economiche da reinvestire nel compimento dei loro piani. Il perché è lampante e finanche pleonastico spiegarlo: qualunque azione di stampo terroristico richiede una pianificazione e un'esecuzione e, materialmente, richiede informazioni, armamenti, denaro che sia in grado di comprare ciò che non potrebbe essere comprato in regime di legalità e quant'altro. Il che è evidente in qualsivoglia evento terroristico che si possa considerare tale; il caso del novembre 2015, a Parigi, è decisamente esplicativo di tutto ciò. Non sono queste le uniche “voci di bilancio” di una associazione terroristica, ma non è obiettivo di questo paragrafo trattare il modus operandi usato da ISIS, Boko Haram e Al-Qaeda nella ridistribuzione delle risorse, quanto la provenienza di queste ultime e le contromisure adottate da chi di dovere per tagliare le vie del denaro verso tali gruppi.
I metodi con i quali si è verificato e continua a verificarsi il finanziamento del terrorismo, sono ricorrenti sia esaminando il terrorismo qaidista di fine anni Novanta sia esaminando quello delle più recenti cronache. Fondamentalmente i principali mezzi per rimpinguare le casse di queste organizzazioni sono:
- Finanziamenti privati. Su questo tema (controverso e non completamente chiaro) si è iniziato a discutere già nel periodo di maggior presenza qaidista nelle cronache internazionali. È spesso risultato strano come, molte “istituzioni caritatevoli”, in particolare della zona del Golfo Persico, concedessero donazioni “indirette” ai gruppi terroristici. In particolare, la commistione risultava evidente tra gli uomini più ricchi del Golfo e Al-Qaeda. Ma lo è tuttora in particolare riferimento all'ISIS: <<Dalla fine del 2011, con lo scoppio della guerra civile in Siria finanziata e sostenuta nelle sue fasi iniziali anche dai servizi segreti americani, le fondazioni di carità islamiche del Golfo persico hanno cominciato ad appoggiare i gruppi di opposizione islamisti ad Assad, nemico giurato degli Stati della penisola arabica. Un enorme flusso di denaro che ha arricchito anche le casse del gruppo di Abu-Bakr al-Baghdadi, lo sceicco-leader dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante. Se le donazioni tramite le banche islamiche sono state
fondamentali nella prima fase dell'Isis, oggi il cash flow del gruppo islamista continua a dipendere (almeno parzialmente) dalle donazioni, che però - per esigenza di sicurezza - avvengono solitamente tramite metodi meno tracciabili: i corrieri, le informazioni scambiate con WhatsApp, i mobile phones. Tra i paesi sospettati di doppiogiochismo, c'è ora soprattutto il Qatar.>>50 Tale gioco è innescato tutto sulla dinamica per cui, in alcuni dei paesi considerati, chi
muove le fila della politica, tende a non considerare tali “beneficiari” come terroristi; è evidente che questa spiegazione è fallace, ma sufficientemente valida per far sì che i finanziamenti continuino ad arrivare.
- Finanziamenti derivanti dalla coltivazione e commercio dell'oppio. In particolare questa è stata una peculiarità del movimento Qaidista. L'Afghanistan (sede simbolica e militare per lungo tempo del potere qaidista e dei taliban) è ad oggi tra i maggiori produttori di oppiacei. Anche l'ISIS e Boko Haram si servono di questi sistemi per finanziarsi. << Nell’Afghanistan meridionale e sud-occidentale, dove i Talebani proteggono e tassano il multi-miliardario mercato dell’oppio, dal 2001 gli insorti hanno accresciuto il loro coinvolgimento in tale commercio. Inizialmente, i comandanti Talebani si limitavano principalmente a tassare le spedizioni di droga che passavano attraverso le zone da essi controllate; più tardi cominciarono a fornire protezione alle spedizioni di oppio e alle raffinerie di eroina. Ora è abbastanza comune sentir parlare di comandanti Talebani che gestiscono proprie raffinerie, che si sono moltiplicate nel territorio controllato dagli insorti. Si è peraltro ben certi che alcuni comandanti talebani afgani controllano le spedizioni di droga quando escono dal territorio afgano, il che indica come il movimento stia ampliando la propria sfera d’influenza criminale.>> 51
- Finanziamenti derivanti dal controllo petrolifero delle zone occupate. Lo sfruttamento dell’“oro nero” è da sempre al centro dei contenziosi delle aeree considerate inerenti al fondamentalismo islamico. La sua trattazione verrà approfondita in seguito poiché centrale nella definizione delle strategie e contromisure usate nella lotta al terrorismo. Brevemente, è palese come sia Al-Qaeda sia soprattutto ISIS oggi,52 abbiano fatto e fanno di questa risorsa uno degli
introiti principali.
50 http://www.panorama.it/news/esteri/come-si-finanzia-lisis/#gallery-0=slide-2 51 http://www.nato.int/docu/review/2009/Organized_Crime/KillingFields/IT/index.htm
52 “Nel 2015 il flusso di petrolio dovrebbe generare sui 450 milioni di dollari a favore dell'Isis (circa un milione al giorno).” http://www.huffingtonpost.it/2015/11/17/isis-finanziamenti- petrolio_n_8580734.html
- Finanziamenti derivanti dal controllo militare del territorio. In relazione a questo tipo di finanziamento, ci si riferisce principalmente ai nuovi gruppi terroristici. Sono infatti note le “tasse” imposte dai miliziani del Califfo e dai seguaci di Boko Haram nei villaggi e nelle città siriane ed irachene e in quelle nigeriane, le requisizioni forzate delle riserve delle banche locali e lo sfruttamento difatti di ogni risorsa di ogni territorio occupato.
- Finanziamenti derivanti dalla rivendita sul mercato nero delle opere d'arte. Questa particolare forma di finanziamento, seppur minimale rispetto al resto, caratterizza principalmente ISIS. Le scempiaggini ai musei tunisini (di cui già detto in precedenza), non hanno avuto solo il compito di lanciare un messaggio politico di odio e rifiuto verso tutto ciò che non rientra nei dettami oscurantisti dell’ISIS e del suo Califfo. Molte opere sono state distrutte e le immagini di questo “crimine” contro la cultura hanno fatto il giro del mondo. Ma sono centinaia e centinaia i reperti, le statue e le più svariate opere d'arte che sono state rivendute sul mercato nero, al solo scopo di rifornire le casse del sedicente Stato Islamico. 53
Sono principalmente questi mezzi tramite il quale il terrorismo di stampo islamico si è finanziato e continua a finanziarsi tuttora. Le risposte e le contromisure poste in essere dagli Stati, spesso sotto forma di “Sanzioni” definite in sede ONU, sono state le più diverse. Principalmente e inizialmente di stampo prettamente economico, a seguito dell'evoluzione stessa dei movimenti terroristici (che ha influenzato il dibattito in sede di Organizzazioni Internazionali sul tipo di misure da adottare o modificare), si è entrati in un meccanismo via via più specializzato, che ha inserito elementi finanziari alle sanzioni. Ma spesso, nella prassi, la vera difficoltà nel processo decisionale circa l'impronta da dare alla “Sanzioni” (“mirate”, “intelligenti”, “economiche” ecc…), si è vincolata ad una problematica dal peso specifico non indifferente: che cosa è, che cosa si può definire come “Terrorismo”. Il seguente capitolo cercherà di fare luce su questa spinosa questione che, come è intuibile, ha creato e crea ancora diversi ostacoli non solo allo studio della tematica, ma anche alla teorizzazione del miglior approccio per combattere il terrorismo stesso, nondimeno quello di stampo islamista.
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«Lo Stato islamico è probabilmente il gruppo terroristico più ricco mai conosciuto» aveva spiegato Matthew Levitte, direttore del programma d'intelligence e antiterrorismo al Washington Institute for Near East Policy. «Non sono integrati nel sistema finanziario internazionale e per questo non sono vulnerabili».Già quest'estate molti analisti ritenevano che la ricchezza in mano all'Isis ammontasse a 2 miliardi di dollari. In principio accumulata con le spettacolari rapine, come quella alla Banca di Mosul (420 milioni di dollari). Certo, il Califfato, come ogni organizzazione terroristica, si finanzia anche con altri mezzi: sequestri e riscatti, vendita di preziose antichità, tasse, contrabbando di grano (l'Isis controlla il 40% dei raccolti iracheni). Ma nel Pil del terrore queste voci contano davvero poco rispetto all'energia. http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-10-22/l-isis-guadagna-due-milioni-dollari-giorno-i-proventi- petrolio-121429.shtml?uuid=AB2OMc5BPREMESSA:
L'obiettivo di questo capitolo è quello di ricostruire storicamente, politicamente e giuridicamente, la nascita e l'evoluzione del termine terrorismo. Nel “mare magnum” di approcci tramite i quali un tema del genere può essere trattato, si decide di svolgere inizialmente un'analisi antropologica e sociologica, alla ricerca del significato del termine. Si proseguirà con un'analisi di tipo politico, strettamente correlata ai fatti che verranno posti all'attenzione del lettore, senza però che si consideri tale analisi come la visione di chi scrive. Infine, per la parte giuridica, verranno esposti diversi orientamenti dottrinali che, chiaramente, non possono e non comprendono pertanto la totalità delle visioni sui temi. Si sceglie infine, di dare risalto ad alcune Convenzioni, Trattati e Documenti più che ad altri, per una scelta funzionale al compimento del lavoro prefissato, senza per questo voler depotenziare o sottovalutare altre fonti di diritto.