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4.3 Contenuti c2° art 111.Cost.

4.3.2 La Terzietà̀ e imparzialità̀ del giudice

60Riportiamo per comodità il testo:”In particolare, ogni accusato ha diritto di:

(a)essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell’accusa formulata a suo carico;

(b) disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie a preparare la sua difesa; (c) difendersi personalmente o avere l’assistenza di un difensore di sua scelta e, se non ha i mezzi per retribuire un difensore, poter essere assistito gratuitamente da un avvocato d’ufficio, quando lo esigono gli interessi della giustizia;

Passando alla garanzia della terzietà e imparzialità del giudice vediamo come questa riguardi un profilo del giudice persona fisica chiamato nel processo a svolgere le sue funzioni in una posizione super partes e “spersonalizzata al massimo rispetto agli oggetti e soggetti del processo”62. Questa garanzia fondamentale trovò

fondamento in art 6 cedu: “Ogni persona ha diritto a che la sua

causa sia esaminata equamente...da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge” (come pure nell'art. 14 del patto

internazionale per i diritti civili e politici dove figura tra i diritti minimi che spettano a chiunque sia interessato alla risoluzione di una controversia "civile" oppure gravato da un'accusa di natura “penale"). La previsione del c2 art 111cost, fu considerata da molti, come un “niente di nuovo” in quanto anche prima della riforma, dalla lettura congiunta dell’art 51 c.p.c (disciplinante i casi di astensione e ricusazione del giudice civile nelle ipotesi di incompatibilità̀ a giudicare )con l’art. 25 cost (“ nessuno può essere distolto dal

giudice naturale precostituito per legge” ) e 101 cost (” i giudici sono soggetti solo alla legge” ) si otteneva l'enunciazione della garanzia di un giudice autonomo ed indipendente, precostituito per legge e soggetto soltanto a questa. In virtù di questo quadro normativo la cassazione, affermò che l’imparzialità̀ e l’indipendenza del giudice erano stati acquisiti dal nostro ordinamento tra i principi

costituzionali proprio attraverso gli art. 25 e 101 Cost., per cui, sia la normativa invocata per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, sia la nuova disciplina dell’art 111 da essa derivante, costituivano la riformulazione di principi già esistenti63. Analoga fu la posizione della corte costituzionale nell’ordinanza 28 maggio 2001, n. 167, ove

62Corte.Cost sent. 20/05/1996 n155

escluse che il parametro rappresentato dal novellato art. 111 Cost. potesse introdurre nuove ipotesi di incostituzionalità in quanto la terzietà̀ e l’imparzialità̀ del giudice erano già pienamente garantite anche prima della riforma. Questo atteggiamento refrattario iniziale, fece si che si rimanesse ancorati al diritto positivo rappresentato dall’art. 51 c.p.c., come base normativa per l'applicazione del principio di terzietà e imparzialità (che avveniva dunque attraverso gli istituti dell’astensione e della ricusazione), bloccando

quell'attività di innovazione del sistema che invece (soprattutto in ambito fallimentare) avvenne nel 2006 attraverso l'opera del legislatore. Nonostante le posizioni contrarie delle due corti è utile rilevare la portata innovativa del principio di terzietà e imparzialità del giudice distinguendole rispetto alle garanzie di indipendenza e autonomia. Queste infatti sono volte a assicurare l'indipendenza dell'ufficio del giudice rispetto ad altri poteri, e di conseguenza attengono all’organizzazione del processo e alla funzione del magistrato in generale, più che al concreto esercizio dell’attività giurisdizionale nel singolo processo. Terzietà e imparzialità, al contrario sono rivolti a disciplinare il profilo del singolo giudice all'interno del processo, e sono volti a “rafforzare l’idea della

assoluta estraneità del giudice rispetto alla res litigiosa, da ogni versante la si guardi”64 . Brevemente esponiamo il contenuto di questi due principi, e le problematiche sorte in merito alla loro introduzione, riservando un ulteriore approfondimento nella

trattazione dell'ambito fallimentare, che fu per la natura della materia la sede di maggior discussione.

-Terzietà

64CAPPONI, Brevi considerazioni sull’articolo 111 della Costituzione

(procedimento monitorio, processo contumaciale, art. 186 quater c.p.c.), in Il nuovo articolo 111, cit., 105.

Se riflettiamo sulla genesi della Riforma, vediamo che

originariamente si parlava solo “giudice terzo” e ciò ben in virtù di quell'esigenza, derivante dal processo penale, di separare la funzione decisoria da quella inquisitoria. Anche nell'ambito civile si avvertirà la necessità di allontanare il giudice dall’accusa, in modo da

pareggiare il rapporto con la difesa; in tale ottica la terzietà servirà dunque a garantire un distacco del giudice rispetto alle domande delle parti. Osservando la struttura del processo civile contenzioso vediamo che si basa appunto sulla presenza di almeno tre soggetti: -La parte attiva che propone la domanda.

-La parte resistente. -Il giudice.

Il difetto di terzietà in tale ottica comporta il venir meno di una di queste parti, in quanto tale ruolo viene ricoperto dal giudice che partecipa o alla formazione del thema decidendi o vi dà impulso d'ufficio65, senza che via sia stata una sollecitazione con evidente contraddizione dei brocarda ”nemo iudex in causa propria”, “ne

procedat iudex ex officio” e ”nemo iudex sine actore”. A questo punto

una volta rilevata la portata del principio di terzietà bisogna

interrogarsi in merito alla tollerabilità di fattispecie in cui alla tutela giurisdizionale dei diritti si procede per iniziativa d’ufficio del giudice. Al riguardo, l’art. 2907 c.c.66 ammette che, in casi

predeterminati, sia consentito procedere d’ufficio per promuovere un processo che ha per oggetto un diritto soggettivo (o uno status), o un potere; la ratio originaria di tale previsione, a carattere inquisitorio,

65DITTRICH, La precognizione del giudice e le incompatibilita

̀ nel processo civile,in Riv.Dir.Proc 2002 cit.,p 1153

66“Alla tutela giurisdizionale dei diritti provvede l’autorità giudiziaria su domanda

di parte e, quando la legge lo dispone, anche su istanza del pubblico ministero o d’ufficio.”

consisteva nel consentire anche al giudice di promuovere l'azione nell'ambito di materie peculiari ove rilevassero non solo interessi dei privati ma anche interessi pubblici. Per molto tempo tali iniziative sono sembrate del tutto compatibili con la costituzione e solo a a ridosso della riforma costituzionale si è avuto un mutamento di prospettiva; l'idea di un giudice promotore dell'iniziativa processuale appariva infatti incompatibile con la necessità, quasi naturale di garantire un giudice terzo67. Inoltre la possibilità che un giudice autonomamente ricercasse i fatti dai quali scaturisce la fattispecie poi sottoposta al suo esame lo portava inevitabilmente a cumulare la funzione dell’attore, inquinando l’aspettativa di alterità rispetto all’oggetto della lite. Nella prassi, in realtà, il giudice non azionava quasi mai il suo potere d'ufficio in totale autonomia, ma agiva su segnalazione di soggetti esterni, privi della legittimazione ad instaurare il processo limitandosi dunque a supplire alla carenza di legittimazione di questi. Proprio grazie a questo meccanismo della segnalazione il giudice riusciva a mantenere una situazione

psicologica di neutralità, ma comunque, in assenza di un attore, era egli stesso a dover ricercare e allegare i fatti, a attuare le iniziative probatorie col rischio che comunque, in tale attività perdesse la sua neutralità. L'introduzione della garanzia della terzietà del giudice sollevò in dottrina molteplici dubbi rispetto alla possibilità di un'iniziativa ufficiosa del giudice in ambito di tutela dei diritti, rilevando un’incompatibilità di 2907c.c (e di molti istituti di diritto fallimentare) rispetto alla garanzia di terzietà del giudice tanto da prospettare la necessità di eliminare tali ipotesi, anche nelle materie ove rilevino interessi pubblici. Tale orientamento è stato avallato

67PROTO PISANI, Il nuovo art. 111 Cost. e il giusto processo civile,in Il Foro

dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, che interrogata più volte sul punto ha affermato che: “nonostante fosse contraria alla

fusione, in un unico soggetto, delle funzioni del domandare e del giudicare sulla domanda, ciò̀ non implica la costituzionalizzazione del processuale-civilistico principio della domanda (che ha come suo corollario il principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato) e il bando di qualsiasi iniziativa officiosa. Infatti anche l’iniziativa officiosa -prevista dal legislatore in ragione di peculiari esigenze di effettività̀ della tutela giurisdizionale -non lede il fondamentale principio di imparzialita-terzietà del giudice quando il procedimento è strutturato in modo che, ad onta dell’officiosità̀ dell’iniziativa, il giudice conservi il fondamentale requisito di soggetto super partes ed equidistante rispetto agli interessi coinvolti”68.

Quest'impostazione, perpetuata dalla corte per tutti i primi anni 2000, troverà in ambito fallimentare (materia simbolo dell'impostazione inquisitoria e della connaturata esigenza di tutela di interessi

sovraordinati) un repentino mutamento grazie a un’opera di riforma legislativa.

-Imparzialità

Parlando del principio di imparzialità vediamo come anche prima della novella, fosse stato proclamata dalla corte costituzionale come “requisito indefettibile ed irrinunciabile di ogni giudice sia ordinario che speciale”69;precedentemente tale garanzia veniva desunta dall’art

51 c.p.c tramite l'accostamento del difetto di imparzialità̀ alle ipotesi che giustificano l’istanza di ricusazione, facendo sì che si ritenesse tale principio non rispettato:

68Corte.Cost.sent, n240 del 30/06/2003

a) Ove il giudice parteggiasse per una parte, difettando dunque del necessario rapporto di equidistanza dalle parti (ex numeri 1, 2, 3 e 5 art 51c.p.c.)

b) Ove l’approccio del giudice alla lite non fosse del tutto libero, in virtù dalla conoscenza che il giudice avesse già̀ avuto di quella determinata causa, o determinata vicenda (ex n 4 art51c.p.c) Nel primo caso il vizio è in funzione delle parti, e il giudice trovandosi in una delle ipotesi potrebbe essere indotto a favorire o danneggiare l’una o l’altra; nel secondo caso invece il vizio è indipendente dalle parti coinvolte, ma è lo stesso preconcetto del giudice che inquina il suo giudizio, mancando di fatto l'equidistanza rispetto alla decisione presa70(secondo le massime per cui il giudice

affrontando la questione sarà portato a ripercorrere l'iter logico che lo ha condotto alla prima decisione che riteneva giusta anche in virtù della difficoltà per l'essere umano di riconoscere i propri errori). Nello specifico, con l’art 51 n4 c.p.c il legislatore aveva postulato l’esigenza di un'alterità rispetto alla decisione, non in ogni occasione in cui questo avrebbe potuto essere chiamato a rivedere una

decisione, ma solo ove avesse conosciuto la causa come magistrato in un “altro grado del processo”. L'espressione “altro grado” fu intesa in maniera restrittiva, comprendendo solo quei casi ove il giudice avesse ricoperto il suo ruolo in uno di quei gradi tipici del processo quali: il primo grado, l'appello o il ricorso ordinario in cassazione. Tale impostazione quindi portò a escludere la configurabilità di un'incompatibilità a giudicare per tutte quelle ipotesi ove il giudice fosse chiamato a pronunciarsi su questioni già̀ passate al suo vaglio critico in altre fasi del processo (come in fase cautelare) escludendo per queste la necessità di astensione del giudice. Il rimanere ancorato

70 DITTRICH, “La precognizione del giudice e le incompatibilita

̀ nel processo civile”,in Riv.di.proc.2002 p 1159

al diritto positivo rappresentato dall’art. 51 c.p.c. come norma

ordinaria di applicazione del principio di terzietà̀ e di imparzialità̀ del giudice, ha portato per molto tempo la corte costituzionale a

mantenere quell'orientamento, instaurato prima della riforma71, negando diverse ipotesi di incostituzionalità e respingendo di fatto l'ipotesi di incompatibilità endoprocessuale72 in virtù del principio dell' “altro grado”. Nonostante la novella e l'introduzione della garanzia di terzietà e imparzialità in Costituzione, la giurisprudenza rimase per molto tempo refrattaria al vento di novità che essa aveva introdotto con forti delusioni da parte della dottrina “innovatrice”. Vedremo poi come proprio nell'ambito fallimentare, ove si rilevavano maggiori incompatibilità della disciplina rispetto alla terzietà e imparzialità del giudice, intervenne il legislatore con il D.lgs. n.5/2006 e D. Lgs. n. 169/2007, riformando la disciplina e

eliminando tutte le ipotesi di incompatibilità che la giurisprudenza aveva invece salvato.