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TOTALE REGIONI 1.059.321.745 18,22

Nel documento 7 7 (pagine 64-71)

L’implosione del livello regionale

TOTALE REGIONI 1.059.321.745 18,22

Fonte: P. De Robertis, La casta invisibile delle Regioni, Rubbettino, Soveria Mannelli 2012 Fonte: elaborazione de il Sole24ore su dati Copaff riferiti ai bilanci 2008

Peraltro, se si rapporta il costo degli organismi rappresentativi regionali con la loro effi-cienza legislativa, allora si giunge a conclusioni sconcertanti. La Tab. 14 mostra come, a fronte delle 578 leggi complessivamente approvate nel 2010, appena un terzo è composto da leggi nuove, il 40% rinvia ad atti di Giunta, mentre solo il 7% esprime un atto del Consiglio. Inoltre, considerando i dati aggregati, si deve rilevare un significa-tivo decremento della produzione legislativa: nel 2009 le leggi approvate erano state 709, nel 2008 erano state 640, nel 2007 erano state 656 e nel 2006 erano state 632. Sembra di poter dire che, al costo in crescita dell’attività rappresentativa negli organismi regionali, è corrisposta una produttività in decrescita dell’attività legislativa di

quegli organismi rappresentativi. Dunque, in non poche Regioni, il processo di

devolu-tion è stato interpretato come un’occasione per alimentare interessi politici, piuttosto che come un’opportunità per rafforzare l’autogoverno delle popolazioni locali. Tuttavia, l’analisi disaggregata dei dati dimostra che le Regioni non possono essere messe tutte nello stesso fascio. Vi sono state (molte) Regioni viziose, ma anche (poche) Regioni virtuose (Emilia Romagna, Marche, Piemonte). La stessa considerazione deve essere fatta relativamente alle Regioni e Province a statuto speciale. La specialità è stata usata diversamente in Sicilia e in Trentino-Alto Adige. Le risorse speciali di cui hanno benefi-ciato questi enti territoriali sono state utilizzate per alimentare una spesa improduttiva e clientelare in Sicilia, ma per promuovere l’innovazione tecnologica e imprenditoriale in Trentino e in Alto Adige. Il governo Monti ha dovuto così affrontare una terza sfida, oltre a quella europea e nazionale, per fare quadrare il bilancio dello Stato. La sfida di creare governi regionali efficienti, partecipati e responsabili è stata persa nel primo decennio del Duemila. Si tratterà di vedere, anche in questo caso, se la maggioranza e il governo della nuova legislatura riusciranno ad affrontare quella sfida in modo più adeguato.

Tab. 14 - Atti di Consiglio regionale (2010)

Regioni e Province autonome

Totale Leggi

Numero leggi che prevedono rinvii ad atti di Consiglio B/A % Numero di atti di Consiglio da adottare A B C D Abruzzo 62 2 3,2 3 Basilicata 34 0 0,0 0 Calabria 36 3 8,3 3 Campania 20 n.d. - n.d. Emilia Romagna 15 0 0,0 0 Lazio 9 1 11,1 1 Liguria 24 1 4,2 3 Lombardia 22 4 18,2 13 Marche 22 4 18,2 7 Molise 23 3 13,0 3 Piemonte 27 1 3,7 3 Puglia 20 0 0,0 0 Toscana 50 0 0,0 0 Umbria 27 2 7,4 2 Veneto 30 1 3,3 1

Totale Regioni Ordinarie 421 22 5,2 39

Friuli Venezia Giulia 23 0 0,0 0

P.A. Bolzano 16 0 0,0 0

P.A. Trento 28 0 0,0 0

Sardegna 16 6 37,5 17

Sicilia 23 8 34,8 12

Trentino Alto Adige 5 0 0,0 0

Valle d’Aosta 46 2 4,3 2

Totale regioni spec. e P.A. 157 16 10,2 31

TOTALE 578 38 6,6 70

In conclusione, con la riforma del Titolo V della Costituzione nel 2001 si è rovesciata la logica dei rapporti tra il centro (l’amministrazione statale) e le periferie (le Regioni). In precedenza, i poteri delle Regioni erano esplicitamente citati in costituzione e lo stato conservava la competenza su tutte le materie restanti. Quella riforma, fatta dal governo di centro-sinistra di allora con lo scopo di togliere l’acqua al pesce della Lega Nord, ha capovolto la logica costituzionale, definendo le materie esclusive dello Stato centrale e allargando quelle di competenza o coinvolgenti le competenze anche delle Regioni. Per di più, un processo di ridefinizione dei poteri pubblici di tali dimensioni non è stato accompagnato né da norme precise per anticipare possibili contenziosi relativi alle spettanze di competenza tra il centro e le regioni (conflitti che sono cre-sciuti esponenzialmente nel corso dell’ultimo decennio), né da organismi in grado di

valutare gli effetti di policy della riforma. La valutazione delle riforme o delle politiche

pubbliche continua ad essere una tecnica esoterica per i politici e amministratori del nostro Paese. Nello stesso tempo, il rafforzamento dei poteri regionali non è stato accompagnato da una riqualificazione e modernizzazione delle strutture amministrative regionali. Molte amministrazioni regionali si sono rivelate più inefficienti e impreparate di quella nazionale. Nonostante i nuovi poteri, molte amministrazioni regionali hanno

continuato a pensare sé stesse come claimants di risorse nazionali. Poiché queste

ultime si erano ridotte drasticamente, il risultato è stato una crisi finanziaria permanente delle regioni. Pochissime tra di esse, generalmente collocate nel Centro-Nord, si sono dotate degli strumenti amministrativi per accedere alle risorse europee del fondo strut-turale. Tuttavia, come mostra la Tab. 15, l’utilizzo di quei fondi è stato così basso da rappresentare un vero e proprio scandalo nazionale. L’esito, peraltro, è stato che l’Italia ha fornito all’Unione Europee molte più risorse di quelle che è poi riuscita a ottenere dai programmi promossi dalla stessa Unione Europea.

Tab. 15 - Fondi europei utilizzati dalle regioni (2010)

(le risorse spese nei programmi di aiuti comunitari 2007-2013*)

FESR FSE Abruzzo 15,64% 9,61% Basilicata 17,23% 18,11% Calabria 9,05% 9,27% Campania 6,57% 2,3% Emilia Romagna 12,41% 32,56%

Friuli Venezia Giulia 8,80% 29,12%

Lazio Umbria 11,56% 12,09% Liguria 10,22% 16,84% Lombardia 19,53% 20,76% Marche 28,48% 18,03% Molise 9,73% 17,61% Piemonte 21,42% 22,09% Puglia 8,83% 9,49% Sardegna 19,07% 20,50% Sicilia 7,66% 3,71% Toscana 15,75% 13,79% Umbria 17,01% 21,85% Val d’Aosta 28,44% 15,11% Veneto 20,19% 22,41%

La percentuale si riferisce alla somma spesa al termine del 2010 rispetto all’ammontare dell’intero periodo di durata del programma, 2007-2013. Il computo finale andrà fatto all’inizio del 2014

Box 1 - Lettera della Banca Centrale Europea Caro Primo Ministro,

Il Consiglio direttivo della Banca centrale europea il 4 agosto ha discusso la situazione nei mer-cati dei titoli di Stato italiani. Il Consiglio direttivo ritiene che sia necessaria un’azione pressante da parte delle autorità italiane per ristabilire la fiducia degli investitori.

Il vertice dei capi di Stato e di governo dell’area-euro del 21 luglio 2011 ha concluso che «tutti i Paesi dell’euro riaffermano solennemente la loro determinazione inflessibile a onorare in pieno la loro individuale firma sovrana e tutti i loro impegni per condizioni di bilancio sostenibili e per le riforme strutturali». Il Consiglio direttivo ritiene che l’Italia debba con urgenza rafforzare la reputazione della sua firma sovrana e il suo impegno alla sostenibilità di bilancio e alle riforme strutturali.

Il Governo italiano ha deciso di mirare al pareggio di bilancio nel 2014 e, a questo scopo, ha di recente introdotto un pacchetto di misure. Sono passi importanti, ma non sufficienti. Nell’attuale situazione, riteniamo essenziali le seguenti misure: 1. Vediamo l’esigenza di misure significative per accrescere il potenziale di crescita. Alcune decisioni recenti prese dal Governo si muovono in questa direzione; altre misure sono in discussione con le parti sociali. Tuttavia, occorre fare di più ed è cruciale muovere in questa direzione con decisione.

Le sfide principali sono l’aumento della concorrenza, particolarmente nei servizi, il miglioramen-to della qualità dei servizi pubblici e il ridisegno di sistemi regolamiglioramen-tori e fiscali che siano più adatti a sostenere la competitività delle imprese e l’efficienza del mercato del lavoro.

a) È necessaria una complessiva, radicale e credibile strategia di riforme, inclusa la piena libe-ralizzazione dei servizi pubblici locali e dei servizi professionali. Questo dovrebbe applicarsi in particolare alla fornitura di servizi locali attraverso privatizzazioni su larga scala.

b) C’è anche l’esigenza di riformare ulteriormente il sistema di contrattazione salariale collet-tiva, permettendo accordi al livello d’impresa in modo da ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle aziende e rendendo questi accordi più rilevanti rispetto ad altri livelli di negoziazione. L’accordo del 28 giugno tra le principali sigle sindacali e le associazioni industriali si muove in questa direzione.

c) Dovrebbe essere adottata una accurata revisione delle norme che regolano l’assunzione e il licenziamento dei dipendenti, stabilendo un sistema di assicurazione dalla disoccupazio-ne e un insieme di politiche attive per il mercato del lavoro che siano in grado di facilitare la riallocazione delle risorse verso le aziende e verso i settori più competitivi.

2. Il Governo ha l’esigenza di assumere misure immediate e decise per assicurare la sosteni-bilità delle finanze pubbliche.

a) Ulteriori misure di correzione del bilancio sono necessarie. Riteniamo essenziale per le autorità italiane di anticipare di almeno un anno il calendario di entrata in vigore delle misu-re adottate nel pacchetto del luglio 2011. L’obiettivo dovmisu-rebbe essemisu-re un deficit migliomisu-re di quanto previsto fin qui nel 2011, un fabbisogno netto dell’1% nel 2012 e un bilancio in pareggio nel 2013, principalmente attraverso tagli di spesa. È possibile intervenire ulterior-mente nel sistema pensionistico, rendendo più rigorosi i criteri di idoneità per le pensioni di anzianità e riportando l’età del ritiro delle donne nel settore privato rapidamente in linea con quella stabilita per il settore pubblico, così ottenendo dei risparmi già nel 2012. Inoltre,

il Governo dovrebbe valutare una riduzione significativa dei costi del pubblico impiego, raf-forzando le regole per il turnover (il ricambio, ndr) e, se necessario, riducendo gli stipendi. b) Andrebbe introdotta una clausola di riduzione automatica del deficit che specifichi che

qualunque scostamento dagli obiettivi di deficit sarà compensato automaticamente con tagli orizzontali sulle spese discrezionali.

c) Andrebbero messi sotto stretto controllo l’assunzione di indebitamento, anche commer-ciale, e le spese delle autorità regionali e locali, in linea con i principi della riforma in corso delle relazioni fiscali fra i vari livelli di governo. Vista la gravità dell’attuale situazione sui mercati finanziari, consideriamo cruciale che tutte le azioni elencate nelle suddette sezioni 1 e 2 siano prese il prima possibile per decreto legge, seguito da ratifica parlamentare entro la fine di settembre 2011. Sarebbe appropriata anche una riforma costituzionale che renda più stringenti le regole di bilancio.

3. Incoraggiamo inoltre il Governo a prendere immediatamente misure per garantire una revisione dell’amministrazione pubblica allo scopo di migliorare l’efficienza amministrativa e la capacità di assecondare le esigenze delle imprese. Negli organismi pubblici dovrebbe diventare sistematico l’uso di indicatori di performance (soprattutto nei sistemi sanitario, giudiziario e dell’istruzione). C’è l’esigenza di un forte impegno ad abolire o a fondere alcuni strati ammi-nistrativi intermedi (come le Province). Andrebbero rafforzate le azioni mirate a sfruttare le economie di scala nei servizi pubblici locali.

Confidiamo che il Governo assumerà le azioni appropriate. Con la migliore considerazione,

Mario Draghi, Jean-Claude Trichet

il valore del contesto territoriale

Nel documento 7 7 (pagine 64-71)