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Tra criticità dogmatiche e applicazione pratica: come il

Nel documento Profili costituzionali del fine vita (pagine 147-154)

UNO SGUARDO OLTRECONFINE

1. L’esempio olandese e la scelta della legalizzazione

1.3 Tra criticità dogmatiche e applicazione pratica: come il

pragmatismo olandese ha scongiurato la slippery slope

L’utilità più evidente di uno studio del modello olandese consiste nella possibilità di osservare un fenomeno che ha la possibilità di verificarsi solo nei rarissimi contesti in cui si presentino congiuntamente tutte quelle condizioni ambientali di cui si è finora andati discorrendo.

In aggiunta, si deve segnalare come, ai fini di un’analisi di tipo comparatistico, risulti estremamente prezioso l’ottimo lavoro di studio col quale il Governo ha deciso di accompagnare la vita delle leggi riguardanti le MDEL, che offrono quindi un’occasione pressoché irripetibile per verificare empiricamente se nella pratica si concretizzano quelle paure e quelle previsioni poste a fondamento di molte delle

argomentazioni pro indisponibilità della vita, ma comunque sicuramente presenti anche tra la dottrina più possibilista.

Ecco allora che il confronto delle risultanze dei rapporti “Remmelink” del 1990 e “Van der Maas” del 1995 (rispettivamente tre anni prima e due dopo, cioè, la legge di depenalizzazione) permettono di affermare come il rischio della slippery slope non si sia in realtà verificato: sono rimaste sostanzialmente invariate le percentuali relative all’eutanasia attiva consensuale229 e quelle, estremamente marginali, di suicidio assistito, mentre sono passate dallo 0,8% allo 0,7% quelle relative alla macabra voce dell’interruzione della vita senza richiesta esplicita230. Dati confortanti riguardano anche le modalità concrete in cui le condotte eutanasiche si sono realizzate231.

229 L’aumento dell’incidenza dell’eutanasia attiva sul totale dei decessi è sì passata dall’1,8% al 2,3% ma, sottolineano i relatori dello studio, questo si deve

sostanzialmente all’invecchiamento della popolazione, all’aumento dell’incidenza del cancro (prima causa di richiesta di eutanasia), e di una errata qualificazione di diversi casi da parte dei medici del primo studio. La minore consapevolezza della classe medica aveva infatti portato a non inquadrare come eutanasia attiva casi che invece vi rientravano.

230 Quest’ultimo dato merita tuttavia una breve analisi separata: si trattava nel 70% dei casi di malati terminali di cancro, e nell’ 86% di persone non più in grado di assumere decisioni; nell’87% dei casi le cure si limitavano alla palliazione. In quell’ 8% dei casi in cui ancora sussisteva astrattamente un’alternativa terapeutica, i motivi della scelta contraria del medico sono stati, nell’ordine, il desiderio del paziente di non praticare quel tipo di cure, il rischio di un mero prolungamento delle sofferenze, la sproporzione nel rapporto costi/benefici.

Inoltre, anche in assenza del consenso del paziente, la scelta era stata concordata con altri colleghi e con i familiari, salvo che in cinque dei casi riferiti, aventi ad oggetto pazienti ai quali non erano pronosticabili più di un paio di giorni di vita. Un ultima osservazione deve farsi in merito al mezzo impiegato per questo tipo di eutanasia attiva, una dose letale di morfina, che per certi versi la avvicina alle ipotesi di eutanasia indiretta. C.A. DEFANTI, L’eutanasia in Olanda, cit, pp. 11-22 231 Ibidem

Nel quinquennio analizzato si è osservato come, a fronte di un consistente aumento delle domande232, l’incidenza dell’eutanasia sul totale dei decessi sia rimasto invariato. Questo dato conferma il fatto, non modificato nemmeno dalla legge del 2001, che l’interruzione della vita a richiesta non può in alcun modo configurarsi come un diritto del paziente.

Nonostante i buoni risultati evidenziati dall’osservazione empirica e dai dati offerti dalle commissioni di studio, permangono tuttavia alcune criticità della normativa in esame, di cui si ritiene doveroso dare brevemente conto.

In primo luogo, si segnalano delle difficoltà nella definizione e quantificazione del dolore, trattandosi evidentemente di un dato soggettivo, risultante dall’interazione di fattori psico-fisici, culturali e spirituali. Le linee guida offerte ai medici olandesi suggeriscono al professionista di ampliare quanto più possibile la base di informazioni, includendo appunto tutti questi fattori in un percorso di immedesimazione con le sofferenze del malato, ma allo stesso tempo lo esortano a mantenere una valutazione per quanto possibile oggettiva233. Si tratta tuttavia di un problema, quello della quantificazione del dolore, che allo stato attuale dell’arte difficilmente potrà conoscere soluzione

232 Aumento del 37% delle domande “generiche” pro futuro, e del 9% di quelle esplicite in corso di malattia.

233 G.PAPPALARDO, La legge olandese sulla eutanasia vista da un medico legale,

diversa234, oltre a rappresentare, tutto sommato, una delle principali abilità umane e professionali tradizionalmente pretese da un medico.

Più delicato pare invece il problema derivante dalla scelta di non aggettivare il dolore di cui si tratta, sorgendo quindi il dubbio riguardo all’inclusione o meno delle sofferenze psichiche. Sempre dalle linee guida si evince la propensione verso una risposta affermativa, suggerendosi un consulto esteso a più medici (di cui uno con competenze specifiche in ambito psichiatrico) nel caso di richiesta di eutanasia o suicidio assistito proveniente da soggetto affetto da infermità psichica. In tale ambito, peraltro, il problema della definizione di dolore e quello della sua quantificazione rischiano di intersecarsi, generando casi che minacciano oggettivamente di spostare troppo avanti il limite oltre il quale una richiesta di eutanasia non può essere seriamente considerata. Il riferimento va ad una caso di giurisprudenza precedente all’adozione della attuale legge, che ha visto coinvolto il discusso senatore olandese Edward Brogersma, il quale ha chiesto ed ottenuto eutanasia perché, ottantaseienne, si diceva oramai “stanco di vivere” pur non essendo affetto da alcuna malattia incurabile235. La questione non pare essere stata risolta compiutamente dalla legge del 2001, la quale manca di un espresso riferimento al requisito della terminalità della malattia, e si 234 Del resto, analoghe difficoltà si sono riscontrate anche nel nostro paese al momento

dell’adozione del progetto dell’Ospedale senza dolore della Conferenza Stato- Regioni, così come nelle linee guida fornite al proprio personale dalla generalità degli ospedali, italiani e non, per affrontare la terminalità.

235 E’ del 2002 la notizia del verdetto della Corte Suprema olandese di assoluzione per Flip Sutorius, il medico che procedette ad eutanasia nei confronti del senatore.

limita, ancora nelle linee guida, ad avvertire che in tali casi il PM sarà generalmente tenuto all’apertura di un’indagine per verificare il ricorrere della causa di forza maggiore.

Altro punto comprensibilmente criticato da molta dottrina, anche italiana236, è quello che riguarda il caso dell’eutanasia di minore. A riguardo, la legge olandese suddivide i minorenni in tre fasce d’età, in ragione della differente capacità di discernimento: gli infradodicenni risultano esclusi dall’ambito applicativo della norma; tra i dodici ed i sedici anni è rimessa al medico la valutazione circa la capacità naturale del paziente richiedente, prescrivendosi comunque che non vi siano obiezioni da parte dei genitori; per gli utrasedicenni, infine, sempre se ritenuti in grado di valutare ragionevolmente i propri interessi, si prescinde dall’assenso dei genitori, rispetto ai quali è richiesta una più blanda e generica “partecipazione” alla decisione 237.

Il problema dell’eutanasia sul minore, tuttavia, presenta le maggiori criticità, e conseguentemente le più accese resistenze, sul piano dei valori, delle opzioni morali di fondo. Una simile tematica esula probabilmente da una trattazione comparatistica più orientata ad un’analisi tecnica e sostanziale.

Ad ogni modo, ed anche se non varrà a fugare completamente le ragionevoli paure e riserve espresse dagli osservatori esterni, deve 236 Da notare che sul punto si dice perplessa anche quella dottrina decisamente più

possibilista riguardo all’eutanasia. Su tutti, S.RODOTA’, Il paradosso

dell’uguaglianza davanti alla morte, cit., pp .42-43

rilevarsi come un qualche appiglio per la giustificazione della scelta operata nella legge in discorso sia in realtà rinvenibile in quel generale clima di valorizzazione del consenso espresso dal soggetto a limitata capacità naturale, emerso tanto nella convenzione di New York sui diritti delle persone con disabilità238 quanto, più specificatamente, in quella di Oviedo239, per le quali ci si limita a rimandare alla parte del presente lavoro riguardante il consenso informato.

Infine, un’ultima considerazione deve essere dedicata alle perplessità sollevate tanto dai commentatori olandesi, quanto da quelli stranieri, riguardo alla possibile diffusione di un “turismo eutanasico”: simili paure paiono potersi escludere sulla base del disposto della legge, a norma della quale si richiede che, tra il paziente che richiede l’eutanasia ed il medico che accoglie la domanda, sussista un comprovato rapporto di fiducia protratto nel tempo, riservando di fatto tale prestazione ai soli cittadini olandesi o stranieri stabilmente residenti240.

In definitiva, la soluzione olandese sembra meritare un apprezzamento particolare per il pragmatismo con il quale ha saputo affrontato una

238 Art 25, lettera d)

239 A norma della quale si prevede che “il parere di un minore è preso in

considerazione come un fattore sempre più determinante, in funzione della sua età e del suo grado di maturità” (art. 6 comma 2)

240 Un problema simile sembrerebbe invece affliggere l’esperienza svizzera, tanto da comportare la censura da parte della Corte EDU nella sentenza Gross c. Svizzera. Sul punto E. CRIVELLI, Gross c. Svizzera: la Corte di Strasburgo chiede alla

Svizzera nuove e più precise norme in tema di suicidio assistito, in Rivista AIC,

tematica così eticamente connotata241. I risultati fin qui ottenuti parrebbero essere confortanti: da un lato si osserva e si apprezza l’emersione e la conseguente possibilità di controllo, da parte di una articolata struttura creata e promossa dal governo, di un fenomeno già in precedenza largamente praticato (e che sarebbe ingenuo considerare come una peculiarità della cultura medica straniera)242, permettendo così di escludere, mediante l’osservazione empirica, la concretizzazione dei timori di una china scivolosa connessa ad una scelta tanto radicale; dall’altro si è saputo trovare una soluzione concertata tra le diverse componenti istituzionali, etiche e culturali del paese, valorizzando l’apporto di ciascuna di queste.

Ciononostante, come già evidenziato in premessa, proprio quest’ultimo risultato pare essere indicativo della difficile esportabilità di un simile prodotto, creato in un laboratorio che offre una strumentazione difficilmente reperibile nel panorama nazionale italiano.

241 Del resto, il legislatore olandese si è da tempo contraddistinto per la sua avversione alle politiche repressive rispetto a problematiche di cui è già nota la diffusione, optando piuttosto per misure di sorveglianza e contenimento del danno, come avviene per quanto riguarda prostituzione e stupefacenti.

242 Una acuta e toccante riflessione sulla crescente medicalizzazione della morte, sulle reali pratiche di corsia e sui conflitti interiori del medico, si legge in un saggio dell’ex presidente della Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva, V.PEDUTO, La morte appartiene ai morenti e a coloro che li

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