IL DIRITTO ALLA SALUTE
3. La libertà di morire
3.1 Una doverosa considerazione preliminare di ordine metagiurisprudenziale
E’ doveroso sottolineare come l’approdo appena illustrato rappresenti un delicato equilibrio al quale si è giunti faticosamente grazie al prezioso contributo della giurisprudenza più o meno costante degli ultimi trent’anni. E’ emersa, nella materia in questione, una chiara funzione suppletiva da parte dei tribunali, allo scopo di dare spessore, attuazione e tutela a diritti costituzionalmente sanciti che sarebbero altrimenti stati mortificati dal prolungato e perdurante silenzio del legislatore.
Tale soluzione, peraltro, non ha mancato di dividere la dottrina. Da un lato si collocano coloro i quali ritengono inevitabile, ed anzi accolgono con un certo favore, una ricostruzione sostanzialmente giurisprudenziale dei diritti coinvolti nella materia in questione, quale immediato trait d’union tra i princìpi, di cui si esalta così la portata precettiva, e la realtà
concreta95, laddove invece una prolungata inerzia del legislatore, o una sua qual certa approssimazione nella redazione, rischiano di compromettere l’esercizio di diritti, specie se della rilevanza di quelli qui in discorso, segnando uno scollamento tra uno scarno dato normativo e lo spirito della Costituzione.96 Del resto una simile dottrina guarda in maniera assai realistica al Diritto, e questo a prescindere dalla qualificazione formale che si può dare del sistema delle fonti. Ebbe ad evidenziare Gustavo Zagrebelsky, tratteggiando il suo “diritto mite”, come l’interazione tra il momento della statuizione normativa e quello della sua interpretazione, ossia, in altre parole, quello della convivenza tra il giudice ed il legislatore nel ruolo di creazione del diritto, sia qualcosa di assolutamente fisiologico per un ordinamento costituzionale moderno97. Posizione affatto attigua e per certi versi consequenziale è quella espressa da Paolo Zatti, il quale sottolinea come allo stato attuale sia già stato delineato dalla giurisprudenza un quadro di diritto 95 Posizione espressa, tra gli altri, da P.ZATTI, Maschere del diritto, volti della vita,
cit, p.30 ss., secondo il quale “anche in ordinamenti come il nostro, di stampo codicistico e legati comunque al diritto scritto , diviene sempre più evidente che la capacità del diritto di posare efficacemente il suo sguardo sulla velocissima evoluzione delle cose deve affidarsi non solo, e qualche vota non tanto, all’inseguimento legislativo, ma alle capacità del giudice di far uso appunto dei «principii», cioè dei simboli ideali e valoriali presenti nelle norme o anche infiltrati nell’ordinamento attraverso il costante e osmotico legame con il linguaggio”. Esempio di questo atteggiamento è fornito dal caso Welby, nel quale un giudice, respingendo la richiesta del malato, ha sostanzialmente affermato che i principi sono norme quasi platoniche, che restano fuori da diritto vero e proprio, quello di tutti i giorni, perché non tradotti in regole da norme che ne definiscano casi e modalità di esercizio. Al contrario, nella successiva pronuncia, il risultato viene completamente ribaltato proprio in virtù del diverso ruolo affidato ai principi all’interno del diritto.
96 Cioè, per utilizzare le parole della Corte nel rigettare i conflitto tra poteri dello Stato nella vicenda Englaro, “una situazione di carenza dell’attuale ordinamento, con implicazioni costituzionali”
sufficientemente chiaro ed articolato, all’interno del quale reperire le soluzioni più adeguate al caso concreto, stante anche l’estrema variabilità clinica che normalmente lo accompagna, cosicché l’autore conclude affermando come un intervento legislativo sia auspicabile se, e solo se, proveniente da un buon legislatore. In caso contrario, parrebbe più proficuo concentrarsi sulla diffusa applicazione dello ius quo utimur.98
Diverso punto di vista è offerto da chi teme, invece, i rischi connessi ad un’attività giurisprudenziale operata in assenza di un quadro normativo sufficientemente delineato, esponendo così le sorti dei diritti dei singoli alla altalenanza decisoria che prevedibilmente si riscontra in simili contesti. Vi è stato infatti chi, con riferimento specifico alle problematiche della bioetica, ha sottolineato le sconsigliabili conseguenze che deriverebbero dalla scelta (o necessità, secondo i punti di vista) di un esclusivo radicamento ultrapositivo dei diritti. Secondo questa visuale, in concreto, non è possibile prescindere dalla mediazione formale del legislatore, onde scongiurare tanto il rischio della
98 P. ZATTI Consistenza e fragilità dello ius quo utimur in materia di relazione di
cura, in Nuova Giurisprudenza Civile Commentata 2/2015 pp. 20 ss., già
precedentemente in P.ZATTI, Le “disposizioni del paziente”: ci vorrebbe un
contraddittorietà delle decisioni nel tempo, quanto quello di una tirannia di un valore99 rispetto ad i suoi antagonisti 100.
L’apice di questa tensione si è toccato nelle fasi conclusive della vicenda al tempo stesso umana, legale e, ahimè, politica, di Eluana Englaro, con il sollevamento del conflitto tra poteri dello Stato da parte di Camera e Senato, avverso la sentenza della Corte di Cassazione101.
I due rami del Parlamento lamentavano, nell’occasione, una duplice infrazione da parte della Cassazione: sotto un primo profilo il ricorrente (la Camera dei Deputati) denunciava una invasione di competenze da parte del giudice il quale, dopo aver artificiosamente creato una lacuna assiologica, avrebbe provveduto “a riempire il preteso vuoto mediante una attività che assume sostanzialmente i connotati di vera e propria attività di produzione normativa; adottando peraltro a questo scopo criteri ricostruttivi abnormi e radicalmente estranei alle regole che presiedono
99 Il riferimento va ovviamente al titolo del noto saggio di Carl Schmitt, La tirannia
dei valori. L’espressione sarà successivamente ripresa da Nicolai Hartmann,
secondo il quale «i valori tendono, nella percezione soggettiva degli uomini, a un’illimitata espansività»: sia nel senso di una di una loro proliferazione smisurata, sia in quello che ogni valore «tende ad erigersi a tiranno esclusivo [...] a spese di altri valori, anche di quelli che non gli sono materialmente contrapposti» N. HARTMANN, Etica. II. Assiologia dei costumi, trad. it. di V. Filippine, Thaulero, Napoli, 1970; Cfr G.M.FLICK Nuove prospettive per i diritti fondamentali, Relazione durante il convegno organizzato dalla Fondazione Centesimus Annus Pro Pontefice Università Gregoriana, Roma, venerdì 12 giugno 2009, reperibile al sito: www.centesimusannus.org
100 Così G.M.FLICK, op. ult. cit. Peraltro, lo stesso autore, in uno scritto di due anni successivo, esprime una posizione lievemente più interlocutoria, lasciando sostanzialmente aperta la questione se la mediazione tra i valori in gioco (ancora una volta con riferimento alla vicenda Englaro) spetti al giudice o al legislatore. G.M. FLICK, Dovere di vivere, diritto di morire, oppure…?, cit., p. 14.
all’esercizio della funzione giurisdizionale”. Sotto un secondo profilo, invece, si lamentava nel ricorso del Senato una menomazione della sfera di attribuzioni costituzionalmente garantita al legislatore, consistente in un indebito condizionamento dei lavori parlamentari che in quel medesimo periodo si svolgevano in aula, cosicché le proposte di legge in discussione “si sono viste anticipate dall’intervento giurisprudenziale che, per il suo contenuto e per la autorevolezza dell’organo giudicante, non potrebbe non esercitare un effetto condizionante sulla libera determinazione dell’organo parlamentare” concretizzando così una “specifica interferenza in un puntuale procedimento di legislazione che il parlamento ha in atto”.
Secondo autorevole dottrina la dichiarazione di una palese inammissibilità dei ricorsi, come poi è effettivamente stato, “poteva [...] ritenersi del tutto scontata”102, poiché sotto il primo profilo, la Cassazione si è semplicemente conformata all’orientamento ampiamente consolidato della Consulta, che le richiede, laddove esistente, di adottare un’interpretazione della disposizione impugnata che valga a salvare la stessa dalla dichiarazione di incostituzionalità103. Ad analoga conclusione si sarebbe inevitabilmente giunti anche considerando quella della Cassazione come una applicazione diretta della Costituzione, rappresentando questa una soluzione di doverosa coerenza, già avallata
102 R.ROMBOLI, Il conflitto tra poteri dello Statosulla vicenda Englaro: un caso di
evidente inammissibilità, in Foro italiano, 2009/1, p. 49
dalla Corte. Sotto il secondo profilo, invece, non pare realisticamente ravvisabile alcuna interferenza, non essendosi affatto compromessa la titolarità del potere legislativo in capo alle due camere, potendo queste “in qualsiasi momento adottare una specifica normativa della materia, fondata su adeguati punti di equilibrio fra i fondamentali beni costituzionali coinvolti”104.
In tutt’altra maniera si è invece espressa altrettanto autorevole dottrina, la quale ha liquidato in maniera decisamente tranchant l’operato della Cassazione, bollando i giudici di “tendenze narcisistiche ed esibizionistiche”, che li avrebbero spinti a inseguire una “missione da compiere”, piuttosto che limitarsi “ad applicare con umiltà legge, per quel che essa, piaccia o non piaccia, dispone”, ed evitare allora di agire “reputandosi legibus solutus e dunque creatore egli stesso di leggi, secondo la propria arbitraria volontà”, tanto da giungere a configurare un “vero e proprio epocale diritto alla morte” sulla base di riscontri oggettivi della volontà del paziente del tutto risibili105.Una simile posizione, al di là dei toni decisamente fuori misura, parrebbe sì ammissibile nel merito, dal momento che esprime delle perplessità che indubitabilmente albergano anche in chi al contrario plaude all’apporto sostanziale della sentenza Englaro, ma risulta al contempo sorprendentemente fuori tema, dal momento che qui non si valuta la bontà, nel merito, della soluzione 104 Ibidem
105 F. GAZZONI, Sancho Panza in Cassazione (come si riscrive la norma
sull’eutanasia, in spregio al principio della divisione dei poteri), in Diritto di famiglia e delle persone, 1/2008, pp. 107-131
adottata dal giudice, quanto piuttosto la correttezza nell’esercizio della funzione giurisdizionale. E sotto questo punto di vista, non parrebbe la Cassazione aver fatto altro che, “nell’attuale situazione di carenza legislativa […], ricercare nel complessivo sistema normativo l’interpretazione idonea ad assicurare la protezione degli anzidetti beni costituzionali”, ossia, esattamente una delle fondamentali funzioni che le competono106.