CAPITOLO I : Diritto criminale romano e sua
2.4 Singole fattispecie
2.4.1 Una particolare figura di reus maiestatis
La figura del “medicamentarius” fu disciplinata, per la prima volta, da una costituzione costantiniana pervenutaci attraverso il codice teodosiano (CTh. 3,16,1), nel quale era stata inserita in apertura del titolo de ripudiis. Tale costituzione presenta una fondamentale importanza circa le cause che legittimano il repudium mittere e il valore semantico del termine “medicamentarius”:
CTh. 3,16,1: Imp. Constantinus a. ad Ablavium pf. p.:
Placet, mulieri non licere
propter suas pravas cupiditates marito repudium mittere exquisita causa, velut
ebrioso aut aleatori aut mulierculario, nec vero maritis per quascumque occasiones
uxores suas dimittere, sed in repudio mittendo a femina haec sola crimina inquiri,
si homicidam vel medicamentarium vel sepulcrorum dissolutorem maritum suum
esse probaverit, ut ita demum laudata omnem suam dotem recipiat. Nam si
praeter haec tria crimina repudium marito miserit, oportet eam usque ad
acuculam capitis in domo mariti deponere, et pro tam magna sui confidentia in
insulam deportari. in masculis etiam, si repudium mittant, haec tria crimina
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inquiri conveniet, si moecham vel medicamentariam vel conciliatricem repudiare
voluerit. nam si ab his criminibus liberam eiecerit, omnem dotem restituere debet
et aliam non ducere. quod si fecerit, priori coniugi facultas dabitur, domum eius
invadere et omnem dotem posterioris uxoris ad semet ipsam transferre pro iniuria
sibi illata. Dat. iii. non. mai. Basso et Ablavio coss.
Lo iustum repudium estingueva il rapporto matrimoniale, mentre il repudium immotivato comportava la perdita o la restituzione della dote. Le motivazioni valide per ripudiare il proprio coniuge, stando alla lettera della legge, erano:
homicida, sepulchri dissolutur e medicamentarius per il
marito; moecha, medicamentaria, conciliatrix per la moglie. I reati previsti erano in tutto cinque, molto diversi tra loro, ma accomunati dalla particolarità che il legislatore, sia pure con una diversa gradazione, ascriveva ad essi. Costantino, infatti, li considerava altamente pericolosi per la sicurezza sociale tanto da punirli come
crimina e valutarli “giusta causa” di ripudio, cosa
particolarmente significativa se si considera la disposizione all’interno di una normativa che mirava a salvaguardare il vincolo matrimoniale dall’arbitrio delle parti. Proseguendo su questa linea interpretativa, si nota subito che un solo reato è preso in considerazione per entrambi i coniugi, appunto l’attività di medicamentarius/medicamentaria.Le attestazioni pervenuteci circa l’utilizzo di tale vocabolo, sono molto esigue; ciò suggerisce l’ipotesi che si trattasse di una parola molto rara, anche se carenza di
97 testimonianze non vuol dire carenza d’uso. Nella lingua latina scritta, infatti, molte erano le differenze rispetto a
quella correntemente parlata.
Medicamentarius/medicamentaria è dunque un termine
d’uso probabilmente affermatosi nella lingua parlata per indicare lo specialista in medicamenta. La prima testimonianza circa l’utilizzo di tale termine risale alla
Naturalis Historia di Plinio, il quale descrive la farmacopea
(medicamentaria ars), come l’arte di coloro che raccolgono le erbe allo scopo di curare le malattie, non facendo trasparire alcuna accezione negativa125.Bisogna quindi chiedersi per quali ragioni un termine in origine positivo presenta una valenza tanto negativa nella costituzione costantiniana. Le ragioni sono da ricercare nella percezione della professione del medicamentarius da parte della popolazione, dato che nella costituzione non si fa riferimento all’arte esercitata, ma ad un personaggio che esercita tale arte.Tale professione era, infatti, spesso collegata ad attività di tipo magico, e, di conseguenza, a sortilegi e veleni, intesi come filtri rivolti a sollecitare sentimenti amorosi, a dominare la mente o la salute di un individuo o addirittura ad attentare alla sua vita. La credenza nell’effettiva operatività di venena, carmina e
medicamenta ne rendeva l’uso frequente, ma nella pratica
si verificavano numerosi casi di follia e di morte; ulteriore caratteristica del medicamentarius era la conoscenza di formule magiche (verba) da pronunciare per esaltare le qualità estrinseche dei suoi prodotti e di rituali di
circumscriptio, che inducevano, ad esempio, a tracciare,
con un osso umano, un segno circolare intorno ad una piaga per impedire l’estendersi dell’infezione. La
125 Plinio, però, trattando della medicina magica così conclude: Melius est non
98 pericolosità che i cives attribuivano a tutti coloro i quali, per mezzo di misture di erbe e combinazioni di esse con altre sostanze naturali, miravano ad ammaliare e dominare, era condivisa dal legislatore.Inoltre, già prima di Costantino, la lex Cornelia sancì la responsabilità penale del medico, che conseguiva alla vendita o al confezionamento di veleni e alla vendita di farmaci nocivi126. Nello stesso tempo, però, l’Imperatore dichiarò anche la totale estraneità a questa configurazione criminosa dei remedia utilizzati per guarire o per salvaguardare i campi dalla pioggia o dalla violenza della grandine, e dei suffragia usati in modo innocente, purché tali mezzi non ledessero la salute o la reputazione127. Ammiano Marcellino confermò la tendenza, anche successiva rispetto alle costituzioni costantiniane, a considerare altamente pericolose tali condotte, che identificò in modo assoluto con il reato di lesa maestà.Costanzo comminò la pena di morte per l’esercizio di ogni arte magica e divinatoria, in quanto antisociale e pericolosa per l’integrità stessa della maestà imperiale, in considerazione delle insidie che avrebbero potuto tendere
magi e mathematici qualora fossero riusciti a infiltrarsi
nella cerchia della corte, come attestava la costituzione (CTh. 9,16,3) pervenutaci grazie ai compilatori del codice teodosiano128:
CTh. 9,16,3: Imp. Constantinus a. et c. ad Bassum pf. p.:
Eorum est scientia
126
Cfr.G.Penso, LA MEDICINA ROMANA, L’arte di Esculapio nell’antica Roma, 1985, pagg 139 ss.
127
A.Di Mauro Todini, MEDICAMENTARIUS UNA DENOMINAZIONE INSOLITA. BREVI CONSIDERAZIONI A PROPOSITO DI CTH. 3, 16, 1, in “ AARC”, VII convegno internazionale, ESI, 1988, pagg 343ss.
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punienda et severissimis merito legibus vindicanda, qui magicis accincti artibus
aut contra hominum moliti salutem aut pudicos ad libidinem deflexisse animos
detegentur. Nullis vero criminationibus implicanda sunt remedia humanis
quaesita corporibus aut in agrestibus locis, ne maturis vindemiis metuerentur
imbres aut ruentis grandinis lapidatione quaterentur, innocenter adhibita
suffragia, quibus non cuiusque salus aut existimatio laederetur, sed quorum
proficerent actus, ne divina munera et labores hominum sternerentur. Dat. x. kal.
iun. aquileia, Crispo et Constantino caess. coss. interpretatio. malefici vel incantatores vel immissores tempestatum vel ii, qui per
invocationem daemonum mentes hominum turbant, omni poenarum genere
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